{4. Sogno a occhi aperti}
✓ Quarto racconto
Scritto e ideato da VegliAura
•|Sogno a occhi aperti|•
Parole obbligatorie da utilizzare: favola; piccolo souvenir; tromba d'aria; il mio sogno.
L'autrice ha utilizzato tutte le parole richieste.
-Bel lavoro, dottor Karev.
Alex continuò a sciacquarsi le mani nel lavandino e rivolse un cenno soddisfatto al primario.
L'intervento appena concluso era stato uno dei più difficili della sua carriera, ma alla fine ce l'aveva fatta. Era rimasto concentrato tutto il tempo, muovendosi piano, con pazienza e attenzione.
Gli era difficile trattenere l'euforia, ora che il paziente era fuori pericolo.
-Vado a prendere una boccata d'aria, prima di controllare il signor Bronson - comunicò al capo, che assentì immediatamente.
Alex lasciò la sala operatoria pieno di una leggerezza nuova, che non provava da tempo.
Attraversò i corridoi sentendosi tranquillo, adatto, in qualche modo. Quelle pareti, quegli strumenti, i movimenti frenetici dell'ospedale avevano il sapore di casa, di famiglia.
Salutò qualche collega, parlò con alcuni infermieri e finalmente solcò l'uscita, in cerca di un momento di pace in cui raggruppare le idee.
Individuò la solita panchina, poco distante dalla porta, la stessa in cui spesso si era seduto insieme agli altri.
Troppa vita era passata su quella panchina, troppe emozioni.
Stava per sedersi, quando una voce gli bloccò il respiro.
-Alex.
Non si voltò, non si mosse. Aspettò che quel suono gli scivolasse nel sangue, che divenisse un tutt'uno con la sua pelle, fino a pungergli il cuore così forte da spezzarlo di nuovo.
Chiuse gli occhi, trattenne l'immagine di lei dentro l'anima e provò a scacciare il dolore che gli provocava.
-C'eri tu nel mio sogno stanotte- disse, in un mormorio lieve, quasi inudibile.
I passi di Izzie infransero quel momento, gli si fecero più vicini, gli calpestarono la pelle.
Strinse i pugni, prima di voltarsi.
Era davanti a lui, vera, bellissima.
-Sono tornata - gli disse, stringendo le labbra in una smorfia dolce, perfetta.
Alex cercò di recuperare i battiti del cuore, di tornare a respirare.
-Izzie.
Gli era mancato quel suono sulla lingua, l'emozione che gli provocava in gola.
Si prese un secondo ancora per recuperare se stesso e le andò incontro.
-Stai bene? - chiese.
-Sto bene, Alex. Finalmente sto bene.
Ne fu felice, davvero.
-Sono tornata per salutarti. Meritavi un addio.
Izzie gli sfiorò un braccio con le dita e il suo tocco penetrò il camice, raggiunse il cuore in un millesimo di secondo.
-Te ne sei andata all'improvviso, senza lasciarmi il tempo di sentirti sparire.
La voce tremava, ma a lui non importava. Non doveva fingere di essere duro, non doveva coprirsi di rabbia, con lei.
Sapeva che non sarebbero tornati insieme, che loro due appartenevano al passato. Alex l'aveva accettato, aveva superato la sua assenza.
Però aveva bisogno di lasciarla andare e per questo voleva stringerla ancora una volta.
Le afferrò il volto, premette le dita sulla sua pelle calda e liscia, lasciò che sfiorassero il biondo tenero dei suoi capelli.
Si avvicinò di più e finalmente, dopo averlo sognato per tanto tempo, la baciò.
Fu come tornare a sentire la terra sotto i piedi, dopo essere stato sospeso nel vuoto per troppo tempo.
In un attimo gli tornarono in mente i momenti passati insieme, le discussioni, le incomprensioni. Alex rivide di nuovo la Izzie di un tempo, piena di vita e speranza, dolce e allegra. Quella che gli aveva fatto sentire per la prima volta di essere importante, di valere davvero qualcosa per qualcuno.
L'aveva tirato fuori dalla sua rabbia e l'aveva reso quello che era.
Izzie rispose al bacio, si lasciò stringere dalle sue braccia, cercò il suo corpo e lo riempì di lei.
Rimasero stretti per un tempo infinito, assaporandosi, prendendo il più possibile l'uno dall'altra.
