I'll forgive you
... open your eyes
È successo troppo in fretta.
Le sue conoscenze di base si fermano a libri e a film particolarmente fantasiosi, perciò non si aspettava di vedere seriamente le immagini della sua vita sfrecciargli davanti agli occhi e, l'attimo dopo, ritrovarsi circondato dal buio.
Con la consapevolezza di essere morto.
Sembra per tutti così terribilmente difficile da accettare, ma non per lui. Sa di aver patito le pene dell'Inferno, di aver implorato il cielo per poter scampare a quel dolore insopportabile e, ora, eccolo qui. Grato di aver finito e grato di potersi rilassare nel nulla.
Non si è neanche sconvolto più di tanto, a essere onesti. Arrivato al punto di rottura, ha desiderato – come umanamente prevedibile – di passare a miglior vita e ricominciare.
Ma, purtroppo, è più facile a dirsi che a farsi.
È sì morto – deceduto, andato, schiattato. Solo che... Diciamo che era morto. Neanche il tempo di assimilare la cosa, e tutto è mutato nuovamente.
Louis si è sentito come incastrato in una centrifuga impazzita, nel disperato tentativo di uscirne per non affogare. È stato come cercare di combattere contro qualcosa mille volte più forte di lui, instancabile e determinato. Ha visto colori, suoni, immagini e molto altro rincorrersi nel suo infinito campo visivo per quelle che gli sono sembrate ore. Il buio – quel buio così rilassante e accogliente – si è dissolto in un battito di ciglia catapultandolo lontano.
In uno scenario diverso.
Cambiato troppo in fretta.
Pensa di star morendo nuovamente, o qualcosa del genere, perché è inginocchiato su quello che dovrebbe essere asfalto, ma che ha una consistenza morbida e improbabile. Gli occhi appannati gli fanno vedere forme irriconoscibili, dai colori male assortiti, e dopo pochi secondi capisce che non è la sua vista il problema. È il Mondo, il problema. Un mondo che non dovrebbe più vedere, su cui non dovrebbe più trovarsi e a cui non dovrebbe più pensare. Ma che invece c'è, presente e palpitante di vita; a ogni minuscolo attimo che passa, si stabilizza e acquista fattezze normali.
Nella mente di Louis, solo poche parole.
Ti resta quest'unica possibilità: non gettarla via.
~
... choose the best way to act
Ha stilato una lista di cose da fare. Ha numerato tanti piccoli fogliettini e, su ognuno di loro, ha segnato tutto quello che gli è venuto in mente e che deve assolutamente portare a termine nel poco tempo che ha a disposizione.
Il calendario attaccato alla porta segna il 4 Ottobre. Tra esattamente cinque giorni, avrà luogo l'incidente e lui ancora non ha capito se esiste un modo per evitarlo. L'hanno riportato indietro per sistemare un po' di casini... Perché non possono concedergli di trovarsi da tutt'altra parte e risparmiarsi di essere centrato in pieno da quel maledetto camion?
Deve essere contro le regole, o simili, altrimenti glielo lascerebbero fare.
In ogni caso.
Ha cinque giorni di tempo, se non calcola l'attuale domenica – poiché ne ha passata una buona parte a girovagare come un pazzo per le strade, prima di realizzare di essere tornato a casa – e il fatidico sabato che gli ha rovinato la vita – perché ci sono delle regole e lui deve trovarsi sul luogo dell'incidente nell'orario preciso in cui è avvenuto.
Bene.
Bello schifo.
Louis si passa esausto una mano tra i capelli e stacca il primo Post-it dal blocchetto; lo attacca sul retro del suo cellulare e poi infila l'apparecchio in tasca.
Deve fare ordine, sia mentale che nella sua vita improvvisamente senza senso.
Dovrebbe essere morto, non vivo e vegeto con una missione da portare a termine. Queste sono cose che non succedono veramente e poi nessuno ha pensato di spiegargli perché, o cosa si aspettano da—No, ok: sa che cosa si aspettano da lui e sa perché, ma ha così tante domande da porre e nessuno che sembra intenzionato a dargli delle risposte.
Darà di matto.
È sulla buona strada per dare in escandescenza.
