0.9 Quello Su Cui So Meno
Quando facevo teatro mi fu chiesto cosa ne pensassi dell'olocausto: alcuni rispondevano con lunghi monologhi e frasi sulla sofferenza. Altri risposero dicendo che se ne avessero avuto la possibilità avrebbero torturato nel peggiore dei modi ogni gerarca nazista colpevole; ma a che pro? io, invece, risposi:
"Be' che posso dire? Non c'è nulla che io possa dire. Sicuramente non è stato una cosa bella o educata da parte dei nazisti."
Tutti mi guardarono come straniti, ma nessuno disse nulla. Probabilmente sarò passato come un insensibile, ma in realtà non è per quello che ho risposto in quel modo. Semplicemente non penso di avere il diritto di parlare di una cosa come quella. È un argomento talmente complesso, terribile e difficile da affrontare che non sentivo le parole. Che diritto avevo di parlare su qualcosa che non ho minimamente vissuto. Potrei sforzarmi a capire, potrei provare a immedesimarmi e piangere al solo pensiero di ciò che è successo, ma non potrei mai capire quello che sono stati cinque anni di prigionia e tortura.
Non penso di poter parlare di ciò perché non potrò mai capire.
Io cerco sempre di non parlare di cose che non conosco, anche se, ovviamente, capita che io spari delle grosse cazzate su cose che non comprendo a pieno. Eppure ora voglio parlare di qualcosa su cui non so niente, o su cui so veramente molto poco. Non ho il diritto di parlare di un sacco di cose in realtà; ma parlo comunque.
Quest'argomento in particolar modo è uno di quelli che viene trattato e ritrattato da ogni individuo al mondo. Pure io una volta ne scrissi al riguardo in un mio racconto breve, ma non approfondii, anche se quello che volevo dire era molto evidente.
Comunque sia è d'amore che voglio parlare.
Come avrebbe potuto un romantico come me non affrontare un tema tanto importante?
Anche se ribadisco di non aver alcun diritto di poterne parlare perché non penso di aver mai amato qualcuno, se non alcuni membri della mia famiglia. A volte penso di non poter amare per nulla, o di non volerlo fare. Solo Dio sa quanto odi parlare di certe cose. Preferirei parlare di morte che di amore, visto che della prima almeno so qualcosa. Preferirei davvero non essere qui a scrivere ma lo sento nel mio petto qualcosa che mi scava dentro, e provare a fermare questa cosa come questa non sarebbe altro che un atto di disumanità. Quante cose che vorrei dire e che invece mi rimangono dentro per paura.
Proverò a dare un senso e a spiegare un po' meglio la mia situazione personalissima e stupidissimamente sciocca. Non c'è nulla di più stupididssimamente sciocco del parlare di ciò di cui non si ha idea.
Perdonami o Socrate!
Non è raro che io gioisca per cose talmente stupide da portarmi quasi imbarazzo. Eppure ci sono momenti in cui mi basta un niente per amare l'universo. Anche il solo versare il latte nel caffè e vedere il formarsi di stelle bianche su uno sfondo quasi nero mi dà soddisfazione. Osservo formarsi la Mia via lattea dentro un bicchierino e mi chiedo come tutto ciò sia possibile.
Ricordo di una volta che girando a vuoto per casa mia finii per trovarmi in cucina. E mentre mi giravo di qua e di là senza meta notai mia madre che, con sguardo quieto, si mise in punta di piedi per posare un piatto nella mensola. Subito mi sentii rasserenato.
Sono piccole cose come queste che mi ricordano di amare la vita.
Ma non posso non dire cosa penso sia l'amore. Io penso che l'amore sia un egoista senza ego. Difatti l'unico vero scopo dell'amore è realizzare sé stesso, e far in modo di esserci. Eppure lui non può esserci di per sé. Non può esserci senza qualcuno o qualcosa che permetta la sua esistenza. Per potersi realizzare ha bisogno degli individui, che ne permettano l'avverarsi.
