Maledetto Negativo
Decimo giorno post ovulazione di Lelly, inizia l'ansia da stick per lei, mentre io ho in programma un altro controllo ecografico dalla ginecologa. Verrà da me in mattinata, dice di non riuscire a tollerare di fare i test da sola a casa sua. Meglio prepararmi a un paio d'ore di paranoie e piagnistei, nel caso ci trovassimo davanti a un tragico negativo. Mi alzo lentamente, visti i miei tempi dilatati meglio iniziare con calma a vestirmi e a preparare la moka. Che comunque non arriverò a mettere sul fuoco. Infatti sto terminando di avvitarla quando Lelly inizia a scampanellare.
«Eccomi, calmati!» le grido andando lentamente verso l'ingresso.
«Muoviti, devo sticcare!» tuona lei con impazienza.
«Né la pipì né gli stick si smaterializzeranno se non sticcherai entro due secondi, calmati!» dico aprendo la porta. Lei entra a razzo.
«Tu dici? Qualche idiota domani potrebbe stabilire che se pisci una volta in più devi pagare una sovrattassa!» Questa donna stamattina è una bomba di positività.
«Hai dormito con il sedere scoperto per far evaporate la patata, per caso?» le chiedo stampandole un bacio sulla guancia.
«No, ma mi girano decisamente. Ero in autobus e un paio di cretine parlavano delle madri, dicendo che hanno sui quarantacinque e che a quell'età non ci si può aspettare altro se non l'incombenza dell'alzheimer galoppante!» si getta di peso sul divano.
«Andiamo, Lelly, lo sai che secondo le mocciose le donne della nostra età sono materiale informe da donare alla scienza per eventuali studi di anatomia patologica. Di che ti meravigli? Se sapessero che possiamo fotterle su tutta la linea quando ci pare, vedresti un'impennata nel numero di infarti in età poco più che pediatrica!» Mi siedo accanto a lei.
«Ammetterai che però è frustrante. Non basta la crisi, per colpa della quale le voci "cosmetica, abbigliamento e cure estetiche" sono state cancellate dal bilancio familiare. Ci vogliono anche delle sceme con i denti da latte a cercare di farti sentire un dannato pezzo da museo» brontola prima di alzarsi di scatto.
«Vado a pisciare su un paio di stick, speriamo bene» annuncia lapidaria. Che charme...
«Guarda che al dieci dpo l'esito potrebbe essere incerto, non scordartelo» le grido dietro.
«Vedi di non portare sfiga, per favore» replica chiudendosi in bagno. Esce dopo cinque minuti, con tre stick ovulatori e uno di gravidanza in mano. Si butta di nuovo sul divano, con la leggiadria di un quintale di tufo.
«Accidenti, giusto per non correre il rischio di incappare in un test fallato» commento con uno sguardo allusivo in direzione delle strisce disposte sul tavolino del salotto.
«Da che pulpito, tu sticcavi a ogni pisciata!» risponde stizzita.
«Che classe, ragazza» replico rendendomi conto che sono in crisi d'astinenza da caffeina. Accendo la fiamma sotto la moka.
«Date le circostanze è già un miracolo che non sia armata di pentolone e bambole voodoo. Falla finita, sto uno schifo, quest'attesa mi sta spaccando» replica infilandosi in bocca una caramella al miele.
«Più che le caramelline ti servirebbe una di quelle compresse che si usano quando sono finite le munizioni» la prendo in giro.
«Non mi servono gli psicofarmaci» mi guarda come se fossi impazzita.
«Per ora credo ti serva questo» le passo una tazzina di caffè nero. Getto lo sguardo sugli stick, presagendo la catastrofe imminente. Tre... Due... Uno... Fuoco! Gli occhi di Lelly si riempiono di lacrime, inizia a singhiozzare disperatamente e le urla isteriche squarciano il silenzio delle sette e mezza.
«Lo sapevo! Lo sapevo! LO SAPEVO! Non ce la farò mai! MAI!» inutile dire che le sue urla riporterebbero in vita anche i fossili.
«Ti avevo avvisata che poteva essere troppo presto» cerco di placarla.
«Non è presto, Lex, non c'è nemmeno una cazzo di ombra viola! Guardali, sono bianchi al punto da sembrare candeggiati!» strilla riferendosi all'assoluta assenza della fatidica linea viola, che segnalerebbe una gravidanza. Gli stick sono negativi al cento per cento. Ovviamente lei era certa che sarebbero stati più che positivi. La guardo dare letteralmente i numeri: parla da sola e a un certo punto ho smesso di contare le imprecazioni di fuoco che sono uscite dalla sua bocca. Grazie al cielo Joey la chiama al telefono e lei, strillando fino a friggersi la gola, lo informa che il suo karma fa vomitare e che i test negativi la perseguiteranno per sempre.
«Seguiremo il protocollo tesoro, vedrai che ce la faremo» Joey cerca inutilmente di calmare la moglie.
«Vieni a prendermi, non ho voglia di tornare in bus» gli risponde lei, sempre preda dei singhiozzi che le scuotono il torace.
«Sarò lì tra un quarto d'ora, ora calmati, sapevamo in partenza che le chances di farcela da soli erano ridotte all'osso» la voce di Joey sembra avere un minimo di potere sui nervi di Lelly. Dopo aver riattaccato si soffia rumorosamente il naso e mi fissa. So cosa sta pensando. Che non posso capire la sua sofferenza dato che io ho già beccato il volatile più ambito del globo. Che ho una dannata fortuna del cazzo.
