4 - Corsetto - 2a parte

La testa le doleva, ma finalmente sentì il proprio busto più leggero, libero. Fece qualche respiro profondo, credendo di essere ancora nel mondo dei sogni. Qualcosa di umidiccio si strusciava appena sotto l'occhio destro, provocandole solletico. Tirò su le palpebre e si trovò accanto un micino, che non la smetteva di leccarle il volto. Lo ammirò per qualche istante, rapita: era un animale davvero costoso e raro in America a quel tempo, e vederne uno a Corte significava che qualcuno di abbastanza ricco poteva permetterselo.

In cuor suo conosceva solo una persona che rispettasse la descrizione. Alzò lo sguardo e lo trovò seduto elegantemente su una poltrona, il meno poggiato su una mano. Pareva una statua, con gli occhi puntati fissi su di lei.

Lei sbatté le palpebre, rendendosi conto che si trovava nel suo letto. Le guance andarono a fuoco, e fece per dire qualcosa quando il gatto grigio cominciò a strusciarsi contro di lei, facendo le fusa.

«Tam», lo chiamò il Principe. L'animaletto scese miagolando e si andò ad appollaiare sulle ginocchia del padrone, che cominciò ad accarezzarlo distratto. «State bene?», chiese.

Cordelia annuì per non rispondere a voce. Conosceva se stessa, ed in quel momento la voce si sarebbe incrinata, o peggio, non sarebbe uscita. Scese dal letto e si arrischiò a fare un inchino, ma la mancanza di aria le provocò un capogiro. Barcollò, prima che le braccia di Wladimir potessero afferrarla e non farla rovinare a terra. Il gatto miagolò in protesta, vedendosi scaraventato a terra in malo modo, e si rintanò sotto il letto.

«Con tutto il rispetto, miss», riprese lui alzando un angolo della bocca, «a me non sembra sia tutto nella norma». Ormai la ragazza si era stabilizzata, ma il Principe non pareva intenzionato ad interrompere quel contatto fisico. Anche l'altro angolo della bocca si tiro su, completando un sorriso mozzafiato. Ed effettivamente fu quello che provocò a Cordelia: smise di respirare. Wladimir la osservò preoccupato, corrugando la fronte. «E' ancora troppo stretto, miss?», chiese, riferendosi al corsetto.

Cordelia avvampò, notando solo in quel momento come i lacci di quell'indumento infernale non fossero più così tirati. Il Principe doveva aver chiamato una serva per allentare il nodo, e lei si sentì a disagio per aver scomodato il ragazzo. «N-no, Princip-e», rispose.

«Permettetemi di accompagnarvi fino alla vostra stanza, almeno. Non mi sentirei affatto sicuro sapendovi debole ed errante per il Palazzo». Wladimir adorava lasciarsi sfuggire quelle piccole confessioni, subito ripagate dal rossore delle gote di Cordelia e dai frenetici occhi che puntavano in basso. Era davvero graziosa, e non faceva nulla per ostentarlo. Come la più bella pietra in un'ostrica ordinaria, bastava con delicatezza schiuderla e trovarne il tesoro.

Senza aspettare una risposta, il Principe le offrì il braccio. Uscirono insieme, e per fortuna non c'era nessuno nei paraggi per poter testimoniare qualcosa di sconveniente.

Mentre sfilavano accanto alle varie porte, Wladimir le spiegava di chi fossero le stanze. «Questa è di mio fratello Gideon, la prossima è di quella pestifera di Vivian», disse.

Cordelia abbassò gli occhi, a disagio. Sarebbe voluta scappare, dimenticandosi delle buone maniere e di non stropicciare la gonna. Conosceva bene chi alloggiava lì, ci era passata due anni fa per restituire il vestitino blu della bambola al Principe. Ma la vicenda non si era svolta come pensava, ed era fuggita piena di vergogna alla vista di quel momento intimo del ragazzo con una donna.

«Avete la febbre?», chiese Wladimir. Sapeva quanto Cordelia fosse facilmente suggestionabile, ma era rossa da troppo tempo.

