Colpi di testa

                                                                                      Tommaso

Mi piaceva quella famiglia e l'atmosfera che si respirava in quella casa. A cena sedetti vicino a Emma, e fui contento di poterle tenere la mano sotto il tavolo. Lo sguardo di Cristina su di me non mi infastidiva, ero abituato ad essere guardato. Anzi, mi piaceva sapere che ad Emma invece pesava: dalle occhiate che lanciava a sua cugina capii che gliela avrebbe fatta pagare, e non solo con un semplice solletico. A fine cena venne tirata fuori una grande torta. Sopra faceva bella mostra il numero 36 con due candeline davanti. Emma si alzò, tolse quei numeri e accese solo le due candeline, iniziando a parlare.

"Credo che due anni fa un capitolo della mia vita si sia chiuso, e ne sia iniziato uno nuovo. Quindi, come qualcuno mi ha fatto notare , per quanto io abbia 36 anni e li dimostri anche, quel 3 novembre di due anni fa sono rinata, ammaccata, ma di sicuro rinata..."

Qualcuno iniziò a piangere, anche Cristina, che finalmente fissava sua cugina e non più me.

"Non voglio vedervi tristi! permettetemi solo di spegnere due candeline, di dare finalmente un taglio al passato e di pensare solo al mio futuro! Vi voglio bene!"

Emma soffiò e un grosso applauso spontaneo si levò da tavola. Fu la volta dei regali: gli zii le regalarono una nuova valigia, in vista dei suoi recenti spostamenti; sua cugina le aveva realizzato un calendario per il nuovo anno con foto di famiglia, dall'infanzia a tempi più recenti; ma il regalo più bello fu quello di sua madre e suo padre che le avevano comprato una stella: portava il suo nome e , in base a delle specifiche coordinate e ad un cannocchiale, avrebbe potuto vederla splendere in cielo. Emma si commosse quando, usciti tutti fuori in terrazza, trovammo un cannocchiale puntato verso il cielo, pronto a mostrare quel punto luminoso che portava il suo nome. A turno guardammo nell'obiettivo per riuscire a scorgere quell'astro. 

Tornammo dentro e mi sentii osservato: probabilmente aspettavano di vedere il mio regalo, ma non avevo avuto tempo di comprarle niente avendolo saputo solo la mattina. Fortuna avessi un asso nella manica da giocarmi.

"Beh? Tu Tommaso non hai niente per mia cugina? Oppure il tuo regalo glielo darai più tardi, in privato?" disse Cristina in modo malizioso.

Risi sotto i baffi, mentre Emma si toglieva una scarpa e gliela lanciava praticamente addosso, colpendola sul sedere mentre lei scappava per il salotto, sotto lo sguardo divertito dei presenti.

"A dire il vero io ho scoperto solo questa mattina che fosse il compleanno di Emma, e non ho avuto tempo per pensare a qualcosa da regalarle! Quindi sarò meno materiale e le darò qualcosa di simbolico..."

Estrassi dalla tasca le chiavi del mio appartamento, quelle che mi ero fatto restituire da mia sorella, e gliele depositai su una mano. Emma mi guardò con gli occhi spalancati, sotto shock.

"Lo so che non ti piace correre, quindi non prenderla come una proposta di venire a vivere da me, anche se la cosa non mi dispiacerebbe affatto! Diciamo che, se qualche volta volessi farmi una sorpresa e venire a passare qualche giorno a casa mia, beh...potresti usare queste chiavi!"

Emma si commosse, Cristina iniziò a saltellarci intorno e incitò tutto il resto della famiglia a ripetere con lei il classico coretto di: 'Bacio! Bacio! Bacio!'. Li accontentammo . A fine serata tutti aiutarono a sistemare e zii e cugini iniziarono a ritirarsi chi nelle loro stanze e chi verso le case vicine. Restammo io ed Emma, che decidemmo si sistemarci sul divano letto in salotto, e Massimo e Anna.

"Come ti senti papà?', chiese Emma.

'bene, sono tranquillo adesso che ho conosciuto Tommaso..." rispose Massimo.

"Io mi riferivo all'operazione papà..."

"A quella non ci sto proprio pensando Emma, ero più spaventato dal conoscere lui..." disse Massimo guardandomi.

"...spero che tu sappia quello che stai facendo ragazzo!" continuò.

"Papà, ti prego!" disse Emma.

"No, fammi finire: mia figlia ha già sofferto tanto, e la storia la conosci. Io ti ringrazio, perché era tanto che non vedevo Emma così felice, ma non vorrei che tra un mese, due, anche tre, ti passasse questo entusiasmo e ti tirassi indietro. Perché ti giuro che se dovesse succedere una cosa del genere io, qualsiasi siano le mie condizioni, ti vengo a cercare e ti ammazzo con le mie mani Tommaso! Quello che non ho potuto fare a Marco lo sconteresti tu, sono stato chiaro? Io non voglio più vedere mia figlia nelle condizioni in cui versava due anni fa, preferisco morire!" disse, per poi bloccarsi commosso.

