Doppia identita

4^ prova.

È pomeriggio inoltrato quando Chiara finalmente torna a casa, è cosi stanca che, l'unica cosa a cui pensa è una lunga doccia calda. Lo stress lavorativo in questi giorni di festa è alto, tutti vogliono tutti pretendono. Il percorso che Chiara deve fare per fortuna è breve, cosicché, senza accorgersene, con i pensieri che le girano in testa, si ritrova sotto casa sua.
Prima di aprire il portone d'ingresso dello stabile, di istinto guarda la finestra del secondo piano, dove alloggia da poco più di un anno. Il suo non è stato un colpo di testa la decisione di andare a vivere da sola, anche perché essendo paranoica e pessimista, aveva ponderato bene a cosa andava incontro. Il bisogno di essere indipendente però ha avuto la meglio, e con determinazione che una sera lo disse ai suoi genitori che, come ben ricorda non ne rimasero per niente entusiasti. Ma oramai aveva deciso.
La luce era accesa, e sulle sue labbra spuntó un sorriso dolce, sapeva che c'era lui lì ad aspettarla...beh insomma. Lui vive ancora con i suoi, è un ottimo informatico, e ogni tanto viene da me, lavora in casa...mia.
Mentre pensa al suo ragazzo, seduto comodo sul divano con il portatile sulle ginocchia a scrivere chissà cosa, sale le scale. C'è anche l'ascensore, ma Chiara ha paura degli spasso stretti, cosi ogni giorno si fa due piani a piedi dicendo che fa bene al cuore anche stanca a lungo andare.
Arrivata al primo piano sente un rumore dietro di sé, si gira ma non c'è nessuno. - Forse è entrato qualcuno nel pianerottolo.- pensa. Continua a salire, ma dopo due gradini la luce si spegne. Ed è subito buio. Poggia le mano al muro per non cadere, non si aspettava di certo un bleck out.
- menomale che non ho preso l'ascensore - dice a bassa voce in modo da sentire la sua voce. Vorrebbe continuare a salire per poter arrivare subito al suo appartamento ma è bloccata. È l'effetto del buio improvviso che le provoca quello stato d'ansia, per di più sente dei passi. Qualcuno sta salendo e non lo vede, così si fa forza dicendo con voce stridula " c'è qualcuno?" Per favore.. chiunque tu sia... rispondimi."
Ma il silenzio fu l'unica risposta. Altri passi, stavolta dalla parte opposta, incerti. Chiara non sa cosa fare, se urlare, se salire o scendere le scale. Ad un tratto si sente strattonare, e la borsetta che poco prima teneva stretta tra le sue mani non c'è più. Alla vista dell'ombra scura ...lancia un urlo di puro terrore. Mentre l'ombra scura fugge con tutte le sue cose.. la luce si accende di colpo, accecandola
per un attimo. La mano davanti gli occhi, mentre l'altra è stretta a pugno sulla sua giacca all'altezza del suo cuore, che non ne voleva sapere di calarsi. Si sente toccare il braccio. Urla ancora più forte agitando le mani per divincolarsi da quella stretta. Oramai pensa che le farà del male, non vuole aprire gli occhi, ha paura di vedere in faccia il malintenzionato. Ma non la molla.
" Chiara calmati! Sono io..."
Al suono di quella voce, col fiato bloccato in gola spalanca gli occhi.
" Stefano..." E con le lacrime agli occhi lo abbraccia disperatamente. Tremava come una foglia.
" Tranquilla piccola, ci sono io adesso... ma cosa è successo? Ti ho sentita urlare. E come ho aperto la porta ho visto solo il buio. Ti sei spaventata..."
"Mi hanno rubato la borsa... avevo tutto la dentro..." disse Chiara visto che Stefano sorrideva.
Nel frattempo altre porte si aprirono, inquilini spaventati e curiosi di sapere cosa stesse accadendo.
Dopo aver spiegato il motivo del suo spavento, e cioè l'aggressione appena subita, Chiara e Stefano si avviano al loro appartamento.
"Devo andare a denunciare il furto!" Disse Chiara dopo essersi sfogata con lui che ascoltava attento ogni parola.
" Non sei riuscita a vederlo in faccia?"
" Ti ho detto che era buio...E poi...meglio così. Chissà cosa avrebbe fatto..." Disse tremando al solo pensiero. " Sicuramente ha sentito te che scendevi le scale ed è scappato."
Vedendola cosi triste le si avvicinò, e con delicatezza le accarezza le guance arrossate.
" Grazie per essere qui." Ricambia Chiara. Spesso si stuzzicano, ma era proprio quel lato a piacere di lui. Sapeva rendere viva la storia, e c'era sempre per lei.
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Non ci potevano credere, erano passate poco più di due ore dal furto, quando il commissario di zona disse loro che era già stata fatta la denuncia da un'altra coppia, dicendo le stesse cose . Avevano denunciato il furto di documenti a nome di Chiara D'Este. Pensarono ad una coincidenza. Ma non era cosi. Stranito dal susseguirsi di situazioni poco chiare, tornarono a casa. Il fatto più sconvolgente fu trovare la porta di casa semi aperta.
