Prese di coscienza
Emma
Tornai velocemente in camera e iniziai a mangiare. Avevo davvero fame. La sensazione del tocco delle dita di Tommaso sul mio corpo riaffiorò prepotentemente. Ero persa nei miei pensieri, quando lo squillo del cellulare mi riportò alla realtà, segnalandomi l'arrivo di un sms: era Giada che mi comunicava di aver convinto il suo parrucchiere ad aprire il negozio di domenica pomeriggio apposta per me. Mi scappò un sorriso e le risposi con un 'grandeeeee!', con tantissime e. Mi stesi sul letto, a contemplare il soffitto. Poi accesi la tv e iniziai a fare zapping, continuando a pensare a lui, fino a che non mi addormentai. La mattina venni svegliata dal suono del cellulare. Un altro sms di Giada, che mi comunicava che sarebbe passata a prendermi da lì a due ore. Preparai velocemente la poca roba che mi aveva portato e scesi al bar a fare colazione. Era molto presto, non c'era nessuno, cosa che non mi dispiacque affatto. Mangiai un cornetto e un cappuccino, pagai e andai a salutare Tommaso.
Ma quando arrivai in prossimità della sua stanza, capii delle voci che non fosse solo. Rimasi dietro lo stipite, ad origliare, e questa cosa non era da me. "che vuol dire che scriverai tu il libro?", "dai Caterina! Non posso farti lavorare con lei, non dopo quello che è successo!", "di' la verità, è lei che non vuole, vero? Che tu possa interessargli l'ho capito, e non mi sembra una cosa così impossibile, ma quello che non capisco è se lei interessi a te Tommaso! Potresti darmi delucidazioni su questa cosa? Non capisco come può una persona che conosci da poco più di una settimana avere così tanta influenza su di te!", "Caterina, per favore...tra me ed Emma non è successo nulla...stiamo solo cercando di trovare un po' di sintonia e complicità, che ci aiuti a fidarci l'uno dell'altra e che riesca a farla sbloccare affinché venga fuori un bel lavoro!" .
La conversazione si bloccò. Non ebbi bisogno di guardare per capire che probabilmente quei due si stavano abbracciando. Quindi chiedermi di lavargli la schiena, di mostrargli la mia cicatrice, il massaggio ai piedi, per Tommaso erano solo un modo per creare sintonia e complicità? Così da fare in modo che io riuscissi a raccontargli i miei pensieri più intimi, le mie paure, in modo che ne uscisse fuori un capolavoro di libro? Cominciò a salirmi il nervoso, che si trasformò però subito in adrenalina. Prima che potessi fare qualsiasi cosa i due ripresero a parlare: " Cate ho ancora il contratto di Emma qui...essendomi sentito male e non essendo più andato in agenzia è rimasto in ospedale. Me lo sono dimenticato a causa della storia dell'articolo e del nostro battibecco...puoi portarlo tu, adesso che vai al lavoro?", "certo, dallo pure a me!".
Si salutarono, io mi nascosi nei bagni e aspettai che Caterina uscisse. Le diedi qualche metro di vantaggio e poi la seguii, entrando in ascensore con lei. si spaventò quando mi si trovò di fronte.
"Emma, che spavento!"
"Ciao Caterina, come va?sei venuta a trovare Tommaso?"
"Già,credo che dovrà restare in ospedale ancora qualche giorno!Mi ha detto che non sarò più io ad occuparmi del tuo libro..."
"Dai Caterina, questa farsa non regge! Non fare la dispiaciuta!"
"Emma, non è una farsa! È il mio lavoro, e mi dispiace che mi sia stato tolto!"
"Non preoccuparti: questo lavoro non si farà!"
"Che stai dicendo Emma?"
Approfittai dell'arrivo al piano terra, della gente che entrò nell'ascensore, e le sfilai la borsa facendomi largo e camminando svelta per qualche metro, il tempo di aprirla ed estrarre quel contratto. Le rilanciai la borsa contro e strappai quei fogli più volte, gettandoli per aria.
"Che cazzo sta succedendo qui?"
Ci voltammo entrambe verso quella voce. Giada ci guardava con espressione esterrefatta sul volto .
"Questa è pazza! Come cazzo facevi a sapere del contratto nella mia borsa? Hai origliato la conversazione tra me e Tommaso?", gridò Caterina, facendo voltare più di una persona.
Ripresi la strada degli ascensori, con Giada che mi seguiva. Lasciammo Caterina ad urlare da sola, ad inveirmi contro. Probabilmente sarebbe salita di nuovo da Tommaso, per sfogarsi. Giada entrò in ascensore con me ,mi prese per un braccio e mi chiese a bassa voce di spiegargli cosa fosse successo. Le dissi di chiedere a suo fratello, io non avevo nulla da dire. Tornai nella mia stanza, presi la mia roba ed andai a firmare il foglio di dimissioni.
