Capitolo dodici

La casa senza mio padre e senza Tristan è spoglia, vuota, silenziosa e tetra. L'orologio a pendolo in cucina scandisce i secondi come una ghigliottina che mozza una testa dopo l'altra.

Non sappiamo nulla. Non sappiamo se papà sia vivo, se stia bene, cosa gli stiano facendo e se ci saranno delle ripercussioni su di noi. Non sappiamo niente nemmeno di Tristan.

Mia madre si aggira per le stanze della casa come un fantasma, l'ho sentita parlare con una vicina di casa di lavoro e di bollette. Io non mi occupo di queste cose, i miei genitori mi hanno sempre tenuta fuori dai loro guadagni, ma non credo che il solo impiego di mia madre sia in grado di mantenerci entrambe. Io devo ancora terminare gli studi, che hanno un costo ben preciso.

Più ci penso, più mi accorgo di quanto tutto segua uno schema perfetto in cui non è possibile sgarrare, fare delle imprecisioni. Superare i limiti equivale ad andare contro la legge, e noi due non possiamo più permettercelo.

Sono sola in casa quando suona il campanello. Con i capelli legati in una treccia, mi trascino verso l'ingresso guardando dallo spioncino. È un Controllore.

La sua divisa nera con la spilla argentata mi agitano immediatamente. Suona di nuovo, trasalisco e sento le mani sudare. Non ho nessuna scelta, devo aprire.

Deglutisco e mi sento avvampare per l'agitazione, quando abbasso la maniglia della porta e la apro. L'uomo che mi sta di fronte è altissimo, mi guarda con espressione seria e severa, e le mani congiunte sull'addome.

« Aline Dupont? » mi chiede.

« Sì » la mia voce è poco più di un sussurro, credo di aver semplicemente espirato.

Le sue mani si separano, ne infila una nella giacca e toglie fuori una busta giallognola col sigillo della Centrale, porgendomela. Quando la prendo, mi concede un misero cenno del capo e poi se ne va, salendo sul furgoncino nero che parte subito. I vetri oscurati non mi permettono di vedere chi c'è all'interno, e mi domando se mio fratello fosse seduto proprio in quel mezzo, a guardarmi.

Rientro in casa con la busta tra le mani, conosco questo genere di cose. Queste buste sono tipiche della Centrale, ma nessuno era mai venuto a consegnarmela personalmente.

La apro e sfilo un foglio di carta bianca scritto solo per qualche riga. Il mio cuore prende a battere all'impazzata e mi sento soffocare.

Mi hanno convocata per un nuovo controllo.

***

L'aria fredda mi punge i polmoni, le mie gambe stanno per cedere ma io continuo a correre perché è l'unica cosa che posso e devo fare. Ricordo la strada a memoria, il sole è già calato e mia madre non era ancora rientrata in casa quando sono scappata. Sento che potrei crollare al suolo da un momento all'altro, ma mi spingo ad andare avanti fino alla fine.

Quando imbocco la stretta via e sento già le prime musiche, so di essere arrivata e mi sento un po' più in salvo. Una volta superato lo sbocco, la Corte dei Miracoli mi appare gremita di gente, ma non come nelle tarde ore.

Mi guardo attorno col fiatone, il mio petto si alza e abbassa ad una velocità inaudita e non so bene dove cercare. I locali sono diversi e tanti, le persone non sembrano notarmi e non so quanto, effettivamente, possa spingermi a chiedere loro dell'aiuto. Mi sento confusa, ho voglia di vomitare e poggio le mani sulle mie ginocchia, socchiudendo gli occhi per regolarizzare il respiro, con l'aria che mi raschia la trachea.

Una mano si posa pesante sulla mia schiena e balzo di nuovo su, vigile.

« Adrien! » sono quasi felice di vederlo qui, e d'istinto la prima cosa che faccio è abbracciarlo. Interdetto, mi stacca dal suo corpo con imbarazzo, guardandosi poi attorno. Le mie mani si stringono attorno ai suoi gomiti.

« Devo parlare con Harry e Louis, è urgente. »

Aggrotta la fronte, mi guarda perplesso e capisco che è scettico.

« Per favore! È importante! »

Parlo col fiatone, mi sento pesante ed instabile. Adrien assottiglia le labbra, ma poi mi fa cenno di seguirlo e ci incamminiamo.

Louis ed Harry sono in un pub non lontano, tra di loro quattro birre di cui, apparentemente, tre sono di Louis e quella piena per metà è di Harry. Stanno giocando a carte, sono molto concentrati, così tanto che non ci vedono arrivare. Solo quando Adrien è di fronte al loro tavolo, Louis solleva gli occhi.

« E tu cosa ci fai qui? » mi apostrofa. La mia gola pizzica.

« Aline » adesso anche Harry ci ha visti. Sono entrambi sorpresi, ma Louis sembra seccato.

« Ho bisogno del vostro aiuto. » dico, inumidendomi le labbra. Adrien mi è accanto e mi guarda dubbioso.

Harry si alza in piedi e mi posa le mani sulle spalle.

« Stai bene? »

Scuoto subito la testa e sento la rabbia e la frustrazione colpirmi ad ondate. Non trovo aria con cui respirare, il mio cuore batte troppo veloce. Sta succedendo proprio come avevo detto Odile.

« Mio fratello » biascico. « Ha tradito mio padre e l'ha fatto arrestare. Era nella Resistenza e Tristan ha fatto in modo che quelli della Centrale lo venissero a sapere. »

Harry mi guarda attento e vigile, i suoi occhi sono puntati su di me. Stringe la presa sulle mia spalle.