Penso però che esso non sia qualcosa di così semplice da realizzare.
Un individuo è di per sé chiuso e difensivo. Noi stessi ci percepiamo in base a ciò che non siamo e per poterci percepire dobbiamo capire cosa non siamo ponendo delle "barriere" tra noi e il mondo. È nostra natura tendere verso un isolamento indesiderato e al contempo necessario. Questo nostro modo d'essere però non fa altro che bloccare la nostra capacità di comunicazione di noi stessi e perciò non fa altro che ostacolare il realizzarsi dell'amore. L'amore è perciò una condivisione di sé stessi, aprendosi agli altri e sperando che l'altro si apra a noi e, in un certo senso, diventare un tutt'uno con l'altro. Difatti in questo modo dall'annullarsi di due ego esso può esistere. In tal senso esso può definirsi un flusso in continuo divenire, proprio perché siamo noi stessi un flusso in continuo divenire. Cambiamo continuamente e perciò anche ciò che siamo e ciò che condividiamo e ciò che riceviamo cambia continuamente.
E non sto parlando di un semplice panta rei. Infatti se davvero tutto scorre allora anche ciò che fa si che tutto cambi è soggetto al divenire. Ma se ciò che permette il cambiamento mutasse, allora l'unico cambiamento possibile sarebbe il passaggio da un "far scorrere" ad un "non far scorrere", e perciò c'è bisogno di un principio immutabile. C'è bisogno di un essenza dell'amore proprio come c'è bisogno di una nostra essenza affinché possiamo essere ciò che siamo. Noi come l'amore siamo dotati di un essenza immutabile a cui attorno succede di tutto, permettendo così il nostro mutamento ma lasciandoci immutati.
In breve: tutto scorre, ma non per davvero.
Ma siamo davvero disposto ad annullarci per qualcosa che è altro da noi? Questo è un sacrificio necessario e che non tutti sono disposti a fare. Senza l'annullarsi di sé non si fa altro che gonfiarsi continuamente ripetendosi tra sé e sé ciò che si è e ciò che è per noi giusto facendoci marcire dentro. Facendoci credere che tutto ciò che non è come lo vogliamo noi sia sbagliato, e che gli altri non possano capirci. Si diventa burberi e, come spiegato nei capitoli precedenti, si finisce per soffrire della peggiore sofferenza. Essendo eremiti e astemi alla fiducia finiamo col divenire il peggiore dei narcisi.
Eppure anche i narcisi erano frutto di amore.
Ma che amore? Non è forse un amore vuoto quello? Inoltre cosa meglio di questo dimostra il primato dell'amore su ogni cosa. Primo sia alla sofferenza che all'odio. Eppure noi umani non possiamo amare senza soffrire.
L'assenza di un amore vero, comunque, diventa egoismo e autodistruzione chiusa in sé stessa. Per questo c'è bisogno di amare anche ciò che non si è.
Così, è riassumibile ciò che provo a contatto con il mondo. Non è per me difficile gioire per la struttura stessa della natura. E poiché non credo che l'universo sia dotato di coscienza, e ciò che provo (come con il caffé) non è altro che un mio aprirmi alla natura. Quella è una passione dovuta dall'incontro tra spirito e natura. Cosa che è collegabile all'arte. Eppure non è qualcosa che mi basta. Io desidero qualcosa che non sia solo ceca natura, la quale è aperta per sua natura. È facile fare ciò che faccio quando non implica nessun rischio. Inoltre una passione di questo tipo non è comunque reale. Non è data da una fusione ma da un semplice incontro. La natura non crea barriere da abbattere, o porte da aprire. E che vittoria sarebbe senza una battaglia che la precede?
La felicità è reale solo quando è condivisa giusto?
A tal ragione vorrei riuscire ad amare,
ma continuo ad avere paura nell'aprirmi agli altri. Io ci provo con tutto me stesso ma sembra che mi sia stata rubata tale capacità.