"Ok senti, facciamo così: aspettami giù, prendi un po' d'aria...io vado a scambiare due chiacchiere con quel coglione di mio fratello e ti raggiungo!".
Non le risposi, ma lei lo prese come un consenso. C'era un bel sole, anche se Novembre era ormai alle porte. Mi sedetti su una panchina, cercando di scaricare ancora l'adrenalina in circolo. Poi mi sentii chiamare, ed era una voce non del tutto sconosciuta.
"Emma? Che piacere vederti! Sei venuta a trovare anche tu Tommaso?"
Maria Boldrini, in persona. Mi alzai e le tesi la mano, ma lei mi tirò e mi abbracciò. Cominciavo a sospettare di chi affermava della freddezza di quelli del nord: ero molto meno calorosa io, che vivevo in centro Italia.
"Veramente sono stata ricoverata anche io per qualche giorno,un piccolo problema con lo stress!Mi hanno dimessa oggi..."
"Oh, cara, mi dispiace! Il lavoro al libro si è rivelato troppo pesante?"
Fu lì che ci pensai. Maria era anch'essa un'editrice no? Se me la giocavo bene quella risposta, potevo ottenere la mia rivincita.
"A dire il vero non è mai iniziato il lavoro al mio libro! Sarebbe dovuto iniziare domani, ma ho deciso di strappare il contratto e di non farne più nulla!"
"Non mi dire che Tommaso ha combinato qualche casino!"'
Alzai le spalle e non le risposi, e lei sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi.
"Me ne tornerò a casa, alla mia vita di prima..."
"Hai un lavoro nel tuo paese?"
"No...cercherò di trovare qualcosa!", dissi con aria mesta.
"Ascolta, io adesso vado a tirare le orecchie a Tommaso, però ti lascio il mio biglietto da visita. Sto cercando una segretaria...se ti interessa rimanere qui, io posso offrirti un'occupazione!"
Le feci un gran sorriso e , stranamente, presa dalla grande contentezza, la abbracciai, dicendole che l'avrei chiamata di sicuro. Mi risedetti sulla panchina, nella mia solita posizione a gambe incrociate, e cercai di immaginarmi la discussione che sarebbe avvenuta di lì a poco tra Tommaso e tre donne molto adirate con lui. Sorrisi, stringendo quel biglietto tra le mani.
Giada
"Che cazzo hai combinato?", gli dissi, senza neppure salutarlo.
"A che ti riferisci?", rispose dubbioso.
"Ho trovato Emma al piano terra che strappava il contratto del libro, e Caterina che le gridava contro che fosse pazza e che avesse origliato una vostra conversazione!"
Vidi mio fratello sbiancare, e il suo pallore peggiorò nel momento in cui nella stanza entrarono Caterina, e qualche secondo dopo Maria Boldrini.
"Quella è pazza! Guarda questo contratto, non vale più nulla, mi ha preso la borsa e l'ha tirato fuori e fatto a pezzi!", disse Caterina con in mano quei pezzi di carta.
"Tommaso, ma si può sapere perché devi continuamente complicarti la vita? Che le hai combinato a quella povera ragazza? Sappi che le ho offerto un lavoro!"
Ci voltammo a guardarla.
"Dov è?", disse Tommaso guardandomi.
"Le ho detto di aspettarmi di sotto..."
Lo vidi alzarsi, mettersi le ciabatte e prendere la giacca di jeans dalla sacca che gli avevo preparato qualche giorno prima. Uscì dalla stanza, lasciandoci lì a domandarci che diavolo gli passasse per la testa. Caterina fece per seguirlo, ma la bloccai.
"Lasciami Giada! Io devo sapere che cosa è successo tra quei due!".
Non riuscii a tenerla. Restai con Maria sotto l'arco della porta e ci guardammo timorose. Non riuscimmo a resistere e scendemmo anche noi.
Tommaso
Uscii dall' ascensore e velocemente, tenendomi una mano sul fianco destro dove i punti continuavano a tirare, imboccai l'uscita. Mi guardai per qualche secondo attorno, e scorsi Emma seduta su una panchina, che si rigirava qualcosa tra le mani. Mi avvicinai a lei, ma quando si accorse della mia presenza si alzò e mi guardò con aria di sfida.
"Ti hanno dimesso?"
"No! Sono sceso per parlare con te..."
"E di cosa dobbiamo parlare Tommaso? Ho sentito abbastanza!", disse con faccia seria.
Fece per andarsene, io le presi un braccio per trattenerla, ma lei si divincolò liberandosi dalla mia presa.
"Sono stanca di uomini come te!"
