Capitolo ventinove
Il peso del corpo di Louis mi trascina giù con sé, mentre Tristan ferma il collega.
Alle mie spalle sento Harry che lo chiama, ma voltandomi vedo che lo tengono immobile contro i vetri del treno, gli stringono i polsi e la sua voce raschia contro la sua gola in un latrato disperato. Perché sa già che non c'è più niente da fare.
Le mie iridi bagnate si posano su Louis, i quali occhi sono spalancati. Il suo sangue macchia i suoi vestiti e le mie mani, vorrei urlare ma non riesco a farlo, mi manca il respiro. Sento che sto per svenire, vorrei essere al suo posto. Harry e Adrien vengono catturati e i loro capi vengono coperti con dei cappucci neri, dopo che gli hanno tappato la bocca.
Tristan si inginocchia di fronte a me e mi guarda intensamente. I suoi occhi tremano per ciò che siamo diventati. Non voleva spararmi, non l'avrebbe mai fatto, e nemmeno io ne sarei stata in grado.
Che cosa ci è successo? Vorrei chiederglielo. Anche con Louis tra le mie braccia. Anche con la cruda consapevolezza di aver perso qualcuno che mi stava salvando.
Credo che Tristan voglia dirmi qualcosa, o accarezzarmi il viso sporco di stanchezze e paure. Ma mi tappano la bocca con una corda e mi coprono la visuale con un cappuccio nero, ed è come sprofondare nel peggiore dei miei incubi.
***
Mi tolgono il corpo di Louis di dosso, ma è come se lo sentissi ancora gravare su di me. Poi ci fanno sedere per terra, mi mettono tra Adrien ed Harry. Mi sento in colpa per la morte di Louis, ma il vuoto che mi ha creato la sua perdita è più grande di qualsiasi altra cosa.
Coi cappucci ancora sui volti, riesco a fare affidamento solo all'udito: qualcuno fa avanti e indietro mentre il treno continua la sua corsa. Le porte si aprono e chiudono, permettendo ai Controllori di passare da un corridoio all'altro. Probabilmente ci guardano, quando ci sfilano davanti, ma non ci toccano.
« Jules » riconosco la voce di mio fratello, ma decido di restare immobile. « Ho parlato con gli altri colleghi, abbiamo deciso che loro verranno con me giù a Dunkerque. Li porterò alla Stazione 497 e da lì chiameremo gli elicotteri per portarli nuovamente a Parigi. »
« Avete già informato Parigi? » chiede il presunto Jules.
« Certamente, ho telefonato io stesso. » risponde prontamente Tristan.
Jules sospira e poi sbadiglia. « E va bene. Sono tutti tuoi. »
Sento dei passi sempre più vicini, poi una mano mi da delle pacche sul viso.
« Hai sentito, principessa? Tuo fratello ti riporta a casa. » Jules lo dice con scherno, poi scoppia in una risata rauca e fastidiosa. Successivamente, si rivolge di nuovo a Tristan. « Non fare scherzetti, pivello, o al posto di tua sorella sarai tu a finire sulla sedia elettrica, chiaro? »
« Chiaro. » il tono di Tristan è piatto ed io non avevo idea di dover finire nella sedia elettrica.
Se potessi guardare mio fratello, gli riserverei l'occhiata più schifata che mi è concessa. Invece non riesco nemmeno a capire se sia andato via anche lui, o se stia solamente aspettando il momento per farmi fuori.
***
Ci trascinano giù dal treno dopo un po'. Il mio braccio sinistro viene stretto in una morsa dalla quale non potrei mai scappare.
Il freddo mi abbraccia facendomi tremare come una foglia, mentre camminiamo. Tristan parla con qualcuno, poi dice « Possiamo andare. » e vengo spinta verso un cammino che non conosco.
Non siamo solo noi tre e Tristan, me ne accorgo per la moltitudine di passi che seguono i miei. Camminiamo per un po', poi ci fermiamo e sento il rumore di alcuni sportelli.
« Metti giù la testa e alza una gamba. » mi dicono, prima di spingermi su qualcosa di più duro e farmi rotolare in avanti. Fanno salire anche Harry e Adrien, prima di chiudere delle porte. Continuo a non vedere niente, ma poco dopo sento qualcuno mettere in moto e capisco che dobbiamo essere dentro una macchina, o un furgone simile a quello che aveva Adrien.
Cerco di muovere le dita, ho i polsi stretti da una corda legata in maniera impeccabile, ma mi arrendo subito dopo, mentre vengo sballottata da una parte all'altra.
Anche se non posso vedere dove sono e cosa sta succedendo, riesco a piangere in silenzio. Forse il cappuccio è un ottimo scudo per nascondere le mie lacrime di terrore.
Per tutto il viaggio non faccio che domandarmi cosa mi sia successo, se sia tutto reale o se stia facendo un incubo. A volte vorrei che fosse così, che potessi svegliarmi di nuovo a casa mia, nel mio letto, con la mia famiglia intatta. Non mi importerebbe di dover sottopormi ai richiami della Centrale, o forse agirei in maniera diversa. Più responsabile, più convinta.
