18 - Luna di miele - 2a parte
«Hai idea di quanto io stia soffrendo, in questo momento?», chiese Wladimir, lanciandole un'occhiataccia.
Cordelia si impose di non sorridere. Erano tornati da un giro per i boschi a cavallo, ed ora il marito era sdraiato sul letto, fresco di bagno. Fissava il soffitto, rassegnato, mentre la ragazza si asciugava con un telo. «Ti ho detto che te l'avrei fatta pagare». Quando ebbe finito, indossò la camicia da notte e si sdraiò accanto a lui, che ora sbuffava.
«Ci credi se ti dico che non sono ancora stato a letto con mia moglie?», le rivolse uno sguardo a metà tra il risentito ed il divertito. Sulla nave non erano proprio riusciti ad avere momenti di intimità, visto che la Darkriver continuava ad essere scossa da conati di vomito.
Cordelia fece un risolino. «Che donna malvagia deve essere!».
«Non immagini quanto», rispose lui, stando al gioco. «Quando ero ancora celibe c'era una bella ragazza che mi faceva girare la testa... magari la conosci anche. Lei non mi avrebbe mai fatto questo».
«E perché non torni da lei?», si finse interessata, girandosi su un fianco per osservarlo meglio. Da quella posizione poteva osservare il profilo di Wladimir, che continuava a fissare in alto. Lo vide corrugare le sopracciglia, ed un angolo della bocca si alzò.
«Mia moglie l'ha detronizzata», spiegò lui, falsamente mortificato. «Avresti dovuto vederla, la mia piccola. Continuava a mordersi il labbro, ed arrossiva sempre. E poi, aveva due belle...», e cominciò con le mani ad imitare la forma.
«Wladimir!», lo rimproverò Cordelia.
Lui si voltò verso di lei, sogghignando. «Gelosa?».
Gli tirò un cuscino, e quando lui lo spostò, lei sfruttò il momento di distrazione e si sdraiò su di lui. Strinse il suo bacino tra le proprie gambe. «Devi sentirti proprio solo», gli disse, con un tono apprensivo.
«Non immagini quanto», rispose lui, afferrandole i fianchi e facendo combaciare i loro corpi.
«Potrei pensarci io alla tua solitudine», propose Cordelia, dandogli un bacio. «Ma ad una condizione».
«Quale?», chiese Wladimir, che non riusciva più a sopportare di trattenersi.
«Non dirlo a tua moglie».
Lui sghignazzò e cominciò a tirarle su la camicia da notte, fino a farla scomparire da qualche parte oltre il letto.
******
Il banchetto non era stato noioso come Cordelia se lo era aspettato. Nonostante intorno a lei tutte le conversazioni fossero in italiano, e nonostante Wladimir avesse dovuto fare la parte del leader carismatico, salutando e chiacchierando con tutti, Cordelia era rimasta affascinata dall'Italia. Il verde sembrava essere una costante oltre le finestre, e la pioggia fresca cadeva così leggera che sembrava voler imitare i musicisti all'interno del castello. Ne era decisamente valsa la pena, di soffrire un mese durante il viaggio.
Era in piedi, accanto a Wladimir, e le facevano male le guance per il troppo sorridere – l'unica cosa che poteva fare quando una nuova coppia di nobili si avvicinava.
Un trambusto fece voltare tutti i Demoni che si trovavano nella sala comune. La ragazza che Cordelia aveva visto, appena arrivati al castello qualche giorno prima, mi stava avvicinando a Wladimir velocemente, fissandolo con attenzione. Aveva tra le braccia un fagotto... no, non un fagotto, un bambino avvolto da una coperta. Dormiva sereno.
«Emanuela!», la chiamò qualcuno dalla folla, ma nessuno di preoccupò di fermare la sua avanzata.
Arrivata di fronte al Principe, Emanuela disse qualcosa in italiano, porgendogli il bambino. Wladimir la guardò stralunato e scosse la testa. Forse voleva una sorta di benedizione per quel neonato.
Cordelia era confusa, ma da come la Corte lanciava sguardi inorriditi al marito ed impietositi a lei, dalle lacrime sul volto della ragazza, da come Wladimir scuoteva la testa e cercava di allontanarla, la Principessa comprese.
Si liberò del braccio del ragazzo intorno alla vita, e si allontanò, mentre i nobili si aprivano per farla passare, come se nessuno volesse immischiarsi in quella faccenda. Senza preoccuparsi di rispettare l'immagine di futura Imperatrice, si mise a correre, incespicando quando le lacrime divennero troppe. Si chiuse nella sua stanza e girò la chiave nella toppa, abbandonandosi ad un doloroso pianto.
Wladimir le era sembrato sincero quando le aveva detto che non erano andati più in là di qualche bacio, lui e quella Emanuela, eppure lei si era presentata con un neonato tra le braccia, dicendo che fosse del Principe. Davvero Cordelia lo conosceva così poco da non capire quando mentiva? Davvero lui l'aveva presa così in giro, dopo che le aveva sussurrato quanto l'amasse ogni volta che facevano l'amore?
«Cordelia, fammi spiegare!», sentì urlare Wladimir oltre la porta.
Lei si tappò le orecchie, cercando di non dargli attenzione. Era scossa da forti singhiozzi, e non voleva vederlo, né sentirlo. La sua luna di miele non era stato nient'altro che delusione, ora che la ricordava con il senno del poi. Wladimir era stato così dolce, così premuroso, e poi le aveva mentito. Avrebbe preferito sentire la verità da lui. Oltre ad essere ferita, la Corte sicuramente si era goduta quella scenetta. La beffa insieme al danno.
«Ti prego!».
