Confidenze

Tommaso

Quella notte non dormii molto. Restai a contemplare il soffitto, nella semi oscurità della stanza, ripensando a quello che mi aveva chiesto Emma qualche ora prima. La guardavo dormire a pancia in su, con una mia felpa a farle da pigiama, una gamba fuori dalle coperte. Le accarezzai lievemente una guancia, cercando di non svegliarla, e annusai una ciocca di capelli che cadevano disordinati sul cuscino. Fui preso dallo sconforto, mi alzai velocemente e me ne andai in cucina: avevo bisogno di qualcosa da bere, qualcosa di forte. Avevo sempre qualche super alcolico a disposizione, anche se ne facevo raramente uso. Trovai della grappa e me ne versai due dita, che buttai giù tutto d'un fiato. Guardai fuori dalla vetrata: era notte fonda, non c'erano macchine in giro e tutto sembrava immobile. Accesi la lampada e presi a frugare nella credenza del soggiorno, alla ricerca di qualcosa che avevo nascosto anni prima. Dopo qualche minuto ritrovai quell'album: era di mia madre, lo avevo portato via da casa dopo la sua morte, quando avevo deciso di andare a vivere per conto mio. Era pieno di foto di famiglia: il matrimonio, il mio battesimo e quello di mia sorella, i compleanni. Odiavo quelle foto perché mi ricordavano momenti felici che non sarebbero più tornati, ma soprattutto le odiavo perché mia madre sarebbe rimasta sempre quella, bella e felice, mentre nella nostra famiglia aveva lasciato un vuoto incolmabile e una profonda tristezza. Chiusi quel cimelio e lo riposi dov'era stato fino a pochi minuti prima, tornando velocemente in camera. Emma si era girata su un fianco, la abbracciai da dietro, stringendola a me il più possibile. Avevo bisogno di sentire il suo calore, la sua presenza. Le diedi un bacio dietro il collo, mi passò una mano sulla testa e mi chiese biascicando dove fossi stato.

"Voglio tornare in un posto domani, ma non credo di farcela da solo...mi accompagneresti?", gli sussurrai appoggiando il mento sulla sua spalla.

Emma ruotò il suo corpo in posizione supina, io presi ad accarezzarle la pancia passando una mano al di sotto della felpa.

"Certo che ti accompagno amore...", mi disse guardandomi negli occhi, assonnata.

Feci slittare la mano dal suo ventre fin dietro la schiena, per attirarla a me. Allacciammo le gambe e ci abbracciammo, e io finalmente mi rilassai e mi addormentai.

Quando mi svegliai il sole era alto. Emma si era di sicuro alzata da un po', si era vestita lasciando la felpa ai piedi del letto, e sentii dei rumori arrivare dalla cucina. Quando mi affacciai alla sala giorno la vidi: aveva sparecchiato il tavolo ,lavato i piatti della cena e preparato thè e caffè.

"Buongiorno dormiglione! Allora, dove mi porti prima di andare da tuo padre?", mi chiese sorridendo e dandomi un bacio.

"Non dovevi preoccuparti di riordinare...ti sarai stancata...", le dissi accarezzandole i capelli.

"Ma va, per due piatti! Oggi poi mi sento in forma!", disse lei mostrandomi i bicipiti.

Risi, bevvi il caffè e mi fiondai sotto la doccia. Dopo mezz'ora uscimmo di casa, mi fermai dal mio solito fioraio e comperai delle orchidee.

"Scusa amore, questi non sono per te", le dissi con faccia dispiaciuta.

Mi fece un sorriso e mi accarezzò una guancia. Guidai fino al cimitero monumentale. Emma non parlò per tutto il viaggio, e una volta arrivati semplicemente mi prese per mano e mi seguì, portando lei i fiori. Arrivai davanti alla cappella di famiglia, aprii la porta ed entrai, stringendo più forte la sua mano. I miei nonni, sia materni che paterni, erano lì da diversi anni ormai, insieme a lei, la prima donna che abbia amato in vita mia: mia madre. Mi feci in segno della croce, ed Emma fece altrettanto, poi mi baciai una mano e la passai su quella foto sorridente, bella e immutabile. Fu Emma a sistemare le orchidee dentro un vaso.

"Ciao mamma...ti ho portato i tuoi fiori preferiti...", dissi ad alta voce. " che scemo che sono, è? Come se potesse sentirmi!", continuai rivolto ad Emma.

