Pepe 5

Stile di base

Questa è la storia di una ragazza francese di nome Vivienne. Una ragazza tranquilla e silenziosa, quasi come gli aspirapolvere Hoover; si distingueva dalla massa perché sotto l'ascella, là dove tutti i suoi connazionali trasportavano solitamente una baguette, lei teneva sempre un quaderno: un diario, più precisamente, che in questo modo era sempre pronto per appuntarvi sopra i piccoli fatti della sua giovane esistenza.

Viveva in una piccola e ridente cittadina: cos'avesse tanto da ridere, quella cittadina, non lo sappiamo. Le risate le si spensero sulla bocca presto, non appena Vivienne ebbe l'occasione di diventare una giovane donna. Una giovane casalinga un po' disturbata con l'hobby piuttosto impegnativo del serial killing.

L'origine del disturbo psichico alla base della sua fervida attività omicida era sicuramente da ricercare in alcuni traumi ricevuti in tenera età e nella sua eredità genetica. Il padre, infatti, era un invasato religioso pazzo come un cavallo, membro della setta eretico-tersicorea "Vérité, authenticité, casqué" che si proponeva di diffondere insegnamenti religiosi durante le gare di tango in tutta Francia e nel Canton Friburgo.

Oltre a venerare Astor Piazzolla come sommo profeta, la setta condannava qualsiasi tipo di bugia, menzogna, bufala o panzana, e il padre di Vivienne, dunque, aveva sempre punito con severità i figli anche per le bugie meno gravi, quelle che in un'altra famiglia sarebbero state risolte con un a-letto-senza-cena. Il pretesto di un mai (fino allora) avvenuto "funerale della nonna", usato a scuola da Vivienne come giustificazione per non aver fatto i compiti, era stato punito dal padre mediante l'uccisione della nonna stessa, "così, almeno, quello che hai detto prima adesso è vero". Altri fatti simili risultano nel fascicolo della perizia psichiatrica di Vivienne, nel processo.

Questi traumi non potevano che saltar fuori, prima o poi, sotto forma di disturbi psichici. Ad un certo punto la mente turbata ed esaurita di Vivienne iniziò a credere di essere stata presa di mira dal Demonio. Il Maligno, secondo lei, era entrato nella sua casa sotto forma di diario stregato regalatole dal marito per rimpiazzare il vecchio quaderno, ormai esaurito anch'esso anche se in un modo diverso.

Secondo Vivienne il Demonio voleva costringerla alla Menzogna, il male più orribile tra gli orribili mali di questo mondo, quello che rende gli uomini simili ad animali (che, notoriamente, raccontano balle da mattina a sera) e fa perdere loro il senso del ritmo quando ballano il tango.

Questo piano demoniaco si era palesato tramite il diario: infatti Vivienne sosteneva che proprio lì sopra continuassero ad apparire da sole, come per stregoneria, pagine e pagine scritte in una grafia simile alla propria, ma non identica; pagine che descrivevano raccapriccianti delitti non avvenuti. Invece di sbattersene, di trovare il buontempone che si divertiva a fare scherzi o di andare da uno psichiatra, come le persone sane di mente avrebbero fatto, o finanche invece di chiamare un esorcista, lei si convinse che era necessario sistemare la faccenda in altro modo: trasformando gli omicidi descritti nel diario in concreta realtà. Solo così la veridicità del suo diario sarebbe stata preservata e lei sarebbe stata senza macchia davanti a Dio, meritevole di danzare il tango nel Regno dei Cieli.

In questo modo uccise il marito, per primo; poi gran parte del parentado e parecchi abitanti della piccola ex-ridente cittadina. La dinamica degli omicidi rimase sempre la stessa, con piccole varianti, che Vivienne definì "geniali". L'insolito numero dei funerali insospettì la polizia che, dopo alcune indagini, giunse ad arrestarla.

Vivienne, la "killer grafomane", benché condannata all'ergastolo non restò molto a carico dei contribuenti francesi: privata del diario e di Wattpad morì di crepacuore, all'età di trentadue anni.

