Cacciatrici
Il grafico della temperatura basale campeggia al centro della scrivania, nel mio incasinatissimo studio di casa. Ho appena annotato la temperatura numero quindici. In questi giorni sono giunti a destinazione anche gli stick; ne ho già consumati almeno una decina. Facendone in continuazione mi sembra di avere la situazione sotto controllo minuto per minuto. Sembra e basta, ovviamente. Ne ho infilati alcuni anche nella borsa, nel caso in cui mi dovesse venire un irrefrenabile bisogno di farne uno fuori casa. Ricky e io stiamo assumendo le vitamine in modo molto diligente e tutto viene annotato sul grafico: nome del prodotto, dose, ora di somministrazione. Naturalmente anche i rapporti sessuali sono evidenziati in modo chiaro, al fine di intercettare l'eventuale giorno del concepimento.
Tutto secondo copione.
Aspettando l'esito dello stick di stamattina ripenso alla conversazione che ho avuto con Lelly ieri, durante la serata mensile in cui usciamo da sole. Ci siamo recate alla nostra pizzeria preferita, dopo aver fatto tappa in centro per un aperitivo.
«Non riesco a vedere i muchi vaginali, non li trovo proprio» dichiara lei, in preda alla depressione più assoluta, leggendo distrattamente il menù.
«Fossi in te non mi allarmerei eccessivamente, pare che parecchie donne abbiano difficoltà in questo senso» cerco di consolarla.
«Come diavolo faccio a non preoccuparmi? Il mio grafico è mo-no-fa-si-co! Non ovulo, Lex, è una tragedia!» mi confida con gli occhi lucidi, posando il menu. Oddio.
«Potrebbe trattarsi di un periodo di stress, lo sai che gli ormoni risentono un sacco di eventuali periodi difficili, legati alla depressione o al superlavoro. Se non la pianti di farti le paranoie rischi di peggiorare le cose» le rispondo accarezzandole una mano.
«Tu sei così tranquilla perché hai ovulato. Ma se io non ovulerò spontaneamente dovrò sottopormi a terapie infinite! Oddio non voglio nemmeno pensarci, il mio sedere diventerà enorme e cadente!» Il cameriere si avvicina e ci osserva incuriosito, aspettando l'ordinazione che però arriva subito, impedendogli così di ficcanasare oltre.
«Ma dai! Non essere così catastrofica, magari un breve periodo di stimolazione ovarica può funzionare da solo, senza ricorrere a terapie più pesanti. Non prendere a cannonate i moscerini» replico versando a entrambe un bicchiere di acqua gasata.
«Hai dato un'occhiata ai post in rete lasciati da donne della mia età, che hanno cicli anovulatori? Si finisce per mendicare la procreazione assistita e le liste d'attesa sono chilometriche. Potrei arrivarci con la dentiera. E lo sai che i miei cicli, oltre che anovulatori, sono pure irregolari? Mi hanno prescritto un mare di analisi! Oddio, Lex! Mi sembra di aver calpestato la famosa merda nel deserto! Grazie al cielo almeno lo spermiogramma di Joey è risultato a posto» Lelly è in piena crisi. E quando attacca con la lagna chi si trova ad ascoltarla si becca piagnistei inarrestabili e lamentele di ogni genere.
«Andiamo Lelly, migliaia di coppie ogni anno si rivolgono alla procreazione assistita. Anche se dovesse essere necessario ricorrervi non sarà mica la fine! Pensa quanti bambini nascono ogni giorno grazie a quelle tecniche» cerco di farla ragionare ma lei è un rullo compressore senza pilota.
«Non avrò mai un bambino. Ci pensi? Centinaia di piccoli vengono abortiti volontariamente o abbandonati da chi la dà via come non fosse sua, puttanelle senza cervello né cuore. Io che vorrei un bambino con tutta me stessa non riesco ad averlo. Mi sembra di impazzire» ha già fatto fuori due pacchetti di fazzoletti, inzuppandoli di lacrime. Vorrei poterla aiutare ma non so davvero come fare. Mi sento uno schifo. La natura a volte è davvero bastarda.
