Capitolo undici

Quando mi sveglio, sono frastornata. Con me c'è Josée, seduta alla mia scrivania con un libro in mano, e non si accorge che sono vigile. L'ultima cosa che mi ricordo è che mi sono sentita avvampare, sormontata da un'ira mai provata prima, ed ho cercato di districarmi dalla presa del Controllore maschio che mi teneva immobile, per aggredire mio fratello. Poi mi hanno stordita con un elettroshock e non ricordo altro. Non so come sono arrivata fino a camera mia, nel mio letto, visto che è dove mi trovo in questo momento.

Mi metto a sedere con movimenti lenti, indolenzita in più punti.

« Aline » quello di Josée è più un soffio sorpreso, quando i suoi occhi mi scorgono ancora viva. Mi raggiunge subito e si siede al mio fianco, posandomi le mani sulle braccia come ad aiutarmi a stare seduta. Effettivamente mi sento molto debole e mi gira un po' la testa.

Riesco a sollevare lo sguardo sul suo e vedo che è dispiaciuta. Adesso ricordo dell'altro: ricordo mio padre che viene scortato fuori dai Controllori in condizioni abominevoli, e ricordo mia madre che sbraita inferocita. Poi c'è Tristan, la sua voce, e tutto mi colpisce di nuovo, solo che ora non ho mio fratello davanti e di sicuro non ho tutte le energie che mi servirebbero per aggredirlo.

Deglutisco.

« Tua madre mi ha raccontato tutto. » dice Josée scostando le sue mani non appena vede che mi volto per scendere dal letto. « Mi dispiace... »

Io non capisco. Non capisco ancora. So cosa sia successo, ma mi sembra di vivere in una realtà parallela. Fino a qualche giorno fa ero io l'unica ad avere dei segreti, mi fidavo di mio fratello e credevo che mio padre fosse un uomo in regola. E invece mi sbagliavo. Adesso ho un fratello che ci ha traditi, ed un padre scomparso nei meandri della Centrale, accusato di Alto Tradimento e Resistenza. E mia madre sapeva tutto.

Credo che non mi basterebbe tutto il tempo di questo mondo per capacitarmene. Quello che vorrei sono delle spiegazioni, delle risposte ai miei perché, e sono sicura che Josée non sia la persona adatta a darmeli. Ora sono rimasta sola con mia madre, una donna che credevo di conoscere, ma che non mi sembra più la figura importante a cui l'avevo associata. So di avere anch'io dei segreti, ma quello che è appena successo va ben oltre tutto quanto. Siamo una famiglia distrutta, adesso.

Se la nomina di mio fratello che veniva promosso Controllore ha suscitato dell'interesse verso il nome Dupont, adesso, con la notizia di mio padre e del suo arresto da parte di Tristan stesso, non so cosa potrebbe pensare la gente. Certamente ci saranno delle ripercussioni, siamo nel mirino del Governo. Mio padre era nella Resistenza... fatico perfino a formulare la frase.

« Devo parlare con mia madre. » è l'unica cosa che dico alla mia migliore amica prima di filarmela di sotto. In realtà, non appena imbocco le scale, rallento intimorita. Sento la voce di mia madre parlare con Louane, la mamma di Josée. È agitata e dice che non capisce come sia potuto accadere. Credo stia piangendo e mi fermo dietro la porta, improvvisamente vigliacca ed incapace di andare oltre. Josée mi osserva dall'alto della rampa di scale.

Quando mia madre smette di parlare e Louane non le risponde, cala il silenzio e perfino il mio respiro è udibile a chiunque. Perciò esco dal mio nascondiglio e mia madre sta già guardando verso di me. I suoi occhi sono cerchiati di rosso perché ha evidentemente pianto, e i suoi capelli sono spettinati. Louane seduta di fronte a lei è più presentabile, mi concede un sorriso dolce come quelli di Josée e poi si alza.

« Josée, andiamo! » chiama, percependo la tensione nell'aria.

La mia amica scende le scale in fretta e mi abbraccia prima di andare via. Louane saluta sulla porta, chiudendosela poi alle spalle e lasciandoci da sole.

Questo è ciò a cui devo abituarmi. A noi due da sole.

Mio padre non c'è e Tristan ha scelto da che parte stare. Io sto navigando in acque torbide che non conosco, e non ho scelto affatto di stare qui in mezzo.