Stile imitato (Edgar Allan Poe)

Una sola cosa strana successe nella mia vita, molto ordinaria per il resto, ed è cosa che potrà apparire invenzione d'una mente troppo fervida o, addirittura, malata. Ma, signori, sono perfettamente lucida, e convincervi di questo e della contemporanea verità di quello che qui ascolterete, quello sì, sarebbe follia. Per questo neppure provo.

Forse un giorno un professore troverà spiegazioni a un fenomeno che, ad oggi, mi ha dato solo motivo di inquietudine e terrore.

Ero una bimbetta, un tempo: come tutte le fanciulle anch'io avevo un diario sul quale ogni giorno appuntavo narrazioni d'avvenimenti semplici che costituivano, allora, la mia giovane vita. Questo semplice giuoco era apprezzato anche dai miei genitori, che lo consideravano un salutare esercizio di scrittura. Solo una volta ebbero a lamentarsi del diario: quando vi scrissi un ricordo fasullo solo per darmi arie d'importanza. Mi punirono, quella volta, e dopo averle buscate dovetti promettere di non scriver più menzogne.

A parte quella noia, scrivere il diario mi aveva dato solo piacere, perciò la tenni, come cara abitudine, anche da adulta, fin dopo il matrimonio; appuntavo i miei pensieri giornalmente su quei libelli atti a raccogliere memorie.

Un giorno - un orribile giorno - mio marito mi donò uno di questi quaderni, e per alcune settimane così lo considerai: un semplice quaderno, dozzinale oltretutto. Nero, con un'eccentrica etichetta oblunga, le pagine rigate: quell'oggetto sembrava avere sembianze e funzione d'un comune diario e non d'un oggetto demoniaco quale poi scoprii essere. Non seppi mai dove Richard - mio marito - l'avesse acquistato, né chi fosse il venditore: Satana, forse; forse un suo emissario che aveva escogitato l'ennesima bizzarria tesa a seminare lo sconcerto nel mondo.

Accadde infatti che, una sera, essendomi recata a teatro con Richard, non ebbi, al ritorno, tempo per scriver alcunchè nel diario. Mi coricai; solo il mattino dopo rammentai di prenderlo per scrivervi due memorie della giornata precedente.

Fu con sommo orrore che notai nel libello, aprendolo, già una buona pagina scritta a data di quel giorno, in quella che pareva - ma non era, lo giuro!- la mia scrittura: solo un'imitazione, sicuramente opera del maligno, giacché il diario tutta notte era stato nello scrigno di cui io sola possedevo la chiave e, ripeto, io non v'avevo annotato nulla.

E cosa v'era scritto! Oh, Signore, parole immonde e folli sull'aver io ucciso Richard! Pensieri, fatti passare per miei, tanto osceni da accapponare la pelle! Rabbrividivo a ogni parola, dallo spavento, dal raccapriccio! Così, finita la lettura, in preda all'angoscia corsi verso Richard, per appurare se stesse dormendo o se, com'era scritto, giacesse inanimato, per opera presumibilmente dello stesso demonio autore della pagina. Ma era vivo, respirava!

Allora, dal cassetto del comodino, dov'era custodita per la salvaguardia della casa, presi la rivoltella, e sparai un colpo al suo cuore. Non potevo certo permettere menzogne sul mio diario! Per non essere bugiarda, diventavo omicida. Un tranello del Demonio, ero senza scelta: non avevo modo di esimermi dal peccare.

Altre pagine non scritte da me comparvero in seguito, sempre più cruente; tante altre scelleratezze dovetti compiere per porvi rimedio. Sentivo l'anima annerirsi, era orribile: così pensai che scrivere senza sosta sul diario avrebbe evitato che, in mia assenza, nuove orrende nefandezze vi si imprimessero da sole.

E scrissi, scrissi come una pazza; ma pazza non ero, altrimenti non avrei inventato quel sistema geniale.

Non fu certo colpa mia se gli eventi da annotare vennero presto a mancare, se dovetti compiere nuovi omicidi per avere di che scrivere.

Ora voi, giurati, sapete come andò. Non fu colpa mia, fu sempre quel diario. Oh, quel dannato, demoniaco diario!

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