Il bello e il brutto

                                                                                    Tommaso

Ci lasciarono davanti casa che era ormai pomeriggio, e ci demmo appuntamento per la mattina successiva. Emma aveva l'aria stanca e decise di stendersi un po' sul divano per riposarsi. Io invece avevo assolutamente bisogno di una corsetta per smaltire il pranzo, quindi me ne andai a fare un po' di tapis roulant. Mi misi una canotta e un paio di pantaloncini sportivi e corsi per 40 minuti, poi feci delle flessioni e parecchi addominali, e tornai il salotto. Mi avvicinai al divano: Emma dormiva rannicchiata. Presi un plaid e la coprii, piegandomi sulle gambe per contemplarla.

"Mi piace il tuo odore...", mi disse aprendo gli occhi.

"La mia puzza vorrai dire...", gli risposi sorridendo e accarezzandole una guancia.

Si mise a sedere, tirò l'asciugamano che mi ero passato dietro il collo e mi baciò. L'umore di Emma continuava a sembrarmi altalenante, ma non mi tirai indietro. Fu lei a bloccarsi, mentre le mie mani avevano già preso a salire sotto i suoi vestiti, e la vidi correre con la mano sulla bocca verso il bagno. La seguii ma lei si chiuse dentro, e mi ritrovai così a parlarle da dietro la porta.

"Emma apri, che hai? Vuoi che chiami un medico?", le dissi preoccupato.

La sentii rimettere, poi il rumore dello sciacquone. Continuavo a chiederle di aprire la porta, fin quando non lo fece. Aveva il viso bianco e sbattuto e si teneva lo stomaco. Si buttò sul letto.

"Io chiamo un medico, o ti porto in ospedale!", le dissi afferrando il cellulare.

"Tommaso ho bisogno che tu vada in farmacia...", mi disse tenendo gli occhi chiusi.

La raggiunsi e mi sedetti accanto a lei.

"...cosa vuoi che compri?", le chiesi massaggiandole lo stomaco.

Non mi rispose, mi guardò con i suoi soliti occhioni spaventati e io non potei fare a meno di abbracciarla.

"Potrebbe essere solo un disturbo intestinale...", mi disse, forse più per rassicurare se stessa che me.

"Avevi gli stessi sintomi quando...", mi bloccai, guardandola negli occhi per capire se potessi continuare a chiedere o meno.

Si staccò da me e si appoggiò alla spalliera del letto.

"...non avevo nulla Tommaso...niente di niente: né nausea, né sbalzi d'umore. Era come se il mio corpo avesse capito prima di me che quel cambiamento sarebbe stato passeggero, non avrei avuto modo né tempo di abituarmici".

Cercavo di decifrare le emozioni sul suo viso: era agitata, era serena, era preoccupata...era felice all'idea di poter essere incinta? Ma non capivo. Ed io? Come mi sentivo io? Le presi le mano e gliele baciai.

"Dimmi qualcosa Tommaso...", mi disse con gli occhi lucidi.

"Ti amo Emma...", fu l'unica cosa che mi passò per la testa e di cui ero certo.

"Anche io ti amo Tommaso...ma ...non lo so!", mi disse piangendo.

"Facciamo una cosa per volta, che dici? Mi faccio una doccia e vado in farmacia intanto...", le dissi accarezzandole e baciandole una guancia.

Fece di sì con la testa, sforzandosi di sorridere. Poi chiamai mia sorella, non volevo lasciarla sola. o forse mi serviva qualcuno che andasse in farmacia al posto mio, e Giada era l'unica che potesse aiutarmi.  Arrivò di corsa, e io, lavato e vestito, fui sollevato quando si offrì di uscire al posto mio. Rientrò una ventina di minuti dopo, e quando vidi quella scatola cominciai a trattenere il fiato. Era quella l'ansia? Non ci avevo mai fatto i conti prima. Guardai Emma :era spaventa quanto me.

Giada

Mi avvicinai al divano e li guardai: se ne stavano immobili e si guardavano.

"Prima ci togliamo il pensiero, meglio è...l'ansia che avete sta divorando anche me!", dissi ad entrambi.

Emma si alzò e mi seguì in bagno, non prima di aver rivolto verso mio fratello uno sguardo preoccupato. Chiusi la porta alle mie spalle, estrassi lo stick dalla scatola e lessi velocemente le istruzioni. Tolsi il cappuccio, mentre Emma era sempre più agitata e mi guardava in attesa.

"Facci la pipì sopra per 5 secondi, e rivolgi la parte assorbente verso il basso...conto io!", le dissi passandole lo stick mentre si sedeva sulla tazza.

"Tutto ok lì dentro?", disse Tommaso attaccato alla porta.

Non era giusto lasciarlo lì fuori. Mentre una clessidra apparve su quel piccolissimo schermo digitale, lo feci entrare. Io mi misi appoggiata al lavabo, Emma camminava avanti e indietro e Tommaso fissava quello stick con espressione indecifrabile sul volto.

