Secondi approcci

                                                                                Tommaso

Cate chiuse la rivista e la poggiò sul comodino accanto al letto, guardandomi a braccia conserte.

"Dovevi trovarti una sostituta, visto che ti avevo dato buca?", mi chiese con tono leggermente piccato.

"Stavo andando solo, l'ho incontrata che camminava per strada e mi è venuta l'idea di chiederle di accompagnarmi...non ci ho visto nulla di male Cate"

"Perché non me lo hai detto? Adesso capisco perché eri alterato quella sera, quando ci siamo visti: per questo giornalista, questo Russo, ha avvicinato Emma durante la cena da Maria Boldrini e vi ha rovinato la serata?"

"Dove vuoi arrivare?", le chiesi accigliato.

"Dimmelo tu Tommaso! So che non stiamo insieme e che non mi chiederai mai di sposarti, ma non ti voglio neanche condividere con qualcun'altra! Quindi se ti interessa Emma dimmelo subito!"

"Stai correndo troppo Cate..."

"Corro? Davvero? Allora spiegami perché mi hai lasciata a controllare la cena a casa tua, dicendo di aver dimenticato di fare una cosa, e te ne sei andato a casa di Emma! Mi credi stupida Tommaso? Eri vestito proprio come in quella foto, con la tuta e la giacca di jeans!"

Non sapevo cosa dirle, ma di sicuro non potevo raccontarle cazzate. Era troppo intelligente e intuitiva per poter credere di riuscire ad infinocchiarla.

"Emma mi incuriosisce ,ma tra noi non c'è stato nulla!"

"E credi che non ci sarà mai nulla, oppure lasci una porta aperta Tommaso?"

"Non posso sapere cosa succederà in futuro Cate..."

"Per me questa è già una risposta!".

Prese la borsa e infilò la giacca, e senza salutarmi, uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle.

Emma

Pensai che forse Tommaso e Caterina potessero aver litigato, e provai a tornare da lui per vedere come stesse. Di Caterina nessuna traccia, e Tommaso si era alzato dal letto. Guardava fuori dalla finestra, dandomi le spalle. Era assorto nei suoi pensieri, e non si accorse di me mentre mi avvicinavo a lui. Provai ad alzare una mano: avrei voluto appoggiarla sulla sua spalla, per farlo voltare. Ma anche quel semplice gesto mi sembrava un passo troppo grande per me.

"Guarda che non mordo!", disse lui, voltandosi verso di me.

Abbassai la mano, imbarazzata.

"Ti ho visto dal riflesso della finestra", disse lui indicando il vetro alle sue spalle.

Mi soffermai a guardare il suo viso, cosa che non avevo mai fatto davvero: la fossetta sul mento, la barbetta incolta, i capelli senza gel, leggermente ondulati.

"Posso?" , chiese , indicando la mia faccia.

Si avvicinò ancora un po' e con il pollice esercitò una breve pressione sulla mia guancia, lasciando scorrere quel dito sulla mia pelle.

"Hai del rossetto...vuoi vedere che alla fine sei lesbica? Ecco perché ti irrigidisci quando ti tocco! Hai gusti diversi? Puoi dirlo, sono un tipo aperto!"

Scoppiai a ridere, ricordando i baci di sua sorella Giada.

"Mi hai scoperta! Ho una relazione con tua sorella!"

"Chiamo Russo e gli faccio scrivere un altro articolo?", mi disse Tommaso, sorridendo.

Gli diedi una leggera spinta ad una spalla.

"Che fai, tocchi?", chiese con aria sbalordita. "Posso chiederti un favore?", continuò.

Gli dissi di si e lo vidi avanzare verso il bagno. Prese una spugna e mi chiese di aiutarlo ,passandogliela dietro la schiena per rinfrescargli la pelle.

"Non mi toccheresti, sarebbe la spugna a farlo...", disse per convincermi, facendomi l'occhiolino.

