Capitolo ventisei

La strada vuota mi fa paura. È incredibile come nessuno giri per queste vie. Harry dice che probabilmente stanno chiudendo tutti i passaggi da e per Parigi, in modo da bloccare la rivolta. Si è scatenato qualcosa di enorme, secondo lui.

Io non so che pensare. Mi ritrovo nel retro di un furgone alla fuga disperata insieme a tre ragazzi che conosco a malapena. Vorrei che Harry mi baciasse, per farmi passare quest'angoscia che mi attanaglia lo stomaco.

« Hai paura? » la voce di Louis sembra risvegliarmi dai miei pensieri scomodi. Lo guardo. Non ripete la domanda, ma aspetta una mia risposta.

Annuisco debolmente, come se stessi confessando un peccato.

« Di cosa hai paura? »

Harry siede al lato opposto, contro le portine, e ci guarda. I suoi occhi zigzagano da Louis a me, incuriositi ed un poco allarmati.

Mi gratto una guancia e cerco di mettermi meglio a sedere, Adrien che continua a guidare piano.

« Che ci scoprano. » dico.

« E poi? » mi incita a dire qualcosa che non so. Sostengo il suo sguardo solo perché sto cercando di capire cosa voglia da me. Le sue sopracciglia conferiscono ai suoi occhi chiari una sfumatura tenebrosa ed antipatica, quasi meschina. « Hai paura di morire? »

Mi sento stringermi in me stessa. Sì, ho paura di morire. Una paura enorme di morire, e che loro possano venire uccisi insieme a me. Non so cosa aspettarmi, dopo la morte.

Ma non glielo dico, e lui continua imperterrito.

« Hai paura di uccidere qualcuno? Di sentirti colpevole? »

« Louis » Harry lo richiama piano, stanco dei suoi giochetti. Il cugino non lo ascolta, continua a guardarmi come se fossi una sfida.

« Hai paura di scoprire che non sei buona ed ingenua come credevi, Aline? »

« Louis, basta. » Harry adesso è più austero. Io ho stretto le mie mani in due pugni e mi sto mordendo la lingua. Sta scatenando in me una rabbia innata, che non avevo mai provato prima.

Poggia di nuovo la schiena contro la parete e sta zitto, sorridendomi appena.

« Tutto quello che conosci è uno sbaglio ed una menzogna. » mi dice. « Perfino te stessa. »

Harry sobbalza in avanti, finendo tra di noi. Lo prende per un braccio, strattonandolo e facendolo gemere di dolore per via della ferita.

« Ma che cazzo hai in testa, si può sapere? È una ragazzina, non hai nessuno diritto di dirle queste cose. »

« Ha già subìto delle violenze psicologiche, io le sto solo facilitando il lavoro e le sto aprendo gli occhi. »

« Parlandole in questo modo? » continua Harry. « A me sembra soltanto che stai scaricando le tue frustrazioni su di lei. »

Louis lo calcia via, ed Harry indietreggia. Adesso si guardano in cagnesco. Il francese scuote la testa.

« Non sei mia madre. E nemmeno la sua. »

Louis sembra furioso. Harry sta cercando in ogni modo di tenere a bada la sua ira. È un argomento che nessuno dei due vuole toccare, ma Louis sa che è il punto debole di entrambi.

Non si dicono nient'altro per l'ora successiva. Poi, Adrien inizia a rallentare.

***

Alle porte di Arras non ci sono controlli; Louane aveva ragione. Probabilmente sono tutti concentrati attorno a Parigi.

C'è una grande piazza con un movimento non indifferente di persone e qualche macchina scura. Ci sono dei locali aperti, il Sole è alto in cielo ma non mi riscalda per niente.

Quando scendo dal furgone e mi guardo attorno, respirando l'aria pulita, mi sembra di essere tremendamente vulnerabile. Louis sta ancora nel vano mentre Harry scende e si guarda un po' attorno.

« Adrien, stai qui con Louis. » gli dice, e lui annuisce una sola volta. Poi, Harry si volta verso di me e mi fa cenno di seguirlo.

Ci avviamo verso non so dove, lo seguo in silenzio, con le braccia strette attorno al corpo. Mi lancia un'occhiata impensierita.

« Tutto bene? » mi chiede.

Annuisco subito, guardandolo appena, ben cosciente di dire una bugia.

« Sei sicura? »

Sollevo lo sguardo, trovando il suo. Decido di non rispondere, inspirando angosciata.

« Dove stiamo andando? » gli chiedo, cambiando discorso.

« A cercare un posto in cui dormire. »

Mi guardo attorno sospettosa ed intimorita, le braccia sempre più premute contro il mio corpo.

« E se non dovessero aiutarci? » chiedo. « Se dovessero scoprire che stiamo scappando da Parigi e che facciamo parte della Rivolta? »

Harry non mi guarda quando mi risponde. Continua a camminare sicuro di sé, come se niente potesse scalfirlo, ma so che anche lui ha delle insicurezze.

