{5. The Show must go on}

✓ Quinto racconto
Scritto e ideato da VegliAura

•|The Show must go on|•

Ok, peggio di così non può andare.

I leggins sono stretti (sì, indosso un paio di leggins, per la miseria!) e pizzicano. E stringono.

- Diamo un po' di carattere a quest'asino – ha detto Angelo, la prima volta che abbiamo parlato dei costumi – rendiamolo minimale.

Minimale. Con i leggins.

- Sarà un asino sperimentale. Lo spoglieremo della sua connotazione pseudo-antropofisicistica (ovviamente se l'è inventato) e sarai un personaggio ancestrale, Flavio. Il perfetto connubio tra narcisismo e avanguardia.

Avanguardia. Alla recita della parrocchia di sant'Ortensia Martire Addolorata dei Pellegrini Scalzi. Con in testa un'impalcatura di dubbie proporzioni gentilmente fabbricata dai boy scout con cartapesta cento per cento biodegradabile.

E i leggins.

- Secondo me ti slanciano.

Filippo si sistema il cinturone di pelle sulla camicia bianca. Interpreta Demetrio, uno dei protagonisti maschili. Loro non devono essere sperimentali, non devono trasudare avanguardismo da tutti i pori.

Possono essere comodamente vestiti da bellocci medievali. Che poi "Sogno d'una notte di mezza estate" sia ambientato nell'antica Grecia... ma sì! Chi se ne frega? Qui alla parrocchia di sant'Ortensia Martire Addolorata dei Pellegrini Scalzi siamo oltre il paradosso costumistico-animistico, fuori dalla concezione stratificata dell'io (testuali parole di Angelo, giuro su Shakespeare!)

Qui solo gli asini portano i leggins. Eppure, in epoca medievale indossavano le calzamaglie!

- Cinque minuti, Bottom.

Ci metto un po' a capire che Angelo si riferisce a me. Odio questo personaggio così tanto da dimenticarne il nome.

Gliel'avevo anche detto, che avrei preferito una parte diversa, questa volta. Qualcosa di più aitante, di diverso dal solito cespuglio parlante, di più mascolino della balia in "Romeo e Giulietta".

Sì, esatto. La balia.

Angelo voleva desessualizzare l'inconscio criptico dello spettatore tramite l'implicita riconoscenza di... qualcosa che non ricordo. Non voglio ricordare.

Ma niente da fare. Stavolta mi è toccato Bottom, lo sfigato che viene trasformato in asino per sbaglio.

Non Demetrio, il figo. Non Lisandro, il figo numero due.

Bottom. Il falegname tonto con la pancia.

- Vedrai che li stenderai tutti.

Angelo mi stringe una spalla.

- Tutti chi? – non riesco a trattenermi, mentre azzardo un'occhiata alla metà della platea visibile da dietro la quinta.

A parte la fauna indistinta dei parenti (nonna Alberta deve essere seduta tra le prime file perché quando prima sono entrato in scena l'ho sentita chiaramente chiedere a mio nonno se poteva passarle il panino con la caciotta) ci sono solo le suore della parrocchia, quelle più anziane. I loro occhi da cernia bollita hanno seguito mollemente tutto il primo atto.

Quelle giovani avranno candidamente preferito buttarsi a pesce in una piscina piena di pezzi di vetro, probabilmente, piuttosto che assistere a quest'inno del cattivo gusto, e proprio non ho il cuore di biasimarle.

C'è una sorpresa, però. A giudicare dal sonoro russare baritonale, anche il parroco deve essersi unito a noi.

Il pubblico delle grandi occasioni.

- Due minuti, Bottom!

Se non la finisce di chiamarmi in questo modo lo strozzo.

Ok, lo ammetto, sono un po' nervoso. Dopotutto la parte dell'asino dispettoso è una delle più simpatiche dell'intera commedia, ci tengo a fare un buon lavoro.

Prendo la testa d'asino da terra (è pesante, cavolo!) e la metto sotto il braccio.

- Un minuto. Vai e illumina il palcoscenico. Liberati dei legami antidirezionali dell'anima intesa come mortifera punizione contro il baratro pseudoesistenziale.

Ma cosa? È appena partito un "San Cristoforo, ma quando finisce?" dal pubblico, paurosamente vicino a dove è seduta nonna Alberta.

- Ehm... grazie.

Devo pur rispondergli in qualche modo.

- Qual angelo mi desta?

Eccola, è la battuta di Titania che determina la mia entrata in scena!

- Merda – mormora Angelo, dandomi una pacca sul sedere. Ho sempre detestato questa strana scaramanzia teatrale.

Faccio un respiro. Indosso la testa d'asino.

Rimango stordito: è terribilmente soffocante, e...

(Porca miseria!)

Non ci sono i buchi per gli occhi!

Vi prego, uccidetemi ora. Fate schiantare un meteorite sulla sala rinfreschi della parrocchia di Sant'Ortensia Martire Addolorata dei Pellegrini Scalzi, scoperchiate il tetto, rapite il parroco e tenetelo in ostaggio in cambio della fine repentina di questo spettacolo.

Tutto, pur di evitare questa figuraccia colossale.

- Qual angelo mi desta? – trilla Titania, la regina delle fate, ancora una volta. Angelo mi spinge bruscamente in pasto ai ronfi tonanti del parroco, alla luce smorta e guizzante dell'unico faro che la magnanimità del parroco ci ha concesso di acquistare e al caldo, immancabile e fantomaticamente perfetto benvenuto di nonna Alberta che non manca di commentare, con voce chiara:

- E questo come l'hanno combinato! Oh, santa Caterina da Siena, pare una capra.

Oh, nonna. Protesta e vieni a prendermi sul palco, ti prego!

- Canta ancora, gentil mortale...

La battuta! Oddio, qual era la mia battuta?

Sento il gelo. Pervade la scena.

- Ehm... Canta ancora, gentil mortale!

È nel panico. Tutti sono nel panico, lo sento...ma io dove diamine sono, invece? Dov'è Titania?

- Secondo me, signora... - Angelo suggerisce da dietro le quinte.

Ok, salviamo il salvabile, facciamo splendere il palco della parrocchia, scuotiamo i cuori delle sorelle dell'immacolata concezione della Martire Addolorata dei Pellegrini Scalzi. e risvegliamo le coscienze, cavolo!

- Secondo me, signora a confortar tale vostro sentire...

- A sinistra! – quasi strilla Angelo.

Porcaccia la miseria!

Girò il testone di colpo.

- ...molta ragione non dovreste avere con voi.

- Più avanti!

Seguo le direttive, faccio qualche passo. Sto soffocando, fa un caldo pazzesco qui sotto e la cartapesta biodegradabile puzza di piedi.

Eppure, sono nel personaggio, mi sento Bottom, finalmente.

- Se pur va detto che oggidì ragione e amore van di rado insieme...

Vado avanti spedito, a mio agio anche nelle tenebre.

- Flavio!

Chi è Flavio? Sono Bottom, cavolo! Questa è la magia del teatro!

- ...ed è proprio un peccato.

Sbam!

È un attimo e cado dal palco, spiaccicandomi a terra. Per un momento eterno nessuno fiata, quasi non respirano.

Solo la voce di nonna Alberta si leva, dal silenzio:

- Dovevo restare a casa a guardare Gerry Scotti. Mi fanno pure male i piedi, San Cristoforo!

FINE

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top