L'ultimo anno della Serpe a Hogwarts
Settima Prova: trama n. 2
Hogwarts è tornata al suo splendore. Harry, Ron, Hermione e Ginny, come molti altri, si recano lì per frequentare il loro ultimo anno, e forse anche il primo vero anno da veri studenti. La Grande Guerra ha cambiato tante cose, ha cambiato anche le persone. Draco Malfoy questo lo sa bene, ma non dimentica il passato, e non può dimenticare quello che lo attende alla fine di quell'anno scolastico. E scoprirà che l'unica a poterlo aiutare e salvare è anche la stessa che potrebbe portargli via tutto, anche la vita.
Genere: fanfiction
Oneshot o short story: capitoli 3-7
Draco Malfoy trascinava svogliato il pesante baule. Gli sguardi erano tutti su di lui. La seconda guerra magica era finita da pochi mesi e lui era stato graziato dal grande Harry Potter, che aveva testimoniato a suo favore e per sua madre. Era riuscito a scampare ad Azkaban, a patto di terminare gli studi e conseguire i M.A.G.O. con il massimo dei voti.
Sarebbe potuto arrivare a scuola con la metropolvere, ma tanto valeva abituarsi subito agli sguardi di disprezzo dei compagni. Di tutti, forse solo Blaise gli avrebbe rivolto la parola. Sua madre aveva tradito il Signore Oscuro, e Potter così aveva potuto ingannarlo e vincere. I figli dei suoi sostenitori lo odiavano, quelli che avevano familiari che erano stati torturati o uccisi da lui lo disprezzavano. Poco male: lui era il primo a odiare e disprezzare se stesso.
Entrò in uno dei vagoni liberi e mise il baule in alto facendolo levitare, la bacchetta di biancospino stretta al petto. Da quando Potter gliel'aveva restituita, non la lasciava mai. Si sedette vicino al finestrino, aspettando che il treno partisse. Era sicuro che nessuno lo avrebbe disturbato: era un Mangiamorte.
Il fischio acuto della locomotiva segnò la partenza del treno. Si cullò al suono stridulo delle rotaie in movimento e chiuse gli occhi, sperando che il tempo potesse velocizzare il suo corso per portarlo fuori da quell'incubo. Appoggiò la testa contro il vetro freddo del finestrino. Sapeva che non sarebbe mai finita realmente: nella sua testa riviveva tutto. Le urla, il sangue, i morti. Tutto. Sospirò piano e la porta della carrozza si mosse. Draco aprì gli occhi controvoglia e si ritrovò davanti la figura esile e pallida di Luna Lovegood.
«Posso sedermi qui?» chiese la bionda con tono esitante. Draco la osservò con attenzione: era magra come quando l'aveva vista l'ultima volta, ma le guance erano un po' più rosee.
«Se non hai paura di stare nello stesso scompartimento di un Mangiamorte, accomodati pure.»
Luna annuì e si mise seduta vicino alla porta d'ingresso, dal lato opposto di Draco. Sembrava stanca e non aveva con sé nessuno dei suoi strani orpelli.
Rimasero in silenzio per un lungo periodo, tanto che Draco pensò di essersi addormentato.
La porta si aprì di nuovo e quella volta fu la voce della Granger che lo colse di sorpresa.
«Luna?»
Il serpeverde si sforzò di non emettere un fiato, il viso rivolto verso il vetro freddo e gli occhi serrati.
«Shis, sta dormendo, creda sia molto stanco. Sarà colpa dei gorgosprizzi. Ce ne sono tanti in giro dopo la guerra.»
«Perché non vieni con noi?»
«Ti ringrazio, Herm, però di là siete tutti in coppia e io non voglio sentirmi di troppo... Poi qui c'è silenzio e posso pensare.»
«Va bene, se però ti dà problemi... chiamami.»
La corvonero annuì all'amica e la osservò in silenzio, finché la porta dello scompartimento non si chiuse alle sue spalle.
«Adesso puoi anche smettere di far finta di dormire.»
Draco emise un verso strozzato e guardò negli occhi la ragazza bionda.
«Nessuno ti ha chiesto di difendermi.»
«Infatti, non ti ho difeso, ho solo cercato di essere gentile; non è così difficile da fare, sai?»
«E perché mai dovresti essere gentile con me? I miei genitori non lo sono stati con te durante la prigionia a casa mia...»