«Cerca di calmarti, questo atteggiamento può solo peggiorare le cose. Andremo dai migliori specialisti, troveremo il modo per farti avere il tuo bambino, ma tu devi guardare in faccia questo problema sfidandolo, non soccombendo. Non mollare, Lelly, avere un figlio è un diritto di ogni donna e insieme combatteremo perché questo accada il prima possibile a entrambe» Sembro Wonder Woman 2.0. Magari lo fossi davvero. Lelly mi fissa con un barlume di speranza negli occhi scuri. È così carina, piccolina, non arriva al metro e sessanta, un dettaglio che ci accomuna. Da sempre ci sfottiamo vicendevolmente per la nostra bassa statura. Per il resto siamo agli antipodi: lei con lunghi capelli castani, pelle lievemente olivastra ed enormi occhi neri. Io con la mia odiata pelle chiara, capelli biondo cenere e occhi azzurri. Dalla nonna materna almeno ho ereditato una cosa che adoro: una spruzzata di lentiggini sul naso, che compaiono solo d'estate.
«Dici sul serio? Non parli così solo per nascondermi il fatto che sono vecchia, senza speranze e che le mie ovaie sono in coma irreversibile, vero?» mi guarda con aria scettica, attenta alla mia reazione.
«Ci puoi scommettere. Noi due avremo il nostro bambino, puoi darlo assolutamente per certo. Immagina che stai già cambiando pannolini ripieni di roba verde e disgustosa, magari ti tiri su» le strofino un braccio, mentre il cameriere ci posa davanti due pizze fumanti. Come sempre il profumino che emanano è delizioso.
«Spero che tu abbia ragione, Lex, perché io mi sento nel bel mezzo di un tunnel pieno di muffa, puzzolente, buio e strapieno di buche in cui ho il terrore di sprofondare» sussurra infilandosi in bocca un pezzo di pizza.
«Lelly, i quarant'anni non sono questo» e passo la successiva mezz'ora a raccontarle la faccenda del blog della cinquantenne follemente arrapata e delle sue teorie rivoluzionarie.
«Pensa che Ricky mi ha ufficialmente incoronata fata porca» mi pulisco le labbra con il tovagliolo. Ho divorato la mia pizza, mentre Lelly è a malapena a metà della sua.
«Fata porca?» deposita le posate nel piatto. La sua pizza finirà nella spazzatura.
«Sì, per lui sono una specie di fatina. Sai, l'immaginario maschile galoppa se lei è bionda, occhi azzurri, piccolina e con grandi tette. Il fatto che io voglia seriamente applicare certe tecniche non convenzionali fa indiscutibilmente di me la sua fata porca» ammicco e finalmente riesco a farla sorridere. A quel punto improvvisamente si accende e inizia a meditare in modo sospetto.
Qualche istante dopo spara.
«E se per festeggiare le nostre gravidanze organizzassimo una festicciola?» il suo sguardo la tradisce. Sta pensando a qualcosa di più di una banale festicciola. Probabilmente ha in testa fino all'ultimo dettaglio di un ipotetico evento mondano di cui parlerà l'intero universo del gossip. Forse dovevo tacere sulla faccenda della fata porca. Dio solo sa cos'ho innescato.
«Che genere di festicciola avresti in mente?» sono cauta nel porre la domanda, mentre lei improvvisamente sembra ritornata alla vita dopo un quarto di secolo in stato vegetativo. Temo il seguito.
«Immagina lo scenario. Un locale da favola, di sera. Candele color crema che tracciano il percorso, fino all'ingresso. Il catering ha allestito un mega buffet a base di cibi afrodisiaci, mentre al centro della sala troneggia un fantastico palco con passerella. A un certo punto il sipario si alza e inizia la sfilata: una selezione di capi d'alta moda più sensuali della stagione, e le modelle saranno solo quarantenni! Alla fine noi due facciamo il nostro ingresso, con addosso i due abiti più sexy. La musica attacca e noi iniziamo una sfilata da cardiopalmo. Le stiliste saranno solo donne dai quaranta in su e tutti gli abiti saranno a tema fate porche! Si pagherà l'ingresso e il ricavato verrà devoluto a favore delle donne over quaranta che si trovano in difficoltà economiche e vorrebbero accedere alla procreazione assistita. Che ne pensi? Non ti pare fa-vo-lo-so!?» chiama il cameriere e ordina una bottiglia di spumante.
Oddio, questa fa sul serio.
