Quel piccolo dettaglio...
Emma
Entrai velocemente nell'appartamento, mi tolsi le scarpe davanti la porta e camminai scalza fino in cucina per prendermi un bicchiere d'acqua. Dopo averlo bevuto tutto d'un sorso iniziai a respirare. Ero nervosa. Le domande che mi aveva rivolto quel giornalista erano state davvero indelicate. O sarebbe stato meglio chiamarle allusioni, più che domande. "Hai deciso di prenderti un po' di popolarità affiancandoti a Tommaso De Curtis? Quanti soldi ti ha offerto per scrivere la tua storia?Ti ha già portata a letto o si accontenta ancora delle collaboratrici della sua agenzia?'. Non conoscevo Tommaso, ma il dubbio che il suo interesse non fosse solamente legato agli introiti del mio libro, ma anche ad averne un tornaconto personale finendo su qualche rivista di gossip, iniziò ad insinuarsi nella mia mente. Era stato carino e gentile con me quella sera, fin troppo. Mi aveva regalato dei vestiti per non farmi sentire a disagio. E se fosse stata tutta una tattica? Se ogni gesto avesse avuto come fine quello di sorprendermi per conquistare la mia fiducia? Salii in camera e mi guardai allo specchio: non ricordavo da quando non uscivo vestita in modo così elegante. Forse non era mai successo. Mi tolsi quel completo, restando in biancheria intima. Mi guardai allo specchio, così, nuda, senza filtri. Le mie cicatrici erano lì, a ricordarmi chi fossi, e che per quanto mi vestissi bene, io rimanevo sempre Emma Lisi, quella dell'incidente, quella che aveva perso un figlio, un compagno e con loro la speranza nel futuro. Tornai di sotto, verso le valigie che non avevo ancora disfatto. Aprii quella con i vestiti e presi il pigiama, che mi infilai velocemente. Poi aprii quella con 02 e le varie medicine. Presi una pasticca di calmante e la mandai giù con un altro sorso d'acqua. Tornai su e mi misi a letto, impiegandoci più del previsto ad addormentarmi.
Tommaso
Gettai le chiavi dell'auto sul divano, insieme alla giacca. Andai in cucina e presi dal freezer la bottiglia di champagne che avevo messo al fresco due sere prima per Caterina, e che non avevamo bevuto. Mi ero trattenuto dal bere per tutta la sera, visto che avrei dovuto guidare e non ci tenevo a mostrarmi alticcio quando in macchina con me non ero sola ma in compagnia di una donna, che mi conosceva davvero poco. La stappai e bevvi un sorso, senza usare il bicchiere. Ero nervoso e pensai che un po' di alcool mi avrebbe rilassato. Chiamai Maria, pensando che di sicuro era ancora intenta a salutare gli ultimi ritardatari. Difatti mi rispose dopo appena due squilli.
"Tommy, ma come mai sei fuggito? Che è successo?"
"Quella sottospecie di giornalista, come si chiama..."
"Ti riferisci a Gabriele Russo, quello che stava parlando con Emma?", controbatté lei.
"Esatto, Russo...ha di sicuro chiesto qualcosa di poco delicato ad Emma...è voluta andare via, e non mi è sembrato il caso di trattenerla".
"Oh, mi dispiace! Gabriele è ancora qui, cerco di capire cosa sia successo..."
"No, lascialo stare!"
"Tranquillo, so come far parlare le persone senza che si sentano sotto interrogatorio...ti richiamo ".
Riagganciò e io diedi un altro sorso al mio champagne. Mi ero sbottonato la camicia, tolto le scarpe e i calzini, quando sentii suonare alla porta. Guardai l'ora: era mezzanotte passata. Poteva essere solo una persona. Difatti quando aprii e mi ritrovai davanti Cate, non ne fui sorpreso.
"Il compleanno è finito, ho riaccompagnato i miei a casa e ho pensato di passare per farmi perdonare di averti dato buca...".
Non risposi, mi spostai e la feci entrare. Richiusi la porta, spingendola senza accompagnarla, e questa si serrò in modo più brusco del solito. Ripresi la mia bottiglia e bevvi di nuovo.
"La serata è andata male?", chiese Caterina, accorgendomi del mio pessimo umore.
"Un giornalista troppo invadente non è stato al suo posto...ti dispiace se non ne parliamo?"
Caterina mi si avvicinò, mi tolse la bottiglia dalle mani e bevve un sorso. Poi la posò sul bancone della cucina e iniziò a spogliarsi: la giacca, la sciarpa, la camicetta. Aveva una gonna che arrivava al ginocchio, ma con uno spacco vertiginoso sul lato destro.