Penso che il mio modo di amare sia influenzato dal mio non sapermi aprire. In genere durante una relazione s'identificano due figure differenti la cui differenza, ovviamente, non è mai netta. Tali figure sono: chi si prende cura e chi riceve tale cura. Come ho già detto tali personaggi non sono mai distinti completamente e spesso sono più delle sfumature più o meno accentuate. La prima è rappresentabile da colui che fatica ad aprirsi e così compensa inglobando l'altro. La seconda è invece l'opposto speculare.
Queste in realtà non sono cose a cui penso spesso ma tutto ciò è nato da un mio singolo pensiero. Circa due anni fa provai qualcosa, forse un po' più di una cotta, e dopo aver ottenuto un romantico rifiuto passai avanti. Quasi un anno e mezzo dopo mi sono chiesto il perché del mio sentimento. Andando un po' a ritroso dentro di me e pensando ai miei atteggiamenti e alla persona in questione mi sono reso conto che io volevo dannatamente capire quella persona. Volevo provare a capire come fosse e perché fosse così. Provavo, insomma, a inglobarla e, poiché mi interessavo molto, a prendermene cura. Da queste cose sono nate le mie idee, e per questo mi identifico nella prima figura anziché nella seconda.
Ma perché tutto ciò? Non ne sono sicuro ma penso che il tutto sia riconducibile alla morte di mio padre.
Mio padre è morto circa dieci anni fa e la sua mancanza mi ha sicuramente influenzato sotto più punti di vista.
Freud diceva che ogni uomo cerca una donna che le ricordi la madre, in quanto ha dovuto lottare per le attenzioni di quest'ultima contro il padre.
Ogni uomo perciò cerca una madre, e perciò cerca qualcuno che lo "accudisca" in un certo senso.
Questa cosa la si può notare in molte cose, anche quotidiane. Per questo, nei matrimoni, è la madre ad accompagnare lo sposo sull'altare; da ora sarà compito della sposa prendersi cura di lui, e viceversa.
Comunque, penso che la mancanza di mio padre, e quindi di un avversario abbia annullato la lotta per un attenzione che una volta ottenuta è risultata vana. Sinceramente, non sono nemmeno sicuro di averle ottenute tali attenzioni. Mia madre non fu assente o anaffettiva, ma fu sicuramente impegnata. Quindi questa situazione ha fatto sì che io non cerchi una madre, bensì una figlia.
Sono diventato padre di me stesso e ora desidero qualcuno da "inglobare" o, in altri termini, di cui prendermi cura.
Ma nulla è così semplice. Perché è comunque complicato anche il capire cosa o perché o in che modo si ama.
Perché anche se è vero che noi siamo sicuri di essere noi. Possiamo dire di essere noi per gli altri?
Siamo come dei quadri in cui ognuno dipinge il nostro ritratto, e ogni ritratto è diverso e particolare. Ognuno ha un idea di noi che non corrisponde alla nostra immagine di noi stessi. Ognuno ci conferisce delle caratteristiche in cui possiamo non rispecchiarci o rispecchiarci in diversa misura. Siamo una persona diversa per ogni persona che conosciamo. In poche parole siamo uno, nessuno e centomila. A questo punto una domanda è inevitabile.
Ma che senso ha amare ed essere amati quando tutto, considerando la nostre non-identità, risulta niente di più. He un illusione?
Quando si conosce qualcuno, e lo si apprezza, lo stiamo davvero conoscendo? Stiamo solo costruendoci un'immagine di qualcuno, e noi conosceremo, ed eventualmente ameremo, quell'immagine. A questo punto tutto il senso dell'amore svanisce. Ogni atto passionale non diventa altro che un atto per qualcuno che non è chi quella persona crede di essere. Ogni volta che qualcuno ci dimostrerà affetto non lo starà dimostrando a noi ma a colui che lui identifica con noi. A questo punto anche il fare l'amore diventa tradimento. Fatelo con il vostro partner e traditevi a vicenda.
