Capitolo ventitre
Io non sono un'assassina. Non ho mai ucciso nessuno in vita mia. Non sono un'assassina, non lo sono. Non lo sono mai stata e mai lo sarò. Non posso esserlo. Non fa parte di me.
« A sinistra! »
La mia testa pulsa mentre do ad Adrien le indicazioni stradali. Corre spericolato tra le strade, Louis che piange e si lamenta tra le braccia di Harry, entrambi nel vano posteriore del furgone. I loro abiti sono macchiati di sangue fresco, il cui odore mi arriva alle narici. Sto per vomitare di nuovo, ne sono quasi sicura.
« Alla fine della strada, svolta a destra. »
Stringo la maniglia dello sportello, pronta a scendere non appena ci fermiamo. Adrien accelera, svolta a destra e vedo la casa.
« Parcheggia! »
Il suo è un parcheggio fatto alla svelta, di sbieco, brusco e che raschia sull'asfalto. La testa di Louis ciondola insieme a quella di Harry, che non sa bene cosa fare.
Salto giù dal furgone e mi metto a correre verso la porta, bussando come una dannata. Le lacrime hanno già iniziato a scorrere sulle mie guance.
« Sono Aline! Aprite, per favore! »
Sulla soglia, la prima persona che vedo è Louane. Non appena i suoi occhi scorgono la mia figura, mi tira dentro prendendomi per una spalla, abbracciandomi. È spettinata ed è evidente che stesse dormendo.
« Aline! » soffia il mio nome tra i miei capelli, ma io so che non c'è tempo. Anche se le lacrime sgorgano sulle mie guance, mi sforzo di parlare, agitata e spaventata.
« Louane, devi aiutarmi. »
Adrien ed Harry entrano portando Louis, ferito e bianco come un lenzuolo, con le mani poggiate sul fianco colpito, il sangue che le ha colorate.
« Santo cielo! » Louane si fionda in cucina, facendo segno ai ragazzi di seguirla, mentre dal piano superiore scende Josée.
La mia migliore amica mi corre incontro ed io singhiozzo così forte che mi dimentico dell'ora tarda.
« Che cosa ti è successo? » Josée mi prende il viso tra le mani, ma io non so rispondere. Non ci riesco.
« Josée, portami il kit medico da sotto la scala! » urla Louane. Sento qualcosa strapparsi e affacciandomi sulla soglia vedo che la madre della mia amica ha rotto la maglietta di Louis per avere una visione migliore della ferita. Josée, con una rapidità che mi sorprende, obbedisce alla sua richiesta. Louane mi passa affianco ed io la blocco prendendola per le braccia.
« Mi dispiace. » dico piagnucolando come una bambina. Scuoto la testa. « Non sapevo dove altro andare. »
« Va tutto bene. » Louane è in ansia, ma mi sorride comunque. « Hai fatto la cosa giusta, Aline. »
Mi accarezza il viso e corre in bagno a prendere degli asciugamani, incrociando Josée che le porge il kit medico. La mia amica sbircia in cucina, vedendo Louis dimenarsi sotto la presa salda di Harry ed Adrien.
« Quello è... » mormora, sgomenta. Io non le rispondo perché è ovvio che abbia riconosciuto Louis. Chiunque lo farebbe.
Louane ci passa in mezzo, dividendoci.
« Josée, porta Aline fuori da qui. Adesso! »
Josée, ancora una volta, ubbidisce, e mi spinge delicatamente via. Io guardo verso Louis, impaurita, mentre Louane chiude la porta della cucina, separandomi da Harry, i cui occhi mi cercano poco prima che l'ingresso venga sbarrato. Josée mi cinge entrambe le spalle, come a volermi riportare coi piedi per terra. Devo avere un aspetto orribile, con gli occhi gonfi ed arrossati, spettinata ed esausta. Sento il terrore scorrermi nelle vene, non ho idea di come riesca a reggermi ancora in piedi.
Louis lancia un urlo che mi destabilizza, facendomi voltare verso la porta della cucina.
« Stai tranquilla, va tutto bene! » Josée mi parla piano, pacatamente, come se fossi una bomba pronta ad esplodere. « Sei al sicuro qui. »
« No, non sono al sicuro, nessuno di noi lo è. » scuoto la testa. « Nemmeno voi. »
I suoi occhi mi implorano di non renderle il compito ancora più difficile. Ho paura per lei.
« Hanno scoperto tutto. Della Corte, dei ribelli... stanno radendo al suolo ogni cosa... » dico in un sussurro. Josée ascolta quello che dico ed osserva le lacrime che, silenziose e lente, mi tracciano dei sentieri invisibili ed umidi sugli zigomi. « Ed io ho ucciso uno di loro... »
Mi guarda a lungo, aspetta che dica dell'altro ma non ci riesco. Sono sotto shock.
« Cosa... » non riesce quasi a parlare, le mie labbra tremano. « Cosa stai dicendo, Aline? »
Ed è qui che crollo. Tutto il mio mondo, tutto quello in cui ho sempre creduto, tutto ciò a cui ho fatto l'abitudine, esplode all'interno del mio corpo con una furia tale da farmi cadere in ginocchio, rantolando. Sono diventata un mostro. Una macchina d'odio.
Mi sento piena zeppa di buchi, colma di un'ira spiacevole, che mi fa sprofondare nella perdizione più totale. Non mi riconosco più. Non so cosa sono in grado di fare, dove devo andare e cosa mi sta accadendo. Ho fatto delle cose in automatico, mossa dall'istinto di sopravvivenza, macchiandomi con un reato che non potrò mai cancellare dalla mia vita.
Mi sento spregevole, anche se sto piangendo.
Josée mi tiene stretta fra le sue braccia, accovacciandosi di fronte a me. Cerca di cullarmi come meglio può, senza sapere che mi sento in colpa anche per questo. Per le sue braccia attorno al mio corpo fragile e sporco, per sua madre che sta curando uno dei ragazzi più ricercati di tutta Parigi, per averle svegliate nel bel mezzo della notte, per averle introdotte a qualcosa più grande di tutti noi.
Ma avevo altra scelta?
Ho sparato perché se non l'avessi fatto, Harry a quest'ora sarebbe morto, e probabilmente lo saremmo anche noi. Li ho portati a casa di Josée e Louane perché non sapevo dove altro andare, ed in ospedale ci avrebbero arrestati ed uccisi. Adesso che la Corte dei Miracoli è stata scoperta ed attaccata, non so nemmeno che fine abbiano fatto mio padre e mia madre. E Tristan? Dov'è lui? Sta facendo esattamente come gli altri Controllori?
Penso a lui al posto del Controllore a cui ho sparato e sento i polsi prudermi. È la prima volta che desidero morire, per non provare più questo dolore atroce che mi dilania senza pietà, tra i miei singhiozzi, le parole di Josée e le urla quasi disumane di Louis nella stanza affianco.
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