"E che tipo di uomo sarei?"
"Uno che vuole tenere i piedi in due scarpe, Tommaso! E lucida di volta in volta la scarpa che indossa, senza calzarle mai insieme! Ti è chiara la metafora?"
Non sapevo cosa rispondere. Non potevo darle torto. Con lei avevo tentato approcci fisici all'oscuro di Caterina. E non mi ero pentito di averlo fatto. La guardai con sguardo mesto, quando la voce di Cate che mi chiamava mi fece voltare di scatto.
"Adesso voi mi dite che succede!", disse avvicinandosi a noi e guardandoci.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo con le spalle al muro e non sapevo come uscirne. Non capivo cosa potesse attrarmi di Emma, e non sapevo di preciso cosa provavo per Caterina. L'unica cosa che sapevo, è che mi sarebbe pesato perdere una di loro. Fu Emma a parlare.
"Nulla Caterina, assolutamente nulla! Non potrebbe mai esserci nulla tra me e Tommaso, se è questo che ti preoccupa! Ho soltanto capito che non ho bisogno di tutto questo stress : scrivere un libro e stare vicino ad un editore così famoso potrebbe solo portarmi problemi, come è già successo. E io voglio tranquillità nella mia vita!".
Vidi raggiungerci Giada e Maria, a passo spedito. Emma si avvicinò a mia sorella e le chiese di andare, seguita da una Maria accigliata. Io rimasi con Caterina, non totalmente soddisfatta di quella risposta di Emma. Ma credo preferì accontentarsi in quel momento, forse impietosita dall'espressione sofferente del mio volto.
"Dai, appoggiati, ti accompagno in camera, devi riposarti!", mi disse premurosa.
Posai un braccio sulle sue spalle e mi lasciai condurre nella mia stanza, a capo chino. Mi stesi e chiusi gli occhi, mentre Caterina restò in piedi a fissarmi. Sentivo il suo sguardo su di me e avevo paura di aprire gli occhi, di guardarla e leggere sul suo volto il rimprovero. Ma lo feci, la guardai senza dire niente, e attesi che fosse lei a parlare.
"Io voglio starti vicino Tommaso, lo sai...ma non sono scema, e non mi piace condividere le mie cose...persone comprese! Sono stata chiara?"
"Chiarissima..." ,le risposi
"Non fare più errori Tommaso, non ti perdonerò di nuovo!"
"Non succederà più...".
Si avvicinò a me e mi diede un bacio sulla fronte, poi prese la sua giacca e la sua borsa e se ne andò. Io rimasi lì, nel letto, a fissare il soffitto e ripetendomi nella testa la risposta che avevo dato pochi minuti prima a Caterina: ' non succederà più...'. Ero convinto di questo, che non sarebbe più successo nulla che potesse essere frainteso: Emma non lo avrebbe più permesso.
Emma
"Ti prego Emma, dimmi cos'ha combinato mio fratello!".
Esordì così Giada, mentre guidava per riaccompagnarmi a casa. Avevo voglia di farmi una lunga doccia, mettermi una comoda tuta e mangiare schifezze sul divano guardando un film in tv.
"Non voglio mettermi tra di voi e rovinare il vostro rapporto Giada. Posso assicurarti che comunque non è successo nulla di irreparabile"
"Perché hai strappato il contratto? Questo almeno puoi dirmelo?"
"Ho sentito tuo fratello parlare con Caterina, cosa che per buon senso non avrei dovuto fare...ma l'ho fatto! E ho capito che Tommaso teneva talmente tanto a quel libro da volermi portare completamente dalla sua parte...e sottolineo il completamente !"
"Vuoi che disdica l'appuntamento...?"
"NO!".
Non la lasciai finire che gridai quel no, forse in modo troppo forte.
"Tommaso non ha cambiato i miei piani! Io ho bisogno di cambiare vita Giada...e per la prima volta mi sento positiva! Ah, a proposito: Maria Boldrini mi ha offerto un lavoro come segretaria!".
Giada quasi inchiodò, e per fortuna eravamo arrivate sotto al mio appartamento. Le chiesi se volesse salire, ma mi disse di avere delle cose da fare. Mi diede appuntamento per il pomeriggio, quando mi avrebbe accompagnata dal suo parrucchiere. Salii in casa, mi lavai, mi spalmai di crema, divorai un pacchetto di patatine, uno di caramelle e poi mi preparai e aspettai Giada. Più che un parrucchiere quello era un centro di bellezza. Un ragazzo sulla trentina mi accompagnò alla mia seduta, mi mise una mantella sulle spalle e mi chiese cosa volessi farne dei miei capelli.