Il vostro partner non sta facendo l'amore con voi, ma con qualcun altro in cui voi non vi riconoscete. Se vedeste come vi vedono gli altri probabilmente non vi riconoscereste. Ovviamente anche voi non fate altro che mettere un bel paio di corna a colui che amate. Che senso ha adesso stare insieme ed evitare gli altri se state già amando qualcun altro? Su questo piano si può porre ogni emozione umana rendendo vana ogni nostro sentimento. Non hai davvero odiato la tua professoressa di matematica delle medie; hai odiato colei che hai deciso di attribuire al suo corpo.
Quest'illusorietà mi fa pensare che l'amore non sia altro che un costrutto sociale, per far funzionare la società, di cui ci siamo talmente convinti fino ad esserci dimenticati della sua vera natura. Forse è solo un qualcosa per darci una scusa per tutte quelle stronzate che l'essere umano ha sempre fatto. Ha ucciso per l'amore per "la sua" terra, ha torturato per amore della patria, ha rubato per amore della famiglia, ha creato dei cioccolatini da vendere come qualcosa di romantico per amore dei soldi. Quante volte anche ciò che c'è di più bello diventa una scusa per qualcosa di terribile.
Ditemi, se non aveste mai sentito parlare di amore mi sareste mai innamorati?
Me lo sono chiesto qualche volta, e per fortuna la risposta e sempre stata "sì". È qualcosa che si prova sin da bambini, prima ancora che i meccanismi che ora ci dominano possano imporsi su di noi. Per quanto ora esso sia mercificato, materializzato (il che è anche sensato essendo noi anche esseri materiali) e usato come scusante, è innegabile che esista e che s'imponga su di noi prima ancora che lo faccia qualcos'altro.
Tuttavia questo non cambia la questione della sua illusorietà.
Ma non è un relativismo quello che cerco. Alla fine anche se odiamo, invidiamo o desideriamo qualcuno, per quanto quel qualcuno non esista, il nostro sentimento sarà comunque reale. E poi, come ho detto poc'anzi l'amore sta in uno schiudersi a vicenda, e forse un amore è tanto più vero tanto quanto più la nostra idea di qualcuno è simile alla sua idea di sé stesso. Se non fosse così che senso avrebbe avuto tutto il mio discorso?
Nonostante tutto ciò anche lui può diventare un mostro, e perciò essere corrotto. Se la passione si manifesta da un annullarsi e un annullare a vicenda allora cosa succederebbe se uno dei due movimenti venisse a mancare? Se per esempio io volessi solo annullare l'altro allora il mio desiderio sarebbe quello d'impormi e basta nella misura più assoluta. Ma il grado più alto d'imposizione è il controllo sulla vita di qualcuno e perciò l'omicidio. In questo caso però nel momento stesso in cui la proprio affermazione raggiunge il culmine, ecco che essa svanisce. Nel momento in cui l'altro muore allora la nostra affermazione viene a mancare (proprio come colui su cui abbiamo prevalso). Lo stesso discorso ovviamente può farsi dal lato opposto, nel caso l'unica cosa desiderata sia il subire una totale imposizione.
Quando qualcosa si ottiene, essa svanisce immediatamente. Le cose ci sono perché non ci sono. Anche l'amore se è completo per un individuo allora si disfa, e infine diventa desiderio di auto-distruzione o di annientamento.
Tutto esiste poiché non esiste, e tra tutte le cose non esistenti l'amore è la cosa migliore che potesse esistere.
E che mondo sarebbe senza di lui? Sinceramente non voglio saperlo, e spero di non doverlo mai scoprire.
Posso solo sperare di riuscire ad ottenere qualcosa in più da lui così anche lui potrà ricevere qualcosa in più da me.
Sì, 'sto stronzo è tipo la Mafia.
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