Anche Emma e Anna si commossero. Emma prese la mano di suo padre e la baciò. Io ero bloccato davanti a quelle parole che condividevo e comprendevo a pieno. Non so perché, non ero mai stato un tipo così sentimentale, ma una lacrima mi scivolò sul volto e mi voltai per asciugarla. Emma mi raggiunse.

"Ehi, è tutto ok...mio padre è un tipo un po' esagerato!" mi disse accarezzandomi il viso.

Cercai di recuperare contegno e tornai vicino a Massimo, sedendomi accanto a lui.

"Io non mi stancherò di Emma! Voglio essere sincero con te:  ho avuto altre donne, ma per nessuna mi è mai capitato di provare quello che provo per tua figlia! Non ho mai pensato ad una vita di coppia, a sposarmi e fare dei figli...ma se Emma mi dicesse di volere queste cose, di esserne pronta, so che sarei pronto anche io! Se mi chiedesse di trasferirmi a Frosinone, una città a cui lei è legata perché c'è la sua famiglia e tanti ricordi, belli e brutti, io mi ci trasferirei, fregandomene dell'inquinamento e del lavoro che inevitabilmente dovrei abbandonare per ricominciare d'accapo! Io amo Emma, Massimo!! ne sono sicuro anche se ci conosciamo da poco più di un mese..."

Massimo mi diede una pacca sulla spalla. Emma era rimasta in piedi, con il fiato corto mentre parlavo a cuore aperto a suo padre.

"Dai, andiamo a riposare: domani sarà una lunga giornata!" disse Anna, accompagnando suo marito fuori dalla stanza. Ma tornò subito indietro e mi venne incontro.

"Mi piaci Tommaso!"
disse solamente, mi fece una carezza e se ne andò, sorridendo a sua figlia.

Io e Emma restammo soli. Sentivo la tensione, ma non capivo se fosse positiva o meno. Poi Emma si avvicinò a me e mi guardò con quegli occhi lucidi e spaventati, la prima cosa che mi aveva fatto innamorare di lei.

"Pensi davvero tutto quello che hai detto?"

"Dalla prima all'ultima parola Emma!"

Si avventò sulle mie labbra e io la strinsi a me, mentre la passione ci rapiva.

"Non sai quanta voglia avevo di baciarti!" mi disse col fiato corto.

"E tu non sai quanta voglia avrei di strapparti questi vestiti di dosso e baciare ogni centimetro della tua pelle, Emma!"

"Non è il luogo adatto..." disse Emma recuperando un po' le distanze.

"Mi accontenterò di dormire abbracciati!" le dissi riempendola di baci sul volto.

Emma

La mattina presto ci dirigemmo in ospedale. L'operazione era fissata per mezzogiorno e sarebbe durata un'oretta. Ero agitata, tenni la mano di Tommaso stretta per tutto il tempo. Solo la sua presenza evitò che la mia ansia, quella che purtroppo conoscevo benissimo, mi togliesse il respiro. Quando finalmente lo riportarono in stanza dalla sala operatoria, rintronato ma sveglio, sia io che mia madre tirammo un sospiro di sollievo. Secondo il chirurgo l'operazione era riuscita alla perfezione e non ci sarebbe stato bisogno di nessuna terapia. Entrammo nella stanza, io mia madre e Tommaso, parlammo con lui qualche minuto e poi lo lasciammo riposare. Per me e Tommaso era arrivato il momento di salutarci. Il suo cellulare aveva squillato tutta la mattina, anche se aveva messo la vibrazione lo avevo visto spesso trafficare tra messaggi e email.

"Ci siamo..." mi disse con quegli occhioni tristi.

"Hai le chiavi di casa, scappa appena puoi! Io ti chiamerò a tutte le ore, non appena avrò cinque minuti liberi!"

Gli diedi un casto bacio sulle labbra e lo accompagnai alla macchina, non lasciando mai la sua mano per tutto il tragitto. Lo vidi ripartire, sforzandosi di sorridere come me. Non appena rimasi sola sentii un grosso peso schiacciarmi il petto. Per quanto non volessi accettarlo Tommaso era diventato la mia forza.

Nei giorni successivi mi concentrai sulla mia famiglia: mi tenevo il più possibile impegnata per tenere la mente occupata. Sentii spesso Giada, e parlai anche con Federica: non sarebbe stato facile recuperare il rapporto, ma ci stavo provando con tutta me stessa. Io e Tommaso ci sentivamo tre, quattro volte al giorno. Quei momenti erano decisamente i miei preferiti. Dopo una settimana di convalescenza e una visita di controllo, decidemmo di tornare a Frosinone. Mio padre cominciava a stare meglio e aveva bisogno di tornare tra i suoi spazi. Fummo sommersi dalle visite di amici e parenti, e anche quelle furono un gradito diversivo. Tommaso chiamava mio padre tutti i giorni: si era fatto dare il suo numero e puntualmente, ogni sera verso le nove, prima che si addormentasse, gli chiedeva come si sentisse, parlavano delle notizie di cronaca e di politica e poi si salutavano. Mi riempiva di gioia quel loro rapporto. Ma più i giorni passavano più io mi spegnevo. A quasi due settimane di distanza dall'operazione, mentre aiutavo mia madre con le pulizie di casa, mi incantai a guardare fuori dalla finestra, persa nei miei pensieri.

