'Ogni ansia si stanca...e se ne va'

Tommaso

Mi guardava con quegli occhi grandi e spauriti e provai per lei una profonda tenerezza. Aveva un estremo bisogno di sicurezze, quelle che io non avevo mai avuto necessità di dare a nessuna delle mie ex, e che invece Emma riusciva a tirarmi fuori senza sforzo.

"Sono felice anche io Emma, tanto felice che potrei restare chiuso in questo casa per i prossimi giorni, settimane, mesi. Se solo non avessi una vita e un lavoro a Milano". Le accarezzai il viso e le passai una ciocca di capelli dietro l'orecchio, quando lo squillo del campanello la fece alzare di scatto per dirigersi al piano di sotto.

"Mettiti dei pantaloni! Non penserai di aprire la porta solo con la mia camicia addosso e senza mutande, vero?" le dissi raddrizzandomi sul letto.

"Mi piace la tua gelosia!", mi rispose tornando verso di me.

Si sporse e credetti volesse baciarmi, invece stava semplicemente tirando fuori il pigiama da sotto il cuscino per infilarselo il più velocemente possibile. La seguii dopo essermi messo qualcosa addosso anche io, e la trovai a tirare fuori le varie vaschette di cibo posizionandole sul tavolo della cucina. Mangiammo tutto, scherzando e imboccandoci a vicenda. Poi Emma accese la tv su un canale musicale e, nel mentre che risistemavamo la tavola, il ritornello di una canzone la fece imbambolare davanti allo schermo. Mi avvicinai a lei e le presi la mano, e lei mi fece cenno di ascoltare, appoggiando la testa sulla mia spalla e ripetendomi all'orecchio alcuni versi: 《sicuro, sicuro, sicuro, sicuro è il mio amore, come sicuro, sicuro, sicuro è il posto dove voglio stare con te, lì dove vorrei morire...stammi più vicino, stringimi più forte, solo per stanotte, inganniamo la sorte! Con te ogni ansia si stanca, si annoia di combattere e se ne va!...inganniamo il destino! La felicità, credo che abbia a che fare con te

"Sembra che faccia al caso mio, non trovi?" mi disse cercando il mio sguardo.

Le sorrisi. Era vero, sembrava che quella canzone fosse stata scritta proprio per lei. Le diedi un delicato bacio sulle labbra e la strinsi forte a me, fin quando lo squillo del mio cellulare ci disturbò. Era Giada. Non la vedevo né sentivo dal giorno prima, ero uscito dall'ufficio senza dirle nulla.

"Tommaso ma dove sei? È da ieri che sei sparito!" mi gridò nell'orecchio.

"A Frosinone...con Emma!"

Un altro grido di gioia mi quasi perforò i timpani. Mi chiese di mettere il vivavoce avendo delle novità da riferire ad entrambi.

"Allora ragazzi, siccome credo che in questi due giorni ve la siate spassata senza pensare minimamente a me, vi volevo comunicare che io e Bruno abbiamo deciso di iniziare a frequentarci!!"

Emma mi guardò sbigottita e le feci cenno che le avrei spiegato dopo. Giada continuò il racconto infarcendolo di particolari che a Emma sembravano interessare, ma a me decisamente no. Prospettandomi una lunga conversazione tra donne, le lasciai parlare e io mi andai a fare una doccia. Quando tornai in salotto la voce squillante di Giada continuava imperterrita a parlare in vivavoce.

"...è tornato mio fratello o si sta ancora lavando?" chiese.

"Sì, è qui..." le rispose Emma.

"Tom ascoltami, vedi di non farmi diventare zia così giovane, eh!"

Calò il silenzio.

"Ragazzi ci siete? Pronto? Sto scherzando ovviamente, non ve la siete presa vero?" continuò Giada.

Notai il cambio di colorito di Emma e mi affrettai a chiudere la chiamata, dicendole che avevamo visite, una bugia a cui non credetti neanche io. Mi sedetti vicino a lei sul divano e le accarezzai una gamba.

"Non avrei dovuto rispondere al telefono..."

"Giada ha ragione Tommaso! Stiamo giocando con il fuoco! Non siamo due bambini, siamo grandi, sappiamo bene a cosa andiamo incontro!"

"Emma..."

"No Tommaso, dobbiamo stare attenti, sta succedendo tutto troppo in fretta!"