« Aline » il modo in cui mia madre pronuncia il mio nome è mortificato. Sono tremendamente dispiaciuta per questo inevitabile distacco che mantengo, ma non so più di chi posso fidarmi.

« Devi dirmi tutto, mamma. » dico con una sicurezza che fa a botte con ciò che davvero provo.

Voglio che mi dica tutto. Ho bisogno di sapere.

Fa un piccolo cenno d'assenso con la testa. Io mi siedo al posto di Louane, e Margot Fabre, mia madre, inizia a parlare.

***

Montmartre un tempo era un quartiere ricco di artisti di strada, pittoresco e meraviglioso. Adesso si è ridotto ad una serie di vie e rioni dove i mendicanti chiedono l'elemosina e si spacciano per malati terminali. Ogni tanto i Controllori si fanno vedere per arrestarne qualcuno, ed ecco che i sedicenti moribondi spariscono a gambe levate. Non è comunque un bel quartiere ed io non dovrei starci da sola, ma è l'unico punto in cui il tramonto sia perfetto e meraviglioso. Non mi meraviglia la scelta di questa zona come quartiere artistico, ma mi incuriosisce la decaduta che il posto ha avuto. È così triste vederlo grigio e spento, mentre il cielo esplode in un fuoco rovente di colori.

I gradini del Sacro Cuore sono scomodi e freddi, ma mi sembrava il posto migliore per stare da sola e ragionare su ciò che mia madre mi ha raccontato.

Mio padre faceva davvero parte della Resistenza, ed è iniziato tutto circa due anni fa. Io non mi sono mai accorta di niente perché sia lui che mia madre hanno mantenuto il segreto, ed erano convinti di esserci riusciti anche con Tristan, che tuttavia si è dimostrato più scaltro e sveglio di me.

Mi ha raccontato che all'inizio lei non era molto contenta della scelta, ma mio padre non aveva fatto nessun passo azzardato perché non voleva metterci in pericolo. Col passare delle settimane, però, mia madre aveva notato dei cambiamenti nella società: ciò di cui la Resistenza si lamentava, era vero e fondato. La gente non era felice, non agiva per il puro piacere personale, ma per rimanere in regola, per paura di uscire dai limiti imposti dal Governo. Era una dittatura. Così si convinse anche lei che la Resistenza avesse ragione, e che forse qualcosa si poteva davvero fare.

Mio padre iniziò, così, ad entrare nei circoli segreti di piccoli gruppi in contatto gli uni con gli altri. Minuscole riunioni dove per lo più si stilava un elenco delle falle del sistema, ed ogni tanto si parlava di chi era stato arrestato. Con molte probabilità adesso avrebbero parlato anche di lui.

Mia madre non sa di preciso cosa accadesse in quelle riunioni, ma ognuno aveva un ruolo ben preciso. Mio padre, un tecnico elettricista, probabilmente aveva una mansione consona al suo lavoro. Non era vero che le sue recenti occhiaie fossero a causa del suo impiego, ma per causa di Tristan.

Nel momento esatto in cui Tristan venne nominato Controllore, mio padre ebbe paura. Non per sé, o per noi, ma per Tristan stesso. Temeva che l'avrebbero rovinato, ed invece è stato lui a rovinare noi. Adesso non ho idea di dove mio fratello sia, e nemmeno mia madre.

Sono rimasta in silenzio dopo che mi ha raccontato tutto. In silenzio a domandarmi come fosse possibile non accorgermi di tutto ciò. Non sono riuscita a dirle di Louis Tomlinson ed Harry, di Londra, della Corte dei Miracoli. Sono stata zitta e lei mi ha chiesto se volessi un bicchiere d'acqua.

Sollevando il viso, davanti a me ho Parigi e l'orizzonte infinito. Ci sono case, edifici, ombre, macchine, ponti e tanto altro ancora che non riesco a vedere né a delineare. In quelle vie, tra quelle strade ed in mezzo a quelle persone, mio fratello ha tradito la nostra famiglia e mio padre è rinchiuso in Centrale come traditore. Ci sono persone che tentano di scappare, di rovesciare la medaglia e di donare alla Francia e a Parigi un nuovo volto, una libertà che non conosciamo.

Io non so cosa sia la libertà. Non mi è concesso saperlo. Ma se tutto questo è riuscito a portarmi via mio fratello e mio padre, allora è sicuramente sbagliato. E deve cambiare.


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