Capitolo sette
Se c'è una cosa che funziona dannatamente bene, in me, quella è la mia memoria. Ricordo strade, codici, frasi, impegni e scadenze con un'accuratezza unica nella mia famiglia. Forse è per questo che hanno testato dei nuovi sieri su di me in Centrale, per via della mia memoria così forte e sviluppata. Eppure, in questo caso, mentre esco da scuola di corsa e saluto Josée con un veloce bacio sulla guancia, sono estremamente felice di possedere questo dono raro, questa particolarità così utile. Ricordo a memoria la strada percorsa dal ragazzo dall'accento strano e gli occhi verdi, e mi affretto a correre per raggiungere destinazione prima che sia troppo tardi e che mia madre si insospettisca. Non ho detto a nessuno di Louis Tomlinson, né del furgone, ma la notizia di mio fratello divenuto Controllore si è sparsa in fretta perfino in una città come Parigi, e questo ha portato la mia famiglia ad essere vista quasi come pura, senza difetti. Il fatto di avere qualcuno che lavora per il governo ci dipinge come persone per bene, perfettamente in regola e controllate, e nessuno sembra più badare al mio incidente. Sono grata a Tristan per questo, perché adesso nessuno mi guarda più in malo modo.
Ho il fiatone quando raggiungo la stretta via di case addossate l'una accanto all'altra, dopo i gradoni in pietra. Riconosco subito la porta che mi interessa, e busso con forza sperando che mi aprano in fretta, ma non devo affatto attendere perché la porta è già aperta. Scricchiola in maniera sinistra e la luce che mi segue proietta la mia ombra all'interno del soggiorno sporco, puzzolente e buio.
« C'è nessuno? » chiedo, insospettita. Il tavolo ed il divano sono ancora qui, ma non c'è il computer e nemmeno il posacenere. Mi spingo ad entrare nella dimora con un sospiro esalato per darmi un po' di coraggio e, anche se i miei passi non fanno alcun rumore, mi sembra di poterli sentire rimbombare.
« Louis? Sei qui? Devo parlarvi. » chiamo ancora. « A tutti e due, te e... il tuo amico. »
Non ricevo risposta e trovo un giornale della mattina con sopra la faccia di Louis e il suo nome scritto a caratteri cubitali. Quindi erano qui, tutti e due. La casa mi sembra abbandonata, ma non mi sono spinta al piano superiore e ho paura di farlo. Forse venire qui non è stata una buona idea, magari se ne sono andati.
Calpesto un accendino blu elettrico e mi inchino per prenderlo, ancora con lo zaino in spalla. Lo soppeso per un po', ricordandolo tra le mani del ragazzo misterioso di cui ancora non so il nome, e la mia figura viene oscurata più rapidamente del previsto. Mi volto di scatto e scorgo Louis Tomlinson sulla soglia, accompagnato da un ragazzotto di una certa stazza coi capelli neri e gli occhiali da vista.
« E tu che ci fai qui? » mi strilla contro, esasperato. Io allargo gli occhi, stringo l'accendino ed indietreggio di riflesso.
« Sono venuta a cercarvi. » rispondo.
Louis si scambia un'occhiata con l'altro ragazzo e poi gli fa un misero cenno col capo nella mia direzione. Non riesco a scappare dalla sua presa salda e forte, che mi cappotta sulle sue spalle e mi trascina fuori.
« Mettetemi giù! » sbraito, ma Louis apre le porte posteriori del furgoncino nero e l'altro mi adagia al suo interno. Louis sale insieme a me, mentre dal posto del passeggero accanto alla guida riconosco un tono di voce già sentito, che dice « Cosa? Di nuovo lei? ».
Il ragazzo robusto sale alla guida mentre, voltandomi, incontro lo sguardo sbigottito del ragazzo dagli occhi verdi.
« Adrien, vai! » è l'ordine di Louis, e il ragazzo alla guida, per l'appunto Adrien, mette in moto e parte spedito.
« Che state facendo? » domando, esagitata.
« Ce ne stiamo andando. »
« Cosa? No! Io non vengo! Lasciatemi uscire! » mi dimeno, gattonando verso gli sportelli posteriori, ma Louis mi afferra per un braccio e mi riporta al mio posto con uno scatto violento e repentino.