"Hai paura?"

"Sì Tommaso, tanta! Giada mi ha fatto fare i conti con la realtà e sono terrorizzata!"

"Beh, io no!"

"Tommaso: avevi una relazione aperta fino a due settimane fa con un'altra donna , e adesso vuoi farmi credere che saresti pronto a diventare padre?"

"No, forse non lo sarei..."

"Ecco appunto!"

"Ma chi è mai pronto a fare una cosa per la prima volta? Rispondimi Emma: eri pronta a cadere dalla bici la prima volta che ci sei salita sopra? Eri pronta a tossire dopo il primo tiro di sigaretta? Eri pronta ad accettare il rifiuto di un ragazzo che ti piaceva e non ti voleva? Eri pronta a scoprire il tradimento di Marco?"

"NO TOMMASO, NO! NON ERO NEANCHE PRONTA A PERDERE UN POLMONE , O MIO FIGLIO LO STESSO GIORNO IN CUI AVEVO SCOPERTO DI ESSERE INCINTA!"

Aveva gridato e si era portata le mani sul volto, piangendo e accasciandosi a terra. La raggiunsi e mi inginocchiai davanti a lei.

Emma

Mi sentivo priva di forze. Era come se una voragine mi si fosse aperta nello stomaco, un vuoto che conoscevo bene e che era bastata una semplice battuta di Giada per farmelo riprovare. Tommaso mi aveva raggiunto: mi accarezzava le gambe e le braccia, mentre io me ne stavo rannicchiata su me stessa.

"Io non credo di aver forzato nulla Emma! Stiamo solo facendo quello che due persone che si amano fanno...mi ami no?"

"Sì Tommaso, ti amo, ma...", mi disse con la faccia rigata dalle lacrime e gli occhi rossi.

"Ti fidi di me?"

"Mi fido..." mi disse asciugandosi il volto.

"Io non voglio forzarti a fare nulla: se vuoi che stiamo attenti, staremo più attenti! Ma sappi che qualunque cosa succeda io starò al tuo fianco e mi prenderò cura di te! E se dovessi restare incinta mi prenderò cura anche di nostro figlio, cercando di diventare un uomo migliore!"

Mi scappò un sorriso. Non riuscivo ad essere arrabbiata con lui: bastava che aprisse bocca per tranquillizzarmi. Mi lasciai baciare. Poi gli dissi di aver bisogno di una doccia e lui rimase in salotto a fare zapping di fronte alla tv. Quando tornai lo trovai addormentato. Andai in camera e presi una coperta, poi tornai in salotto e mi stesi al suo fianco. Lo abbracciai e lui ricambiò, senza svegliarsi del tutto. Coprii entrambi e mi addormentai all'istante. La vibrazione del cellulare mi svegliò che era ormai mattina. L'orologio segnava le otto e trenta e una serie di chiamate perse e messaggi mi ricordarono che data fosse: era il 22 Novembre, il giorno del mio compleanno. Lasciai Tommaso sul divano, che dormiva ancora, e mi accinsi a rispondere con un semplice grazie a tutti gli sms ricevuti da parenti e conoscenti. Misi a fare il caffè ed andai in camera a chiamare mia madre: dopo avermi fatto anche lei i suoi auguri mi chiese a che ora pensavo di arrivare a Roma. Non ci avevo proprio pensato, ma dopo la conclusione della serata precedente pensai che avrei dovuto premiare Tommaso per la sua pazienza davanti al mio sfogo, che per quanto potesse essere un uomo comprensivo, non era di certo costretto a sopportare tutte le mie ansie e le mie paure. Mi affrettai a rispondere che saremmo arrivati tardo pomeriggio, di sicuro prima di cena. Bevvi il caffè e mangiai dei biscotti, mentre Tommaso continuava a dormire. Ne approfittai per cambiare il letto e fare qualche pulizia per casa. Quando tornai al piano di sotto trovai finalmente Tommaso sveglio, che beveva il suo caffè. Il mio cellulare continuava a vibrare e io risultavo abbastanza distratta.

"Beh? Che modo è di dare il buongiorno?" mi fece Tommaso.

"Oh, scusa, sto rispondendo a parenti vari...", gli dissi dandogli un bacio.

"Come mai? Problemi?"