All'improvviso, sua sorella Lottie irrompe nella stanza, con i capelli gocciolanti e un'espressione che non promette nulla di buono. Comincia a urlare, ignorando lo sguardo di Louis e il fatto che lui non era psicologicamente preparato a rivedere la ragazza, a risentire la sua voce e a provare un improvviso senso di protezione nei suoi confronti.
Si rende conto di non aver pensato alla sua famiglia, di non aver inserito niente su di loro nella lista di cose da fare. Di aver concentrato le proprie attenzioni soprattutto su problemi da risolvere e questioni in sospeso esterne, robe che non hanno niente a che vedere con le persone che gli sono più vicine.
Louis si riscuote dall'istante di smarrimento. Guarda di nuovo la sua sorellina, poi un sorriso spontaneo gli nasce sulle labbra e le lacrime gli offuscano la vista. Scoppia in una risata cristallina – una risata di pura gioia che rimbalza tra le pareti della stanza – mentre si precipita ad abbracciare la ragazza. Lottie lancia un urlo e scalcia per essere lasciata andare, ma Louis aumenta la presa e gira su se stesso, con il cuore gonfio di un'emozione troppo grande per essere definita.
Molla la presa solo dopo qualche minuto, smette di ridere e "Chiama la mamma e tutte le altre" dice, recuperando velocemente dalla scrivania il cellulare e il portafogli. "Oggi e domani la famiglia Tomlinson sarà irraggiungibile. Non mi interessa se avete altri impegni: offro io e di' a Joh che non si discute!"
~
... apologize
C'è ancora tanto odio negli occhi di Liam. Tanto – nero e micidiale – odio profondo nei suoi confronti. E Louis non lo biasima di certo, ma in un giorno normale l'avrebbe mandato al Diavolo e se ne sarebbe tornato a casa, irremovibile sulla sua scelta di aspettare che fosse Liam a tornare strisciando da lui.
Solo che non si trova più in un giorno normale.
E non ha deciso di fare il primo passo unicamente perché è morto e risorto – per rimediare ai suoi sbagli – e quindi si sente in obbligo di farlo.
No.
Ha preso questa decisione perché è la cosa giusta da fare: è lui a essere dalla parte del torto e non c'è più tempo da sprecare, da gettare al vento tanto e unicamente perché è una persona a cui piace attendere che sia sempre l'altro e gli altri a muoversi per lui.
È il momento giusto per cambiare un po' le regole.
"Ho altro da fare, Louis, quindi se non—"
"Ti chiedo scusa."
Liam sbarra gli occhi e resta un secondo bloccato su quello che stava dicendo. Richiude la bocca e la riapre subito dopo per "Cosa?" chiedere, con voce più stridula del normale.
Louis si passa una mano tra i capelli e fissa i disegni naturali del tavolo di legno a cui sono seduti. "Ho sbagliato... Ti chiedo scusa perché è stata tutta colpa mia. Mi impiccio degli affari degli altri e poi me la prendo se loro si arrabbiano con me" snocciola tutto d'un fiato, deciso a mettere tutte le carte in tavola prima di potersi rimangiare qualcosa. "Non avrei dovuto ficcare il naso nei tuoi problemi e pretendere di saperne di più, o di avere la risposta a tutto. Devo imparare a lasciare che i miei amici se la cavino da soli e—" Perché è così difficile parlare quando sai di non avere più molto tempo per sistemare le cose? "È una—Ci lavorerò sopra, ok?" Ci prova a non far uscire le parole più strozzate del previsto, ma gli risulta difficile. In pratica, è come se avesse appena mentito spudoratamente a Liam... E a se stesso.
Non potrà più lavorarci sopra. Può solo promettere a Liam qualcosa che non avrà davvero l'occasione di fare.
Si scusa mentalmente con lui.
Gli basta la certezza di aver agito bene, di aver dato un senso anche al secondo dei cinque giorni. Di aver rimediato a un grandissimo sbaglio.
E il fatto che Liam annuisca e si alzi in piedi per abbracciarlo, glielo conferma.
E lo fa piangere definitivamente.
~
... do something you wouldn't do
Sa che sua madre e le sue sorelle lo stanno biasimando.
Ok, forse le sue sorelle no, perché sono troppo giovani per capire concretamente il vero significato di questa cosa e anche perché non hanno nessun grado di parentela con l'uomo che Louis sta guardando. Ma la madre sì, perché ha sempre lottato duramente per tenerlo lontano dal suo padre biologico.