"Dobbiamo aspettare 3 minuti... Emma ti prego, mi sta venendo il mal di testa!", dissi con voce sconsolata.

Si gettò a sedere sul bidet portandosi le mani tra i capelli. Mi inginocchiai davanti a lei, mentre Tommaso continuava a guardare quella clessidra girare.

"Ehi...che c'è?", le chiesi con tono dolce.

"...e se non fossi pronta? Se il mio corpo non potesse reggere nove mesi di gravidanza?", mi disse con voce tremolante, sull'orlo di scoppiare a piangere.

"Emma, sei forte, mettitelo in testa! Io l'ho capito dal giorno dell'intervista, l'ho sentito tutto il tuo coraggio, adesso vorresti farti abbattere da una possibile gravidanza? Ce la fai amica mia!", le dissi prendendole la testa e guardandola negli occhi, sorridendole.

"Quanta probabilità ha di azzeccarci questo test?", disse Tommaso.

Ci voltammo verso di lui, che teneva quello stick in mano con espressione ancora più indecifrabile di prima. Mi alzai e porsi una mano ad Emma, aiutandola ad alzarsi. Lei si avvicinò a Tommaso e io, a malincuore e con la curiosità che mi contorceva lo stomaco, mi allontanai di qualche passo. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi un sorriso apparve sul volto di mio fratello e Emma gli prese quello stick dalla mani e lesse lei stessa. Quando si portò la mano alla bocca e poi scoppiò a piangere tuffandosi tra le braccia di Tommaso, non ebbi più dubbi. Iniziai a piangere anche io, appoggiata allo stipite della porta, davanti a loro due abbracciati ed entrambi commossi. Dopo alcuni minuti si ricordarono di me e mi fecero cenno di raggiungerli, li abbracciai entrambi e cercando di sdrammatizzare dissi loro: 'lo sapevo che mi avreste fatto diventare zia giovane! Vi odio!'. Emma mi passò lo stick e lessi: incinta, 2-3 settimane.

"Lo sapevo che a Frosinone avevate fatto danno, me lo sentivo! Ve l'ho detto anche per telefono!", dissi ancora, dando delle forti pacche dietro il collo a mio fratello.

Scoppiammo a ridere mentre ci asciugavamo le lacrime. Dissi loro che avrei voluto gridarlo al mondo ma Emma mi fece uno sguardo truce, bloccando ogni mia iniziativa.

"Voglio fare le varie analisi e consultare un ginecologo prima...domani tornerò a Frosinone e vedrò il da farsi..."

"Non ti mando sola a Frosinone, un viaggio di 5 ore in macchina...non se ne parla! Vengo anche io!", disse Tommaso.

Quel lato premuroso di mio fratello mi piaceva, era una novità per me. Forse era vero quello che mi diceva sempre papà, soprattutto quando mi confidavo con lui sui miei fallimenti amorosi passati: l'amore ti cambia, ti fa fare cose che non avresti mai pensato di fare, e fa uscire fuori la parte migliore di ognuno di noi. Mi sentivo di troppo. Avevo fatto il mio dovere, era ora di lasciarli soli.

"Per domani come restiamo?", chiesi tutt'un tratto.

"Teniamo la cosa per noi, almeno per il momento. So che tu , Giada, hai un buon rapporto con tuo padre e vi confidate su tutto, ma voglio essere sicura che non ci siano problemi...", disse Emma.

Acconsentii, presi la mia borsa mentre mi seguivano in salotto, diedi un bacio ad entrambi e me ne andai con il sorriso stampato sul volto, pensando a come 'zia Giada' suonasse bene.

Emma

Non appena Giada si chiuse la porta alle spalle, io e Tommaso ci fiondammo di nuovo in bagno dove il test di gravidanza era rimasto incustodito. Continuavamo a fissarlo, quasi increduli che quello che era successo poco prima non era frutto dell'immaginazione, ma era tutto assolutamente reale. Tommaso si inginocchiò, mi scoprì la pancia e la baciò. Era tutto nuovo per me; non avevo mai fatto un test di gravidanza, mai condiviso l'emozione con il mio compagno, prima di quel giorno. Mi commossi di nuovo, colpa dei miei sbalzi ormonali e dei nervi tesi fino a poco prima. Mi accovacciai anche io, cercando il viso di Tommaso per accarezzarlo. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò con passione e premura al tempo stesso.

"Grazie...", mi disse staccandosi dalle mie labbra.

"...è merito di entrambi...", gli dissi baciandogli gli occhi.

"Grazie per tutti questi momenti di felicità che stiamo vivendo insieme!", mi disse abbracciandomi e appoggiando la sua testa sulla mia spalla.

Se tre mesi fa qualcuno mi avesse detto che mi sarei sentita così bene, felice e appagata tra le braccia di un uomo, mi sarei di sicuro messa a ridere. Ma avevo finalmente capito quanto la vita potesse essere imprevedibile, bella ed emozionante, anche se a volte ti metteva a dura prova.