Risposi un semplice 'Ok', oltretutto poco convinto, e lo seguii nel bagno. Si mise di fronte allo specchio, e cercò di slacciarsi il camice legato sul retro. Nel vederlo in difficoltà decisi di aiutarlo. . Presi quei lacci, subito dopo che lui ebbe allontanato le sue mani da quegli stessi. Bloccò il camice in vita, impedendogli di cadere a terra e restare così in mutande. Aprì l'acqua, regolando la temperatura. Chiuse il tappo e lasciò riempire per metà il lavandino. Lo affiancai e bagnai la spugna, strizzando l 'acqua in eccesso. Poi tornai dietro la sua schiena e la passai delicatamente sulla sua pelle. Tommaso mi fissava attraverso lo specchio. Bagnai di nuovo la spugna. Tommaso si voltò, dando le spalle allo specchio.

"Che vuoi fare?", gli chiesi.

Prese la mano in cui reggevo la spugna e se la avvicinò al petto. Guidò la mia mano sul suo corpo, mentre continuava a fissarmi. Guardavo alternativamente i suoi occhi e le nostre mani che scivolavano insieme su quella pelle percorsa da brividi.

"Signor De Curtis, devo medicarla!".

La voce di un'infermiera che entrava in camera ci riportò alla realtà. Liberai la mia mano dalla sua, gettai la spugna nel lavello e mi appiattai al muro. Tommaso fece una faccia scocciata e si mise un dito sulla bocca per suggerirmi di fare silenzio. Sorrise e io non potei non ricambiare. Prese un asciugamano e si tamponò la pelle bagnata, si rialzò il camice e raggiunse l'infermiera.

Tommaso

Mentre l'infermiera era intenta nella medicazione, vidi Emma sgattaiolare fuori dal bagno, con passo leggero, ed uscire dalla porta. Mi scappò un altro sorriso e l'infermiera mi guardò in modo strano. Prima di andarsene mi comunicò che la sera mi avrebbero passato la cena e mi sentii felice come non mai a quella notizia. Rimasto solo ripensai a Caterina: sapevo che avrei potuto comportarmi in modo diverso con lei, e mi sentii leggermente in colpa per come erano andate le cose. Per quanto non fossi innamorato di lei, le ero molto affezionato, le volevo bene. Lei e mia sorella avevano la stessa età, e anche essendo giovani avevano già una carriera avviata, merito soprattutto del loro carattere e della loro intraprendenza. Forse è proprio questo che non le faceva andare d'accordo: erano più simili di quanto pensassero. E forse era proprio per questo motivo che avevo messo gli occhi su di lei. Non era stata Caterina ad avvicinarsi a me per ottenere chissà cosa, ma esattamente l'opposto: mi era piaciuta sin dall'inizio, la desideravo e non glielo avevo mai nascosto. Presi il cellulare e le scrissi un semplice sms: ' mi dispiace...'. Non ottenni risposta, ma immaginai avesse bisogno di smaltire la rabbia. Per quanto riguarda me mi sentivo meglio. Chiamai Bruno per sincerarmi che la situazione nell'agenzia fosse sotto controllo e poi decisi di indossare un pigiama, togliendomi finalmente quello squallido camice, per andare a fare due passi. Senza che me ne accorgessi presi l'ascensore e salii di due piani. Ricordavo bene quale fosse la sua stanza e i miei piedi percorrevano quel tragitto senza quasi fossi io a comandarli. La porta era aperta: Emma era seduta sul letto, a gambe incrociate, intenta a guardare il piatto di pasta che stava quasi divorando. Lo stomaco mi brontolò a quella vista, e fui tentato di tornarmene velocemente nella mia stanza per non fiondarmi su quel cibo. Quando alzò lo sguardo e incrociò il mio, con la bocca piena, si bloccò dal masticare e spalancò gli occhi. Mi venne di nuovo da sorridere e decisi di entrare. Mi sedetti ai piedi del suo letto e lei inghiottì, potendo così liberare la bocca per parlare.