"Emma tuo padre sta meglio..." disse mia madre destandomi.

"Lo so, lo vedo, e non potrei essere più felice!" le risposi riprendendo a pulire i vetri.

"Sì che potresti essere più felice!"

"Dove vuoi arrivare mamma?"

"Vai qualche giorno a Milano da Tommaso, qui ce la caviamo bene anche da soli!"

"Non credi sia meglio aspettare qualche altro giorno?"

"No Emma, davvero: vai da lui!"

Abbracciai mia madre e corsi in camera per preparare quelle poche cose che mi sarebbero servite. D'altronde vestiti ne avevo già nel mio appartamento, dovevo solo recuperarli e trasferirli a casa di Tommaso. Solo facendo quei pensieri mi resi conto di quello che stava succedendo: sarebbe stata una prova di convivenza. Presi le chiavi che Tommaso mi aveva dato la sera del mio compleanno, e che avevo tenuto gelosamente riposte nel comodino accanto al letto, le infilai nella borsa, salutai i miei genitori e mi infilai in macchina. Pensai di chiamarlo, ma poi preferii optare per l'effetto sorpresa. Chiamai allora Bruno e gli chiesi che impegni avesse Tommaso per la giornata: mi assicurò che aveva delle riunioni in agenzia per cui sarebbe rimasto in ufficio fino a tardo pomeriggio. Avevo così tutto il tempo necessario per arrivare a casa sua e preparare una bella atmosfera. Poi chiamai Giada.

"Ecco la mia Emma finalmente!!!"

"Giada ascolta sto guidando e sono in vivavoce...volevo solo dirti che sto venendo a Milano!"

"Yuppy, il mio fratellino sarà super contento!"

"...è proprio questo il punto: voglio fargli una sorpresa, quindi ti prego di mantenere questa cosa per te!"

"Ok, ci provo...gli porti il regalo di natale? Hai comprato un sexy completino rosso con tanto di cappello in feltro e pon pon bianco?"

"Vedrei meglio te vestita in questo modo, magari Bruno apprezza!...ascolta: com'è il vostro rapporto con le feste?"

"Credo che Tommaso non abbia più festeggiato il Natale dalla morte della mamma...il mio di rapporto è buono, ho continuato tutti gli anni ad addobbare la casa: mia madre avrebbe voluto così e quindi mio padre non si è mai opposto alle mie decorazioni!"

"Proprio come immaginavo...grazie Giada, sei stata d'aiuto come sempre!"

"Ma quando resti a Milano? Riusciamo a vederci?"

"Contaci! Baci!"

Dicembre era arrivato da qualche giorno: in giro le luminarie facevano bella mostra già dalla metà del mese scorso. Come da tradizione l'otto di Dicembre, il giorno dell'Immacolata, avevo sempre addobbato l'albero insieme ai miei genitori. Così decisi di fermarmi in uno di quei negozi del fai da te e di acquistarne uno insieme a luci e decorazioni, e in più delle candele. La conversazione con Giada mi fece ripensare ai cappellini di natale e ne acquistai due. Comprai anche un panettone, un torrone, del pan pepato, della frutta secca e dei datteri. Parcheggiai nel garage di Tommaso per stare più comoda nel portare dentro casa tutte le compere: l'avrei poi spostata qualche metro lontano dall'appartamento per non farla notare al suo rientro. Sistemai i dolci e la frutta sull'isola della cucina, poi iniziai a montare l'albero: per addobbarlo avrei aspettato l'arrivo di Tommaso, sperando che la mia idea non lo avesse rattristato troppo. La casa era calda, i riscaldamenti erano programmati: ma quel caminetto spento non mi piaceva affatto. Decisi quindi di scendere di nuovo in garage e di prendere della legna per accenderlo. Stranamente da quando avevo messo piede a Milano mi sentivo molto più in forze di come non fossi stata nelle due settimane precedenti. Mi bastava sapere che di lì a poco lo avrei rivisto per darmi la giusta carica ad affrontare tutto. Mi aveva scritto vari messaggi, ed ero stata molto evasiva. Avevo evitato di rispondere alle sue chiamate: si sarebbe accorto dai rumori che guidavo o che ero in giro per negozi a fare compere. Doveva continuare a pensare, ancora per un po', che ero tranquillamente a casa al capezzale di mio padre.

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