"Tommaso ho una voglia...", gli dissi baciandogli una tempia.

"di già?", chiese lui cercando il mio viso con sguardo preoccupato.

"uh uh...si, di già! E credo che questa voglia non mi passerà per tutto il tempo della gravidanza e neppure dopo...", gli dissi seria.

Tommaso si alzò e fece alzare anche me, incitandomi a parlare.

"Ho voglia di te...", gli dissi guardandolo negli occhi e facendo scorrere le mani sul suo corpo.

"Spero che questa sarà la tua unica voglia per tutto il resto della gravidanza, perché è facilissimo per me soddisfarla!", mi disse passandomi un braccio dietro la schiena e uno dietro le ginocchia, issandomi senza fatica e conducendomi a letto.

Dopo aver fatto l'amore mi addormentai. Quando mi svegliai lo cercai nel letto, ma non incontrando il suo corpo mi alzai e andai a cercarlo. Un odore arrivò alle mie narici: lo trovai in cucina, indaffarato ai fornelli. L'orologio sulla parete segnava le 8. Non lo chiamai, rimasi per un po' a fissarlo, immaginando scene di vita futura. Aveva un canovaccio su una spalla, girava qualcosa dentro un pentolino, per poi assaggiarlo con faccia soddisfatta.

"Che cucini di buono?", gli chiesi facendolo sussultare.

"Emma, mi hai spaventato! Ho pensato di fare una cosa leggera: risotto con i funghi, che dici?", mi disse avvicinandosi.

"Dico che conoscendoti ho vinto alla lotteria", gli dissi prendendogli il mento e baciandolo.

Ci sedemmo a tavolo e gustai quel risotto, sperando che il mio stomaco non si ribellasse di nuovo.

"Ti dispiace non poter comunicare a tuo padre della gravidanza domani? Non ti ho chiesto un parere prima, ma è giusto che anche tu decida in merito...",gli dissi giocando con una mollica di pane.

Tommaso si voltò verso di me, avvicinandomi a sé tirando la sedia su cui ero seduta.

"Aspetteremo che tu sia pronta, per comunicarlo...", mi rispose con un sorriso sereno sul viso.

"Ho pensato ad una cosa Tommaso: qualsiasi cosa venga fuori dai vari esami che farò, io a questa gravidanza non ci rinuncio...", gli dissi seria.

"Vedrai che sarà tutto a posto...", mi rispose lui, con sguardo leggermente preoccupato.

"Dico sul serio Tommaso: non sopravvivrei ad un secondo aborto, quindi ti prego, promettimi di appoggiarmi in questa scelta, al di là dei risultati...", gli dissi con sguardo serio.

"Cosa mi stai chiedendo di preciso Emma?", mi rispose raddrizzando la schiena, sempre più preoccupato.

"Che se fossi costretto a scegliere tra la sua vita e la mia, tu sceglieresti la sua!", gli dissi guardandolo negli occhi.

"Questo è assurdo Emma...è fuori discussione!", mi disse lui distogliendo lo sguardo e passandosi le mani tra i capelli.

"Tommaso ti scongiuro, dimmi che lo farai!", gli chiesi di nuovo, prendendogli il viso e voltandolo di nuovo verso di me.

"Ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?", mi disse con tono di voce leggermente più alto e gli occhi lucidi.

"Sì, perfettamente...", gli dissi asciugandogli una lacrima che gli rigava il volto.

"Io non potrei mai rinunciare a te Emma...!", disse abbassando la testa sulle mie gambe e stringendomi ai fianchi.

"E infatti io combatterò perché tu non sia costretto a rinunciare a niente e nessuno, Tommaso, ma ti prego: promettimi che se fossi costretto a scegliere, tu sceglieresti nostro figlio!", gli chiesi ancora una volta, accarezzandogli la testa.

"...te lo prometto...", mi rispose alzando la testa e continuando a piangere.

Lo abbracciai di slancio, sedendomi a cavalcioni su di lui e affondando il viso sul suo collo.

"Ti odio Emma Lisi, sei una maledetta! Riesci sempre a farmi fare ciò che vuoi!", mi disse cercando di staccarmi dal suo corpo, senza riuscirci.

Presi a baciargli il collo, mentre lui mi stringeva le cosce cercando di indietreggiare con la testa.

"Non ci provare, stasera dormi sul divano!", disse Tommaso con tono poco convinto.

"Faresti dormire me e tuo figlio sul divano?", gli dissi guardandolo con occhi tristi e un sorrisetto malizioso sulle labbra.

"Lo dicevo che sei una maledetta! Mi ricatterai a vita?", mi disse dandomi uno schiaffetto sul sedere.

"Troverò il modo di farmi perdonare...", gli dissi alzandomi e prendendolo per mano, per condurlo nell'unico luogo in cui mi sentivo in pace: tra le sue braccia, sotto le coperte, ad amarci.

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