«Credo che non avessero molta scelta e credo che neppure tu ne avessi. Se devo essere sincera, non penso che persino adesso tu ti senta veramente bene. Scusami se te lo dico, ma hai una bruttissima cera...»
Draco annuì, non potendo fare a meno di essere d'accordo con la ragazza. Lui non stava bene; non stava bene da giorni, settimane, o forse da quando suo padre al quinto anno era stato catturato durante la battaglia al Ministero.
Sospirò pesantemente e appoggiò di nuovo la testa contro il vetro freddo.
«La verità è che non so come riuscirò a superare un anno intero ad Hogwarts.»
«Potresti provare con i tappi di burrobirra, potrebbero funzionare.»
Il ragazzo rise amaramente. Con tutto quello che era successo, probabilmente degli stupidi tappi avrebbero potuto tenere lontani le persone indesiderate da lui. Sì, come no!
~
Al castello i giorni passavano lenti e gli sguardi che tutti gli riservavano sembravano ricordargli che lui era lì solo grazie a Harry Potter e alla preside McGranitt. Nessuno sembrava badare a lui in realtà: tutta la scuola sembrava disinteressata ai serpeverde e in particolare a Draco Malfoy. Della sua casata c'erano ben poche persone, giusto Blaise, che si ostinava a stargli incollato come un francobollo, insieme a Pansy e Theodore. Le lezioni erano serrate; loro che dovevano ripetere il settimo anno poi avevano un moltissime materie da recuperare. Pozioni non era difficile, anche se lavorare con Lumacorno gli faceva venire il voltastomaco, perché il professore non lo considerava nemmeno di striscio e, anche se faceva pozioni perfette, dava sempre i punti a quella sciocca grifondoro. Forse il termine sciocca non era adatto da usare con Hermione Granger, però...
Il trio, in realtà ormai un quartetto, essendo sempre presente anche la Weasley femmina, era tornato a scuola più unito che mai. Quello che aveva detto Luna durante il viaggio in treno era vero: Potter faceva coppia fissa con la donnola rossa mentre la Granger se la faceva con Lenticchia. Il solo pensiero faceva contorcere le budella al giovane Malfoy. Provava sempre del ribrezzo nell'immaginare insieme la Granger e Weasley. Gli faceva strano. Draco disprezzava la Granger perché nata babbana, ma non poteva negare che era sempre stata una ragazza coraggiosa, piena di vita, e vederla con quella ameba umana di Ronald gli creava non poca irritazione.
~
«Draco, sei qui?» La voce di Blaise lo riportò alla realtà. Era in cima alla Torre di Astronomia; ci andava così spesso che nemmeno lui sapeva il reale motivo.
«Arrivo, Blaise» disse con tono stanco. L'amico non disse altro. Blaise lo cercava sempre, voleva assicurarsi che stesse bene, ma in quel modo lo soffoca.
Molto spesso si rifugiava sulla Torre di Astronomia. La prima volta che aveva varcato la porta di legno che nascondeva la stretta scala a chiocciola che conduceva in cima, aveva avuto dei conati di vomito ed era stato costretto a fermarsi più volte prima di arrivare alla sommità della Torre. Lo sapeva bene, che non era stato lui a uccidere Silente, ma quello era stato il punto di non ritorno, per lui. I ricordi di quella dannata notte del primo giugno di un anno prima lo assalivano ogni volta allʼimprovviso.
Mangiamorte. Feccia. Assassino. Quelli erano tutti termini che gli risuonavano in testa, quello era ciò che pensava di se stesso.
Un pomeriggio di fine ottobre era salito un po' più tardi del solito e una volta in cima vi aveva trovato Harry Potter, in silenzio a guardare il paesaggio oltre il parapetto. Quando lo aveva visto non aveva detto nulla, semplicemente un cenno del capo e poi aveva ridisceso le scale. Draco lo aveva visto uscire ed era stato come se gli fosse mancato qualcosa.
Finita la guerra a tutti era venuta meno l'animosità del passato. A lui era rimasto un vuoto impossibile da colmare e il dolore che si attutiva solo quando vedeva il dannato teschio col serpente confondersi col suo sangue.
Non sapeva quando avesse iniziato realmente a grattarsi via il Marchio: aveva provato una sera in cui le urla della professoressa Burbage nella sua testa lo tormentavano più del solito. Vedere il serpente macchiato di rosso gli aveva dato un senso di potere; quel maledetto però non se n'era andato. Era sempre lì, sotto la sua pelle, tatuato a forza anche nel suo cuore.
