Rosmarino 2
«Oh, tu non sei qui per smascherare un tradimento» dice sorpresa la cartomante, senza alzare lo sguardo su di me. Suona come una domanda, anche se non lo è. Resto inerte e cerco di calmare uno starnuto causato dall'odore di incenso legnoso che permea la sala.
Non so bene cosa dovrei fare, questo posto mi dà i brividi, forse dovrei andarmene. La vecchia mi invita con un gesto a prendere posto sulla poltroncina bordeaux di fronte a lei e i miei piedi scattano come telecomandati.
Le due lanterne poste sul tavolo rotondo emanano una luce violacea che si sfuma dolcemente sulla sua carnagione e risalta il nido di rughe che le incorniciano gli occhi. Forse sono grigi, o forse no. I capelli sono nascosti da una coperta di pile blu, o almeno sembra una coperta di pile, piena di quei fastidiosi puntini che crea la lavatrice dopo tanti risciacqui.
«Tu sai già perché sono qui».
Suona come una domanda, ma non lo è, e lei fa di sì con la testa. Le sue dita strisciano come serpenti sulle carte e le dispongono a ventaglio.
«Scegli una carta» mormora.
Sospiro. Lascio che l'ansia se ne vada in qualche posto dove riesco a dimenticarmi di lei. Allungo la mia mano sul ventaglio, le mie dita tremano e scelgono.
Il mio indice si posa su una carta e lei la volta. Rivela un bosco; gli alberi si stagliano su un cielo dorato, in un cui è incastonato un sole bianco, ma le loro foglie e gli arbusti non lasciano trapelare la luce e rendono il disegno tetro.
«Che cosa... Che cosa significa?».
Lei inarca le sopracciglia viola-bianche quasi scomparse e contempla il mio risultato.
Con l'unghia fa un cerchio intorno alla figura. «Il sole qui non tramonta mai perché qualcuno ha appeso agli alberi delle storie con cui lui si intrattiene. Ogni viandante che visita questo luogo aggiunge una sua frase, così le storie continuano e cambiano in continuazione. Lui è sempre in attesa di un nuovo seguito, un nuovo inizio o finale».
Un colpo mi fa sussultare e mi giro verso un armadio mangiato dai tarli. Qualcosa contenuto lì dentro è caduto e deve aver sbattuto sulle ante chiuse. Il mio sguardo ritrova la porta dello studio.
La cartomante si lascia scappare un risolino. «Qualcuno ha lasciato un pezzo della sua storia dentro di te, non è così? Ma tu lo hai già perso, non puoi farci niente. Ricordarlo soltanto non ti basta più, nonostante sia ancora lì. Tu lo vuoi stringere, lo vuoi ancora vicino».
Piega il mento in direzione del mio cuore.
Le mie mani si chiudono in un pugno sul tavolo. Lo sapevo, non dovevo venire, non dovevo tentare.
«Quanto vuole?» le domando per congedarmi e mi concentro sul peso del portafoglio nella tasca del soprabito per non insultarla.
«Fermati» mi frena. «Tu non hai bisogno di un consiglio, hai bisogno di questo».
Sento il rumore di un cassetto che viene tirato all'indietro, e la cartomante estrae da sotto il tavolo una scatolina chiusa da un nastro di un arancione così vivido che la luce viola non riesce a modificarlo.
«Prendila e consideralo un regalo».
«Un regalo?».
Lei fa di nuovo di sì con il capo e spinge la scatolina verso di me. La infilo in tasca e la ringrazio.
Le sue iridi sono grigie. Sì, decisamente grigie e lei è decisamente la vecchia più strana di Wigtown.
L'aria gelida e invernale mi investe non appena chiudo la porta dello studio con la sua maniglia a forma di zampa di leone. Scuoto la testa per eliminare ciò che è accaduto poco fa. La sera profuma di mare e di fumo abbrustolito. Ogni cosa sembra dormire, le auto ferme ai lati del marciapiede, le ombre immobili oltre le finestre dei negozi, la lama di luce solare imprigionata fra i bordi dei tetti spigolosi e le nubi blu scuro del cielo. L'indecisione sul gettare la scatolina mi stuzzica ogni volta che incrocio un cestino, mentre la mia mente si domanda se contenga un talismano malefico o sfortunato.
Recupero le chiavi della mia automobile. Mi siedo sul sedile ma non accendo il motore. Riprendo la scatolina; non è pesante e il nodo del nastro si è quasi sciolto.
La curiosità mi seduce e sollevo piano piano il coperchio di cartone, ma la delusione mi prende subito per mano: è vuota.
In che cosa speravo?
La scuoto, ma il vuoto è sempre l'unica risposta che mi mostra.
Rido. La cartomante mi ha preso in giro, o forse ho lasciato che lo facesse. Le sue parole mi tornano in mente.
Qualcuno ha lasciato un pezzo di storia dentro di te.
Chiudo gli occhi.
Lo hai perso, non puoi farci niente.
Le lacrime mi bagnano le guance.
Se n'è andato, non potrò mai modificare gli eventi.
Perché mi viene da piangere?
Perché le porte sono fatte per entrare e per uscire? Come riuscirò a liberarmi da questo dolore? Da questa paura?
La scatola scivola, rotola a fianco delle mie scarpe e disperde il suo vuoto ai miei piedi. Mi copro il viso, non voglio che qualcuno mi veda così, e strofino via le lacrime con le maniche. Chino la testa verso il volante. Il mio cuore si agita. Le mie mani sono calde nonostante i polpastrelli siano ancora arrossati dal gelo che c'è fuori.
Ripenso al bosco. Non si può riscrivere un finale già deciso da qualcun altro e se avessi aggiunto una mia frase non sarebbe stato diverso. Non riuscivo a capire...
Raccolgo la scatola e la guardo. La pulisco con la manica dalla polvere. Cos'è cambiato?
Prendo un post-it e inizio a scrivere.
C'era una volta una scatola vuota che aveva disperso il suo vuoto... Era vuota ma poteva essere riempita di altro vuoto. Ancora e ancora e anc...
L'inchiostro sembra terminato e non ho voglia di litigarci. Piego il foglio e lo deposito sul fondo della scatola. Sospiro, triste, preda della nostalgia. Alzo lo sguardo e noto una coda di pesce formata da neon luminosi, o forse è di una sirena, che sembra chiamarmi e corona l'insegna di un pub in lontananza.
Due giovani escono in quel momento. Una inizia a fumare. L'altra ha una lunga sciarpa arancione. Parlano ed io muoio dalla voglia di capire cosa dicono, ma sono così lontane. Forse ridono, sembrano felici. Non sentono il gelo invernale. Vorrei tanto ridere anch'io, lì, con loro. Le vedo rientrare nel pub e le mie dita sono di nuovo sul pulsante delle chiavi.
Lascio la scatola sul sedile e quando esco il vento sa ancora di mare e fumo, ma anche di marzapane e whisky. Il pub non sembra più così lontano. Dei libri mi osservano in silenzio da dietro una vetrina buia mentre avanzo verso le strisce pedonali.
Forse non siamo nient'altro che pezzi di storie che continuano a incastrarsi insieme. Forse non c'è bisogno di dimenticare, forse c'è soltanto bisogno di continuare a leggere.
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