0.5 Un Bambino
Vento che accarezzi la facce di questa vita
Portami i profumi della natura infinita
Portami gli odori della terra di compagna
In una spiaggia all'alba mentre sta bruciando legna
Luna lontana brillante lassù distante da sola nel blu
Sole gigante ti mostri ogni istante mentre sognante ti guardo da giù
Vita che ci dai questi momenti
Prendi i miei problemi e rendili trasparenti
Lui m' indicava luci di barche lontane
E mi diceva d' apprezzare quei momenti
Lo sai è solo cenere cenere questa vita qua
Lo sai è solo cenere cenere questa vita qua
Ma se tu vivrai
Non ti arrenderai
Io come ogni uomo sono unico
Vivo una sola volta e devo cogliere ogni attimo
Ogni secondo è l'ultimo in modo favorevole o no
Il mondo rende consapevole qua non ci sono favole
Devo reagire al massimo dell'energia che vive in me
Gasare il colpo basso che dà un illusione
La ragione mette le catene della convinzione
Solo con un forse posso aprire la visione
Per guardare ovvio c'è bisogno di pazzia
Volere è potere, ottenere energia
Quindi ogni respiro è l'occasione per provarci
Da quando ricevi un bacio a quando sei preso a calci
Lo sai è solo cenere cenere questa vita qua
Lo sai è solo cenere cenere questa vita qua
Ma se tu vivrai
Non ti arrenderai
Noi cenere eravamo e torneremo cenere
Intere ere saranno meno che zero
Anche se ogni impronta è destinata a scomparire
Devo vivere, vivere, prima di morire
Noi cenere eravamo e torneremo cenere
Intere ere saranno meno che zero
Anche se ogni impronta è destinata a scomparire
Devo vivere, vivere, prima di morire
- El Nigno, Cenere
Vi ricordate ancora di quando voi, amici miei, eravate dei semplici e stupidi infanti? Sappiate che non m'interessa. Qui stiamo parlando di me, mi avete presente si? Sono quello che vi sta parlando da un po' nel caso non ci abbiate fatto caso! Quindi smettetela di volere e di cercare continuamente tutte queste attenzioni, smettetela di sentirvi, anzi di porvi, sempre al centro di questo mondo che nemmeno provate a conoscere. Fate come se tutto girasse attorno a voi, quando difatti poi non siete nessuno. È così dannatamente facile mettersi al centro di un Universo che in realtà nemmeno ci considera, in modo da poter scaricare ogni colpa agli altri e in modo da allontanare da noi ogni responsabilità. Oppure siete di quelle persone che talmente si pongono al centro del quark all'interno del protone facente parte dell'atomo al centro di TUTTI GLI UNIVERSI, e perciò fate di ogni cosa una vostra colpa? È davvero così difficile per una volta, una sola volta, il concentrarsi su qualcuno che non siate voi stessi? Sappiate che non m'interessa nemmeno questo. Eppure non posso non chiedermi se voi, e io, non siamo sempre stati così...
Mi chiedo se in me sia cambiato qualcosa da quando ero bambino. E ora come ora sto provando a concentrarmi per ricordare il periodo risalente alla mia benedetta infanzia. Solo, e semplicemente, ribadisco, per chiedermi se sono sempre stato così come sono ora. Non so da dove cominciare... Ho sicuramente avuto un infanzia bella, se pur con le mie difficoltà, ma sono così superficiale e deficente da lamentarne. So certamente di essere cambiato rispetto ad allora, ma non so bene in cosa.
Non sono sicuro di poter dire per certo cos'è che non mi rende più un bambino, visto che l'età è solo un numero, e se non mi credete potete anche chiederlo a chi soffre della sindrome di Peter Pan. Mi ricordo che da bambino (e questo non è cambiato) avevo problemi a relazionarmi con persone più grandi di me, quando infatti arrivavano a casa mia amiche dei miei o parenti io non riuscivo a parlare con nessuno e mi sentivo molto in soggezione.
Penso che questo sia dovuto al fatto che mia madre ci teneva molto a far bella figura quando c'erano ospiti e quindi voleva apparissimo nella maniera più rispettosa possibile.