« Ci ha traditi! »

« Stai calma, è tutto ok. »

« No, non è tutto ok! » esclamo, guardando anche Louis, che non sa bene come comportarsi o cosa dire. « Mi hanno convocata in Centrale per un nuovo controllo! Capisci? »

Harry sposta lo sguardo su Louis, che ora è sgomento. La mia agitazione non si placa, mi sento in trappola.

« Se le fanno un controllo è la fine. Scopriranno tutto di noi e della Corte. » decreta Louis.

Harry deglutisce, io sento la mia stessa pelle scomoda.

« Vieni con me. » mi prende per mano e mi porta fuori, con Louis e Adrien alle spalle.

« Che cosa vuoi fare? » domanda il primo, cinico.

« Hai detto tu stesso che se le fanno un controllo scopriranno di noi, no? »

Non risponde, Harry mi trascina con sé.

« Allora dobbiamo fare in modo che lei li blocchi. »

Non capisco a cosa Harry si riferisca. Cosa dovrei bloccare? I test sono infallibili.

Ci incamminiamo in una via più piccola della Corte, che oggi è azzurra. Entriamo in un locale dalla porta nera con un pipistrello grigio disegnato sopra e vengo colpita dal fumo annebbiante. Harry continua a tirarmi e sento Louis ed Adrien alle mie spalle.

Ci sono una serie di LED blu sul soffitto che creano un'atmosfera rilassante. Due tavoli da biliardo sono disposti al centro della stanza, mentre i divanetti bianchi riflettono la luce. Harry si ferma davanti ad uno di essi dove c'è un ragazzo di colore in compagnia di due ragazze, una coi capelli chiari legati in una coda alta e l'altra con diversi piercing sul viso, entrambe masticano una gomma e sono identiche, gemelle.

« Malo? » non appena Harry lo chiama, il ragazzo si volta verso di noi.

« Hey, forestiero! » lo saluta, sorridendogli raggiante e dandogli la mano. « Cosa ti porta da queste parti? »

« Ho bisogno di chiederti un favore. »

« Certo amico, dimmi pure. »

Harry lascia scorrere lo sguardo un po' ovunque, poi abbassa la voce ma intestardisce il tono.

« Non qui. »

A quel punto, allora, il sorriso di Malo si affievolisce e capisce che è qualcosa di serio.

« D'accordo, seguimi. » la sua voce è piatta, si alza dal divanetto sotto lo sguardo delle gemelle e ci indica di seguirlo. Fa un cenno di saluto sia a Louis che Adrien, mentre gli passa davanti e si dirige verso una porta chiara, difficile da distinguere dal resto del muro.

Ci troviamo in un piccolo ufficio con una scrivania, una sedia girevole e due poltroncine. Un sigaro è poggiato sul tavolo in vetro, e ci sono delle foto che non vedo perché sono rivolte verso l'altra parte. Malo si dirige proprio verso quel lato, sedendosi sulla sedia girevole.

« Allora, deduco che sia qualcosa di importante. »

Harry deglutisce ed annuisce una sola volta. Poi, mi indica con una mano.

« Lei è Aline. »

Malo rivolge i suoi occhi scuri su di me, sorridendomi con un gesto di saluto.

« Cognome? »

« Dupont »

Vedo subito il mutamento della sua espressione. Diventa più serio, il sorriso scompare.

« La figlia di Antoine Dupont? »

Sgrano gli occhi. « Conosci mio padre? »

Lui contrae la mascella, assottiglia le labbra ed annuisce. « Sì, eravamo in molti a conoscerlo. Non si presentava mai alla Corte dei Miracoli, ma era un valido membro della Resistenza, con delle ottime idee. » dice. « Mi dispiace per quello che è successo. »

Stringo i pugni e non dico altro. Parla di mio padre al passato, come se fosse morto o non esistesse più. Ci pensa Harry a rompere il silenzio al mio posto.

« Aline è stata richiamata per un controllo. »

Malo si inumidisce le labbra. « Non mi stupisce. » dice.

« Se lei si presenta al controllo, per noi è la fine. » aggiunge Louis.

« Non presentarti allora. » Malo scrolla le spalle ed io mi sento subito contro il muro. Guardo Harry, che però non parla e mi restituisce lo sguardo perché sono io che devo rispondere.

« No, io... » mi perdo nelle mie stesse parole. Se non mi presentassi, le conseguenze sarebbero terribili. « Non posso lasciare mia madre da sola, ha perso mio padre e mio fratello nello stesso momento. »

Malo unisce le mani davanti al viso, formando un triangolo perfetto. Louis sospira in maniera molto rumorosa, scocciato ed irrequieto.

« Malo, sai perché sono venuto da te. Se Aline avesse potuto evitare il richiamo, non ti avrei mai scomodato. » dice Harry.

Malo solleva lo sguardo su di lui e non risponde. Non si parlano ma continuano a fissarsi insistentemente.

« Per favore. È importante. »

« Questo non è un gioco, Harry. » Malo pronuncia il suo nome in maniera tipicamente parigina, diverso dal modo in cui Harry stesso parla. Stanno decidendo per me, parlano di qualcosa che non capisco.

« Malo ha ragione, » concorda Louis. « potrebbe non farcela. »

« Ce la farà. » insiste Harry, come se io non fossi qui. « È abbastanza forte e determinata da riuscirci. »

Malo sospira ed inclina il capo a sinistra, poi rivolge i palmi delle mani verso di noi, come se si stesse arrendendo.

« D'accordo, come vuoi. Vi faccio strada. »

Ci precede ed io non ho la minima idea di cosa stia succedendo. Prima di seguirlo, Harry lascia scivolare la sua mano nella mia, afferrandomela. Non lo dice a voce alta, ma è preoccupato anche lui.


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