Io non sono ancora in grado di dire una singola parola mentre lei invece è più lanciata di uno shuttle diretto nello spazio.
«Allora, mi rispondi? Ti si è bollito il cervello?» è senza dubbio tornata in sé ed è più effervescente di una cisterna di citrato. Devo però ammettere che la pensata è intrigante.
«Mi sembra un'idea niente male» cerco di mantenermi sul soft, Lelly s'infiamma.
«Ma sei impazzita? Sarà l'evento di cui parleranno tutti per mesi! Sarà come annunciare pubblicamente che le nostre ovaie non otterranno mai un prepensionamento! È semplicemente geniale!» ha le guance di un bel rosso primario retroilluminato a intermittenza.
«Ammetto che il progetto è intrigante ma come lo attuiamo? Il nostro miserabile stipendio non ci permette di mettere il naso oltre la vita lavoro-discount-casa» le faccio presente, mentre il cameriere, sempre più curioso, stappa lo spumante e riempie due flute.
«Sponsor! Troveremo gente che voglia sponsorizzare l'iniziativa!» mi fissa aspettandosi un sì incondizionato. Annuisco. Dopotutto l'idea mi attizza.
«D'accordo, proviamoci» mi lascio contagiare dal suo incontenibile entusiasmo, a questo punto vale la pena vedere fino a dove possiamo spingerci.
Torno al presente e quello che vedo non mi piace.
Lo stick mi sta mostrando la sua negatività con tutta la sfrontatezza possibile. Abbandono del tutto i ricordi della sera precedente, ben consapevole del fatto che Marilena chiamerà a rapporto tutte le sue amicizie – ne vanta in ogni angolo del mondo – pur di organizzare l'evento più riuscito e commentato del secolo. In questo genere di cose è assolutamente impareggiabile.
Lo sguardo si fissa sullo stick.
Non potrebbe essere positivo in nessun caso, lo so. Ho ovulato quattro giorni fa, come segnala l'andamento della temperatura sul mio grafico. Ho annotato anche la tipologia dei muchi intercettati. Il fatto è che sticcare – neologismo creato ad hoc dalle cacciatrici di pennuta – diventa automatico, non riesci a farne a meno, più volte al giorno. Anche se sai che lo farai inutilmente. Uno stick fatto al quarto dpo (day post ovulation) è per forza negativo. Non si dovrebbe sticcare prima del dodicesimo dpo, in teoria. Guardo quello stick sconsolata comunque. Il mio sabato mattina parte male, anche perché Ricky è in servizio e la cosa mi fa incazzare ancora di più. Suona il campanello. Marilena è raggiante nel suo tailleur giallo pastello, con sandalo tacco dieci in tinta.
«Buongiorno Titti, devo vestirmi da Silvestro?» le chiedo osservando che pure il trucco è impeccabile, mentre io sono ancora in perizoma e maglietta, con lo stick in mano, senza aver nemmeno preso uno straccio di caffè.
«Simpatica. Che ci fai in mutande a quest'ora? Mi sembri tutto fuorché collaborativa» mi osserva con disappunto.
«Sono le otto e mezzo di sabato mattina, che accidenti ci fai qui? Non ho ancora in circolo nemmeno un microgrammo di caffeina, come pensi che possa collaborare?» ringhio gettando lo stick nella spazzatura sotto lo sguardo vigile di Lelly.
«Era negativo, vero? Per quello sei così acida» sentenzia Lelly sedendosi sul divano.
«Sono al quattro dpo, poteva essere solo negativo, Lelly» la guardo di traverso, preparando la moka del caffè e tirando fuori dal frigo il brick del latte.
«Allora perché diavolo l'hai fatto? Ti sei data all'autofustigazione? Non basto io a tenere alta la bandiera?» accavalla le gambe e mi fissa scuotendo la testa.
«L'ho fatto e basta, non c'è un perché. Voglio veder comparire la linea del positivo e sticcare di continuo mi fa stare meglio» replico versandomi un bicchiere di latte gelato da almeno un quarto di litro. Faccio un cenno a Lelly per sapere se ne gradisce un po'.
«No, grazie, il latte mi è indigesto, dovrò decidermi a fare i test allergologici prima o poi» risponde mentre estrae dalla borsa un lucidalabbra alla pesca e ne deposita diverse passate sulla bocca. Io inizio a bere il mio latte, osservandola con attenzione.