"Mmm...è imbarazzante essere spiate mentre si mangia..."

"Volevo andarmene...non puoi capire quanto ti stia invidiando in questo momento..."

"Hai parecchia fame,eh?"

"Già!ma pare che questa sera mi daranno finalmente qualcosa da mettere sotto i denti...com' è la pasta?", le chiesi, guardando famelico quel piatto.

"Buona...vuoi assaggiare una penna? Non credo possa farti così male, no?".

Incrociai le mani a mo' di preghiera e le appoggiai le mani sulle caviglia, tirandola un po' verso di me e appoggiando le sue gambe sulle mie. Inforchettò due penne del piatto e avvicinò la posata alla mia bocca. Addentai subito quella pasta e la masticai lentamente, chiudendo gli occhi e mugugnando quasi fossi in estasi. La vidi sorridere. Le chiesi di finire velocemente quel che ne restava nel piatto ,togliendo quella tentazione dalla mia vista.

"Ho pensato una cosa..."

"Anche io!", mi disse.

"Spara!", le dissi, lasciandole la possibilità di parlare per prima.

"Non credo che riuscirò a lavorare con Caterina, non dopo quello che è successo..."

"Ho pensato esattamente la stessa cosa!", le risposi.

"Quindi mi farai affiancare da qualcun altro?"

"Sì:da me!"

Spalancò gli occhi. Mi piaceva quando lo faceva, vedere quell'espressione spiazzata sul suo volto aveva uno strano effetto su di me.

"Tu...scrivi anche?", mi chiese, quasi in imbarazzo.

"Per quello non preoccuparti: mia sorella è una giornalista, e io ho la mia esperienza. E il lavoro più grande toccherà a te: ti piace scrivere?".

Mi guardò ancora più perplessa di prima, raddrizzando la schiena. Cercò di ritirare le gambe a sé, ma io le bloccai le caviglie con le mani per impedirle di farlo.

"A dire il vero non ci ho mai provato...il mio psicologo mi aveva proposto di farlo durante le prime sedute, ma io ero poco collaborativa..."

Mi incupii. Pensai a quanto dolore avesse dovuto sopportare, e senza volerlo, mi ritrovai ad accarezzarle le gambe.

"Ci stai prendendo gusto...", mi disse, indicando con lo sguardo le mie mani su di lei.

"Beh, anche tu sembri più rilassata...", le dissi.

Ci guardavamo senza parlare. Sarei rimasto così per ore a fissare quelle gote rosse, gli zigomi alti, il modo in cui si umidiva e mordeva il labbro inferiore della sua bocca rosea, e quegli occhi marroni , spauriti e profondi. Peccato che venni cacciato pochi minuti dopo da un infermiere, che mi chiese gentilmente di tornarmene nella mia stanza. Uscii e sperai che dal mio labiale capisse il mio messaggio: 'a dopo'.

Una volta in camera chiamai Giada. Le dissi che avevo deciso che ci saremmo occupati noi di scrivere il libro di Emma.

"La morfina ti ha dato alla testa Tommaso? Io non so come si scriva un libro!"

"Infatti l'editore sono io Giada, e tu sei pur sempre una giornalista, credo sappia usare le parole, no?!"

"Tu sei pazzo Tommaso, lasciatelo dire!"

"Accetti o no sorella?"

"Emma che dice?"

"Non mi pareva in disaccordo...sempre meglio che lavorare con Caterina! Mi hai chiesto tu di trovare una soluzione, e questa è l'unica che mi è venuta in mente Giada!"

"Posso rifletterci?!"

"Ti lascio qualche ora!", le risposi. 

Concluse la chiamata sbuffando e insultandomi, cosa che faceva sempre più spesso nell'ultimo periodo. Poi mi stesi e mi addormentai. Fui svegliato da un inserviente che mi consegnò la cena: semolino, patate bollite e una porzione di frutta frullata. Divorai tutto come se fosse la cena più buona mai consumata.

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