-Allora, come stai, dottor Karev? - gli chiese lei infine, quando si sedettero sulla panchina.
-Bene, Stevens. Ho appena salvato la vita di un uomo.
Lei sorrise, ammirata.
-Sai, Alex, non ho mai avuto dubbi su di te. Ho sempre saputo che ce l'avresti fatta.
Gli fece piacere sentirselo dire, gli riempì il cuore di serenità.
-Ti piace la tua vita, Izzie? - le chiese, dopo un po'.
Lei parve pensarci, prima di rispondere.
-Ho trovato un equilibrio, sono serena e mi sono gettata tutto alle spalle.
Alex le strinse un braccio, felice di sentirla stare bene. Rimasero in silenzio per molto tempo, a spiare il viavai dell'ospedale, ad ascoltarsi, a sentirsi.
-Devo tornare dentro, il giro visite inizia tra mezz'ora.
Izzie annuì, sorridendo.
-Dirai agli altri che li saluto?
-Certo.
Si alzarono, si tennero per mano per qualche passo.
-Di che parlava quel sogno? Quello di cui dicevi prima?
Alex ricordò e non poté fare a meno di ridere.
-Una cosa assurda, Izzie! Eravamo in vacanza, io e te. In uno di quegli alberghi da favola, con la piscina gigante e il mare a due passi. A un certo punto il vento si alzava, cominciava a far volare gli ombrelloni, a sollevare il mare. Tutto iniziava a vorticare intorno a noi, come fosse una tromba d'aria gigantesca. Eppure, noi rimanevamo fermi, ci tenevamo per mano. Leggeri, ma ancorati al terreno, mentre tutto veniva spazzato via, perdeva consistenza.
Strinse più forte la mano di lei, se la portò alle labbra e la baciò.
-Però a un certo punto mi dicevi che dovevi partire, che non c'era più tempo. Che mi amavi - la sua voce si incrinò appena - ma che non potevi restare, non volevi farmi del male. Mi prendevi il volto, mi guardavi negli occhi e mi baciavi come non mi hai mai baciato. "Questo sarà il souvenir di questa vacanza, Alex. Così ti ricorderà di me". Mi accarezzavi la guancia e ti lasciavi trasportare via dal vento, fino a sparire.
Alex le lasciò la mano, scosso. L'emozione gli chiudeva la gola, quasi non lo lasciava respirare.
-Un sogno strano - mormorò lei, fermandosi.
Erano gli ultimi istanti che passavano insieme, Alex se ne rendeva conto. Non si sarebbero più rivisti, i loro destini stavano per deviare, per allontanarli per sempre.
-Izzie - sussurrò, impacciato. Voleva più tempo, voleva riuscire a dirle tutto quello che sentiva, voleva farle sapere che l'aveva amata con tutto se stesso, come non avrebbe più fatto in vita sua.
Ma non ci riuscì.
-Alex - disse lei, prendendo entrambe le mani tra le sue e stringendole con dolcezza - non mi sono mai sentita così completa come quando stavamo insieme.
Gli sorrise, gli spinse dentro la bellezza, la forza del suo sorriso.
-Sarai sempre una parte di me - continuò, prima di baciarlo di nuovo.
Fu un'esplosione di sensi, un calore immenso in mezzo all'anima. L'ultimo bacio dall'amore della sua vita, l'ultimo scorcio di quella completezza, di quella forza nel petto che era Isobel Stevens, la donna che gli aveva stravolto la vita.
-Addio, Alex
Si allontanò, stordito, ma riuscendo a sorriderle.
-Addio, dottoressa Stevens.
Si separarono, si guardarono l'anima ancora per qualche secondo, poi lei si allontanò da lui.
-Consideralo un piccolo souvenir!
Fu l'ultima cosa che gli disse, prima di dargli le spalle.
Alex riprese fiato, sbatté le palpebre per qualche secondo, poi riuscì a riprendere il controllo.
Si sentiva svuotato, eppure completo, per la prima volta dopo tanto tempo. Non ebbe l'impulso di correrle dietro, di afferrarla e supplicarla di restare. Rimase fermo dov'era, ad assaporare ancora per un po' il sapore di lei sulle labbra, fin quando un bip fastidioso e familiare si insinuò in quella bolla perfetta.
Alex afferrò il cercapersone e vide che era un'emergenza. Avevano bisogno di lui in sala operatoria.
Non poteva perdere tempo, la vita lo chiamava.
FINE
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