« Se non la smetti ti strangolo con le mie stesse mani. » mi intima, feroce. « Certo che non vieni con noi, ti stiamo solo portando in un posto lontano da quella casa. »
Si siede dall'altro lato del vano ed io deglutisco, massaggiandomi l'avambraccio che ha stretto con la sua mano. Sono decisamente turbata e sconcertata, non so in che guaio mi sto cacciando.
« Perché andate via? » chiedo.
« Santo cielo, quante domande. » si lamenta Louis, chiudendo gli occhi e buttando la testa all'indietro, mentre Adrien continua a guidare e il mezzo sbanda seguendo il corso della strada a volte irregolare.
« Perché ci stanno cercando e, devo ammetterlo, se non fosse stato per la tua soffiata sulla faccia di Louis in tutti i notiziati, non credo che ci saremmo salvati. » mi risponde invece l'altro. « Quelli della Centrale potrebbero già essere arrivati. »
Mi arrampico alla grata e cerco il suo viso perché spero possa ascoltarmi, ma tutto ciò che trovo sono i suoi capelli ondulati e spettinati.
« Posso aiutarvi a risolvere questo problema! » dico. « Mio fratello Tristan è diventato Controllore, posso parlargli di voi e possiamo risolvere la questione! »
« Hai detto a tuo fratello di noi? » scatta subito Louis, ed io scuoto la testa.
« No, ma potrei, se voi voleste. »
« Tuo fratello è un Controllore e se tu gli parlassi di noi sarebbe la nostra rovina. » aggiunge l'altro. Adrien non parla mai, sta sempre zitto e guida concentrato, ma non so verso dove.
« No, lui è un bravo ragazzo, potrebbe fare la differenza per voi. »
« Ma hai almeno la vaga idea di cosa stai dicendo? » mi riprende Louis, stizzito. A dire il vero no, non so bene di cosa sto parlando, ma Tristan mi ha offerto il suo aiuto ed io mi fido di lui, ciecamente.
« È mio fratello. » replico, piccata.
« E lavora per la Centrale. » aggiunge il riccio. « Sai cosa succede a quelli come noi che finiscono là dentro? »
Non rispondo. Non lo so.
« Chiedilo ad Adrien. » mi istiga Louis. Io guardo il ragazzo alla guida ma sto in silenzio. « Dai, su. »
Deglutisco. « Che cosa succede a quelli come voi, in Centrale? »
Adrien non mi risponde, mi guarda e basta. Non mi sembra di capire, e Louis mi sta tenendo d'occhio.
« Esatto, non ti risponde. E sai perché? »
Scuoto la testa e lui tira fuori la lingua, facendola penzolare fuori dalle sue labbra sottili.
« Perché questa gliel'hanno tagliata e adesso Adrien non dice più mezza parola, nemmeno annuisce. » mi dice. Io mi sento a disagio e abbasso lo sguardo. « Ecco cosa fanno quelli come tuo fratello. »
Non voglio pensare a Tristan in queste vesti. No. Lui è buono, ed è mio fratello. Non potrebbe mai fare una cosa così atroce e medievale, nemmeno sotto le vesti di Controllore. Non riesco assolutamente ad immaginarmelo, Adrien dev'essersi imbattuto in qualche bruto dalle maniere esagerate. Non voglio credere che in Centrale siano così crudi e meschini. Sapevo che i ribelli venissero puniti, ma non avevo idea del modo, e adesso mi si aprono una serie di scenari infiniti e macabri. Non voglio pensarci ma nella mia mente si susseguono svariate scene con parti del corpo mozzate e sangue ovunque. Sento che sto per vomitare, quando la voce del ragazzo sconosciuto mi riporta a galla.
« Come ti chiami? »
Lo guardo sollevando appena il viso, trovandolo col collo contorto per sbirciare verso di me. Mi inumidisco le labbra.
« Aline »
« Oggi sei nostra ospite, Aline. » dice con una nota di gentilezza che mi è nuova. Pronuncia il mio nome in maniera piuttosto bizzarra per essere parigino. « Ti portiamo in un posto speciale, un posto dove si può stare al sicuro. »
« E dove? » chiedo, incuriosita. Lui si rigira sorridendo ma senza rispondermi. È la risata roca e graffiata di Louis che mi cattura.
« Alla Corte dei Miracoli. »
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