A casa, Johannah starà pensando al modo migliore per ucciderlo.
Comunque.
Sdraiato immobile sul letto dell'ospedale, con una mascherina che lo aiuta a respirare e il monitor al suo fianco che continua a lampeggiare, Mark sembra solo un indifeso essere umano. E Louis prova un'improvvisa ondata di compassione che pensava non avrebbe mai provato per lui. In fondo, l'ha abbandonato, l'ha sempre trattato di merda – se non peggio – e ha continuato a far disperare sua madre anche quando non c'erano più motivi per interferire con la nuova vita della donna.
Dovrebbe odiarlo. Aspettare che muoia e provare piacere.
Ma non ci riesce. Non ci riesce e non può nemmeno farlo.
Ha messo in lista una visita in ospedale, al letto di Mark, per non sa bene quale motivo. Sentiva solo che era la cosa giusta da fare e, adesso che lo guarda e prega affinché le sue pene finiscano presto, sa di aver fatto bene a fidarsi della vocina che l'ha spinto a scrivere quel Post-it.
Morirà prima di suo padre.
Tanto vale dirgli addio.
Louis quasi urla, quando Mark muove l'indice e sfiora la sua mano sinistra, che non si era accorto di aver appoggiato sul materasso. Si rilassa appena e segue con gli occhi il piccolo movimento, cercando un nome adatto a quello che prova, cercando di catalogarlo sotto qualcosa di sensato. Ma non ci riesce, perciò resta fermo mentre suo padre gli sfiora con delicatezza la pelle e, poi, con una fatica immane e un dolore nell'azione che Louis può solo immaginare, socchiude gli occhi, fissandoli nei suoi e permettendo a una scintilla di rendere palese la sua gratitudine.
"L-Lou—" Mark viene interrotto da uno strozzato colpo di tosse. Sobbalza appena nel letto e Louis si rende conto di voler sapere cosa gli sta accadendo, cosa ha precisamente deciso di uccidere quest'uomo per cui non riesce a provare più nulla di malvagio. Ma deve accontentarsi delle fredde parole di sua madre, di quel "Mark sta morendo" che gli ha sibilato in un giorno qualunque, tanto per metterlo al corrente e tanto per gustarsi il suono della notizia sulle labbra.
Louis è sicuro che abbia voluto assaporare il suono.
Guarda suo padre, un po' incerto su cosa fare, ma poi l'uomo si calma e torna a respirare abbastanza normalmente. Ha la fronte imperlata di sudore; richiude per un istante gli occhi e, quando li riapre, sono lucidi e – semplicemente – stanchi.
"Mi d-dispiace."
Louis annuisce. Non sa bene perché, ma annuisce e stringe tra le proprie mani quella destra di Mark.
Non l'ha perdonato. Non può davvero perdonarlo, ma sa che dovrà guardare sua madre negli occhi e dirle che doveva farlo. Che doveva e che è giusto che l'abbia fatto.
~
... not be proud
"Ok, hai ragione."
Niall allontana dalle labbra il toast che stava evidentemente mangiando prima del suo arrivo e aggrotta le sopracciglia. "Louis?"
Louis lo ignora ed entra dentro casa, appendendo la giacca e togliendosi le scarpe mentre "Mi dispiace di averla tirata tanto per le lunghe e aver fatto passare te per il pazzo che si immaginava le cose, quando non era semplice immaginazione" dice.
"Lou—"
"Avrei dovuto aprire gli occhi e dirti che hai sempre avuto ragione già da molto tempo. Mi sarei risparmiato tante finzioni."
Niall gli sbarra la strada prima che lui possa cominciare a salire le scale, per rifugiarsi nella camera del biondo lontano da orecchie indiscrete. Incrocia le braccia al petto e lo fissa. "Louis." Ha un tono di voce incredibilmente calmo. "Che cavolo ti prende?"
Louis rotea gli occhi e lo spinge da parte, procedendo impassibile.
Se ne esce all'improvviso con "Mi piace Harry", quando ha già una mano sulla maniglia della stanza. Entra senza troppi complimenti e si lascia cadere di schiena sul letto.
Niall, fermo sulla soglia, inclina la testa di lato. "Tutto qui?" chiede. Richiude la porta e sale con un balzo sul materasso, sedendosi a gambe incrociate accanto a lui. "Lo sapevo già."
