{3. La dama di ghiaccio}
✓ Terzo racconto
Scritto e ideato da DanielaAmoruso
•|La dama di ghiaccio|•
Mi chiamo Kristine Miller e i miei genitori erano i proprietari di una famosissima casa farmaceutica, morti in seguito ad un misterioso incidente stradale quando avevo appena compiuto dieci anni.
Mi avevano lasciata come unica erede del loro immenso impero.
Ma non è tutto oro quello che luccica.
Avevo scoperto in seguito che erano stati vittima di un complotto ordito ai loro danni per poter lanciare sul mercato un vaccino sperimentale. Infatti mio padre in qualità di socio di maggioranza, prevedendo la pericolosità del nuovo farmaco, si era rifiutato di finanziarne la produzione.
Ricordavo ancora quella notte nonostante fossero passati quasi vent'anni. Avevo giurato di scoprire i mandanti di quella tragedia e sarei stata completamente soddisfatta solo quando la mia vendetta sarebbe stata completa.
Grazie alle mie amicizie e ai soldi di cui disponevo ero riuscita ad ottenere una lista con i nomi di tutte le persone che avevano rovinato la mia vita.
Questa notte sarebbe stata la resa dei conti. Finalmente anche l'ultimo colpevole avrebbe pagato. Non sapevo chi fosse, ma il mio uomo mi aveva detto che sarebbe stato facile riconoscerlo.
Avrebbe indossato un cappotto nero e nel taschino della giacca avrei potuto notare un fazzoletto rosso.
Guardai la mia immagine riflessa nello specchio della toilette della stazione centrale di Parigi e sorrisi compiaciuta.
Indossavo un elegante tailleur nero che aderiva perfettamente al mio corpo e avevo lasciato i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle prestando particolare cura al trucco.
Afferrai al volo la pochette e mi catapultai fuori confondendomi tra la folla che correva frenetica.
Non avrei avuto una seconda possibilità.
Il mio bersaglio sarebbe sceso dal treno delle 19.15 in arrivo da Barcellona.
Aprii appena un po' la borsa per verificare che lei fosse li.
Dopo questa sera non ne avrei più fatto uso e la dama di ghiaccio sarebbe stata solo una leggenda metropolitana.
Mi diressi a passo spedito verso il binario 10 schivando accuratamente la ressa di persone che si dirigeva frenetica nella direzione opposta.
Un amico della CIA mi aveva procurato un'arma infallibile.
In seguito ad alcuni esperimenti era stato sviluppato un veleno che uccideva la vittima con un infarto immediato. Questo veleno poteva essere congelato sotto forma di dardo e poi sparato da una pistola. Questa era in grado di sparare il proiettile di ghiaccio a una velocità tale che il dardo avrebbe attraversato i vestiti del bersaglio e lasciato solo un piccolo segno rosso. Una volta nel corpo, il veleno si sarebbe sciolto e il sangue l'avrebbe assorbito, causando l'infarto.
Questo veleno era stato creato in modo tale da non essere rilevabile dalle autopsie moderne e ciò rendeva sicuramente il mio compito ancora più facile perché nessuno sarebbe risalito a me.
Sobbalzai nell'udire la voce metallica annunciare l'arrivo del treno.
Accellerai l'andatura ancheggiando sui miei tacchi altissimi e mi feci spazio tra la calca.
Mi guardai attorno.
Donne, bambini, studenti, uomini di ogni razza e nazionalitá. Era impressionante quanta gente viaggiasse ogni giorno.
Uno strano senso di ansia mi stava attanagliando il petto mentre sentivo il cuore battere forte. Asciugai con il dorso della mano una gocciolina di sudore che stava scivolando lentamente lungo la fronte.
Ancora pochi attimi e tutto sarebbe finito. La mia vendetta sarebbe stata completa.
Il pavimento iniziò a vibrare mentre il rumore del convoglio si faceva sempre più intenso.
Un fremito mi scosse mentre aprivo la borsa e inserivo le mani al suo interno.
Sentivo il freddo del metallo sotto le dita.
Strinsi i pugni e sospirai.
Spostai i miei capelli e trattenni il fiato mentre le porte dei vagoni si aprivano lasciando scendere i viaggiatori.
Cercai tra i passeggeri la mia vittima.
L'ultimo degli assassini che avevano rovinato la mia vita in nome del vile denaro.
Ci siamo.
Eccolo.
In quel preciso istante alzò il volto ed il suo sguardo incrociò il mio.
Senti il mondo crollarmi addosso e tutte le mie certezze si sgretolano come un castello di sabbia spazzato dalle onde del mare.
Battei più volte le palpebre come se quel gesto potesse destarmi dallo stato di torpore che mi aveva colpito.
Richiusi la borsa riponendo la pistola.
Un sorriso si irradiò sul suo volto appena mi vede.
-Kristine! Esclamò venendo nella mia direzione.
Due forti braccia mi trassero a se e mi lasciai trasportare dall'intensità di quell'abbraccio.
Tutta questa storia aveva dell'irreale.
Ero ad un passo dal poter essere finalmente libera, ma il destino si era preso beffa di me.
-Amore! Bisbigliai fingendomi felice e ricambiando il suo abbraccio.
-Cosa ci fai qui? Non ricordo di averti avvertito del mio arrivo.
Deglutii a vuoto mentre mille pensieri affioravano la mia testa.
Gli accarezzai una guancia e in quel momento capii che la mia vita non sarebbe più stata quella di prima.
-Mi sei mancato. Esclamai per distrarre la sua attenzione dalla mia presenza in quel posto.
-Hai ragione, ma presto sarai mia moglie e finalmente non avremo più motivo per vivere separati.
Annusai un ultima volta il suo profumo e cercai di imprimermi bene il suo volto.
-Ti amo. Sussurrai con le labbra attaccate alle sue.
Mi sentivo come Giuda. Un ultimo bacio prima di condannare a morte l'uomo che amavo. Ma oramai il dado era tratto e sebbene sapessi che quell'episodio avrebbe segnato la mia vita per sempre, feci ciò che dovevo fare.
Lasciai scivolare lentamente la mano nella pochette, estrassi la pistola e la puntai al suo petto.
Dal suo sguardo capii che aveva sempre saputo chi fossi e forse aspettava proprio quel gesto per liberare la sua anima dannata.
-Perdonami!
Premetti il grilletto e restai immobile tra le sue braccia.
Vidi l'espressione del suo volto cambiare. Si portò una mano al petto e si accasciò ai miei piedi.
Riposi la pistola e mi allontanai dalla stazione, mentre le urla dei passanti gridavano aiuto.
Il sapore amaro delle lacrime raggiunsero la mia bocca, quella stessa bocca che aveva ancora impresso il sapore del suo bacio.
Era finita.
La mia vendetta era finalmente giunta a termine.
FINE
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