Capitolo 9

Dall'esterno, il Capernum sembrava un semplice edificio come gli altri, con la sua facciata grezza in mattoni e l'insegna di un viola luminescente. L'interno, però, era tutta un'altra cosa. Dinanzi a Kafka si estendeva un'ampia sala illuminata dai led pendenti dal soffitto, tavoli ovunque dove le persone si sedevano a chiacchierare con musica elettronica come sottofondo. Il bancone del bar, in fondo alla sala, si estendeva per quasi tutta la parete, dove servivano birra in quantità industriale. L'atmosfera era vivace e accogliente, nonostante l'aspetto spartano dell'arredamento. Le luci colorate creavano un gioco di ombre e riflessi che conferivano all'ambiente un'aria di festa permanente. Alcuni avventori erano intenti a giocare a carte, altri conversavano animatamente, mentre un gruppo di giovani ballava vicino a un piccolo palco dove un DJ improvvisava un mix di brani che facevano vibrare l'intera sala. 

Kafka si guardò intorno, cercando Allison tra la folla. La maggior parte delle persone indossava abiti semplici e pratici, adatti alla vita nel sottosuolo, ma c'erano anche alcuni vestiti in modo più eccentrico, con accessori tecnologici e capi d'abbigliamento che sembravano provenire direttamente dalla superficie.

Si fece strada tra i tavoli, attirato dal calore e dall'energia del luogo. Alcuni lo osservarono con curiosità, ma nessuno sembrava riconoscerlo o prestargli troppa attenzione. Arrivato al bancone, il barista, un uomo corpulento con una barba folta e un tatuaggio di un drago che gli copriva il braccio, gli rivolse un sorriso amichevole.

- Cosa ti porto? - chiese mentre asciugava un bicchiere con un panno.

- Solo un po' d'acqua, grazie. - Rispose Kafka, cercando di ignorare la sete che lo attanagliava.

Mentre il barista gli porgeva un bicchiere d'acqua fresca, Kafka vide un volto familiare tra la folla. Allison stava seduta a un tavolo vicino al palco, con Rico, Milo e Luna che alzavano le bottiglie in un brindisi. Sembravano avere un'aria spensierata, di festa. Kafka bevve velocemente la sua acqua e si avvicinò al gruppo.

- Guarda chi è tornato dai morti! - urlò Rico per farsi sentire da sopra la musica con un grosso sorriso, riconoscendolo.

L'intero gruppo si voltò verso di lui. Milo lanciò un fischio, Luna applaudì, e Allison lo guardò in silenzio avvicinarsi. Prima che potesse dire qualsiasi cosa, Kafka vide la ragazza camminare a lunghi passi verso di lui.

- Eh già, sono ancora vi... ahi! - esclamò quando Allison gli diede un pugno sulla spalla, precisamente proprio dove il proiettile l'aveva colpito. - E questo per cosa è? - chiese.

Gli occhi della ragazza, nascosti dal visore semi trasparente che portava, lo guardavano con fare inquisitorio. - Potevi rimanerci secco. -

- Questo è il benvenuto che dai a chi ti ha salvato la vita? - chiese lui, quasi offeso.

- Non ti ho chiesto io di salvarmi, potevi perfettamente lasciarmi alla polizia. -

- Non l'avrei mai fatto. -

Allison rimase in silenzio per qualche secondo e si strinse nelle spalle, a Kafka sembrò che quelle parole l'avessero addolcita un po'.

- Grazie - disse semplicemente, abbassando il suo sguardo sul cronografo, poi di nuovo su di lui. - Sono felice che tu sia dei nostri. -

Kafka sentì un'ondata di sollievo pervadere il suo corpo. Lo stress accumulato sembrava svanire, sostituito dalla consapevolezza di essere in buone mani. Allison lo prese per una mano, e con un cenno del capo lo invitò a seguirla.

- Vieni, siediti con noi. - Disse indicando una sedia vuota.