"'Non sono venuta qui per parlare infatti..." , mi disse in modo sensuale, decisamente troppo vicino al mio orecchio.
Iniziò a baciarmi il collo, poi scese sul petto, e poi sempre più giù, fino a trovare la cintura dei miei pantaloni. La lasciai fare, mentre io mi allungai a riprendere la bottiglia per bere un altro sorso. L'alcool iniziava a fare effetto, sentivo la testa più leggera. Afferrai Cate per le spalle, prima che abbassasse anche i miei boxer, e la baciai, forse con troppa prepotenza. Poi la girai verso li bancone, facendola piegare in avanti. Le alzai la gonna; le accarezzai le gambe, arrivando al bordo delle calze autoreggenti nere che indossava. Poi le scoprii il sedere e le abbassai le mutandine. Mi era sempre piaciuto troppo quel fondoschiena, così presi a baciarlo e a morderlo. La sentii alzarsi per guardare, mentre inarcava un po' la schiena ansimando. Le abbassai la testa con una mano, mentre con l'altra presi ad accarezzarle il ventre, scendendo velocemente più giù, verso la sua intimità. La presi da dietro, senza preavviso. Quando si rialzò mi diede un altro bacio sulle labbra, delicatamente.
"Dormo qui?", mi disse, mentre si sistemava le mutande e la gonna, e riprendeva fiato.
"Meglio di no stasera: ho bisogno di farmi una doccia e riposarmi, ci vediamo domani in agenzia".
"Ok...allora a domani", disse un po' delusa.
Prese le sue cose e uscì, veloce come era entrata. Io mi scolai la bottiglia e mi buttai sul letto, senza neppure passare dal bagno. Sentii il cellulare squillare, ma non riuscii ad alzarmi per andare a rispondere.
Emma
Ebbi molta difficoltà a prendere sonno, dormii poco e in modo agitato. Venni svegliata dal campanello, e controvoglia scesi ad aprire.
"Ancora in pigiama? Ho portato i cornetti caldi, metti a fare il caffè che tra poco si esce! Ti porto in giro a vedere Milano!".
Giada entrò, pimpante e sorridente, mentre io cercavo ancora di fare mente locale su chi fossi e cosa ci facessi lì.
"Buongiorno anche a te Giada...pensa tu al caffè, io devo fare una doccia..." , le dissi.
Il gettò d'acqua caldo mi rigenerò. Sentivo il rumore della moka e l'odore del caffè anche da lì dentro. Per poi accorgermi, dopo essere uscita dal box doccia, che Giada mi aspettava sotto l'arco della porta con la tazzina fumante in mano. Quasi mi spaventai, mentre mi stringevo un asciugamano attorno al corpo grondante d'acqua .
"Hai mai sentito la frase ognuno hai suoi tempi Giada?" , dissi sorridendo.
In realtà pensai che una giornata in sua compagnia mi avrebbe fatto dimenticare la pessima serata precedente. Il fatto che lei non avesse accennato nulla mi fece immaginare che non si fosse sentita con suo fratello. In realtà non sapevo che rapporto avessero, se fossero dei confidenti o meno. Mi vestii e facemmo colazione. Presi le mie solite pasticche giornaliere, indossai giacca, sciarpa e anche un paio di occhiali da sole, che mi avrebbero tenuta più in incognito. La prima tappa fu il Duomo, simbolo della città. Se fossi andata sola avrei dovuto attendere una fila infinita per entrare, ma essere in compagnia di una giornalista ha i suoi vantaggi, e una di questi era passare avanti a tutti usando un semplice cartellino. E per di più non pagammo neanche il biglietto. Poi andammo alla Galleria Vittorio Emanuele. Lì Giada decise di fare un po' di shopping e mi fece anche un regalo : un cappello a tesa larga Louis Vuitton, nero. Disse che in questo modo nessuno mi avrebbe più riconosciuta, in realtà avrei attirato ancora di più l'attenzione, a mio avviso. Le costò tanto, forse troppo, ma non me la sentii di deluderla e di rifiutare il suo regalo. Non erano passati neanche due giorni e con il completo di Tommaso e il cappello di Giada avrei potuto tornare a Frosinone senza che nessuno mi riconoscesse. Poi andammo a mangiare una cosa, e Giada accettò che fossi io a pagare, facendo in modo che mi sdebitassi, almeno in piccola parte.
"Allora, che te ne pare dell'appartamento? Quando Tommy mi ha mandato le foto mi è piaciuto subito!"
"Mi piace, è piccolo ma ben distribuito...e adoro il soppalco su cui è stata ricavata la camera da letto!"
"Ieri sono stata super impegnata...tu che hai combinato?"