" Forse non l'abbiamo chiusa. Andavamo cosi di fretta che può essere..." Non ci credeva nemmeno lei alle sue stesse parole. Si guardarono spaventati, e incoraggiandosi a vicenda Spalancarono la porta.
Davanti a loro si presentò uno scenario da panico. Rimasero a guardare la stanza vuota, non un mobile... il divano... niente. Chiara si decise ad entrare, il passo lento, mentre si guardava intorno la rabbia giunse inaspettata. " Tutto! Hanno portato via tutto! "
Si inginocchia per poi ritrovarsi seduta sul pavimento freddo. Intanto Stefano aveva chiamato i carabinieri con il cellulare. Chiara lo sentiva mentre imprecava perché continuavano a dirgli che li non esisteva nessuna Chiara D'Este, che l'appartamento era in vendita e vuoto da molto tempo. Così risultava nei loro dati. Pensarono addirittura ad uno scherzo di pessimo gusto. Non c'era più il portatile dove lui lavorava, dove aveva tutti i suoi dati.
Il cellulare vibra nella sua tasca spaventandolo. Sbianca di colpo leggendo il nome del chiamante, che anche Chiara, vedendo la sua espressione si allarma.
" chi è ."
" mia madre..." risponde senza alzare lo sguardo.
" rispondi! Che aspetti... Cosa ti prende?"
Esita ancora, ma poi risponde.
"Pronto mamma. Che succede."
Dall'altro capo del telefono sente solo piangere.
" Mamma!! Cosa ti succede. Perché piangi."
" Cosa avete fatto! " I singhiozzi coprono le parole. Stefano non sa a cosa pensare da quella affermazione, non capisce cosa stia accadendo.
" Vi stanno cercando. Siete sui notiziari..."
" Cosa??"
Ma la comunicazione si interrompe all'improvviso. Ancora con il telefono in mano guarda Chiara.
"Non so cosa stia accadendo, ma dobbiamo fuggire..."
Il cellulare si illumina , lo schermo sta mostrando la loro foto. Chiara si avvicina, e vedendo la propria immagine rimane a bocca aperta. Ancora di più quando legge ciò che c'è scritto sotto la foto.
" SPIE."
Dalla finestra accanto notano delle luci lampeggianti. Chiara sposta la sua tendina azzurra da un lato, sporgendosi appena per vedere di cosa si trattasse.
"Macchine nere." Dice sottovoce dilagando gli occhi con terrore. Si volta verso Stefano, tira la tendina con uno scatto.
" Stanno guardando verso la finestra... sono venuti a prenderci..." Il panico è tanto da indurla a schiacciarsi letteralmente contro il muro, quasi da volere entrare dentro. Lui la prende per mano.
" Scappiamo. Ora!"
Intanto, uomini vestiti di nero sono diretti verso il portone, mentre altri controllano le strade deserte, visto l'ora. Con fare disperato e increduli di tutto quello che era capitato la sera, si dirigono verso le scale salendo a due gradini per volta fino alla soffitta per poter raggiungere il tetto.
Un susseguirsi di respiri affannato era il loro, non si erano più detti una parola. Sapevano di essere seguiti, che probabilmente li avrebbero presi, ma continuarono a salire, l'ultima rampa di scale dive al fondo c'era la porta che li avrebbe condotti all'uscita.
Spinsero insieme la porta che si aprì con difficoltà.
Una luce abbagliante li bloccò all'istante. Erano fari enormi, un elicottero a mezz'aria tutto nero anche quello, e degli uomini che li intimarono di stare dov'erano.
Chiara non sapeva come reagire, cosa pensare... era sconcertata.
" Cosa volete da noi. Lasciateci in pace. Siamo noi le vittime!" Urlò contro gli uomini armati abbracciando il suo uomo per l'ultima volta. Dopo... Solo confusione... urla...pianti.
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Sono passati due mesi. In una cittadina alle porte di Madrid, Chiara sta prendendo il sole sdraiata sul bordo della piscina, con in mano un drink, mentre con l'altra tiene stretta una piccola clessidra di vetro blu trasparente, all'interno tanti granelli di sabbia dorata. Un regalo che Stefano fece al suo compleanno, e che lei custodiva gelosamente.
- A volte ci scambiavano per sorelle talmente ci assomigliano. Mi è bastato un documento, un computer e una carta di credito per rubarle l'identità, il resto è venuto da sé.
Il mio vero nome è Teresa.

Fine

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Eccomi anche stavolta con un racconto sulla paura. Non so a voi... ma solo il pensiero si perdere la mia identità, in questo caso rubata, mi fa paura. Spero vi possa piacere almeno un po'. Scusate il ritardo nella pubblicazione. Ciao a tutti gli impavidi, e a voi giudici.
Vispateresa.





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