A volte ritornano...
Tommaso
Avevo qualche dubbio sulla versione di mia sorella: forse era più focosa lei di Bruno ma preferii non indagare ulteriormente. Restammo qualche altro minuto a parlare tra di noi, e spiegai a Emma, a grande linee, l'idea di far usare il suo appartamento a mio sorella e al mio assistente, che cercavano un posto tutto loro. Come pensavo, Emma non ebbe niente da ridire. Stavamo per andare via, quando Matilde ci bloccò mentre ci infilavamo le giacche, dicendoci che c'era una ragazza sulla porta che chiedeva di me.
"Dice di chiamarsi Caterina...", disse Matilde guardandomi perplessa.
Raggiungemmo tutti e quattro la porta. Caterina se ne stava lì, in attesa, con un paio di occhiali da sole scuri sul volto, le mani nelle tasche del giubbotto, troppo grande per lei, e una tuta da casa, del tipo che io non le avevo mai visto indosso.
"Cate...che succede?", le chiesi sistemandomi il colletto e avanzando qualche passo verso di lei.
"Posso parlarti? Ti ruberò poco tempo...", mi disse con voce mesta.
Mi voltai a guardare Emma. Aveva una strana espressione sul volto, ma mi fece cenno con la testa di andare. Io e Caterina uscimmo in strada, come da sua richiesta: non voleva disturbare in casa ed entrare in un posto in cui non era mai stata invitata. Si fermò ad un incrocio, mentre io attendevo ancora che parlasse.
"Io non ce la faccio senza di te Tommaso!", disse tutto d'un tratto iniziando a piangere. " Ci ho provato, davvero...ma non ci riesco, mi manchi!".
Non sapevo che fare, cosa dire. Non avevo mai visto una reazione del genere da parte di una mia ex, e soprattutto non me l'aspettavo da Caterina. Ogni tanto qualcuno passava e si voltava a guardarci.
"Cate, ascolta...se io avessi saputo che tu ti eri affezionata così tanto a me io...", iniziai a dire, prima di essere bloccato di nuovo.
"Che, cosa avresti fatto Tommaso? Mi avresti lasciato prima? Io non mi sono affezionata, io ti amo!", mi gridò in faccia.
Cercai di tranquillizzarla, stringendola per le braccia, ma lei si dimenò e mi chiese di lasciarla andare.
"Cate ti prego, cerca di tranquillizzarti...ci stanno guardando tutti!", le dissi avvicinandomi al suo viso. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò, mordendomi un labbro. La allontanai con una spinta, accorgendomi dal dolore e dal sapore di sangue in bocca del taglio che mi aveva procurato.
"Ma sei impazzita? Guarda che mi hai fatto?!", gli dissi furioso.
"E' tutta colpa tua, mi stai facendo perdere la testa!", mi disse dandomi delle spinte che mi fecero barcollare.
Le bloccai i polsi dietro la schiena, per cercare di fermare quell' attacco di rabbia verso di me che sembrava non riuscire a placare.
"Stai dando spettacolo, torniamo indietro... prendi la macchina e te ne torni a casa e cerchi di calmarti. Quando sarai tornata in te forse potremmo riparlare, ok?", le dissi cercando di trascinarla via.
"Lasciami, lasciami ho detto!!", gridò di nuovo, liberandosi dalla mia presa.
Si avvicinarono due distinti signori, che ci chiesero cosa stesse succedendo. Caterina si abbassò per recuperare la borsa caduta a terra, e nel farlo gli occhiali da sole calarono sul naso, scoprendo gli occhi rossi e le occhiaie.
"Ti prego Tommaso, torna con me e ti giuro che non succederà nulla!", mi disse con voce tremante.
"Caterina io sono innamorato di Emma...e poi a cosa ti riferisci con non succederà nulla? Cosa dovrebbe succedere?", le chiesi davanti a quei curiosi spettatori.
Caterina scappò verso la villa, e io la seguii. Fu molto veloce nell' infilarsi in macchina e fuggire. Emma, Bruno e Giada erano rimasti sulla porta e rimasero sconvolti quanto me davanti a quella scena di fuga. La macchina di Caterina mi passò di striscio, io feci appena in tempo a spostarmi. Emma mi raggiunse correndo, seguita a ruota da Giada e Bruno .
