La resa dei conti
Tommaso
Cosa vorrà Russo? Questa è la domanda che mi feci tutta la notte e che mi impedì di addormentarmi. Cercai di stare fermo immobile e di non svegliare Emma, che pareva dormire beatamente al mio fianco. Non avrei voluto darle altri problemi e sperai che Russo non avesse qualche asso nella manica da sganciare per continuare a mandare all'aria la mia instabile vita. All'alba decisi di alzarmi e di preparare una ricca colazione. Chiamai Giada e le dissi della chiamata di Gabriele e di raggiungermi in agenzia, dove ci saremmo dovuti incontrare con lui. Dalla sua risposta affermativa capii però che come me non era affatto tranquilla. Emma si svegliò circa un'ora dopo di me e facemmo colazione. Ero teso come una corda di violino. Mi tenne la mano durante il tragitto per arrivare in agenzia e continuò a tenerla stretta alla sua mentre aspettavamo che Russo arrivasse. Mi fece strano entrare lì dentro e non trovare i miei dipendenti, Bruno pronto a riferirmi il problema del giorno e il solito caos che regnava tra quelle mura. Anche Emma ebbe la stessa reazione di smarrimento che ebbi io: lo capii dallo sguardo carico di compassione che mi riservò e dalla stretta della sua mano ,che si intensificò attorno alla mia. Giada arrivò pochi minuti prima di Gabriele e si sedette sul divano del mio studio, facendo ballare le gambe per il nervoso e sbuffando di tanto in tanto. Quando sentimmo l'ascensore arrivare al piano ed aprirsi, uscimmo in corridoio: Emma al centro, io e Giada ai suoi lati. Ci teneva le mani, eravamo legati ed uniti ad affrontare insieme il 'nemico'. Restammo a squadrarci da qualche metro di distanza, fino a che Giada non prese la parola.
"Ciao Gabriele...".
"Vi starete chiedendo perché ho chiesto di incontrarci...vi dico subito che non sono qui per soldi, per ottenere il cognome De Curtis o per fare un test del DNA: io mi fido di mia madre e vostro padre ha confessato, quindi credo che la mia identità sia chiara".
"Però qualcosa vuoi, giusto?", chiesi io.
"Sì, c'è una cosa che vorrei: voglio che tu, Giada, mi faccia un'intervista. Voglio chiarire la mia posizione e quella di mio padre, che si è ritrovato il concessionario assediato dai giornalisti. Sai fare bene il tuo lavoro, e credo sia un buon modo per uscire di scena...", rispose Russo, guardando mia sorella.
"Tutto qui? Quello che vuoi è un'intervista nella mia trasmissione?", chiese Giada perplessa.
"Voglio che l'intervista sia a tre: tu a fare domande, e io e Tommaso a confronto", continuò Gabriele.
"Perché? Non possiamo parlarne fuori dai riflettori, magari chiudiamo la faccenda oggi, ci stringiamo la mano e ci auguriamo una buona vita?!", disse Giada leggermente alterata.
"Questa faccenda è iniziata sotto i riflettori, ed è lì che deve terminare", disse Russo in modo categorico.
"Che intendi con uscire di scena? Ti accontenterai di questo confronto finale e lascerai stare me e la mia famiglia?", chiesi accigliato.
"Me ne vado a New York. Avevo offerto quel lavoro a Caterina, ma avrebbe dovuto rilasciare un'intervista che poi ha fatto archiviare a favore della dichiarazione che avete letto tutti. Quindi si è tagliata fuori da sola dall'accordo, dovrà rimboccarsi le maniche e trovarsi qualche altro impiego...", disse Russo incrociando le braccia al petto.
"Caterina è brava...troverà di sicuro qualcosa anche senza le tue raccomandazioni!", gli dissi.
Ma c'era qualcosa che non mi era chiara, e quella domanda uscì dalla mia bocca senza riuscire a trattenermi.
"E se non accettassi? Se non volessi fare quest'intervista a tre tra familiari?".
"Beh, in quel caso avrei un articoletto pronto da far pubblicare...", rispose lui con un mezzo ghigno sul volto.
"Di che stai parlando, che articolo?", chiesi sempre più preoccupato.
"Bello l'anello Emma, quando vi sposate tu e il mio fratellastro?", chiese Gabriele rivolgendo un sorriso beffardo alla mia donna.
Emma nascose la sua mano, che stringeva ancora la mia, dietro la sua schiena, e lo fissò con un'aria di sfida.
"Non che siano affari tuoi... comunque non lo abbiamo ancora deciso!", rispose orgogliosa.
"Non è che sia un matrimonio riparatore, vero? Magari Tommaso vuole cambiare la storia, sposare la donna che ha messo incinta, a differenza di suo padre, che invece ha preferito mettere tutto a tacere con i soldi", disse Russo.
Sentivo la rabbia crescere in me. Emma mi chiamò piano e a me bastò guardarla per calmarmi e non cedere alle provocazioni di quel verme.