« Hai sparato una volta. » mi dice. « Puoi farlo anche una seconda ed una terza. »

Non sono sicura che abbia ragione, perciò gli rivolgo un'occhiata preoccupata, schiudendo le labbra. Uccidere altre persone? Non credo faccia per me.

Le iridi verdi di Harry mi scrutano per un po', poi torna a guardare davanti a sé.

« Di là. » dice, indicando appena un posto dall'altro lato. Si guarda alle spalle, poi mi cinge un gomito e mi trascina con sé in una piccola corsetta, per superare una vettura che ci sta facendo attraversare.

Ci ritroviamo di fronte ad una porta scorrevole in legno, che si apre automaticamente, presentandoci così la hall di un piccolo albergo costruito in altezza. Alla reception c'è un uomo di bell'aspetto, di età avanzata, coi capelli bianchi ed una folta barba dello stesso colore. Ci guarda e ci sorride cordiale, gli zigomi che quasi gli fanno chiudere gli occhi chiari.

« Benvenuti. » dice. « Desiderate una stanza? »

***

La stanza di Louis ed Adrien è accanto a quella mia e di Harry, ed è lì che ci riuniamo tutto il giorno. Non facciamo molto, se non osservare la cartina della Francia ed attendere il notiziario della sera. Sappiamo che le TV francesi sono controllate dal governo, ma speriamo di ottenere qualche informazione riguardo Parigi. Per pranzo, nessuno ha parlato della rivolta e dei recenti sviluppi, e nessuno di noi sa cosa stia accadendo.

Ci sono delle armi nella stanza, diverse armi che non avevo notato nel fondo del furgone. Adrien le sistema tutte quante sul letto e le osserva, mentre Louis si rilassa seduto su una poltrona. L'albergo non è di lusso, e non avevano né stanze singole né da quattro, ma almeno è decente e abbiamo un rifugio per la notte. Non credo sarei sopravvissuta ancora a lungo dentro quel furgone.

« Queste sono le armi che abbiamo. » dice Harry.

« Le pistole ad Aline. » suggerisce Louis, che guardo subito. Ho il sentore che abbia captato il mio turbamento nei confronti delle armi. Harry lo guarda appena, decidendo di ignorarlo.

Mi sento tremendamente ingombrante e sporca, nonostante mi sia fatta una doccia. È come se fossi un grosso peso per tutti e loro non mi volessero qui.

Non mi sbaglio, in fondo. Louis ha sempre detto che non sarei dovuta partire insieme a loro, ma poi le circostanze hanno voluto il contrario. E adesso sono qui.

La TV si colora di blu, poi inizia un comunicato speciale.

« Ragazzi! » dico, richiamando la loro attenzione.

Osserviamo lo schermo col cuore in gola. E poi appare.

Parigi non è più la mia città. Parigi, ora, è un inferno. Le fiamme divampano, la gente urla e scappa, i Controllori girano armati fino ai denti, scuri, tenebrosi e terrificanti.

Respiro a fondo mentre guardo la Tour Eiffel spegnersi perché il fuoco attorno a lei è più grande. Dicono che sia tutta colpa dei ribelli. Che sia scattato qualcosa di enorme e di anomalo, che le forze dell'ordine stanno cercando di fare il loro meglio per riportare la popolazione allo status quo. Io non ci credo.

La Corte dei Miracoli non esiste più, è ridotta ad un cumulo di macerie e cenere, mentre il Sole sorge e l'alba nasce sulla morte di centinaia di persone uguali a me.

Mi viene automatico pensare a Josée e Louane, che hanno fatto tanto per noi. Mi domando che fine abbiano fatto, se siano ancora vive, così come temo per mio padre e mia madre. Non sapere niente di loro mi rende nervosa e terrorizzata. E poi penso a Tristan. Mi chiedo se anche lui, come me, abbia ucciso qualcuno o se l'abbiano fatto fuori prima che riuscisse a premere il grilletto. Mi domando come debba sentirsi, ora.

Harry sospira spazientito, la mascella contratta.

« È iniziata. » dice Louis, concentrato. « La rivoluzione è ufficialmente iniziata. »

« Dobbiamo andare via da qui prima dell'alba. » suggerisce Harry, ed Adrien annuisce subito. Io lo seguo con lo sguardo, mentre si sposta di fronte alle armi.

« Caricheremo queste nel vano insieme a noi, per essere pronti ad ogni evenienza, e poi partiremo alla volta del porto, seguendo la strada indicataci da Louane. Non ci fermeremo finché non saremo arrivati a Calais, d'accordo? »

Adrien, di nuovo, è il primo ad annuire. Louis fa un cenno con la testa mentre risponde. « D'accordo. »

Poi, inaspettatamente, Harry si volta verso di me, attendendo che dica qualcosa. Mi stringo nelle spalle.

« Va bene. » dico.

In realtà non sono affatto sicura, ma non ho altra scelta. Sto imparando a convivere con questa sensazione di turbamento continuo che non mi abbandona mai, e non ho una misera idea di ciò che mi accadrà. Forse, visto che tutto il mio mondo sta crollando ad una velocità inaudita, non m'importerebbe poi tanto se morissi.


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