"Lo so che lo sapevi già."
"Ma... Un secondo." Il biondo si picchietta con l'indice destro il mento. "Tu oggi non dovevi—"
"Ho cambiato i piani, Niall."
"Non capisco."
Louis si copre esasperato la faccia con le mani. "Non posso spiegarti, ok?" farfuglia. "Martedì ho parlato con Liam... Ho fatto pace con Liam, a essere sinceri. Ieri sono andato a trovare mio padre, anche se non avrei dovuto, e mi sono sentito stranamente bene. Oggi lo so che ti avevo detto di avere un po' di stronzate da fare, ma ho modificato i miei impegni a favore di una giornata con te, perché dobbiamo parlare e perché voglio dirti che hai sempre avuto ragione." Sbatte i palmi sul letto e dalle sue labbra esce un verso di frustrazione. "Sono orgoglioso. Sono troppo orgoglioso per apprezzare la semplice azione di andare da un mio amico e dirgli che io ho torto e lui no. Ma è così."
"Sei irritato perché non volevi dirmi che ti piace Harry?"
"È molto più di questo! Io non avrei fatto in tempo a—" Louis si blocca prima di dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi. Spiegare a Niall che qualcuno l'ha riportato in vita per un motivo superiore – che lui ha interpretato come fai pace con i tuoi amici, di' addio a tuo padre, dimostra qualcosa a chi ti vuole bene, ricambia quello che sai benissimo Harry prova nei tuoi confronti... – non fa parte del piano.
E nemmeno esser preso per psicopatico prima di aver fatto tutto, sarebbe questa grande idea.
Quindi, rettificare.
"Cioè—È giusto farti sapere che hai ragione."
Niall lo guarda non del tutto convinto. "So di aver ragione, soprattutto se si tratta di Harry e te" dice. "Ma sei sicuro che sia solo questo?"
"Sì. Sicurissimo."
Dio, ti prego.
"Ok." Niall non abbandona l'espressione di chi sa di essere tenuto all'oscuro di qualcosa. "Quindi che cosa intendi fare, ora?"
"Domani passerò la giornata da Harry... E glielo dirò."
"Non so cosa precisamente ti abbia convinto, ma ne sono davvero felice!" il biondo esclama. "Voi due idioti vi morite dietro da anni e, per non si sa bene quale motivo, non ve lo siete mai detto. Ok, Harry è troppo dolce, tenero, innocente e tante altre cose per confidare qualcosa del genere. Ma tu sei il maggiore e avresti dovuto svegliarti molto tempo fa."
Louis sorride, giocherellando con un angolo della sua maglietta. "Mi sono svegliato ora." Stacca un filo e guarda con occhi sognanti il soffitto. "Penso ne fossimo già al corrente entrambi... Serve solo dirlo ad alta voce. E devo ringraziare te, Niall, per avermi sempre assillato per farlo."
"Mi basta sapere che le mie parole sono finalmente servite a qualcosa."
Manca solo domani. Domani e sabato sarà finita.
"Sì, Niall. Ti assicuro di sì."
~
... tell him that you love him
Harry è ancora in pigiama.
Louis è felice di averlo trovato in casa da solo. Avrà modo di salutare gli Styles più tardi, ma attualmente deve concentrarsi su Harry. Su Harry e su nient'altro.
Prima che il minore possa dire qualcosa, lui alza una mano e appoggia l'altra sulla porta aperta. "Non. Dire. Niente."
A questo punto, il riccio sbarra gli occhi. "Louis... Che succede?" chiede, forse preoccupato dal suo aspetto un po' provato o dal fatto che sta parlando come se fosse sul punto di prendere a pugni qualcosa.
In effetti è vero, ma non certo perché è arrabbiato con lui.
Louis inspira pesantemente ed entra, superando Harry e guardando niente in particolare, mentre i pensieri si accavallano nella sua testa impazziti, desiderosi di avere un posto in rilievo nel discorso che deve fare.
Devi calmarti.
Ti resta solo oggi, Louis.
Calmati.
Evita di girarsi a guardare Harry, mentre comincia a parlare. "Non posso spiegarti perché proprio adesso, perché ora, in questo momento e così, come se dovessi semplicemente farlo. Ti chiedo solo di accettare come succederà, perché è arrivato il momento per me di rendere concreta questa cosa, per smetterla di vivere in attesa che succeda da sola come se avessi tutto il tempo del Mondo a disposizione. La verità è che nessuno di noi può prendersi il lusso di dire che aspetterà, che lo farà perché può permetterselo e perché ha tutta la vita davanti."