Cosa che di fatto non accadeva mai visto che io e mio fratello non facevamo che continuare a litigare per i più stupidi dei motivi. Mi ricordo una volta in particolare che litigammo perché ricordavamo diversamente il costume di Robin in uno dei film di Batman, e tutto ciò perché uno dei nostri giocattoli di Robin secondo uno di noi era colorato male. Può esistere un motivo più scemo per litigare? No perché se esiste io davvero non riesco a pensarlo. Nonostante avessi questo problema con gli adulti, riuscivo a trovarmi sempre bene con i miei coetanei, non tutti certo, ma con molti si. Non so nemmeno come facessi a legare a quei tempi, non ho ricordo di nessun primo incontro di quando ero bambino. Ora come ora invece sono quasi arrivato ad elaborare dei metodi per socializzare.
Eppure il problema con gli adulti me lo sono portato dietro fino ad ora e non riesco proprio a liberarmene... Si perché per quanto io provi ad essere come sono con i miei parenti, non ci riesco. Quel rispetto che dovevamo dimostrare mi ha portato a chiudermi in me quando sono con i miei parenti specialmente.
Ormai con il tempo i miei parenti hanno costruito su di me l'immagine di un bambino indeciso, timido e sciocco, e di questa figura che mi è stata attribuita ormai non riesco a liberarmene, e fidatevi che ci ho provato. E questo non ha fatto altro che allontanarmi da loro, da persone che io avrei dovuto amare e per le quali provo molto poco. So che non dovrebbe essere così (eh ma questo è un costrutto sociale e bla bla bla. Me ne ste altamente fregando), e ci soffro ancora di più perché sembro essere l'unico nella mia "famiglia stretta" a pensarla così. Il giorno della vigilia, a Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua e a tutte le altre feste non ho fatto altro che sentirmi a disagio, come in mezzo a tanti estranei che mi vedono come il figlio venuto peggio di mia madre (e forse è davvero così). E tutt'ora continuo a sentirmi così, come se ogni volta che mi guardassero, non vedessero altro che uno spilungone senz'anima, che esiste senza un reale motivo, solo perché si.
Questo è qualcosa che provo più con altri parenti rispetto che con altri, ma anche con quelli che mi odiano meno (anche se probabilmente non mi odiano davvero) non mi sento libero... Non mi sento me. È come se fossi intrappolato, incatenato, in uno stanzino stretto, buio, asfissiante e claustrofobico dal quale non posso uscire... Come se addosso avessi una corazza terribile che mi copre e che non posso sfilarmi in alcun modo, e, in essa ogni mio sorriso è una smorfia, ogni mio movimento è goffo, e dalla quale ogni mia parola ne esce distorta e meccanica. Ed è a causa di ciò, di questa distanza che sento tra me ed i miei parenti che non riesco a legarmi a loro come vorrei, o affatto.
Mi sento a disagio e che cazzo.
E a peggiorare il mio sentirmi tale tra loro, e il mio sentirli in tal modo, c'è stato il fatto che io sono cresciuto con un idea di famiglia unita, e perciò mi sono sempre sentito in dovere di amare quegli sconosciuti che tutt'ora chiamo "parenti".
Il fatto di non riuscire ad adempiere a questo "mio dovere" non ha fatto altro che farmi sentire ancora più in soggezione tra loro, allontanandomi ancora di più da delle figure che già a malapena vedevo. Nonostante questo continuerò a provare e a cercare di uscire da questa corazza (dalla quale forse sto cominciando ad uscire), e magari col tempo potrei legarmi e provare un affetto sincero nei loro confronti, e non una semplice sottomarca della cortesia che ormai mi è tipica. Non so nemmeno se davvero mi vedano così o se sono io così che mi figuro così nelle loro teste perché mi sento a disagio fra di loro... Insomma sono solo un po' complessato.
I problemi, ovviamente, non sono mancati nemmeno nella famiglia stretta, difatti è colpa loro se adesso sono così ossessionato dal dire la verità. Cosa che, tra l'altro, in famiglia sembrano non aver capito, e forse non voler capire. Infatti quando ero piccolo forse ero veramente bugiardo. Magari mentivo più del dovuto (e non mi ricordo nemmeno di essere stato così tanto codardo) ma le bugie che dicevo erano cretinate essenzialmente. Idiozie che tutti i bambini dicevano oppure giustificazioni per aver sbagliato qualcosa o per aver perso. Potrei aver detto di aver visto Babbo Natale i Spider-Man dalla finestra o cose così, o potrei aver detto di essermi nascosto in un posto in cui non mi ero nascosto mentre giocavamo a Nascondino solo per non ammettere di essere stato visto (poiché odiavo perdere).