"Fanne quello che vuoi! Voglio fare felice un parrucchiere, lasciargli completamente campo libero senza chiedere di togliere due centimetri come tutte e ritrovarmi con i capelli più corti di venti centimetri!".
Mi fece un sorriso e l'occhiolino, e accompagnò il tutto dicendomi: ' uscirai di qui come nuova!'. Era esattamente quello che volevo, ma non dissi nulla, mi limitai ad annuire. Il mio 'non taglio ' si trasformò in un bob lungo, il solito colore rame venne ravvivato da riflessi più chiari e la fonatura liscia completò il tutto. Mi piaceva quel nuovo look, anche a Giada, che saltellò vicino a Fabio ( questo era il nome del parrucchiere) e se lo abbracciò. Uscite da lì (quasi pentendomi di aver insistito per pagare il conto), andammo a cena, vista l'ora. Giada mi portò in un ristorantino in cui lei spesso si fermava a mangiare e mi fece assaggiare un po' delle specialità di quello chef stellato, a suo dire. Poi mi riaccompagnò e io, una volta entrata, mi catapultai sul soppalco e mi gettai sul letto, addormentandomi di botto. Il giorno dopo andammo a fare shopping. Anche se era lunedì, Giada si era presa un giorno di riposo. Pensai che fosse per non lasciarmi sola, o perché si sentiva in colpa per il comportamento di suo fratello. Non avevo più pensato a Tommaso dal giorno prima, e mi concentrai sullo shopping che di lì a poco avrei fatto, pur di continuare ad allontanare il suo pensiero da me. Tornammo in un luogo a me familiare: l'atelier di Olivia. Avrei preferito un classico centro commerciale in cui poter approfittare di una scelta diversa e soprattutto di prezzi più convenienti, ma se avessi davvero iniziato a lavorare nell'azienda di Maria Boldrini forse degli abiti di buona marca sarebbero stati più adatti. Quando Olivia mi si trovò davanti si complimentò per il mio nuovo look.
"Stai davvero bene Emma! E tu nipote, come stai?"
"Bene zia, ma ho bisogno di capi ad hoc per la prossima segretaria di Maria Boldrini!"
Diedi una pacca sulla spalla a Giada, dicendole che non c'era ancora nulla di sicuro e che non serviva spargere la voce. Nel negozio c'era un po' di via vai: l'ultima, o meglio la prima, volta che ci ero stata era chiuso al pubblico e mi era stata fatta quella gentilezza per intercessione di Tommaso. Inevitabilmente il pensiero tornò di nuovo a lui. Giada dovette notare il mio sguardo incupito e la poca attenzione che dedicavo alle scelta degli abiti, tanto che prese pantaloni e maglie alla rinfusa gettandomeli tra le braccia e spingendomi in un camerino, obbligandomi a cambiarmi e a sfilarle davanti. Dopo un'ora avevo un cambio per ogni giorno della settimana , e mi assalì il pensiero del conto: come avrei pagato? Avevo fatto dei conti a mente e il saldo era davvero salato.
"Giada, non credi che siano troppi tutti questi vestiti?", azzardai.
"Tranquilla, ti faccio un prestito! Mi ridarai tutto al primo stipendio!", mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
Uscimmo dall'atelier e andammo a pranzo. Dopo un bel piatto di pasta e una cesar salad, il cellulare di Giada prese a squillare. La vidi per ben due volte chiudere la chiamata senza rispondere e sbuffando, oltretutto.
"Rispondigli,potrebbe aver bisogno di qualcosa!", le dissi.
"Ma che vista hai?"
"Non ho visto, ma posso immaginare sia lui, visto che non rispondi e sei in mia compagnia!"
"Perspicace Lisi! Ma non credi che potrei essere anche io arrabbiata con lui?"
La guardai alzando un sopracciglio, in segno di dubbio. La terza volta che le squillò il cellulare decise di rispondere: ' che vuoi?...e non può venire Caterina?...io adesso sono impegnata...non posso muovermi, come devo dirtelo?...che palle Tommaso! ok, vedo che posso fare!'.
"Che succede?", le chiesi.
"Lo hanno dimesso! Per me è stato lui a voler uscire! Comunque devo andare a prenderlo..."
"Vai, tanto noi abbiamo fatto tutto!"
"Avrei voluto farti compagnia tutto il giorno..."
"Stai tranquilla, starò bene! E poi ti ricordo che io mi stanco facilmente...", le dissi con un sorriso.
"Vuoi che ti riporti prima a casa?"
Pensai che l'ospedale era a pochi minuti dal ristorante in cui ci trovavamo, mentre per tornare al mio appartamento avrei dovuto obbligare Giada a tornare indietro.
"Posso farcela", le dissi.
Ci mettemmo in macchina e partimmo: Giada, io e la mia ansia.
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