"No,Tommaso, non sei scemo! Dille quello che senti, quello che ti porti dentro da tempo! Anche se non dovesse sentirti a te farà di sicuro bene sfogarti!", mi disse lei riprendendomi per mano.

"...sono un codardo, lo so. Non sono riuscito più a mettere piede in un cimitero dopo la tua morte. Sai , Emma, c'è stato un periodo in cui anche io ho odiato la vita, però ho capito che lei, mia madre, non sarebbe comunque tornata indietro, che ero costretto ad andare avanti, volendo o meno!" .

Emma mi baciò la mano e si appoggiò alla mia spalla, continuando a contemplare quella foto sulla lapide.

"Credi che sia un problema se parlo a mia madre di nostro figlio? Sa essere molto riservata sai?direi che mantiene un silenzio tombale!", dissi per sdrammatizzare la situazione.

Emma sorrise e acconsentì vigorosamente.

"Questa donna, mamma, è Emma Lisi. Non so se lì su arrivano le notizie terrene, ma te la presento lo stesso: è bella, coraggiosa e maledetta, perché mi fa fare tutto quello che vuole, anche quello che non ho mai fatto per nessuno!".

Emma rise e mi diede un cazzotto su una spalla con una finta faccia arrabbiata.

"Io sono innamorato di lei mamma, e proprio ieri...", mi bloccai iniziando a piangere, seguito a ruota da Emma . "...proprio ieri abbiamo scoperto che diventeremo genitori...mi ci vedi padre ,mamma?", chiesi a quella lapida muta, mentre Emma mi abbracciò forte a sé.

"Sarai un padre perfetto Tommaso!", mi disse Emma ad un orecchio.

Uscimmo con gli occhi rossi e ci dirigemmo a casa di mio padre. Giada e Bruno erano già lì. Mio padre aveva conosciuto il mio braccio destro e continuò a studiarlo da lontano per tutto il pranzo. Le figlie femmine fanno sempre quell' effetto nei padri? Se io e Emma avessimo avuto una bambina probabilmente lo avrei scoperto. Senza pensarci accarezzai la pancia di Emma, e questo gesto non sfuggì a Giada che mi diede un calcio sotto il tavolo. Poi mio padre si alzò e chiese a me e a mia sorella di seguirlo, lasciando i nostri compagni a chiacchierare accanto al caminetto.

Giada

Mentre lo seguivamo a qualche passo di distanza, mi sentii tirare per un braccio.

"Gli hai detto qualcosa?", mi chiese Tommaso attaccato al mio orecchio.

"Certo che no!!!che ti viene in mente?".

Mi sentii scrutare, ma stavo dicendo la verità, e Tommaso parve fidarsi. Arrivammo nello studio di mio padre, entrambi agitati.

"Che succede papà? Dissi sedendomi, seguita da Tommaso.

Si mise comodo dietro la sua scrivania, e aprì un cassetto tirando fuori una scatola. All'interno c'era un portagioie. Mi portai le mani alla bocca, riconoscendo quello scrigno che tante volte avevo aperto e scrutato nella stanza dei miei genitori.

"Tu passavi tanto tempo nella nostra camera, soprattutto quando noi non eravamo a casa e ti facevi coprire da Matilde per poterti provare indisturbata tutti i gioielli che più ti piacevano...", disse papà guardandomi con espressione serafica.

"Stamattina sono andato al cimitero...", disse Tommaso d'un tratto.

Mi voltai scioccata verso mio fratello.

"Lo so...", fu invece la risposta di mio padre. " ...ho mandato Matilde a pulire e mettere dei fiori freschi, e vi ha visti scendere dalla macchina mentre lei stava andando via...quindi credo proprio sia giunto il momento di darti questo!",continuò mio padre tirando fuori un anello dal portagioie.

Io non riuscii più a trattenere le lacrime. Erano anni che non lo vedevo più, arrivando a pensare che mio padre glielo avesse lasciato al dito prima della sepoltura. Invece no. L'anello di fidanzamento che mio padre avevo donato a mia madre era lì, davanti a me, e riportò alla memoria la storia che spesso chiedevo alla mamma di raccontarmi: quella dell'amore tra lei e mio padre.

"Non posso darlo a te gioia mia...a quello dovrà pensarci Bruno, sempre che non faccia qualche cazzata prima e si ritrovi con l'osso del collo spezzato!", disse guardandomi, cercando la mia mano che allungai subito nella sua direzione.

"... è giusto che questo anello passi di padre in figlio! So che Emma è la donna giusta per te Tommaso, e sarei felice di vederlo splendere sulla sua mano".

