III
Il carro arrivò difronte al confine del ormai distrutto castello e lì venne nascosto dietro un masso.
Alcuni cavalieri cammufarono il veicolo con rami d'albero e terra, mentre altri si impegnarono a legare i cavalli in modo che non scapassero in loro assenza.
Aglæca pensò che non fosse una pessima idea ma appena scese dal mezzo e guardò il nascondiglio pensò che anche un cieco l'avrebbe notato.
Una massa informe di verde era notabile anche da migliaia e migliaia in quella terra arida e scura, forse i cavalieri speravamo in nemici ciechi o troppo sciocchi da notarlo ma fatto sta, che la ragazza pensò, che sarebbe stato più facile nascondere un elefante in un pagliaio.
Terminata l'operazione il gruppo si divise ognuno provando la propria tecnica infallibile.
La ragazza credette di essere ormai sola quando un uomo di vecchia età le strinse una spalla facendole provare un brivido lungo la schiena.
-Non farti prendere dalla paura o dallo sconforto, nessuno di loro arriverà alla torre.
La voce dell'uomo era serena come se sapesse a cosa stesse andando incontro.
Aglæca non seppe cosa rispondere temendo che la sua voce avesse graffiato la sua gola e sarebbe uscita vuota e rauca per via del troppo silenzio e la secchezza.
L'uomo non aggiunse altro se non una pacca veloce sulla spalla per poi avviarsi verso il piccolo ponte di legno che lo portò a svanire allo sguardo di lei.
Aglæca lo lasciò andare mente udiva un cambiamenti nell'aria, e quando alzò lievemente l'elmo per vederci meglio e comprendere cosa stesse accadendo vide un ombra sopra di loro.
L'ombra era più grande di una montagna, scura come la notte più buia e spaventosa come l'incubo più temuto.
Alzando lo sguardo vide ciò che più temeva, un drago dalle possente ali volava sopra le loro teste e mentre uccideva già qualche povero soldato che provava a ferirlo con delle lancia Aglæca restò immobile.
Sembrava una pietra di marmo mentre la sua mano si strinse di più al manico della spada lasciandole le nocche bianche e facendole sentire il rilievo dalle fattezze di un drago che tempo prima venne forgiato da un fabbro.
-Il Drago è un animale potente. Forte come mille uomini spietato come il diavolo.
Queste parole le risuonarono nella mente con lo stesso tono rude e forte del fabbro. E con la medesima forza di un martello sul incudine decise di affrontare il suo destino.
Superato il ponte in rovina superò le mure che la lasciarono senza fiato.
Benché quel luogo fosse abbandonato da anni e memore di mille battaglie, le pareti che reggevano con fattiva il soffitto erano decorati con drappi maestosi e nei punti più favorevoli si intravedevano ancora degli affreschi degni di tale nome.
Aglæca osservò per un attimo quei colori scintillanti che non vedeva da ere e quando l'urlo di un'altra cavaliere caduto le fecce tremare le gambe si chiede per quale motivo fosse lì.
Fu felice che quel luogo silente e magico fosse il quadro della sua morte e a spada tratta andò verso il centro del castello alla ricerca del drago.
La prima cosa che vide del mostro fu la coda, non aveva mai visto un tale essere da così vicino ma restò stupita del vedere come le squame sembravano gemme preziose incastrate nella sua carne nera.
Restò ad osservarlo muoversi sinuosamente mentre con un soffio di fuoco fecce tremare il castello.
Aglæca sentì un urlo prevenire dall'alto e quando alzò il viso vide una torre, la più alta del castello, una luce lampeggiava all'interno e qualcosa li disse che era lì il suo tesoro.
La ragazza iniziò a correre superando un grande salone ormai distrutto alla ricerca di qualche strada per giungere al piano superiore, intorno a lei sentiva ancora qualche disperato combattimento accompagnati da rovine e morti.
Quando da lontano vide una scala mal messa decise che quella sarebbe stata la sua meta, con una scatto superò lo scheletro di un morto e sentendo già il suono del suo passo nei gradini non udì la fatidica realtà.
Il drago si era mosso talmente velocemente e silenziosamente che ora il suo muso era davanti a lei.
Aglæca si fermò, il fiato le bruciava nella gola e l'elmo non aiutava.
Per un secondo la bestia e la ragazza si osservarono, gli occhi di lui erano ramati e sembravano che una tempesta di fuoco infuriase al suo interno.
La ragazza restò ipnotizata ma appena vide il drago muovere la mandibola fecce un salto di lato usando una colonna come riparo della fiamma che il drago aveva creato.
L'elmo di ferro le bruciava la faccia e il braccio era stato colpito creando una sensazione di carne stappata nella piccola area.
Sentiva la morte come un fiato sul collo e con il braccio sano decise di togliersi l'elmo, l'area non era più sana ma almeno ora poteva respirare senza l'odore del ferro in bocca.
Fecce un sospiro profondo mentre i capelli le ricadevano sulle spalle e il drago creò un'altra fiamma che la fecce tremare.
Una lacrima fresca le solco le guance calde mentre raccolse le forze che le restarono per prendere la sua spada e colpire il drago.
Il mostro stentò un'altra fiamma ma appena vide i capelli lisci e rossi di lei, la sua pelle bruciata e il suo viso femminile restò immobile.
Quando Aglæca vide la scena pensò di essere pazza e con un movimento del polso lanciò la spada in modo che si conficcasse in uno dei suoi occhi, il drago con una inusuale tranquillità si mosse all'indietro e la spada cadde tra di loro.
Restarono ad osservarsi, Aglæca aveva il fiatone, il drago la guardava come un adulto guarderebbe un bambino che ha indossato i vestiti del padre, troppo grandi e buffi nel suo corpicino esile.
-Cosa vuoi?
L'urlo della ragazza era disperato, un urlo roco e stridulo che usciva dalla sua gola graffiata.
Il drago non rispose, ed inclinò leggermente la testa come a volerla studiare meglio.
Un altro urlo disperato risuonò nel castello, uscito come una pantera dalla gabbia troppo stretta del torace di Aglæca.
Poi svenne, sfinita e per il troppo calore che aveva emanato il drago.
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