Stringo le mani in due pugni, col bisogno estenuante di vedere cosa stia accadendo e di trovare la calma giusta per permettermi di pensare.
Quante persone sono morte per me? Quante si sono sacrificate per darmi una mano?
E io sono stata catturata. Non ho saputo difendere me né i miei compagni, ho lasciato andare in rovina tutto: la mia famiglia, i miei affetti, le persone che volevano darmi una mano.
Tristan non dice niente e non sento rumori che possano descrivermi la posizione di Harry ed Adrien. Mi sembra addirittura impossibile credere che Louis non sia con noi.
***
Ci fermiamo con uno scossone e cerco di non cadere da un lato. Tristan scende dal mezzo e viene ad aprirci: tira giù prima me, scoprendomi il capo.
La luce fioca dell'alba mi stordisce dopo che ho passato tutto questo tempo al buio e nella paura, e sbatto un po' gli occhi, mentre mio fratello mi slaccia la corda che ho attorno alla bocca e mi libera le mani. Io mi guardo attorno, scorgendo persone intente nel loro lavoro, e tanta, tantissima acqua con svariate barche e barconi.
Una volta che ho i polsi liberi me li accarezzo delicatamente, respirando l'aria salmastra. Non ho mai sentito quest'odore prima, mi entra nei polmoni a boccate fredde.
Tristan fa scendere Adrien ed infine Harry, liberandoli. Siamo senza armi adesso, e anche loro due si guardano attorno non capendo.
« Dunkerque, giusto? Eravate diretti qui? » chiede mio fratello.
Lo guardiamo tutti e tre, ma lui ha occhi solo per me.
« Sì » dico.
Mi sorride appena, poi indica un punto oltre le nostre teste.
« Laggiù al molo troverete i traghetti che vi porteranno a Calais. »
« Come fai a sapere che dobbiamo andare a Calais? » domanda subito Harry, affiancandomi.
Tristan fa un rapido movimento con la testa. « Ho letto i tuoi fascicoli in Centrale. Non ci è voluto molto per capire che volessi tornare a Londra. E l'unico modo per farlo è Calais. »
Gli occhi di Tristan mi trovano di nuovo e sono identici a quelli di mia madre. Vorrei chiedergli perché lo sta facendo, perché ci sta lasciando andare quando dovrebbe riportarci a Parigi, ma le parole non abbandonano la mia gola.
« Papà è vivo. » mi dice, come se sapesse quali sono i miei crucci.
Il mio cuore fa un piccolo salto di gioia e sento un peso in meno sciogliersi nel mio petto.
« E la mamma? » chiedo.
Tristan scuote la testa. « Non so niente di lei. »
Decido di prenderla come una buona notizia, perché significa che non l'hanno catturata. Forse ce la sta facendo, forse è ancora viva e vegeta.
Tristan solleva il mento e ci sprona ad andare.
« Muovetevi, prima che sia troppo tardi. »
« Tu non vieni? » gli chiedo.
Scuote di nuovo il capo ed io sgrano gli occhi.
« Perché? »
« Se venissi con voi mi arresterebbero: lavoro per la Centrale di Parigi, per il Governo. »
« Ma se resti qui... »
« Devo farlo, Aline. » mi interrompe. Lo fisso sgomenta. « Non posso venire con voi. »
Quello che provo per mio fratello è contrastante. Non capisco. Credo di non averlo mai fatto.
Il Sole che sorge gli illumina il viso e cerco di imprimermi nella memoria queste immagini, sperando di farmele bastare.
« Ti rivedrò mai, Tristan? »
Lui sorride appena, mestamente. Sappiamo entrambi la risposta.
« No, Aline. »
Cerco di non piangere, muovendo un passo verso di lui, che tuttavia si scansa.
« Sono un traditore. » mi ricorda.
« Sei mio fratello. » lo correggo.
Lo abbraccio muovendomi in fretta, prima che possa dire o fare altro e per la prima volta, dopo tanto tempo, sento di nuovo il profumo di casa, di normalità, di una vita che non è più la mia.
È lui a rompere il nostro contatto, indietreggiando.
« Andate. » ci dice, e Adrien segue il suo consiglio.
Harry mi sfiora la mano con la sua, invitandomi tacitamente a seguirli.
Io indietreggio continuando a guardare mio fratello, prima di concedere le mie attenzioni a ciò che stiamo facendo.
Adrien cerca con lo sguardo un traghetto libero, ma spetta a me domandare se possiamo imbarcarci. L'uomo che ci porterà a Calais dice di chiamarsi Charles e ci fa accomodare sulla sua barca. Harry mi aiuta a salire.
Charles cerca di metterci a nostro agio, aspetta che altri tre passeggeri salgano con noi e poi salpa.
Quando la barca inizia ad allontanarsi, prendendo il largo tra il rumore dell'acqua calma e blu, mi volto a guardare un'ultima volta mio fratello, che diventa sempre più piccolo.
Harry probabilmente lo vede prima di me, perché mi allaccia un braccio attorno alla vita e mi trattiene a sé, prima che possa buttarmi in acqua urlando disperatamente.
Tristan tira fuori una pistola e si spara ad una tempia.
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