"Io Emma me la sposo perché la amo ,Gabriele, e so che fai fatica a crederci, perché il tuo essere così cinico purtroppo, difficilmente di porterà a provare questo sentimento! Sei un uomo arido e privo di emozioni! Pensi solo al tuo tornaconto personale! E comunque le tue sono tutte supposizioni, non hai prove su quello che hai detto!", gli sputai in faccia.
Lo vidi trafficare con il cellulare, ancora con quel ghigno sul viso. Dopo qualche minuto l'ascensore arrivò di nuovo al piano e quando le porte si aprirono restammo tutti di stucco. Due uomini, pompati all'inverosimile, entrarono trascinando un Bruno tremendamente malconcio, che quasi faceva fatica a reggersi sulle sue stesse gambe.
"Che cazzo hai fatto...CHE CAZZO HAI FATTO, BASTARDO!", gridò Giada, che piangendo corse verso quei due energumeni cercando di soccorrere il suo uomo.
"Lasciatelo, lui non mi serve più, mi ha già detto quello che mi serviva...", disse Russo ai suoi uomini.
Emma continuava a tenermi fermo per il braccio, cercando di mantenersi calma per me, anche se aveva iniziato a piangere. Bruno cadde a terra e Giada lo issò con tutta la forza che possedeva per allontanarlo da quegli uomini. Emma non riuscì a stare ferma a guardare e andò ad aiutare mia sorella. Io mi avvicinai velocemente a Russo e lo presi per il collo della camicia, sollevandolo di qualche centimetro. I suoi uomini si mossero subito nella nostra direzione, ma Gabriele li fermò con un cenno della mano.
"Non credo tu voglia sporcarti le mani...non adesso che hai troppo da perdere: la dignità!", mi disse a pochi centimetri dal mio viso.
"Non metterti in bocca parole troppo grosse, Russo! Tu la dignità non sai neanche cosa sia, sei solo un verme, un pezzente!", gli ruggii contro.
Non ci accorgemmo dell'ascensore che si era di nuovo aperto. Tre poliziotti ,con tanto di pistole ,entrarono e due di loro misero subito a terra i due uomini di Russo. Il terzo si avvicinò a noi.
"De Curtis si allontani! Russo, la dichiaro in arresto per estorsione, maltrattamenti a persone fisiche e flagranza di reato!", disse quel poliziotto, ammanettando Gabriele.
Prima di uscire seguito dai suoi colleghi, quel poliziotto si voltò a guardarmi. Aveva qualcosa di familiare nello sguardo, che non riuscii a collegare in quell'istante.
Quando arrivarono dei paramedici e soccorsero Bruno, e dietro di loro si palesò Caterina, capii tutto.
Caterina
"Era tuo padre quel poliziotto?", mi chiese.
"Sì...ho fatto seguire Bruno per alcuni giorno. Lo avevo denunciato per estorsione e mio padre ha iniziato a pedinarlo. Ha ascoltato le sue conversazioni telefoniche ed è arrivato qui oggi. È stato tutto registrato, ho chiesto a Bruno di lasciare le telecamere accese anche se l'agenzia era chiusa. Mi dispiace solo non aver potuto fermare prima quel verme di Russo, ed evitare di far rudurre Bruno in quelle condizioni", dissi rivolgendo lo sguardo alla barella, seguita da mia sorella ed Emma .
Emma ci guardò un attimo Tommaso le fece un cenno di consenso con la testa. Restai lì, da sola con lui .
"Mi dispiace per tutto quello che è successo...", gli dissi con voce addolorata.
Mi spiazzò quando mi attirò a sé e mi abbracciò forte. Sapevo bene che era solo un abbraccio di gratitudine, ma riuscivo comunque a sentire il bene che Tommaso mi voleva. Per quanto avessi capito che non mi amasse, ero sicura che non ce l'avesse con me, che tra di noi non ci sarebbero state incomprensioni.
"Grazie Cate...grazie davvero!", mi disse, dandomi un bacio sulla fronte. "Che farai adesso?", mi chiese subito dopo.
"Vado a sponsorizzare il mio romanzo in giro per l'Italia...mi farà bene staccarmi un po' da Milano!", gli dissi cercando di sorridere.
"Ne comprerò una copia e ne farò una buona recensione, te lo prometto!", mi disse asciugandomi le lacrime.
Mi sollevai sulle punte dei piedi e gli diedi un bacio a lato della bocca.
"Addio ,Tommaso" , gli dissi, per poi fuggire velocemente da quel posto.
C'erano troppi ricordi tra quelle mura, e troppi altri me ne erano tornati in mente non appena Tommaso mi aveva stretta tra le sue braccia. Non lo avrei mai dimenticato. Lui sarebbe stato sempre il mio più grande rimorso. Ma non potevo abbattermi. Sarei riuscita a rialzarmi, a fatica, ma ce l'avrei fatta.
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