Odiava quel Marchio e odiava quello che aveva significato per lui. Odiava il fatto che suo padre avesse creduto fino all'ultimo a quelli ideali senza proteggere effettivamente la sua famiglia. Da quando aveva quell'orrenda cosa sul braccio portava sempre le maniche lunghe, ma sapeva che era lì, che era nascosto e che anche gli altri sapevano che c'era. Sembrava una condanna e tutto quello che avevano passato non era bastato a lavare l'onta di quello che era successo.
Suo padre, giustamente, era finito in prigione e lui aveva subito un processo. Solo la magnanimità di Potter aveva permesso a Draco di non essere condannato e di poter tenere la sua bacchetta.
Da un po' di tempo, si era però convinto che il mondo magico non fosse quello in cui lui poteva trovarsi bene. Allo specchio leggeva nei propri occhi un dolore difficile da sopportare e lo ritrovava nello sguardo degli altri, come se la magia avesse portato solo problemi a tutti. Anche la Granger era cambiata: benché sorridesse e sembrasse la solita di sempre, aveva un velo di tristezza e Draco riconosceva l'alone scuro sotto i suoi occhi, perché era lo stesso che aveva lui, causato dagli incubi che lo tormentavano di notte.
Aveva iniziato a studiare Babbanologia, tanto era obbligatoria. Voleva capire più a fondo quel mondo che per tanto tempo aveva aveva disprezzato. Lo faceva di notte, quando gli altri dormivano. Era l'unico momento che non passava a torturarsi il Marchio. Di solito quello lo faceva nel bagno del sesto piano, quello in cui Potter l'aveva colpito col Sectumsempra e Piton l'aveva soccorso e salvato. Severus però non c'era più e lui avrebbe voluto essere in grado di replicare quell'incantesimo e morire. Sì, Draco Malfoy voleva morire, scomparire, essere invisibile.
~
Ron Weasley non era mai stato un tipo molto perspicace: tutti si chiedevano come fosse riuscito a sopravvivere alla guerra, ma poi vedevano al suo fianco Harry Potter e Hermione Granger. Era chiaro che avere le amicizie giuste era più importante che essere dei grandi maghi.
Il giorno che Ron si era reso conto che Malfoy si stava facendo del male da solo era stato anche quello in cui il desiderio di nasconderlo agli altri aveva prevalso su tutto.
Stava giocando con la mappa del Malandrino, mentre aspettava che Hermione finisse di ripassare per la centesima volta trasfigurazioni. Aveva notato la scritta Malfoy in corrispondenza dei bagni del sesto piano e si era incuriosito. Aveva preso di nascosto a Harry il mantello dell'invisibilità ed era andato a vedere cosa stesse facendo. L'aveva trovato di spalle, appoggiato contro i lavandini e intento ad accanirsi contro il suo braccio sinistro. Si stava tagliando e osservava il sangue scorrere nel lavandino, ma Ron non aveva detto né fatto nulla in merito e se n'era andato.
Aveva però preso l'abitudine di controllarlo, un po' come aveva fatto Harry negli anni passati. Era diventata un'ossessione. Più lo vedeva pallido ed emaciato e più ci godeva. Voleva che soffrisse, come lui e la sua famiglia avevano sofferto la morte di Fred. Certo, se Harry o Hermione l'avessero scoperto di sicuro sarebbe finito nei guai, ma non gliene importava.
«Ron, vieni all'allenamento di Quidditch?» Era sua sorella che lo richiamava. Lui stava di nuovo controllando sulla mappa del Malandrino dove fosse Malfoy e la nascose immediatamente alla sua vista. Il serpeverde era immobile da un po' nei pressi del Lago Nero.
«Sì, arrivo subito, mi sono scordato i guanti in camera» mentì alla sorella. Voleva vedere che stava facendo Malfoy. Aspettò che Ginny si incamminasse verso il campo di allenamento e fece finta di andare alla Torre Grifondoro. Invece si diresse al Lago Nero.
Era gennaio e faceva molto freddo. Una coltre di neve candida ricopriva il parco del castello. Perlustrò parte delle sponde dello specchio d'acqua, ma non vide nulla. Ormai stava per andarsene quando intravide vicino a una protuberanza rocciosa i capelli biondi di Malfoy. Si avvicinò con circospezione e si accorse subito che c'era qualcosa di strano.