Troppa perfezione senza un motivo valido.
«Mi dici che sta succedendo? Sei eccessivamente tirata a malta fine per essere qui di sabato mattina alle otto e mezza, che diavolo hai in mente?» le chiedo, finendo il latte.
«Ho appuntamento dal ginecologo per discutere la strategia d'attacco. Voglio prendere a pallettoni la pennuta» proclama con un sorriso smisurato, rischiando la lussazione della mandibola.
«Capisco. Caffè?» mi volto a spegnere sotto la moka, il caffè è pronto.
«No, grazie, ne ho già bevuti due» si stiracchia sul divano, con aria soddisfatta.
«Ma da che ora sei in piedi?» la domanda sorge spontanea. Sospetto che Lelly stamattina abbia dato la sveglia al gallo. E che lui l'abbia mandata a cagare.
«Dalle quattro e mezza!» esclama come se la cosa fosse assolutamente normale.
«Ma sei fuori di testa? E per fare cosa, scusa?» a momenti il caffè mi va di traverso.
«Per essere perfetta, mi pare chiaro!» sprizza eccitazione da tutti i pori. È praticamente radioattiva.
«Non posso crederci. E che diavolo avresti fatto dalle quattro e mezzo ad ora?» a questo punto esigo lumi.
«Per prima cosa ho svegliato Joey e abbiamo fatto l'amore sotto la doccia. Assolutamente delizioso» lo sguardo di Lelly scintilla, presumo che suo marito abbia dovuto concedersi ben più di una volta sola.
«E lui non ti ha chiesto il divorzio seduta stante? Se non sbaglio ieri lavorava di notte» le faccio cenno di seguirmi in camera, è ora che mi vesta.
«Assolutamente no! Beh, diciamo che ci ho impiegato un quarto d'ora per farlo ragionare, ho dovuto mettere in campo diverse tecniche seduttive per tirarlo fuori dal letargo, ma poi si è dimostrato molto compiacente» sorride maliziosa.
«Mi pare chiaro. Dopo aver maltrattato tuo marito sotto la doccia cos'hai fatto?» mi sto allacciando una camicetta tenendole gli occhi addosso.
«Abbiamo fatto colazione a base di frutta, vitamine e caffè decaffeinato» elenca con orgoglio.
«Ma dai, e come avete messo in moto il cervello con un deca?» infilo le scarpe da ginnastica.
«Con il sesso! Dopo il caffè abbiamo fatto l'amore sul pavimento della cucina. Una cosa incantevole» e scoppia a ridere. Inutile, è inarrestabile.
«Ma lui non verrà con te dal ginecologo?» sempre ammesso che non sia in rianimazione, penso.
«Ma certo! Solo che mi raggiungerà dopo, ha dovuto fare un salto al lavoro per un'emergenza. A volte i programmatori lavorano più dei medici» dice osservandosi lo smalto sulle unghie.
«Ne so qualcosa. E come mai sei qui da me a quest'ora indecente?» m'informo diretta in bagno per truccarmi, mentre il grado della mia preoccupazione subisce un'impennata.
«Volevo renderti partecipe» mormora abbassando lo sguardo con aria colpevole.
«Di cosa precisamente?»
«Sono agitata da morire, non mi andava di starmene a casa da sola, l'appuntamento è alle dieci e mezzo. Posso rimanere qui?» il suo sguardo supplichevole impietosirebbe un genocida incallito. Annuisco sospirando.
«Non c'è problema, io però stamattina avevo in agenda dello shopping sfrenato» già, con il mio favoloso budget massimo di cinquanta euro. Mi viene da ridere. Lelly mi guarda con espressione interrogativa.
«Perché ridi?»
«Pensavo che siamo costretti a sopravvivere con poche miserevoli briciole» Lelly annuisce preoccupata.
«Non dirlo a me. Questa ricerca di maternità prosciugherà completamente tutti i nostri risparmi. Stiamo spendendo un patrimonio in analisi.»
«Lo so, ma piangerci addosso non serve a nulla.»
«Però è vero che le famiglie devono contenere le spese per sopravvivere con le briciole che ricevono in busta paga.»
«Senza contare che spesso si è obbligati a rinunciare anche alle vacanze perché non ci sono i soldi per farle. Lo so Lelly, siamo tutti in questo stato, ma se ci rimbocchiamo le maniche possiamo uscirne» dico mentre finisco di prepararmi.