Si abbracciò le gambe, sedendosi sul pavimento. Il letto sarebbe stato molto più comodo, ma non riusciva a scacciare dalla mente i ricordi di quanto si fosse sentita bene fra le sue braccia, lì tra le coperte. Continuò a piangere finché le lacrime non furono finite, e questo rese ancora più sordo il dolore nel petto.
Quando Joseph trovò Wladimir, il Principe aveva la fronte appoggiata contro la porta della propria stanza. Le braccia abbandonate lungo i fianchi, gli occhi chiusi. L'italiano non sapeva se attribuire quella posa a rassegnazione, dolore, o furia cieca.
«Abbiamo trovato la madre del bambino», disse Joseph, rompendo il silenzio. Non era stato difficile: aveva avvicinato una lama al piccolo, ed una donna era corsa impaurita contro di lui. Quando gli era stato chiesto il motivo di tale scena, lei aveva detto che la propria condizione economica era pessima, e che se c'era anche solo la minima opportunità che il proprio figlio divenisse l'erede, doveva sfruttarla. «Che facciamo con...?».
«Uccidetela», ringhiò Wladimir, ancora ad occhi chiusi. Come si era permessa quella sciacquetta di far soffrire il suo raggio di sole? Credeva sul serio che prendendo in prestito un neonato e spacciandolo per suo figlio, Cordelia l'avrebbe lasciato così che lui tornasse tra le sue braccia, quando davvero non avevano condiviso il letto?
«Ma... Wladimir...», borbottò interdetto Joseph.
«Con l'accusa di tradimento te la sbrigherai facilmente», la voce era trattenuta a stento, e le mani si chiusero a pugno, rendendo le nocche bianchissime.
«Quindi hai intenzione di uccidere tutte le tue donne?», chiese il cugino. Sapeva di essersi spinto troppo oltre, con quelle parole, ma capiva che una situazione simile si sarebbe sempre ripresentata, tra i due coniugi. Erano cresciuti insieme, per un po', dato che i loro padri, Barnabas e Niklaus, erano fratelli. «È una serpe, ma credo che ucciderla potrebbe essere un errore».
Il Principe non poté non essere d'accordo. Avrebbe sempre fatto in tempo a farla fuori, magari in modo lento e doloroso. Staccò la fronte dalla porta di legno e guardò il cugino. «No, hai ragione. Dove si trova, ora?».
«Nelle segrete», rispose Joseph. Lo scortò fino ad una cella, lanciandogli delle occhiate preoccupate. Era troppo calmo per la furia che gli leggeva negli occhi.
«Apri la serratura», ordinò Wladimir, freddo. «E lasciaci soli».
Joseph cominciava ad avere paura di quel Wladimir. Calmo, con la voce che non si spezzava, aveva gli occhi neri che avrebbero potuto incenerire la pietra. Qualsiasi cosa avesse spinto Emanuela ad inscenare quella bugia, nulla l'avrebbe salvata dalle conseguenze.
Il Principe fece un passo dentro la cella, ed Emanuela alzò gli occhi. Quando lo vide, sorrise e si lanciò contro di lui. «Sapevo che avresti capito che io sono l'unica per te!».
Wladimir la osservò freddo, per poi sorridere. «Sì, tesoro», e le sfiorò il labbro inferiore con il pollice. Lei schiuse le labbra, e lui le sfiorò un canino. Provocatoria, Emanuela gli leccò il pollice, e lui afferrò gentilmente la lingua. «Chissà quante cose si possono fare con questa», continuò il Principe, facendo rabbrividire la ragazza. «Eppure», le disse, cambiando tono da dolce a duro e tenendo più salda la lingua tra le dita, «hai scelto di usarla nell'unico modo in cui non dovevi». Emanuela spalancò gli occhi, ma prima che potesse urlare ed allertare qualcuno, Wladimir aveva estratto il pugnale dalla cinta e le aveva reciso la lingua.
La ragazza gridò, mentre dalle labbra sgorgava sangue. Il Principe, impassibile, uscì dalla cella ed ordinò alle guardie che venisse medicata e che non imbrattasse troppo il pavimento.
Attraversò il corridoio a ritroso, e quando incontrò una serva con dei teli bianchi fra le mani, ne prese uno. Lo appallottolò e si diresse davanti alla camera di Cordelia. Bussò, la supplicò, ma nulla. Il suo raggio di sole era così silenzioso da renderlo preoccupato. E se si fosse sentita male, come avrebbe fatto ad allertare qualcuno?
Sconfitto, sospirò e lasciò il telo davanti alla porta, per poi attraversare il corridoio ed entrare nella sua nuova stanza, chiedendosi quante notti avrebbe dovuto passare lì. Cominciò a cercare un libro tra gli scaffali, utilizzandolo come passatempo mentre attendeva di fronte alla porta della moglie.
Quando Cordelia fu sicura che nessuno l'avrebbe vista, aprì la porta e fece segno ad una serva di avvicinarsi. Non riuscendo a comunicarle a parole il suo bisogno di lavarsi – cornuta sì, sporca no – la portò in bagno e le indicò la vasca. La donna annuì, eclissandosi per andare a prendere un secchio e dell'acqua.
Intanto la Principessa si era avvicinata alla porta per chiuderla, ma sentì la serva urlare. Tra le mani aveva un telo spiegazzato e macchiato di rosso. Cordelia si avvicinò, per vedere quale fosse il problema, ed al centro del fagotto vide quello che era sicuramente una lingua mozzata.
Cercò di non pensarci, ma tutto quello stress per il viaggio, quel dolore per il tradimento, quello spavento per ciò che la serva stava analizzando furono troppo. E lei svenne.
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