Draco era immobile. Il corpo appoggiato alla roccia come privo di vita. Il volto era più pallido del solito e profonde occhiaie violacee gli contornavano gli occhi chiusi. Per un attimo Ron esultò: era morto. Poi vide il sangue scivolare lento dal suo braccio sinistro. E si sentì un vermicolo. Cosa avrebbe pensato di lui suo fratello Fred? Non poteva lasciarlo morire. O era già troppo tardi? Si avvicinò con cautela; purtroppo non era mai stato bravo negli incantesimi di guarigione. Respirava? Miseraccia, lui non riusciva a capirlo con precisione. Cosa poteva fare, cosa? La bacchetta, certo! Doveva lanciare un avviso di pericolo.
«Periculum» tuonò con decisione e dalla sua bacchetta fuoriuscirono scintille rosse. In meno di un minuto Vitious era già lì.
«Weasley?»
«Stavo... stavo andando al campo di Quidditch per gli allenamenti e l'ho trovato...»
«Per Merlino!»
«Corri a chiamare Madama Chips! Corri!»
~
Malfoy era molto debole e aveva perso tanto sangue, ma era ancora in vita. Ron aveva compreso che se l'avesse lasciato morire se ne sarebbe pentito amaramente.
«Weasley, che è successo?» Zabini aveva lo sguardo di chi aveva visto giorni migliori e un passo tremolante quando arrivò di fronte a lui alla porta dell'infermiera. Ron, dopo aver avvisato Madama Chips di quello che era successo, non ne aveva voluto sapere di tornare a scuola. Voleva accertarsi che quel dannato di un furetto stesse bene.
«Non lo so Zabini, l'ho trovato al Lago Nero. Era già svenuto quando sono arrivato.»
Zabini annuì; aveva gli occhi lucidi. In quel momento arrivarono anche la Parkinson e Nott, che si strinsero al compagno di casa.
«Se te ne vuoi andare fai pure, e grazie. Senza di te sarebbe morto.»
Ron divenne tutto rosso. Cosa c'era da ringraziare? Lui sapeva, lui voleva che morisse. Però quando era stato il momento non era proprio riuscito a fregarsene: Malfoy era un Mangiamorte, cioè lo era stato, ma non era un assassino. Se lo avesse lasciato morire, lui lo sarebbe diventato.
«Preferisco aspettare che si svegli» disse velocemente, per poi sedersi su una delle panche poste fuori dall'infermeria.
I tre serpeverde lo guardarono con curiosità, anche se non dissero nulla. In quel momento uscì Madama Chips. «Dobbiamo avvisare la famiglia...»
«Madama, lo sapete che Draco è maggiorenne e per di più adesso è il capofamiglia di casa Malfoy. Non avrebbe senso chiamare sua madre, sarebbe solo una preoccupazione in più per la Signora Narcissa, non credete?»
«Oh, va bene, ma devo avvisare la Preside e ci vorrà qualcuno di specializzato che parli con lui...»
«Mi sembra giusto» acconsentì Zabini. «Si è svegliato, posso vederlo?»
«Sì, è sveglio, ma molto debole. Può entrare solo uno di voi e per pochi minuti...»
«Vai tu, Weasley, in fondo è solo merito tuo se è vivo» disse Blaise provocando non poco stupore sul viso dei compagni.
«Grazie, ma non importa. Volevo soltanto accertarmi che non morisse. Credo che di morti ne abbiamo avuto fin troppi...» e detto ciò si alzò per andarsene dall'infermeria.
Blaise entrò con cautela nella stanza. Draco era sdraiato su di uno dei lettini, più pallido del lenzuolo.
«Bla...»
«Draco, non parlare, sei troppo debole...»
«Chi, chi mi ha trovato?»
«Weasley...»
«Quella non si fa mai i fatti suoi...»
«No, non lei, Ronald. Ti ha trovato lui... Draco, tu stai male, devi farti curare...»
«Io devo andarmene dal mondo magico.»
«Amico, tu sei un purosangue, non puoi andartene dal tuo mondo. Adesso riposa.»
Draco annuì e si voltò con cautela. Il suo corpo era sfinito. Lui era sfinito. Sapeva che Weasley lo teneva d'occhio; avrebbe potuto distruggerlo e invece gli aveva salvato la vita, ma perché? Non era importante in quel momento. Ormai aveva deciso che in qualche modo avrebbe finito gli studi e poi sarebbe sparito fra i babbani, si sarebbe confuso tra loro.
Sì, una Serpe fra i babbani.
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