«Tu e Ricky come cercate di sopravvivere?» chiede.
«Spesa al discount e ci facciamo la pizza in casa!»
«Più o meno come noi. In più c'è anche il bambino che non arriva per vie naturali a peggiorare le cose. Ma non voglio rinunciare, è un mio diritto, uffa, io amo Joey e voglio che la nostra sia una famiglia vera!» Lelly scoppia in lacrime.
«Andiamocene fuori, va bene? Tanto prima o poi troveremo una soluzione e ci rialzeremo da questa merda. Migliaia di famiglie sono nelle nostre condizioni, Lelly. Schioda le chiappe, andiamo, devo comperare un paio di libri scritti da un'autrice esordiente, pare siano una bomba» le sorrido e l'abbraccio. Ho un piano per superare questa situazione inaccettabile, ma per ora non voglio parlarne con nessuno.
«Allora dovrai prestarmeli» dice strizzandomi l'occhio ancora pieno di lacrime amare.
«Certo che te li presto, ci mancherebbe!» usciamo, dirette alla libreria, dove arriviamo un quarto d'ora dopo.
«Eccoli qui» trovo i libri e inizio a sfogliarli avvampando. Lelly me ne strappa uno dalle mani per curiosare.
«Questa tipa è davvero avanti!» esulta e scoppia a ridere guardando la mia faccia bordeaux.
«Leggi come inizia il capitolo otto» e le passo il libro.
«Niente male, davvero niente male!» le luccicano gli occhi, la pupa è già carburata. Basta solo parlare di certe cose e lei decolla. È a presa diretta.
«Te l'avevo detto che ha talento.»
«E qui è tutto da applicare» dice scorrendo le pagine. Adesso non la ferma più nessuno. E non si tratta certo di testi per educande. La guardo aggrottando la fronte.
«Vabbè, per ora concentriamoci sulla lettura, poi vedremo come fare tesoro di queste perle di saggezza» intanto getto un rapido sguardo all'orologio, si avvicina l'ora della visita dal ginecologo. Sono agitata quanto lei, se non di più. Lelly sta trafficando con il cellulare.
«Devo andare» dice leggendo un messaggio di suo marito, in cui le comunica che la sta aspettando a due isolati di distanza, fuori dalla zona pedonale. Sorrido.
«Andiamo, ti accompagno dal socio e me ne torno a casa» replico. In lontananza intravediamo Joey, appoggiato alla sua auto, vestito di tutto punto. Lelly s'illumina non appena lo scorge. È pazza di quell'uomo, anche se a volte lo costringe ad accontentarla con metodi quantomeno discutibili. In effetti Joey è davvero carino: sul metro e settantacinque, occhi azzurri e pelle chiara, capelli castani quasi rasati a zero. La guardo con tenerezza mentre, per corrergli incontro e gettargli le braccia al collo, rischia di lucidare il porfido, cadendo rovinosamente dai suoi sandali gialli con stiletto in metallo. Joey mi saluta con un cenno della mano un secondo prima dell'assalto di sua moglie che gli si sigilla addosso.
«Cercate di fare in modo che non debba ricorrere all'intelligence per avere news in tempi ragionevoli, d'accordo?» cerco di stemperare la tensione che vedo dipingersi sui visi dei candidati genitori, in preda al panico crescente.
«Non faremo nemmeno in tempo a uscire dall'ambulatorio che già sarai debitamente informata su ogni dettaglio» Joey mi sorride con aria incerta, è spaventato a morte, anche se cerca di dissimulare.
«Ci conto. Tornate vincitori, voglio un nipote entro l'anno» li saluto sorridendo e abbracciando forte entrambi. Salgono in macchina, con un sorriso teso, diretti verso l'incognita più inquietante nella vita di una coppia. Perdere la capacità di procreare senza ricorrere ad aiuti esterni comporta un impatto emotivo davvero pesante, senza contare i sacrifici economici che coppie appartenenti ai ceti medio bassi si trovano costrette ad affrontare. Lentamente mi avvio verso casa, pregando con tutto il cuore che una semplice stimolazione ovarica porti i miei migliori amici a ottenere una meravigliosa gravidanza naturale.
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