«No, Principe», rispose subito lei, cercando di pensare ad altro. A braccetto arrivarono nella parte est del palazzo, l'ala dei Darkriver. Wladimir non capiva come facessero a vivere in un ambiente così luminoso ed arioso, non dolevano gli occhi dopo troppa esposizione alla luce? Non era un suo problema, dopotutto: la sua futura consorte si sarebbe dovuta abituare al buio tipico dei Bloodwood, non il contrario.

«Cordelia!», urlò Lady Josefine. I due ragazzi si voltarono, vedendo la donna avvicinarsi come una furia. Spalle dritte, così come la schiena, petto in fuori e mento in alto: per quanto non godesse di una grande reputazione, la Demone sapeva il fatto suo sulla postura e l'eleganza.

Quando si accorse di chi era a braccetto con la figlia, la sua mente cominciò a creare possibili agganci per un futuro matrimonio. Lady Josefine non era altro che una delle tante donne di corte, una scalatrice seriale che avrebbe fatto invidia ad una spia della milizia.

Fece un inchino molto sostenuto, e rivolse al Principe qualche frase di cortesia.

«Spero non vi sia dispiaciuto che abbia passato un po' di tempo con vostra figlia», rispose Wladimir in tono cordiale. In realtà l'opinione della donna pesava poco sulla sua coscienza, ma sapeva di dover apparire educato: la sua posizione sociale lo esigeva, il suo orgoglio un po' di meno.

Lady Josefine fece una risata ben studiata, come se si aspettasse di essere lusingata da un membro della famiglia imperiale. «Oh, non vi preoccupate. Avreste dovuto conoscere la mia prima figlia, Robertine. Lei si che era una bellezza senza eguali. Cordelia, per quanto sia graziosa, ne è solo una pallida copia».

La ragazza abbassò il volto, risentita. La madre le aveva ripetuto decine di volte quelle parole, ma sentirle pronunciare di fronte al Principe le fece venire voglia di sotterrarsi. Perché la donna non poteva tacere? Anche se sperava che elogiasse lei e non quella che ormai era un cadavere sotto terra, capiva che il dolore poteva essere ancora tanto. Il silenzio doveva essere la soluzione migliore, ma Lady Josefine pareva voler attirare spasimanti per Robertine, come se fosse ancora lì, a giocare alla cerimonia del tè con Cordelia.

Wladimir, dal canto suo, represse la voglia di risponderle male. La ragazza che teneva per il braccio era quasi una visione mistica, elevata in un mondo di mediocrità, candida in una corte di presunzione. Il fatto che la testa della giovane Demone fosse scattata verso il basso, a nascondere quel viso che lui mai si stancava di osservare, lo rese ancora più indisponente. Lady Josefine era un'arpia, e Cordelia troppo buona per difendersi. Preferì rimanere in silenzio per un po', per poi voltarsi verso la ragazza, ancora accanto a lui.

«Miss, domani vi andrebbe di prendere il tè con me in terrazza?», le propose. Sperava ardentemente in un "sì".

Cordelia lo fissò negli occhi, ed un sorriso cominciò a farsi spazio sul suo volto, cancellando l'inquietudine creata dalle parole della madre.

«Sì», rispose Lady Josefine. Non aveva intenzione di perdere un'occasione simile, ora che un Principe si interessava alla figlia. Certo non era l'erede al trono, ma era comunque un ottimo partito.

Wladimir storse la bocca, indisposto nuovamente dalle parole della donna. L'espressione che aveva fatto la ragazza aveva già risposto da sé, senza che quell'arpia si inserisse nel loro piccolo mondo privato. Fece scivolare via il braccio, a malincuore, e si congedò.

Non appena ebbe voltato l'angolo, Lady Josefine assestò uno schiaffo in pieno viso a Cordelia. «Stupida! Cosa aspetti a rispondere?!».

Quando la donna vide gli occhi lucidi della ragazza, le puntò un dito contro. «Una sola lacrima, Cordelia, e ti darò un vero motivo per piangere».

La giovane si morse il labbro, per resistere alle lacrime. L'idea dell'incontro che si sarebbe svolto il giorno seguente le diede la forza per tirare avanti fino alla sera, e si rivelò la causa della notte insonne. Si rigirava nel letto, pensando a come si sarebbe svolto il pomeriggio, e non riuscì a riposare neanche un'ora.

Cordelia e Wladimir non potevano sapere che quell'appuntamento non avrebbe avuto luogo.

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