"Lou." Harry compare nel suo campo visivo e lo guarda. "Mi stai spaventando. Che cosa ti prende?"
"Lo so che ti sto spaventando" Louis sussurra, con quella che è chiara disperazione nella voce. Solo oggi... Hai solo oggi. "Ma sono—Sono abbastanza agitato, Harry. Devi scusarmi." Solleva una mano per toccare la sua, ma poi ci ripensa e lascia cadere il braccio lungo il fianco. "Senti... Lo so che tu e io abbiamo sempre fatto finta di niente, perché ci andava bene così. Ma era ed è palese a tutti e—Non so tu, ma io ho ignorato di dover dar forma alla cosa perché pensavo non ci fosse bisogno di mettere fretta a niente. Non voglio entrare nella tua testa e forse ho anche letto male i segnali e tutto questo è inutile."
Prega Dio di no... Non aver detto la verità a Harry, è forse la prima cosa di cui si è pentito nell'istante in cui quel camion ha colpito in pieno la sua macchina. Quindi non può essere semplicemente arrivato a conclusioni affrettate. Non dopo tutti questi anni, soprattutto.
Louis si passa una mano sul volto e sospira, sfinito.
Harry lo sta guardando con evidente panico negli occhi, come se non sapesse cosa fare o dire.
"Sono innamorato di te."
Lo ammette.
Lo ammette perché è quello che infuria più di tutto il resto, nella sua mente.
"Sono innamorato di te da così tanto che credo di non poter nemmeno dare una definizione al tempo che ho sprecato" Louis dice. Si è involontariamente avvicinato a Harry e, ora, i loro nasi sono a pochissimo dallo sfiorarsi. "Avrei potuto fare così tanto, invece ho scelto di aspettare."
Louis si rende conto di essere sul punto di esplodere.
Tutto questo finirà tra meno di un giorno.
E lui, all'improvviso, capisce di non poterlo semplicemente accettare.
"Ho scelto di aspettare, convinto di avere tutto il tempo che volevo a mia disposizione. Ma avrei dovuto essere chiaro e dirti che io passerei il resto della mia vita con te perché mi sei piaciuto dal primo istante in cui ti ho visto, in cui mi sei venuto addosso e mi hai guardato attraverso tutti quei ricci scompigliati."
A Harry sfugge una specie di risata – forse al ricordo di quel lontano giorno al liceo – e Louis si accorge che il ragazzo sta piangendo. Le lacrime gli bagnato le guance rosse e sta tremando. Sta tremando per colpa sua, lui che gli sta gettando addosso tutto quanto in quelli che devono essere stati solo un paio di minuti. E gli dispiace – davvero – per questo... Ma vede le lancette correre sempre più veloci e il dubbio di non star facendo nemmeno la cosa giusta comincia a fargli mancare il respiro.
"Ho buttato via semplicemente troppo..." Louis sussurra, tra i singhiozzi. "E spero che mi perdonerai."
A questo punto, scoppia in un vero e proprio pianto disperato.
"Lou—Louis." Harry rantola, affrettandosi ad abbracciarlo. Lo stringe forte, seppellendo il volto nell'incavo del suo collo e piangendo contro la pelle. "Ti perdonerò. No, ti ho già perdonato, stupido." Il riccio si stacca solo per guardarlo. "Ti perdonerò anche il fatto di aver aspettato così tanto per dirmelo" dice, baciandogli via le lacrime prima da un occhio e poi dall'altro. "Lo sai che lo farò, perché non conterà più niente."
Harry gli sembra così indifeso, ora, mentre cerca in tutti i modi di calmarlo e di calmarsi a sua volta, assicurandolo in tutti i modi possibili, all'oscuro di altro cui non può assolutamente venire a conoscenza. E Louis vorrebbe dirglielo, dirgli perché adesso e dirgli quanto poco resta loro da vivere insieme.
Ma non può.