"Ma che voleva quella pazza???", gridò Giada.
"Non lo so, ma qualcosa non mi quadra", dissi guardando verso la strada.
"Che hai fatto al labbro?", mi chiese Emma passando una mano sul mio taglio.
"Caterina ha tentato di baciarmi, e mi ha morso..." , le risposi passandomi la lingua sulla ferita. " Emma ascolta, qualcosa non mi quadra! Sento puzza di bruciato in questa storia...", le dissi prendendole le mani e guardandola negli occhi.
"Che...che vuoi dire?", mi chiese sempre più preoccupata.
"Giada puoi accompagnare tu Emma a Frosinone? Io devo chiarire questa cosa con Caterina!".
"Che stai dicendo Tommaso?", mi disse continuando a guardarmi, mentre io non riuscivo a sostenere il suo sguardo.
"Lo so, avremmo dovuto comunicare la notizia ai tuoi genitori stasera, ma non posso lasciare Milano...", le dissi dispiaciuto
"Non è quello che mi preoccupa...e comunque io non voglio tornare a Frosinone dopo quello che è successo!!", mi disse allarmata.
"Starai più al sicuro lì che qui Emma, ti prego vai!", le dissi dandole un bacio e avvicinandomi alla mia macchina.
"Al sicuro da che Tommaso? O da chi?", mi gridò Emma alle spalle.
Ma io non le risposi, misi in moto e partii. Le passai accanto e mi fermai aprendo il finestrino.
"Ti raggiungo appena posso, te lo prometto! Ti amo!", le dissi afferrandole una mano e baciandogliela.
Mi immisi sulla strada e diedi un'ultima occhiata allo specchietto. La vidi stringersi le braccia al petto, mentre mia sorella e Bruno la affiancavano.
Caterina
Mi fermai dopo due chilometri. Lasciai la macchina in un parcheggio di un supermercato, come avevamo concordato, e cercai l'Audi nera di Russo. La raggiunsi velocemente e lui partì.
"Allora? Come è andata quest'ultima prova? È rinsavito?", mi chiese.
"No...", risposi tirando su con il naso.
"Come immaginavo...quindi possiamo andare avanti con il nostro piano?!",disse sorridendo, tornando a guardare la strada.
"Il piano è tuo, e io ci sono finita dentro con tutte le scarpe!Non sarebbe meglio se gli dicessi apertamente la verità?", sbottai.
"A che scopo? Non mi pare che a te abbia giovato, a parte farti umiliare pubblicamente, e per la seconda volta!", mi rispose secco.
"Dovevo e volevo riprovarci...", sussurrai guardando fuori dal finestrino.
Sterzò improvvisamente e accostò sul ciglio della strada.
"Ma che avrà mai questo De Curtis per infinocchiarvi tutte, è? ", disse voltandosi verso di me.
"Di sicuro non ti somiglia per niente!", gli risposi fissandolo.
"Senti dolcezza, ti conviene non sfidarmi se ci tieni ad ottenere quel lavoro!", mi disse prendendomi il polso e parlandomi a pochi centimetri dalle labbra.
"Lasciami... mi stai facendo male! ".
Mi lasciò il braccio e non riuscii a trattenermi.
"Mi fai schifo!", dissi massaggiandomi il polso.
Restò qualche secondo a guardarmi, poi mi tolse gli occhiali sbattendoli contro il parabrezza, abbassò il lunotto parasole e mi prese con forza dietro la nuca, avvicinandomi allo specchietto illuminato al centro di esso.
"Non mi sembra che tu sia fresca come una rosa, bellezza! E per quanto io possa farti schifo, è lui che ti ha ridotto in queste condizioni, non di certo io! Per cui tu fai la brava, mi rilasci l'intervista che mi serve per smascherarlo, e poi ti mando da quel mio amico a Londra e ricominci una nuova vita! Chiaro?", mi sussurrò ad un orecchio, mentre l'immagine del mio viso triste e stanco, rigato dalle lacrime, mi si imprimeva nella mente, facendomi pena da sola.