Ma capite bene che in fondo le mie erano semplici idiozie che ogni bambino diceva da bambino, no? Eppure per queste cose hanno cominciato a dire che ero un bugiardo (più che altro un "minchiataro"), e col tempo questa cosa si è talmente consolidata che pure se le inventavano queste mie uscite, ma essendo che io ero un bugiardo, a detta loro, col tempo alcune storie fittizie sono diventate "vere". Si crearono così alcuni miti che sinceramente m'annoia raccontarvi perché non mi va proprio di preparare l'impostazione per spiegarvi i vari racconti. Tuttavia se questa situazione si fosse limitata solamente nella mia famiglia magari le cose non sarebbero così adesso (e non che non mi vadano bene come stanno), ma la cosa si è andata ad espandere anche tra i miei amici alle medie. "Eh ma se le cose sono andate così magari la colpa è davvero tua!"
1) Non ho mai detto che da piccolo non fossi bugiardo, ho solo detto che non lo ero tanto quanto lo credessero i miei familiari.
2) Se la cosa si espanse fra i miei amici fu soprattutto a causa di un evento particolare che tra l'altro non è nemmeno colpa mia.
Praticamente mia fratello aveva letto una di quelle mille mila fake news che di norma si leggono su Facebook, e perciò mi venne a dire che aveva letto della morte di John Cena (un famoso wrestler), e ovviamente sconvolto dalla tremenda notizia corse da me potermi raccontare del nefasto e terribile evento. Io inizialmente non ci credevo ma poi mi convinse dicendomi che c'erano le foto e che c'era stato il funerale e tante cose così. Quando poi lo raccontai ai miei amici, sicuro che quello che avevo saputo era vero, si venne a sapere che era solamente una cretinata.
Dio mio, dopo quella cosa non potevo sbagliare a dire una cosa che risultava essere un bugia, pure se magari (come spesso accadeva) era solo mal' informazione. Per esempio, una volta mi avevano detto che in realtà si dice "antepasto" e non "antipasto" visto che il prefisso "ante" vuol dire "prima", e perciò la maniera corretta per dirlo era antepasto (ovvero, prima del pasto, che poi il significato è sempre quello). Ora, vedete anche voi con chiarezza che quella voce (pur se erronea) si fonda su una certa logica e sembra anche plausibile come cosa no? Be' quando alla fine si seppe che anche questa era una cretinata, la cosa continuò. Come se le mie fossero menzogne, certo possono essere cose non vere, ma io non potevo saperlo! Se mi avesserò insegnato che 2+2 facesse 5 e io avessi detto così non sarebbe stata una bugia, perché per me quella cosa corrispondeva al vero!
Se invece avessi detto di avere una fottuta PlayStation diciannove in garage solo per fare un po' il galletto allora quella si che sarebbe stata una bugia, perché io avrei certamente saputo di non avere una PlayStation diciannove in garage. Quello che difatti ho detto poteva non corrispondere al vero, assolutamente, ma di sicuro non era una bugia. Io non sapevo che ciò che dicevo non corrispondesse al vero, e pure se io provassi a spiegare questa cosa, nessuno mi ascoltava o facevano finta di non ascoltare, o forse proprio non mi capivano. Non lo so, ma questa serie di sfortunati eventi mi provocava un nervoso incredibile e così, a circa quattordici anni, ho deciso che avrei sempre provato ad essere il più sincero possibile. Mi sono promesso di dire sempre la verità. Ovviamente non è che io abbia detto sempre la verità, certo che ho mentito, anzi, nonostante io provi ad essere il più sincero possibile, non posso fare altro che sentirmi un falso, un bugiardo, per davvero però...
Ma ancora una volta di questo parlerò meglio dopo. Comunque, nonostante io mi sia impegnato, ovviamente quella figura del bugiardo, del menzognero, del professatore di falsità, del buttafuori della verità, dell'assassino del vero, del sicario di ciò che è realmente, mi rimase appiccicata addosso per anni, e sembrava non esserci modo affinché questa maleodorante veste che mi si era attaccata alla pelle, potesse togliersi e allontanarsi da me. Tutt'ora, all'età di diciannove anni non sono completamente riuscito ad abbattere quella brutta idea che si erano fatti di me. Un idea che pensavo ormai radicata in loro in maniera tale che niente potesse estirparla dalla loro mente e riporla CON VIOLENZA nella spazzatura della memoria.