Kafka la seguì e si sedette al tavolo con il resto del gruppo. Rico gli offrì una birra, che accettò con un sorriso riconoscente. L'atmosfera era rilassata e allegra, il che era un piacevole contrasto con l'adrenalina e il pericolo che aveva vissuto negli ultimi giorni. Milo e Luna, sempre pronti a una battuta, fecero rapidamente passare l'ansia iniziale, coinvolgendo Kafka nelle loro chiacchiere.

- Quasi dimenticavo - disse Rico, estraendo dalla tasca dei jeans un mazzo di banconote. Le lanciò verso Kafka, che le prese al volo. - Questa è la tua parte, bel lavoro ragazzino. -

Kafka guardò il denaro che aveva tra le mani, quasi non riusciva a crederci, perché non aveva mai avuto così tanti soldi davanti a lui. - Ma quanti sono? -

- Diecimila eurodollari, tondi tondi. - Rispose Rico con un ghigno.

- E' quello che farei in un anno di lavoro come cameriere. - 

- Be', puoi scordarti di tornare a servire tavoli - disse l'uomo dandogli una pacca sulla spalla sana. - Ora sei dei nostri! -

Kafka non riuscì a trattenere il sorriso. A quanto pare la fortuna stava cominciando a girare a suo favore, pensò. Si intascò il denaro e fece un lungo sorso di quell'amara birra.

- E ditemi, com'è la situazione lì fuori? - chiese poggiandosi allo schienale della sedia.

- Se intendi a Futura, è un'inferno di poliziotti incazzati. - Disse Milo.

- E' vero, soprattutto dopo il colpo alla CronoCorp - intervenne Luna mentre sorseggiava la sua birra. - Siamo felici di averti qui, ragazzino. -

- Se lo dice anche mia sorella, allora dev'essere proprio vero. - Continuò Rico, Luna irruppe in una sonora risata, annuendo alle parole dell'altro.

- Non sapevo foste fratelli. - Disse.

- E' adottata, ma rimane mia sorella - spiegò Rico, puntandogli poi il dito contro. - E se la sfiori ti ammazzo. -

Sebbene lo stesse dicendo con un largo sorriso, Kafka sentì comunque un brivido lungo la schiena. Annuì, facendo poi un altro lungo sorso.

- Rilassati un po' Rico - intervenne Luna. - E comunque non credo di essere il suo tipo, giusto Allison? -

La ragazza parve strozzarsi per un secondo con la sua birra, ripulendosi con la manica del giubbotto di pelle. Sotto quelle luci stroboscopiche e con indosso il visore era difficile a dirlo, ma a Kafka sembrò quasi che stesse arrossendo. - E io che c'entro, scusa? - ribatté, guardando Luna con un misto di sorpresa e divertimento.

Luna alzò le mani in segno di resa, con un sorriso malizioso. - Tranquilla, era solo una battuta. Ma ammettiamolo, Kafka è un tipo interessante. Sprezzante del pericolo, un po' come te. -

Kafka sentì le guance scaldarsi leggermente e cercò di mascherare il suo imbarazzo bevendo un altro sorso di birra. Allison, visibilmente più a suo agio dopo le parole di Luna, scosse la testa sorridendo.

- Allora, cambiamo argomento. - intervenne Milo, cercando di stemperare l'atmosfera. - Quali sono i piani per domani? Dobbiamo organizzarci per il prossimo colpo? -

Allison annuì, tornando seria. - Sì, domani avremo una riunione, ma stanotte, godiamoci questo momento di pace. -

Rico si alzò in piedi con la sua bottiglia in mano. - Un brindisi allora! Alla squadra! -

Tutti alzarono le bottiglie e brindarono. Kafka si sentì parte di qualcosa di più grande di lui, qualcosa per cui valeva la pena combattere.

- Il prossimo giro lo offro io! - esclamò.

Tutto il gruppo si mise a ridere, Kafka li guardò un po' confuso.