"Non se lo merita...non è colpa sua! Lui non sa nulla di questa storia! Perché non te la prendi con il legittimo interessato? Tommaso è solo una vittima, come te!", gli gridai sconsolata.
"Non è ancora il momento di prendermela con il grande De Curtis! E poi credo che soffrirà di più, se sarò io a confessare a suo figlio la verità e a rovinare quel bel rapporto basato su una menzogna celata da quasi quarant'anni!", disse con lo sguardo rivolto davanti a sé.
Mi guardò. Non avevo paura di lui, a me non avrebbe fatto nulla. -Perché Tommaso? Perché mi hai costretta a scendere così in basso? Comincio a farmi schifo da sola, ma vendicarmi è l'unico modo per non affondare del tutto nello sconforto che si è impossessato di me -( pensai tra me e me). Gabriele aprì il bauletto davanti alle mie ginocchia, e io lo guardai incuriosita. Estrasse un pacchetto di fazzoletti e me ne passò uno.
"Basta piangere...sei bella, non rovinarti per quell'uomo, non ne vale la pena! Puoi trovarne quanti te ne pare di uomini disposti a non lasciarti!".
Non era cattivo. Voleva solo giustizia per due donne che erano state ingannate e avevano sofferto. Ma non era Tommaso che avrebbe dovuto pagare. Non l'avrei mai odiato. Ma avrei odiato me, per i guai che gli avrei causato. E non so se poi mi sarei sentita meglio. Probabilmente no, probabilmente sarei stata anche peggio.
Giada
"Non me ne vado a Frosinone, non ci pensare nemmeno!", gridò Emma, dirigenosi di nuovo verso casa.
"Emma ti prego, non mettermi contro mio fratello! E poi tu non hai dei controlli da fare??", le dissi sorvolando l'espressione curiosa che Bruno mi rivolse.
"Posso farli qui...", mi rispose estraendo dalla borsa il suo cellulare.
"Emma ,ti prego! Chi stai chiamando?".
"Mia madre :le dico che l'albero se lo fa da sola quest'anno...io non mi muovo da Milano!"
"L'albero? Io adoro fare l'albero di Natale, non è vero amore? Andiamo a Frosinone, vi aiuterò ad addobbarlo, bello come non è mai stato! Cioè non voglio dire che voi non sappiate farlo, però...insomma...", dissi cominciando ad arrampicarmi sugli specchi.
"Ho detto che non me ne vado ,Giada!! Basta, smettila!!"
Aveva raggiunto la porta, ma ebbe un mancamento e si appoggiò allo stipite per non cadere. Io e Bruno ci affrettammo a raggiungerla per sorreggerla, accompagnandola a stendersi sul divano. Matilde le portò dell'acqua e zucchero e parve riprendersi. Il mio cellulare iniziò a squillare nella borsa. Mi affrettai a controllare: alcuni ragazzi della redazione mi avevano mandato una serie di messaggi in cui mi chiedevano di controllare al più presto. E poi uno del Direttore che mi chiedeva di richiamarlo sul suo numero privato, il prima possibile .
"Direttore sono Giada, che succede?", chiesi nervosamente.
"Da quanto non controlli la rivista online di quel becero di Russo?", mi chiese con tono autoritario e preoccupato al tempo stesso.
"La metto un attimo in attesa...", risposi prontamente.
Digitai il nome di quella rivista scandalistica sul motore di ricerca del mio smartphone, e la prima notizia che mi si aprì mi lasciò di stucco. C'erano foto di Tommaso e Caterina che litigavano in strada, evidentemente qualcuno li aveva fotografati riconoscendo mio fratello. Il titolo dell'articolo recitava: L'ultima vittima di De Curtis. Lessi velocemente le poche righe, che capii subito essere state scritte in fretta e furia. Un passaggio mi colpì come un pugno allo stomaco: « La ragazza che vedete in queste foto è Caterina Galbiati, ex dipendente di Tommaso De Curtis. Pare che tra i due ci sia stata una lunga relazione terminata con l'arrivo dell'attuale (?) compagna del famoso editore, Emma Lisi, che nell'ultimo periodo pare essere sparita dalla circolazione. Vi terremo aggiornati nelle prossime ore per i nuovi sviluppi. G.R. ». La rabbia iniziò a farmi ribollire il sangue. Mi ricordai della chiamata in attesa e comunicai al direttore che di quella storia e di quel pezzo di merda di Russo me ne sarei occupata io.