"Oh, ecco...Bruno mi è venuta a prendere in stazione, mi ha accompagnata a posare le valigie e poi è tornato a prendermi nel pomeriggio per portarmi in agenzia..."
"E la sera? Sei stata sola? Immagino fossi stanca dal viaggio..."
"In realtà l'idea era di riposare...ma sono uscita a fare una passeggiata e ho incontrato tuo fratello e mi ha chiesto di accompagnarlo ad una presentazione di un libro..."
"Ah già, Maria Boldrini vero? Anche io dovevo essere lì, ma non sono proprio riuscita a venire...immagino che poi siate andati anche a cena a casa sua: hai visto che villa pazzesca?"
"Già, davvero bella!"
Bevvi dell'acqua e distolsi lo sguardo. Le parole di quel giornalista mi tornarono in mente all'improvviso. Forse lei lo conosceva, magari potevo scoprire se fosse uno che sapeva il fatto suo o solamente un pallonaro. Giada si accorse del mio cambio d'umore: non le sfuggiva mai nulla.
"Che c'è, sputa il rospo! Tommaso ha combinato qualcosa? Devo andargli a tirare le orecchie?"
"C'era un giornalista...mi ha avvicinata a fine serata e non mi ha parlato bene di tuo fratello...".
Non sapevo come affrontare quel discorso. D'altronde Giada era pur sempre sua sorella, per quanto potessi fidarmi di lei, non ero nulla in confronto al legame che la legava al sangue del suo sangue.
"Lasciami indovinare: Gabriele Russo?"
Non ricordavo il suo nome, ma il suo cognome si. Annuii.
"Immagino ti abbia detto che mio fratello ti sta solo fruttando, che ti si porterà a letto eccetera eccetera. Vuoi un consiglio? lascialo stare, è un attaccabrighe. E poi mio fratello si porta già a letto una persona, e da quello che so, sta bene così. Non ha mai cambiato donne come fossero mutande. Non ha avuto tutte queste relazioni che gli accostano!".
Quindi c'era una donna nella vita di Tommaso. Non era difficile da credere, era un bell'uomo. Sorvolai l'allusione alle sue collaboratrici e cercai di non pensare più a quel giornalista. Poi Giada mi chiese di accompagnarla a casa di suo fratello. Aveva bisogno di alcuni documenti che lui le aveva preparato. Fu un sollievo non trovarlo. Il fatto che Giada avesse le chiavi di casa del fratello mi fece dedurre che tra i due ci fosse molta fiducia. Mentre lei andò nello studio a cercare quel fascicolo, mi disse di fare come fossi a casa mia. Camminai lentamente per quel salotto, grande quanto il mio appartamento, e poi presi la direzione della cucina. L'orologio a parete segnava le due. Il sole era ancora alto e illuminava l'ambiente, grazie ad una vetrata che si estendeva da un alto all'altro della stanza. Un luccichio per terra attirò la mia attenzione. Mi avvicinai e capii fosse un orecchino. Una piccola pietra verde incastonata nell'ora bianco. Probabilmente apparteneva alla famosa donna di Tommaso. Lo raccolsi da terra, e lo poggiai sull'isola della cucina. La voce di Giada che mi chiamava mi fece allontanare da lì. Diedi un'ultima occhiata all'ambiente ed uscimmo.
"Allora, quando iniziate la stesura del libro?", mi chiese Giada una volta in macchina.
"Lunedì...e a proposito di questo, avrei pensato di tornare a casa per il fine settimana . Tornerai a Milano lunedì prossimo. Non so quanto mi impegnerà nei prossimi mesi il lavoro, quindi..."
"Non mi devi nessuna spiegazione Emma, ti prenoto un posto sul treno per domani mattina, e uno per lunedì...ti accompagno io in stazione!"
Le sorrisi e l'abbracciai, una volta giunta sotto il mio appartamento.
"Grazie per oggi...è stata una bellissima giornata!"
Giada mi lanciò un bacio con la mano, mentre io chiudevo lo sportello. Avrei preso solo la valigia con 02 e i medicinali, insieme ovviamente alla mia borsa. I vestiti non mi servivano, ne avevo altri a casa. Tornai in camera . Non avevo avuto neanche il tempo di rifare il letto. Ma ormai erano le tre non era il caso di pensarci. Chiamai mia madre e le dissi che sarei tornata a casa per il fine settimana. Li avrei avvisati non appena fossi arrivata in stazione in modo che potessero venirmi a prendere. Guardai quel completo rosso, che avevo gettato sulla sedia accanto allo specchio. Lo sistemai meglio, non volevo si sgualcisse troppo. Poi mi stesi e mi addormentai.
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