- Mi dispiace deluderti - rispose Allison. - Ma abbiamo già qualcuno che ha offerto per l'intera serata. -

Kafka rimase sorpreso a sentire ciò. - E chi sarebbe? -

Allison indicò alle spalle del ragazzo. - Chi ci ha commissionato il colpo. -

Kafka si voltò, per vedere avvicinarsi al loro tavolo il barista che gli aveva servito prima l'acqua. Era un tipo muscoloso, dai capelli rosso fuoco raccolti in una coda di cavallo. Arrivato da loro, si mise le mani sui fianchi e li guardò con un sorriso amichevole.

- Spero che vi stiate godendo la serata, ragazzi - disse, posando poi lo sguardo su Kafka. - E quindi tu sei il nuovo membro della squadra! Piacere, sono Cassius Affleck, ma puoi chiamarmi anche solo Cassius. - Si presentò, porgendogli la mano.

Kafka la afferrò, guardandolo negli occhi.

- Piacere, Kafka - rispose. - Immagino che dovrei ringraziarti per il pagamento. -

- Figurati, grazie a te per aver adempiuto il tuo dovere durante il colpo. - 

Kafka si sentì ancora più curioso. Un barista che commissionava un colpo alla CronoCorp? Doveva esserci molto di più dietro quella storia. Prima che potesse fare altre domande, Rico intervenne, battendo una mano sulla spalla di Cassius.

- Non fatevi ingannare dall'apparenza - disse con un sorriso sornione. - Cassius è molto più di un semplice barista. -

- E cosa saresti allora? - chiese Kafka, cercando di capire meglio la situazione.

- E' il fottutissimo capo dell'intera Glebe! - replicò Rico allargando le braccia in un gesto plateale e simulando un inchino verso Cassius. Era ovvio a Kafka che avesse bevuto una birra di troppo.

- Quindi niente passa inosservato sotto il tuo sguardo, giusto? -

- Giusto. - Replicò Cassius.

Kafka voleva fargli quella domanda da quando si era avvicinato al tavolo. - E quindi sai dirmi anche cosa abbiamo rubato di così importante alla CronoCorp? -

Il sorriso di Cassius svanì in fretta. Prese una sedia da un tavolo lì vicino e si sedette proprio di fronte a Kafka. Al ragazzo sembrava che il barista stesse pensando precisamente alle parole da utilizzare, perché si prese qualche secondo prima di parlare.

- Avete rubato una delle cose più importanti della CronoCorp, ecco perché avete avuto tutti quei problemi con la polizia. -

- E sarebbe? - 

- Un motore di antimateria, viene utilizzato per ricavare un'immensa quantità di energia, e quell'energia viene usata per una sola cosa. -

Kafka lo ascoltò attentamente, ma non aveva ancora il quadro chiaro della situazione. - Per cosa? -

- Per creare una macchina del tempo. -

Al tavolo calò il silenzio. Kafka capì benissimo perché la polizia ce l'avesse così tanto con loro, quello che avevano fatto non era un semplice furto, ma una vera e propria dichiarazione di guerra alla CronoCorp, forse all'intera società di Futura.

- E cosa vuoi fartene di un aggeggio simile? - intervenne Allison.

- L'unica cosa che avrebbe senso fare - replicò Cassius. - Costruire io stesso una macchina del tempo, per la gente di Glebe. -

- E cosa ne facciamo di una macchina del tempo? - chiese Milo, scettico.

Cassius lo guardò intensamente. - Potremmo cambiare il nostro destino. Potremmo fermare la CronoCorp prima che diventi la forza opprimente che è oggi. Potremmo dare alla gente una possibilità di lottare per un futuro migliore. -

Kafka sentì il peso delle parole di Cassius. Avevano tra le mani qualcosa di straordinario, un'opportunità unica, ma anche una responsabilità immensa. Guardò gli altri membri del gruppo, vedendo nei loro occhi la stessa consapevolezza. Kafka la vide come un'opportunità per sistemare le cose. Forse avrebbe potuto tornare indietro e salvare sua madre, forse avrebbe potuto finalmente mettere le cose a posto. Un barlume di speranza si fece spazio nella sua mente, e nel suo cuore.