"Non se ne parla ,Giada! Tommaso è tuo fratello, non saresti obiettiva!", disse il Direttore spegnendo il mio entusiasmo.
"Andiamo ,dottor Viganò, lo sa che so fare bene il mio lavoro! Mi faccia ripulire la fedina di mio fratello!", lo quasi supplicai.
"Aspettiamo domani, vediamo fino a dove arriva Russo...io intanto ci penso".
"Non abbiamo tempo direttore! Ho paura degli assi nella manica che Russo potrebbe tirar fuori!!", dissi passandomi una mano sulla fronte.
"Non abbiamo altra scelta , non possiamo esporci senza avere qualcosa di grosso tra le mani, soltanto per dare ancora più visibilità a quel Russo! Ci vediamo domani De Curtis", tagliò corto Viganò.
Chiusi la chiamata, più furiosa di prima. Russo non si sarebbe fermato e la sparata di Caterina non mi convinceva: che ci fosse anche lei dietro quella storia? ma la mia paura maggiore riguardava Emma: avrebbero indagato sul suo rapporto con Tommaso, l'avrebbero cercata ovunque. Forse in quel momento, mentre me ne stavo nel bagno a riflettere sul da farsi , alcuni giornalisti si erano già appostati sotto il suo appartamento, o sotto casa di Tommaso, per aspettare che qualcuno ne entrasse o ne uscisse. Emma doveva andarsene a Frosinone, che volesse o meno. Uscii velocemente e me tornai in salotto. Presi la mia roba e quella di Emma e la afferrai per un braccio, aiutandola ad alzarsi. In quel momento mio padre era sceso dal piano superiore, dopo il suo riposo pomeridiano.
"Oh, siete ancora qui...", disse con un sorriso serafico sul volto.
"Stiamo andando via papà...non aspettarmi stasera, non rientro! Rimango a Frosinone con Emma!", dissi incontrando lo sguardo truce di lei.
Si liberò dalla mia presa e si bloccò all'ingresso.
"Ho detto che non me ne voglio andare, cosa non ti è chiaro di questo concetto, Giada?!", mi disse rabbiosa.
Mio padre ci guardava in modo interrogativo, senza afferrare il motivo di quel nervosismo.
"Adesso la smetti di fare storie e mi segui senza allarmare mio padre ulteriormente, Emma, ci siamo capite?", le dissi riprendendola per un braccio e trascinandola vicino alla porta.
"Ma ti ha dato di volta il cervello? Lasciami, mi stai facendo male! Non sei mia madre, sono più grande di te e abbastanza vecchia da non prendere ordini da nessuno!".
Non le risposi. Aprii la porta e quello che temevo si materializzò davanti ai miei occhi. Oltre il cancello c'erano dei fotografi e dei giornalisti appostati. Avevano preso a scattare foto non appena avevo varcato l'uscio insieme ad Emma, che tenevo ancora per un braccio.
«Signorina De Curtis, suo fratello è in casa? Possiamo farle delle domande? Signora Lisi, com è il rapporto con il signor De Curtis attualmente? È vero che lui aveva una relazione con la sua ex dipendente, Caterina, e che questa è finita dopo che ha conosciuto lei?» .
Emma era rimasta pietrificata e io non ebbi altrettanto sangue freddo da correre in macchina. Mio padre ci aveva raggiunte alle spalle, insieme a Matilde e Bruno. Fu quest'ultimo a prendermi per mano e a coprire sia me che Emma fino alla mia auto.
"Ci penso io a Tommaso!", mi disse dandomi un bacio e facendomi una carezza.
"Torno stanotte...", gli dissi.
"Ti aspetto da me!", mi rispose.
"Bruno: trovalo! E non fargli fare cazzate!". Aprii il cancello con il telecomando e, a fatica, riuscii a passare in mezzo a quel mucchio chiassoso che continuò a scattare foto e fare domande attraverso i finestrini chiusi.
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