Per quanto lo invidiassi condividevo ogni parola del discorso di mio padre. In quel momento avrei voluto confessargli della gravidanza di Emma, ma dovetti trattenermi come mi avevano chiesto di fare. Tommaso prese quel gioiello e guardò mio padre con sguardo carico di ringraziamento, per poi alzarsi e abbracciarlo.

"Giada, non pensare che a te non spetti nulla...è giusto che anche tu abbia qualcosa di tua madre! Mi ci sono voluti tanti anni per convincermi che era inutile tenere questi ricordi per me...quando invece era giusto che qualcuno li custodisse e sfoggiasse nelle occasioni opportune...".

Papà fece scivolare sulla scrivania quel bauletto, verso di me . Orecchini, bracciali e collane con cui avevo giocato da bambina erano di nuovo lì, davanti ai miei occhi.  Una collana in particolare attirò la mia attenzione: era una catenina d'oro, con un ciondolo a forma di stella, che la mamma non toglieva mai. La presi e mi avvicinai a mio padre, chiedendogli di mettermela al collo, per poi abbracciarlo di slancio.

"Andate adesso, tornate in salotto da Bruno ed Emma! ah, Tommaso: salutala da parte mia, dille che la aspetto presto...ho bisogno di riposare adesso!".

Gli scoccai un bacio sulle guancia, prendendo il mio portagioie e stringendolo al petto, come la cosa più importante che avessi mai ricevuto in vita mia. Tommaso si infilò quell'anello in tasca e chiuse la porta dello studio alle sue spalle. Non mi guardava e teneva le testa bassa, pensieroso. Talmente pensieroso che non momento in cui mi bloccai davanti a lui mi venne a sbattere contro.

Eravamo proprio di fronte la sua vecchia camera, vi si infilò dentro e si sedette sul letto, i gomiti poggiati sulle ginocchia, le spalle incassate e iniziò a piangere a dirotto. Mi affrettai a chiudere la porta entrando, sperando che nessuno lo avesse sentito e ci raggiungesse. Posai il portagioie sul letto e mi inginocchiai davanti a lui, non sapendo come calmare mio fratello, che non avevo mai visto in quelle condizioni.

"Tommaso mi stai spaventando, che succede?", gli chiesi cercando di alzargli il viso.

"Ho paura Giada...tanta!",mi rispose singhiozzando.

"Di diventare padre? Beh, non c'è bisogno di reagire così, vedrai che imparerai strada facendo...", cercai di tranquillizzarlo.

"No Giada, non è di diventare padre che ho paura, ma che qualcosa vada storto!", mi disse cercando di respirare.

"Parla Tommaso, che è successo?", gli chiesi prendendolo per le spalle.

"Emma mi ha fatto uno strano discorso ieri sera, e mi ha chiesto di...", si bloccò in preda ai singhiozzi.

"Che ti ha chiesto Tommaso, santo cielo mi farete morire tu e Emma prima o poi!", gli dissi sempre più preoccupata.

"...mi ha chiesto di salvare nostra figlia, o figlio, se ci sarà qualche complicazione durante la gravidanza!",disse tutto d'un tratto, come a liberarsi di un peso.

"Ma di che complicazioni parlate? Ok, Emma ha avuto i suoi problemi e di sicuro la gravidanza potrebbe pesarle maggiormente che per altre donne...ma non ha avuto un tumore, non ha fatto chemio o radio terapie! Non le hanno asportato un ovaia! perché cazzo fate questi discorsi, Tommaso? Perché vi fasciate la testa prima di rompervela, dannazione!?", gli quasi gridai in faccia, alzandomi e andando ad aprire la finestra per prendere aria.

A quella mia reazione Tommaso parve calmarsi. Lo sentii cercare di respirare più a fondo per recuperare un po' di controllo sui suoi nervi e raggiungermi. Non appena tentò di mettermi una mano sulla spalla mi voltai e gli diedi una spinta.

"Vaffanculo Tommaso, mi hai appena rovinato una giornata fantastica!", gli gridai contro.

"Mi dispiace, ma avevo bisogno di parlarne con qualcuno...non so che fare! Io non ce la farei a perdere Emma, non lo potrei sopportare! Sono arrivato a pensare che forse questa gravidanza non è un bene, che avrei preferito godermi di più lei, non avere mai figli se questa cosa potrebbe compromettere la sua salute!", parlò a raffica.