- Allora siamo d'accordo - disse lui, rompendo il silenzio. - Costruiamo questa macchina del tempo e cambiamo il nostro futuro. -

Cassius annuì in silenzio, guardandolo negli occhi. Prima che si potessero dire altro, però, vennero interrotti. Infatti, all'entrata del locale, adesso erano presenti due poliziotti. Si fecero spazio tra la folla e i tavoli, raggiungendo proprio quello dove sedevano Kafka e il suo gruppo. Per un momento pensò che fossero venuti per loro, che in qualche modo fossero riusciti ad identificarli, ma l'attenzione dei due agenti era rivolta su Cassius. Il barista e capo di Glebe si alzò dalla sua sedia, sovrastando i due agenti in altezza ma guardandoli con un sorriso cordiale.

- Cassius Affleck, giusto? - disse uno dei due agenti, la mano già poggiata sulla pistola al fianco.

- Sì, agente. Come posso aiutarla? - chiese.

- Hai qualcosa che cerchiamo, o meglio qualcuno. -

A Kafka si gelò il sangue nelle vene. Com'era possibile che sapessero che ci fosse in mezzo lui? Cassius però non si lasciò intimidire, facendo finta di nulla. Sembrava abituato a scene simili.

- Mi dispiace, ma dovrà essere più diretto, non so di cosa sta parlando. -

- Parliamo del fatto che nascondi dei fottutissimi criminali! - disse l'altro poliziotto prima di afferrare l'uomo per il colletto della camicia.

Immediatamente la musica si fermò, e piombò il silenzio nel locale. Gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di loro, o meglio sul poliziotto che aveva appena afferrato Cassius.

- Ripeto, non so di cosa sta parlando agente - disse ancora una volta, guardandolo dritto negli occhi con freddezza. - Se volete perquisire questo posto per trovare qualsiasi cosa stiate cercando, siete pregati di tornare con un mandato. E un ultimo consiglio, non alzate le mani su chi serve da bere in questo bar. -

Il poliziotto lo lasciò andare, facendo un passo indietro. Sputò a terra e si voltò, dirigendosi fuori col suo collega.

- Ritorneremo! - esclamò prima di attraversare la porta del locale. Il DJ tornò a mettere la musica, e le persone del Capernum tornarono a parlare e a bere come se non fosse successo niente.

Cassius si girò verso Kafka e il gruppo, sorridendo anche lui come se nulla fosse accaduto.

- Non fateci caso - disse. - Qui a Glebe la polizia è un po' troppo zelante, ma non abbiamo nulla da temere. -

Kafka notò l'atteggiamento rilassato di Cassius e sentì una parte della sua tensione sciogliersi. Rico batté una mano sulla spalla di Cassius e ridacchiò.

- Sempre il solito Cassius. Riesci a mantenere la calma anche quando sei con un piede nella fossa. -

- È una questione di abitudine, Rico - rispose Cassius con un occhiolino. Poi si rivolse nuovamente a Kafka. - Ora che avete capito la posta in gioco, è tempo di iniziare a lavorare seriamente. -

- Hai qualche piano preciso in mente? - chiese Allison, visibilmente interessata.

Cassius annuì. - Sì, dobbiamo prima trovare un luogo sicuro dove costruire la macchina del tempo. La CronoCorp ha occhi e orecchie ovunque. Fortunatamente, conosco un paio di posti che potrebbero fare al caso nostro. -

- E come pensi di costruirla? - intervenne Milo, sempre scettico. - Non siamo esattamente degli scienziati. -

- Semplice - iniziò, facendo una pausa prima di abbassarsi verso di loro, in modo da non rischiare che qualcuno origliasse la loro conversazione. - Rapiremo uno dei loro scienziati. -

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