Cardamomo 1
Seduto respiro tre minuti
Il libeccio soffia leggero portando i profumi d'Africa, sposta le leggere tende e accarezza il mio torpore.
Mi rigiro tra le calde lenzuola di una notte insonne cercando un punto più fresco per godere di un altro po' di sonno.
Gli occhi sono chiusi e il corpo è addormentato come la ragione, eppure sento la mia anima sussurrare.
È una voce che a tratti assume il tono dell'eco che inseguo oppure è lei ad inseguire me?
La voce racconta di eventi lontani nel tempo e progetta il futuro.
Sospiro.
Cambio posizione, mi metto supina, la luce che filtra dalle tende è diventata accecante, allora proteggo gli occhi con un braccio e l'altro lo adagio sul petto, piego le ginocchia e la sottoveste si arriccia sul ventre.
Penso: ancora cinque minuti.
Immagino un pensiero per ricominciare a sognare, ma ormai la ragione si è svegliata e non mi resta che abbandonare il letto.
Pigramente, scalza, vado in cucina per preparare il caffè, il fresco del pavimento di cotto mi provoca un piacevole brivido. Accendo la radio, Believer degli Imagine Dragon riempiono la cucina, mi fermo e ascolto, ci sono dei passaggi che mi emozionano:
I was broken from a young age
Taking my sulking to the masses
Writing my poems for the few
That look at me, took to me, shook to me, feeling me
Singing from heartache from the pain
Taking my message from the veins
Speaking my lesson from the brain
Seeing the beauty through the...
Pain!
You made me a, you made me a believer, believer
Pain!
You break me down and build me up, believer, believer
Pain!
Le parole mi colpiscono, sono una credente? Sinceramente non lo so. Non lo so più. Le mie idee e prospettive sono cambiate, semplicemente, ho cambiato strada...
La caffettiera borbotta e mi distrae dal filo dei miei pensieri. Verso il caffè nella tazzina e metto un cucchiaino di zucchero di canna per addolcirlo un po', ma senza fargli perdere l'aroma. Lo gusto. È un rito che mi scuote dal torpore del sonno e mi dà la spinta a cominciare la giornata.
Apro la porta finestra e il mare è poco lontano. Nei giorni scorsi c'è stata burrasca e vi è ancora la mareggiata. Dovrei andare a lavoro... appunto dovrei... guardo l'orologio manca ancora un'ora ... il pensiero corre veloce e già sono in camera che indosso il costume, un vestitino leggero e lego i capelli in una coda.
Uscendo afferro la borsa da mare e con passo deciso percorro la stradina verso la spiaggia.
Più mi avvicino, più il suo richiamo è prepotente: il canto del mare.
Le onde si infrangono sulla battigia, deflagrano al ritmo del mio cuore.
Tolgo il vestito tenendo gli occhi fissi sui colori delle onde che sono di un blu intenso e a tratti grigio - verde. Il vento porta l'odore della salsedine che si attacca alla pelle e diventa tutt'uno con il profumo di crema per il corpo al muschio bianco. Inspiro a pieni polmoni perché è un profumo che mi piace da impazzire e mi ricorda la mia infanzia. Infatti mi sovvengono le parole di mio padre: il mare è " grosso" , come usa dire, ma non devi aver paura, devi rispettarlo, è da sciocchi tuffarsi nelle sue acque quando è " agitato" perché anche il miglior nuotatore può affogare; le sue parole sembravano riferite ad una persona da amare e rispettare.
Convengo che oggi come allora il mio amore per il mare non è mutato. Sgusciavo appena si distraeva, sapevo che non mi avrebbe sgridato perché era consapevole che il suo richiamo era prepotente nel mio cuore. Allora mi disse che se non mi avesse potuta tenere lontana dal pericolo mi avrebbe insegnato come affrontarlo.
Mi fermo sulla riva, le onde mi accarezzano i piedi. L'acqua è fredda, ho un brivido e mi strofino le spalle con le mani, poi le immergo nell'acqua che sguscia tra le dita. Faccio il segno della croce.
Bene! Sono pronta a tuffarmi.
Valuto l'altezza dei cavalloni e il ritmo con cui arrivano sulla battigia, mi addentro ed eccolo arrivare, mi posiziono di fianco e avvolgo le braccia al busto. Deflagra su di me, l'impatto non è violento, ma faccio forza sul corpo per tenermi in equilibrio e sento il sangue fluire più velocemente nelle vene e quella strana emozione che seguo e mi insegue, adrenalina. Non devo distrarmi.
Ancora qualche passo e arriva un'altra onda, è tanto alta che mi bagna completamente. Sono abbastanza lontana dalla riva e posso tuffarmi senza il pericolo di sbattere sul fondo, calcolo quando arriva il prossimo cavallone. Mi tuffo e nuoto con forza per contrastare la forza opposta del mare e arrivare a largo dove le onde sono alte, ma non si infrangono.
Ecco un momento di pace. Rimango ferma e mi lascio cullare. Guardo il fondo, la sensazione di volare, di essere parte del vuoto; guardo il cielo, è vicino vicino. Mi sento serena.
Penso: in fondo non è la prima volta che ho un momento difficile e anche questa volta posso, lo devo superare.
Nuoto verso la riva. Mi fermo aspettando che le onde mi spingano in avanti, quando arrivano mi sollevano e nuoto sopra di loro. Ancora quella sensazione di adrenalina, un gioco che facevo da bambina.
Arriva l'onda ed ecco! Atterro in piedi sulla riva come una ballerina alla fine della sua performance.
Inaspettatamente mi arriva un cavallone alle spalle che mi colpisce, perdo l'equilibrio e cado, la forza dell'onda mi trascina in mare.
Mi capovolge.
Intorno a me il blu si confonde con il bianco , i capelli si attaccano alla faccia e li sposto freneticamente, vedo le mie mani e le mie gambe che si aggrovigliano, che cercano di tornare a galla. Il rumore del mare che si mischia al rumore dei miei convulsi movimenti. Sento il cuore in gola e il suo battito nelle orecchie, per la prima volta la paura mi assale. Sto affogando. Flash mi passano davanti agli occhi: ho da fare ancora tante cose, non può finire così... poi ripenso alle parole di mio padre, non devi farti prendere dal panico.
Mi fermo. Tutto intorno a me vortica follemente.
Mi chiudo in posizione fetale per poi aprirmi, vengo trasportata in su velocemente e mi aiuto con le mani e batto forte i piedi. La mia testa esce dall'acqua, respiro, l'acqua salata mi entra nel naso, ma non ci faccio caso perché devo nuotare e non mi fermo fino a che non sono sulla spiaggia.
Improvvisamente sento le forze venire meno, mi lascio andare sulla rena e prendo fiato, anche il mio cuore:- seduto respiro tre minuti, - sembra dirmi, poi mi chiede, - sei una credente?
Sento il sole che mi riscalda e i brividi di freddo e di paura scemano, respiro profondamente e sento gli ultimi sapori e odori della salsedine che mi circola dentro.
Pace.
In quei tre minuti il mio cuore ha avuto la sua risposta: non sono una credente, sono una viandante nell'universo in cerca della fede...
-Ti senti bene? - Mi chiede una voce profonda.
Apro gli occhi e mi acceca la luce del sole, copro con la mano gli occhi e apro le dita per guardare attraverso di loro l'uomo che è vicino a me e mi guarda incuriosito e un po' preoccupato.
-Sì, tutto bene. Grazie.
Penso che in fondo, molto in fondo la vita riesce sempre a sorprendermi, dieci minuti fa stavo affogando e ora intraprendono un nuovo viaggio.
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