Non sa se Harry lo perdonerà. Lui ancora non immagina che dovrà prendere una decisione del genere e perché dovrà prenderla; domani, appena aperti gli occhi, il ragazzo verrà a conoscenza dell'incidente e si precipiterà in ospedale. È giusto che Louis se ne vada da casa Styles presto, perché deve trovarsi in quel luogo in quel momento, ma adesso le cose sono cambiate e Harry lo odierà per essersene andato senza averlo svegliato.
Senza avergli detto addio.
Solo che, Louis lo sa, questo è il suo addio. Aver donato a Harry anche solo una minuscola parte del suo amore, è l'addio migliore che avrebbe potuto dargli.
Probabilmente lo perdonerà. Harry è troppo buono per serbare rancore.
E Louis farà quanto in suo potere per assicurarsi che il ragazzo non soffra. Che vada avanti felice.
Non gli sarà concesso di cambiare il suo destino. Ma, come gli hanno permesso di rimediare a molte cose, farà in modo che gli permettano di badare a Harry anche senza essere fisicamente presente per farlo.
L'istante in cui Louis decide quale sarà l'unica cosa che chiederà dopo, Harry lo bacia. Gli preme le mani sul collo e fa scontrare le loro labbra, in un bacio che sa – da una parte – di gioia, aspettative e semplice amore. Ma – dall'altra – di disperazione, rimpianti e, sempre e comunque, amore.
~
... accept your fate
Louis apre di scatto gli occhi, l'agitazione che gli sale lungo la schiena facendolo rabbrividire nel letto. Volta il capo per guardare l'orologio e sospira di sollievo quando si rende conto di essere in anticipo. Ha ancora mezz'ora, poi dovrà prendere le chiavi della sua macchina, mettersi al volente e percorrere con tutta la sicurezza di cui è capace l'incrocio che gli porterà via la vita.
Una cosa molto malata, in effetti. Sta aspettando di morire; non solo già ne è al corrente, ma deve accettarlo a testa alta e compiere le esatte azioni che garantiranno il normale corso degli eventi.
E, il fatto davvero peggiore, è che non prova neanche un po' di paura. Si sente solo agitato e irrequieto, come se fosse impaziente di farla finita senza tanti preamboli. Come se volesse smetterla di aspettare, di dover essere costretto a guardare l'orologio che scandisce i suoi ultimi minuti.
Dopo che Harry si è addormentato, ha avuto qualche ora per calmarsi e rassegnarsi.
Era quello di cui aveva bisogno.
Sospira pesantemente e si gira sul fianco, ritrovandosi perfettamente di fronte a un Harry addormentato, con i ricci scompigliati che gli ricadono sulla fronte. Louis ne allontana uno, sistemandoglielo dietro l'orecchio e sorridendo subito dopo nel contemplare in silenzio il suo ragazzo.
Ha considerato Harry come tale per tanto tempo – segretamente o meno – tra le mura della sua casa o davanti agli occhi di tutti, ma senza mai farlo sapere direttamente a lui. E non sa davvero spiegare perché l'abbia fatto, perché si sia privato così a lungo del semplice piacere di mettere al corrente Harry dei suoi sentimenti, di poter compiere gesti che ha sempre considerato quotidiani sapendo, però, di aver dato loro significati più potenti. Louis non sa davvero dire perché. Sa solo che ringrazia chiunque l'abbia aiutato a cambiare questo stato di cose, a permettergli di vedere la reazione di Harry di fronte alla sua confessione, di guardare i suoi occhi verdi illuminarsi di gioia e di gratitudine.
Forse dovrebbe essere considerato sbagliato, un atto puramente egoista.
Tra poco, Harry soffrirà più di quanto abbia sofferto nella circostanza in cui era all'oscuro dei sentimenti di Louis.
Forse non avrebbe dovuto avere questa possibilità per sistemare le cose.
Ma, Louis lo sa benissimo, è invece il regalo migliore che avrebbero potuto fargli.
A Harry resterà qualcosa. A Harry rimarrà per sempre un amore che, anche se non vissuto a pieno, potrà finalmente colmarlo con la sua forza. Harry ricorderà qualcosa che prima non gli era stato dato di sapere.
Quindi, Louis, mentre si avvicina abbastanza da sfiorare con la fronte quella di Harry, mentre una lacrima solitaria scorre calma sulla sua guancia, sussurra un muto grazie.
Grazie. Per tutto.
So let the light guide your way
Hold every memory as you go
And every road you take
Will always lead you home
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top