{6. Vertige d'amour}
✓ Sesto racconto
Scritto e ideato da Janice-Hill
•|Vertige d'amour|•
Ogni anno nella cittadina di Villeneuve-sur-Lot, a fine maggio, arrivava il circo. Il grande tendone a righe panna e cremisi vestiva di colore un piazzale altrimenti desolato e l'immediata periferia si rianimava tra musiche, suoni e risate di bambini.
Come ogni anno Jacques acquistava quindici biglietti in prima fila, uno per ogni sera di spettacolo. Da piccolo aveva sempre detestato il circo, la mediocre comicità dei pagliacci, l'effimera capacità dei maghi di illudere il pubblico che esista al mondo qualcosa di magico. Poi, un giorno, mentre effettuava alcuni controlli da parte dell'amministrazione comunale, si era dovuto ricredere e ammettere che la magia esiste davvero: erano passati cinque anni da quando per la prima volta aveva visto Julia esibirsi come sublime equilibrista, danzando appesa a grossi nastri, avvolgendosi in essi come in un bozzolo per poi fluttuare nell'aria leggiadra.
Era rimasto estasiato nell'ammirare quella creatura, capace di volare come una libellula e arrivargli dritto al cuore.
La vita dei circensi era particolare, anomala, inconcepibile per un omuncolo di periferia inchiodato alla scrivania a compilare scartoffie per cinque giorni a settimana, sei ore al giorno.
Aveva cercato di resistere ripetendo a se stesso di detestare il circo da che ne aveva memoria, ma la tentazione di rivedere Julia librarsi, sfidando la forza di gravità, era stata più forte.
Ogni sera aveva assistito allo spettacolo, notando ogni volta una sfumatura differente, e più la guardava più sentiva nascere in lui il desiderio di avvicinarla.
Era un uomo timido, Jacques, un omuncolo chiuso nella mentalità di provincia che riteneva i circensi non artisti, ma zingari incapaci di mettere radici.
L'unico azzardo di Jacques era stato quello di avvicinarsi sempre di più, negli anni, e dall'ultima fila, quella a un passo dall'uscita, era arrivato alla poltronissima.
L'ultima sera inspirò a fondo e cercò di raccogliere il coraggio di cui aveva bisogno: l'indomani la struttura sarebbe stata smontata e Julia avrebbe seguito la lunga carovana che avrebbe portato lei e gli altri artisti alla tappa successiva del tour nella Francia Occidentale.
Jacques si disse che non avrebbe aspettato un altro anno per dichiararsi, non sarebbe sopravvissuto altri dodici mesi senza rivedere i suoi occhi cristallini che scintillavano più dei diamanti artificiali del suo costume di scena; impossibile privarsi di quel sorriso che Julia donava al pubblico alla fine di ogni esibizione e che lui custodiva gelosamente nel suo cuore, attingendo al calore che sapeva donargli nei momenti di malinconia.
Jacques era un omuncolo di provincia, uno che considerava Villeneuve-sur-Lot il luogo più sicuro. Julia rappresentava il mondo, l'ignoto, l'unico viaggio che avrebbe compiuto a occhi chiusi.
Lo spettacolo della ragazza terminò e, mentre il presentatore annunciava il numero del lanciatore di coltelli, pensò che fosse giunto il momento di mettere da parte i suoi tentennamenti.
Uscì dal tendone, lo circumnavigò e, una volta sul retro, individuò tra le tante roulotte quella di Julia.
Bussò con il cuore impazzito e le tempie che gli pulsavano per l'emozione.
Julia aprì la porticina metallica e, trovandoselo davanti, il suo volto si coprì di stupore.
- Posso aiutarti in qualche modo?
- Sì, ma devi fidarti di me - le disse senza sapere da dove iniziare a spiegare.
L'equilibrista prese la mano che l'uomo le tendeva e, incerta, lo seguì.
- Ho una sorpresa per te.
La ragazza sorrise, non era avvezza a ricevere sorprese, men che meno da uno sconosciuto.
Ancorata a pochi metri dalla biglietteria oscillava a pochi centimetri dal suolo una mongolfiera. Gli era costato diversi stipendi il corso per governare un pallone aerostatico, per non parlare del noleggio, ma riuscire a conquistare Julia non aveva prezzo.
- Ti va di fare un giro?
- La ragazza battè le mani per l'emozione e salì nella cesta.
Jacques allentò la corda, staccò i pesi e, sfruttando il principio di Archimede, il mezzo prese quota. Sotto di loro le case diventavano sempre più piccole e l'immenso tendone del circo sembrava una coppa di gelato alla vaniglia variegato all'amarena.
- E' così che vedi il pubblico quando sei in cima alla fune?
- Sì, sono tutti piccoli come formiche. Tutti tranne te.
- Me? - si stupì l'omuncolo.
- Sì, sei l'unico che ho imparato a distinguere tra la folla, ogni sera, da cinque anni. Il tuo posto in platea è sempre più vicino...
L'uomo non riusciva a credere alle sue orecchie: quella giovane donna avvezza alla vita di mondo provava interesse per un inutile omuncolo di periferia come lui.
- Io non capisco... Come... Cosa...
L'incredulità di Jacques rendeva l'atmosfera notturna ancora più rarefatta e magica: se avesse allungato una mano sarebbe riuscito a prendere una stella da donare alla sua amata.
- Sai, sono sempre salita a decine di metri d'altezza senza rete di protezione e non ho mai provato il timore di cadere di sotto; poi cinque anni fa, guardando verso l'uscita, quando il faro ha illuminato il pubblico, ho visto te e per un attimo mi sono sentita vulnerabile, il mio cuore ha fatto una capriola e ho avuto paura di cadere nel vuoto. Non mi era mai successo. Provo quella sensazione ogni volta che scorgo il tuo volto tra quello di centinaia di persone. Una vertigine. Una magnifica vertigine d'amore.
La mongolfiera si era trasformata in una bolla in cui esistevano solo loro. L'illusione e la speranza si erano trasformati in realtà; una banale cittadina di provincia era divenuta d'un tratto il più magico dei luoghi.
Restarono muti a guardare Villeneuve-sur-Lot che ammiccava sotto di loro, con le luci alle finestre e i lampioni a illuminare le strade.
A metà tra due cieli stellati, quella vertigine si era trasformata in una folle voglia di andare lontano.
FINE
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