Io resto.

A volte manchi leggermente.
Una sorta di languore nello stomaco, che non è né fame smodata di te, né desiderio insaziabile. È piuttosto, la carezza di un tuo ricordo che si poggia male sui miei giorni già storti.

A volte, invece, manchi con prepotenza.

E quasi non distinguo più il peso insostenibile della tua assenza dal vuoto intollerabile che mi lascia la rabbia di non poterti vivere.

A volte scroccherei baci dalle tue labbra, per riprendermi il buono che so di meritare dalla vita.

A volte vorrei cancellarti come da una lavagna, e lasciarmi addosso solo tanta polvere di gesso.

Sarebbe più facile, forse, spegnersi.

🔗

Prima di entrare nel mio mondo puoi anche non pulirti le scarpe sullo zerbino. C'è sporcizia. La lasciano lì tutte quelle personalità scostumate che non smettono di gozzovigliare, prendersi a capelli, piangere e ridere e ubriacarsi e deprimersi.

Ma dove c'è anima, facciamo tutti schifo.
O no?

Tu entra lo stesso, accomodati.
Stai lì, anche in silenzio se vuoi, a guardarmi.

Sono occhi normali, come quelli che vedi tutti giorni, ma la cosa strana è che, se ti ci specchi dentro, la mia vita si sistema.

Sono fatta di sole, di prosecco e di disperazione.
Tu di stelle, di filo spinato e di spalle larghe.

Ma i nostri vuoti, diversi e contrapposti, sembrano combaciare per qualche assurda ragione. Forse siamo fatti della stessa sostanza in decomposizione.

Dicono che un frammento dell'Oracolo di Delfi sia sopravvissuto fino ad ora attraverso i secoli; dicono che abbia assistito a tutte le guerre, le rivoluzioni e le conquiste della nostra umanità che imparava piano piano a camminare. Io immagino che, alla fine, stanco di vagare e stanco di vedere come tutto ormai andasse in pezzi, si sia acciambellato lì, da qualche parte, tra gli interstizi del tuo essere.

E ora guarda il mondo attraverso di te.

Il fuori, il tuo corpo, la tua forma – come ti pare – serve solo a tenere assieme quello che c'è dentro e a volte neanche ci riesce bene, serve solo perché l'anima non sgoccioli ovunque e i polmoni non penzolino via. L'ho guardato a stento il contenitore, la prima volta che ti ho baciato davvero. Ho assaggiato le tue labbra di nascosto, come una bambina che ruba una caramella. Come me che ti rubavo amore.

Dovevo limitare i danni.
Ho finito per danneggiare i limiti.

È stato qualcosa di terrificante, mai provato prima, qualcosa di troppo grande per poter essere ripetuto a chiunque, troppo lacerante per poter essere pensato. Ma so che a te non ho bisogno di dire nulla, perché tu lo hai provato tanto quanto me e, ancora adesso, il tuo corpo urla e si ribella.
Perché ricorda.
E ricordo io.

Noi siamo il confine fra cielo e mare, la linea dell'orizzonte che si tuffa nell'ignoto, siamo i petali di giunchiglie strappati dal vento, i polsini sbottonati delle camicie, il rumore di una frenata improvvisa, il calore di un fiocco di neve disciolto sulla punta del naso. Siamo il do, il re e il la minore, siamo il ricordo brutalmente mutilato e la confessione più segreta, mormorata fra le mura della colpa, siamo il dolore, la rinascita, l'attesa e l'addio. Siamo acqua. Siamo fiume. Siamo oceano. Siamo goccia. Noi siamo il prurito di qualcosa che, dimenticato, preme per riemergere, noi siamo il male più profondo e la corruzione dell'anima. Siamo i passi lenti dell'abbandono, siamo il fantasma di un amore avuto, poi dimenticato, poi odiato, poi rimpianto. Siamo le sbavature, le cancellature, gli errori e l'indelebile. Siamo la pena, il castigo e le lacrime. Noi siamo la gioia di una casa, il calore di una famiglia, il sapore dolceamaro dell'affetto ricevuto e mai dato. Noi siamo l'odore della carta che invecchia e l'inchiostro che uccide, siamo quello che dobbiamo essere e molto di meno e qualcosa di più. Noi siamo l'orrore, il genocidio, il sangue e gli strepiti. Siamo l'odore del sapone fatto in casa. Siamo qualcosa, se vogliamo esserlo. Siamo gli arti spezzati, le unghie annerite, le insufficienze cardiache e i cancri al cervello. Noi siamo la marmellata spalmata sul pane. Siamo la primavera che corrode il gelo, siamo l'autunno che spazza via la vita, siamo un soffio di vento, un alito di brezza, una tempesta. Siamo in tempo, siamo in ritardo, siamo i minuti che scorrono. Siamo le chiamate interurbane, i dischi in vinile che crepitano, siamo le coperte pesanti e il formaggio che non fonde. Siamo il tratto della penna rossa, il rumore dei bassi che scuotono i pavimenti, siamo il parquet graffiato e i vetri incrinati. Siamo gli scatoloni sfondati e gli astucci vuoti. Siamo i fogli strappati e le esistenze macchiate. Siamo la strada, siamo il viaggio, siamo il ritorno e siamo i fanali accesi nella notte.
Siamo il contingente, siamo il necessario, siamo l'eterno e siamo l'istante.
Siamo tutto ciò che si sfalda, che svanisce, che attende, che marcisce. Siamo tutto ciò che il tempo porta via.

E magari qualcosa che rimane.

È difficile dire quando sia iniziata, so solo che ad un tratto ero di nuovo nel mondo e stavo guardando il tuo viso.

Non credo riuscirò mai a capire come hai fatto, anche prima di esistere davvero, ad avere tanta fede in me, ad avere tanto caos nell'anima da riportarmi in vita. Non so se sei stata l'unica persona, la prima o solo una dei tanti.

So solo che, mentre ti guardavo tra quel groviglio di lenzuola e anime intrecciate, anche se non l'avevo mai saputo sul serio, prima, ho pensato di aver finalmente capito cosa volesse dire avere fede.

In Te e in Me.

Perché in fondo tutti cercano qualcuno che li guardi, che entri dentro anche senza pulirsi le scarpe sullo zerbino, anche con violenza, anche sfondando la porta, purché strappi via quella inevitabile e fastidiosa patina di atarassia cucita addosso.

Cosa resta dopo che l'hai leccata via?

Una bambina con il viso troppo vecchio e le mani troppo giovani, la frustrazione dell'invisibile, fiori appassiti a decorare i capelli intrecciati. Sono un libro dalla copertina usurata, dalla rilegatura cadente, con le pagine ingiallite e macchiate di inchiostro, il titolo sbiadito, come se qualcuno avesse grattato via con le unghie la sua identità.

Vorrei solo che tu sapessi restare, nonostante me.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: #aip