«Non riesco ad accettarlo» geme.
«Accettare cosa?» la guardo attenta.
«Accettare di mettere in mano a un estraneo l'arrivo di mio figlio. È innaturale, non voglio!» si butta a pancia sotto sul divano, affondando il viso tra i cuscini. Oramai frignare a oltranza è diventata un'attività che fa parte integrante della sua giornata tipo. Qualcuno dovrebbe dare una raddrizzata urgente alla sua spina dorsale. Naturalmente tocca a me farlo.
«Stammi a sentire, una volta per tutte!» sibilo afferrandola per un braccio.
«Hey, mi fai male!» strilla guardandomi con rabbia. Ricambio l'occhiataccia.
«Hai quarant'anni, cazzo, vuoi frignare come una mocciosa che punta i piedi perché non ottiene all'istante ciò che vuole?» le dico alzando la voce.
«Non puoi paragonarmi a una bimbetta i cui problemi principali sono trovare il gloss coordinato con il french!» è blu, quasi asfittica.
«Sgonfiati o rischi la deflagrazione! Quello che stai facendo è fossilizzarti su un problema che non dovresti nemmeno porti. Devi essere un dannato rullo compressore, te ne devi fregare del tracciato che incontri sotto di te! Che siano sassi, rocce aguzze, sabbia o pezzi di cemento, tu devi fottertene e livellare tutto, schiacciare ogni dannato ostacolo. Posso capire lo sforzo che comporta, ma non puoi fermarti di fronte a niente. Solo così raggiungerai il tuo obiettivo, ficcatelo in quella testa!» sto perdendo la pazienza.
«Parli bene tu, sei già quasi in sala parto» mi rimbecca astiosa.
«Non attaccarti ad altre fesserie, tu devi guardare in faccia la tua situazione e trovare una strategia per cambiare ciò che non va. Passare il tempo a piangerti addosso guardando le pance delle altre donne ti fa solo male, devi pensare a riempire la tua, con ogni mezzo» replico glaciale, sedendomi sull'altro divano.
«Accettando che un estraneo mi infili nella patata un ovocita che lui ha fecondato, al posto della natura? Io non ce la faccio!» ricomincia a piangere. Che palle, non ne vuole sapere di reagire.
«Allora molla l'osso, dalla vinta a quelle che sfoggiano delle adorabili pancine fecondate secondo natura, dai loro ragione quando si siedono in qualche locale trendy a sfotterci per ore, parlando di come ci rifiutiamo di cedere il passo alla loro fresca gioventù» la guardo di traverso.
«Se fosse capitato a te?» mi guarda sfidandomi.
«Quello che è certo è che non sprecherei tempo frignando. Io sono abituata a saltare addosso alle difficoltà, le azzanno alla gola con tutta la forza che ho negli incisivi, non aspetto di essere squartata. Se mi trovassi in condizione di farlo mi rivolgerei alla procreazione assistita. L'idea fa vomitare anche me, ma se quello è l'unico mezzo che ho a disposizione per raggiungere il mio obiettivo affronto le paranoie e vado avanti. Non abbiamo tempo da perdere, a quarant'anni» la guardo con aria provocatoria.
«Quindi dovrei rassegnarmi» rieccola con la lagna. Inizio a essere stufa sul serio.
«Non è questione di rassegnazione. È questione di capire che se queste sono le carte a disposizione occorre giocarsele nel modo migliore» mi stendo pigramente. Joey suona il campanello in quel momento.
«Ora datti un contegno, non voglio più sentire lamentele. Affronterai questa faccenda con la grinta necessaria, mi sono spiegata una volta per tutte?» le rivolgo un mezzo sorriso, mentre apro la porta a suo marito, evidentemente preoccupato per la Lelly nevrastenica che dovrà sopportare. Ciò che si trova di fronte invece è una donna che ha riguadagnato il controllo di se stessa, si sta asciugando gli occhi e gli sorride, con aria quasi serena. La terapia d'urto ha funzionato. Sorrido soddisfatta e strizzo l'occhio a Joey che guarda prima una poi l'altra, con aria incredula.
«Chi è la fata che si è impossessata del corpo di mia moglie?» mi chiede allargando le braccia e tornando a fissare Lelly, che ora appare compiaciuta.
«Le ho dato una ripassata a modo mio. Ora portatela via, devo andare a fare un'ecografia, Ricky sarà qui da un momento all'altro» sorrido a Lelly e le do una pacca sul sedere. Lei si volta e mi abbraccia, ha di nuovo gli occhi lucidi. Giuro che la strangolo.
«Sei la bastarda che chiunque vorrebbe come migliore amica. Grazie Lex. Ora chiamerò il centro e inizieremo a lavorare seriamente per avere questo figlio» proclama mentre mi sbudella nell'abbraccio.
«Brava testona. Ti chiamo dopo per farti saperecome sta tuo nipote, d'accordo?» colpo basso, ma sortisce l'effetto desiderato.Lelly mi tocca la pancia e manda un bacio al mio bambino. Ha finalmente capito chestramaledire le gravidanze altrui nuoce solo a lei. Uno a zero per me.
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