"Nessun problema, è solo il mio compleanno..."

Tommaso mi venne vicino e mi issò tra le sue braccia.

"Auguri amore mio!" mi disse prima di baciarmi di nuovo.

"Scusa per lo sfogo di ieri...posso farmi perdonare?"

"Non sentirti in colpa..."

"Dai, davvero! Voglio farti vedere un bel posto!'

"Ok...ma pensi che potremmo fermarci in un bar per prendere un cornetto? questi biscotti all'avena non sono abbastanza commestibili!" disse indicando la confezione da cui avevo stuzzicato prima.

Gli rivolsi in sorriso e gli diedi un bacio, ci preparammo e uscimmo. Caricai la macchina con tutto quello che i miei genitori mi avevano chiesto e guidai verso Isola del Liri: volevo mostrare a Tommaso la cascata. Una volta arrivati e scesi dalla macchina, mi prese di nuovo la mano. Ci avvicinammo al parapetto e ammirammo la forza dell'acqua, aumentata nei giorni precedenti a causa delle abbondanti piogge. Appoggiai la testa sulla sua spalla, e lui mi cinse con un braccio.

 Sarei rimasta in quella posizione per il resto della giornata, ma sapevamo entrambi che il tempo a nostra disposizione era quasi terminato. Difatti Tommaso, precedendomi, mi disse che era meglio tornare indietro: doveva riprendere la sua macchina e seguirmi con quella.

"Dopo l'operazione di tuo padre domani, devo ripartire per Milano...ho delle riunioni a cui non posso rinunciare"

Acconsentii mestamente e ripartimmo alla volta di Frosinone. Preparai della pasta con del sugo pronto che mia madre aveva riposto in freezer e partimmo per Roma. Pensarlo dietro di me, che mi seguiva con la macchina, e non poterlo avere nell'abitacolo a farmi compagnia, mi rese triste. Come anche il fatto che l'indomani sarebbe tornato a Milano, lasciandomi sola. Quando arrivammo a Roma, i miei zii e cugini vari rimasero interdetti di fronte alla presenza di Tommaso: mia madre mi disse di averli avvisati che non sarei arrivata sola, ma nessuno si aspettava un uomo di tale stazza e bellezza. Neppure mia madre . Ma fu soprattutto Cristina, la mia cugina più piccola, una ventenne dagli ormoni in subbuglio, a rimanerne affascinata, continuando a fissarlo per tutto il tempo.

"Cri dacci un taglio!" le dissi avvicinandomi a lei.

"Che c'è, sei gelosa?" mi rispose lei.

"Il tuo atteggiamento è imbarazzante!" le dissi in modo serio.

"Per te o per lui? Mi pare fin troppo tranquillo, sarà abituato ad essere ammirato! Mi spieghi dove cazzo lo hai trovato!?" mi chiese curiosa.

"A Milano..."

"Devo trasferirmi...devo andare a studiare fuori Roma, basta, ho deciso! Vedi di non fartelo scappare..." disse puntandomi il dito contro, come fosse una finta minaccia.

"Perché altrimenti che fai? Ci provi tu?" le chiesi perplessa.

"Puoi scommetterci Emma!" mi rispose, ritrovandosi poi a far confidenza con il divano fronteggiando il solletico ai fianchi, che lei non sopportava minimamente.

Tommaso mi guardava di tanto in tanto, per cercare sostegno o semplicemente per farmi un sorriso. I miei parenti lo avevano riempito di domande e lui cercava di soddisfare tutti. Mio padre uscì dalla camera in quel momento: stava riposando ma le chiacchiere lo avevano svegliato. Mi gettai tra le sue braccia e gli diedi un grosso bacio sulla guancia, prima che il suo sguardo si fermasse su Tommaso.

"Piacere di conoscerla...signor..." fece Tommaso rivolto a mio padre, allungando la mano.

"Non gli hai neanche detto il mio nome, Emma? Massimo, dammi del tu...tu devi essere Tommaso,vero?" chiese mio padre, ricambiando la stretta.

"In persona!" rispose lui.

"E che persona! Tanta, tanta roba!" aggiunse Cristina, senza che nessuno la interpellasse, facendo finta di sventolarsi con la mano.

Scoppiò una risata generale. Rise anche mio padre, il che, considerando l'operazione alle porte, era davvero un buon segno.   

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