"Tom, questa cosa, come la chiami tu, è vita! Quindi smettila di piangere, per favore, vatti a lavare la faccia e affronta con la tua compagna qualsiasi problema vi si presenti, cercando di essere positivi però, perché con questo atteggiamento morirete di crepacuore, e io con voi!" , gli dissi mentre lui mi abbracciava e mi chiedeva scusa.

"Ti aspetto giù...datti un contegno, prenditi un caffè e vai a Frosinone...stasera ti aspettano i suoi genitori, cerca di mostrarti pronto e non spaventato a morte! E soprattutto un po' felice di questa notizia, senza pensare al dopo! Ripensa a quello che hai provato ieri fratello, quando hai letto il risultato su quel test, e lascia stare il resto!", gli dissi facendogli una carezza.

"Aspetta... a te come vanno le cose con Bruno? Ti occupi sempre di me ed Emma, ma non ti ho mai chiesto nulla sulla tua vita sentimentale...", mi chiese bloccando la mia mano.

"B-bene...", risposi.

"Ti imbarazza parlarne con me?", mi chiese Tommaso sorridendo.

"Beh, ci lavori a stretto contatto...non mi pare il caso di parlare di alcune cose private...", dissi sentendo il calore salire al viso.

"Perché sei andata subito a pensare a quello Giada? Io parlavo in generale! Mi devo preoccupare?", mi chiese studiandomi.

"No! Tommaso, Bruno è perfetto: è premuroso, gentile, disponibile, è solo che, ecco...diciamo che l'abito non fa il monaco!", dissi agitando le mani, sentendomi tremendamente sotto pressione.

"Parla, subito!", mi ordinò Tommaso bloccandomi per le spalle.

"... è molto più focoso di come immaginavo! Oh, l'ho detto! Contento adesso?", dissi come a liberarmi di un peso.

"Che ti chiede? Devo spezzarglielo? Io lo licenzio! Anzi adesso vado giù e lo sistemo per le feste!", disse sorpassandomi e raggiungendo la porta a grandi falcate.

"Fermati Tom, che cazzo hai capito?! Togliti le immagini di 50 sfumature dalla testa! Non mi frusta, non mi sculaccia e non mi lega, tranquillo!!!", dissi mettendomi davanti la porta per impedirgli di uscire.

"E allora qual è il problema??", chiese Tommaso iniziando a rilassarsi.

"Il problema è che ci piacerebbe vederci molto più spesso Tom, ma non è semplice perché lui divide l'appartamento con il fratello minore che sta finendo gli studi, e che la sera sta quasi sempre a casa, a parte il fine settimana; la macchina è scomoda e sai quanto rispetto io provi per nostro padre, quindi figurati se lo porto a casa per sco...", riuscii solo a dire prima che Tommaso mi chiudesse la bocca.

"Risparmiami questi discorsi Giada, ti prego...ho capito!", mi disse facendomi cenno di tacere.

Estrasse un mazzo di chiavi e ne staccò una.

"...è la chiave dell'appartamento di Emma...domani non ci siamo, ti lascio anche quella del mio appartamento: portate tutta la roba di Emma a casa mia e poi lo usate come vi pare! È pagato per un altro mese, dopodiché, se la storia va avanti e continuerete ad averne bisogno, ve lo pagate voi l'affitto. E cosa importante: non voglio sapere cosa cazzo ci fate dentro quelle quattro mura, ok?".

Gli saltai al collo e lo riempii di baci. Avevo timore di confessargli quel problema, non sapevo come avrebbe potuto reagire. Non avevamo mai parlato delle nostre vite private, era solo dopo aver conosciuto Emma che avevamo iniziato a confidarci.

"Vado a dirlo subito a Bruno! grazie grazie grazie!!!".

Corsi di sotto e mostrai la chiave ad Emma, che la riconobbe al volo, guardandola perplessa. Anche Bruno era perplesso. Mi avvicinai al suo orecchio e gli dissi: " abbiamo un piccolo trasloco da fare...e un posticino tutto nostro!".

Approfittando del fatto che mio padre non ci fosse, gli saltai letteralmente addosso facendolo cadere sul divano e me lo baciai, incurante di Emma che ci guardava e di Tommaso che ci raggiungeva.

"Ehi, ehi!!!mi riprendo subito le chiavi se non la finite voi due!!", disse infatti lui raggiungendo una Emma pietrificata davanti il caminetto.

Mollai la presa e mi sedetti composta sul divano, risistemando gli occhiali sul naso di Bruno. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top