La maestra prese in mano il quaderno che si trovava sopra la pila. Sospirò, nel vedere il nome indicato sul frontespizio e, da sopra le lenti, mandò un fulmine con lo sguardo a una bambina seduta in seconda fila.
Poi fece, con molta cura e una calma studiata, la punta a una matita bicolore, prevalentemente da un lato, mentre continuava a guardare la bambina in quel modo obliquo da far venire i brividi.
La bambina, intanto, durante il lento temperare, sembrava scivolata giù per il banco. Giù, sempre più giù: ormai erano restati visibili solo la punta del nasino, le iridi enormi e naturalmente il super codino che da sopra il capo le si riversava sul viso e che ora, dopo il graduale sprofondamento nel banco, sembrava scaturire come una risorgiva proprio dal ripiano in formica. Il resto del corpo era stato ingoiato da qualcosa.
La maestra sospirò di nuovo, ma non si intenerì; di colpo, ripose il temperino, chinò il capo e iniziò, con grande lena, ad usare la mina infuocata, a spargerla molto generosamente sul tema di Nela.
Segnava alcune parole, ne rimarcava altre, evidenziava svariati punti con la sua matita spietata; si esibiva in righe, riquadri e cerchi di brace qua e là per la pagina, spargeva meticolosamente litri di sangue di lapis sul foglio.
Era un tema breve, due pagine forse, non di più; "Il mio animale preferito" era il titolo. Ma, dopo l'intervento del lapis malvagio, presto le due pagine erano diventate, più che un tema, un campo di grano a giugno: papaveri compresi, s'intende.
"Parolini, anche questo componimento fa schifo! Sei una bambina molto, molto stupida. E pigra, Quando comincerai a studiare un po'? Sei già in quarta, non puoi continuare a scrivere "gato" o "cavalo" per sempre. E il tuo nome? Guarda, non hai ancora imparato a scriverlo bene!"
Già, Nela sapeva bene che, tra la "l" e la "a", ci doveva stare un'altra "l". Ma non poteva farci niente, quando vedeva il suo nome con la grafia giusta veniva presa da una paura profonda, da un panico completamente insensato e furibondo, un'ansia atroce che la faceva stare male, tanto male. Sentiva dolore, provava nausea, spine in ogni muscolo, vertigini e vuoto. Fuoco e gelo. Stava male.
E male la facevano stare anche le parole dei maestri: parole di umiliazione, di spregio, di denigrazione, di vergogna. Lei lo sapeva, sapeva come si scriveva il suo nome: lo sapeva ma non voleva saperlo, perché se solo ci pensava il suo corpo era interamente percorso da brividi. E anche pensare di scrivere, ad esempio, caval... No, no, non poteva neanche provare a pensarci, sentiva le pulsazioni scalpitare, nitrire, il suo cuore saltare i colpi e spostarsi fino a giungere in gola, il respiro fermarsi.
L'avevano anche portata da un medico, i suoi genitori. Da un medico dei pensieri o qualcosa di simile. Volevano capire perché era così stupida, o perché era così svogliata, se magari qualche bustina di vitamine, o magari di qualche medicinale, poteva aiutarla. Ma il medico aveva stabilito che non lo era, no: né stupida né pigra, era solo impaurita, e un po’ particolare. Aveva una cosa chiamata "diplofobia" e veniva spaventata quando vedeva cose uguali e vicine tra loro. Anche se queste cose erano solo consonanti in una parola.
Ma i suoi genitori avevano ribadito che no, Nela era solo pigra, invece, o stupida. Non poteva esistere una patologia così stupida come la diplofobia e anche il medico era stupido se non lo capiva. E se non c'erano bustine, e se non c'erano medicine per rendere la bambina più sveglia, in quel caso la stupidità era il suo destino, per sempre.
Ma questo destino a Nela non piaceva particolarmente.
Poi, un giorno, la maestra si era malata, ed era venuta una sostituta al suo posto. Nela non aveva capito di preciso come, ma in qualche modo la nuova insegnante aveva capito il problema, e le aveva dato un buon consiglio.
Un consiglio furbo, che da quel momento Nela aveva sempre seguito.
E non si era più sentita stupida, o pigra. O meglio, qualche volta sì, ma non più così tanto. Certo, questa soluzione non era così magica, non aveva aiutato gli altri a capire, ma almeno le aveva consentito di stare meglio. A volte evitare un problema è un buon rimedio temporaneo. Non si riesce a cambiare il mondo intero, a volte. Non il mondo intero in un solo colpo.
Ma, intanto che gli altri continuano a non capire (a restare stupidi! Loro, forse, sì) si può fare in modo che questa stupidità urti un po’ di meno.
Che urti un po’ meno anche su certi siti internet, su cui poi Nela si è divertita ogni tanto a scrivere alcune memorie e qualche ricordo… Come questo, ad esempio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top