Come ho già detto, per anni io sono stato nella loro testa un bugiardo, anche dopo la promessa che io avevo fatto a me stesso. D'altronde non potevano mica cambiare idea così da un giorno all'altro, ma piano piano le cose migliorarono. Ora come ora quella veste mi viene talmente larga che non possono più farmela indossare (o quasi), e quando capita che rievocano ancora quella situazione come se fosse ancora in atto non posso fare altro che incazzarmi, pur non sapendo sinceramente come difendermi da tali accuse, visto che in genere più che accuse sono solo parole tirate al vento, che poverino è sempre preso di mira da chi non sa cosa dice.
Ribadisco che ormai la situazione è quasi inesistente, e ciò non può che pormi davanti un altra domanda: "Ora che sono libero da quella figura attribuitomi tempo fa, potrei forse cominciare a mentire senza riguardi, visto che nessuno ormai pensa più che io sia un bugiardo? Magari volevo solo ottenere questa veste, non tanto perché volessi indossarla ma soltanto per poter buttare la vecchia. E se le cose fossero davvero così, quella veste di cui spero di essermi liberato non tornerebbe forse dall'oltretomba per potersi riappiccicare a me come un parassita?
Inoltre come posso sapere di non essere tutt'ora un bugiardo? Perché è vero che mi sforzo di dire il vero eppure sono molte le cose che non mi rendono altro che un falso essendo io un umano dotato di una psiche, che per natura tende a proteggersi ponendosi da sé in ingarbugliatissimi inganni interiori che poi la nostra coscienza proverà a svelare, come se già non avesse tutte le chiavi necessarie per smentire quelle bugie create da noi esclusivamente per noi? Inoltre non è anche questa una menzogna o un imbroglio? Non è forse una bugia quella della nostra mente attua a svelare i suoi stessi segreti che già conosce e che perciò tutte queste mie congetture non sono altro che finzioni della mia mente?
Probabilmente non potrò mai conciliarmi e inoltre non posso che chiedermi se una conciliazione sia possibile. Ma adesso sto mettendo troppa carne sulla brace rischiando di lasciare ogni cosa troppo cruda e senza sapore.
Queste però, come molte altre, sono domande a cui potrò dare risposta solo continuando a vivere (e forse nemmeno vivendo troverò mai risposta), ma spero sinceramente di non essere tanto inconcludente e di continuare a pormi quella promessa di fronte. D'altronde ogni volta che sto per mentire sento già nella mia testa una voce che mi grida di non farlo, e così quando decido di mentire aspetto almeno un secondo prima di poter rispondere. Devo valutare il perché stia mentendo e se ne vale la pena (e questo non succede spesso).
Arrivato a questo punto noto che io con il tempo non sono mai cambiato veramente, ho solo conosciuto meglio condizioni e cause di miei eventi e comportamenti, e quindi in fondo se da quando sono un bambino, poco o nulla è davvero cambiato se non nell'aspetto o nel fisico allora può darsi che io sia tutt'ora un bambino. Insomma, essere bambini non è qualcosa che riguarda solo il tempo giusto? Continuo così a rievocare chi soffre della sindrome di Peter Pan, chiedendomi tra l'altro se un rapporto con uno di loro sia pedofilia… ma non entriamo in buchi neri appartenenti a galassie che non ho intenzione di esplorare. Perché se l'essere bambini è una condizione mentale allora chi mi dice che io non sia rimasto tale? Cos'è che mi rende un fanciullo?
La risposta che sento mi viene dal petto e non dal "Gulliver", infatti sento come un qualcosa che mi spinge a pensare che a renderci infanti sia la curiosità e una certa quantità di gioia, la quale ovviamente è presente in diversa "quantità" in ogni bambino, infatti come ho detto prima anch'io certe volte ero un bambino spento, ma ogni bambino, se è solo o con chi gli aggrada, esprime gioia e una certa voglia di conoscenza, sicuramente dovuta alla mancanza di esperienza. Si vedono spesso bambini fare cose senza senso anche solo per curiosità come ad esempio mettere quante più cannucce possibili in una lattina e poi provare a succhiare da tutte allo stesso tempo. E poi chi da bambino non ha provato a fare qualcosa che molto probabilmente gli avrebbe fatto male, solo per curiosità, come quando si passava il dito sul fuoco dell'accendino.
Penso che l'esser bambini sia qualcosa che è in noi e che in un certo senso sarà in noi per sempre. Penso che essere bambini sia qualcosa d'indipendente dal tempo. Mi rendo conto di quanto quest'ultima parte sia molto meno chiara e specifica di quanto non lo sia stato poche righe prima, ma questi, come ho detto, sono pensieri che mi vengono dal petto e non dalla mente, e per quanto mi sforzi nell' esaminarli razionalmente non trovo nulla di particolare, ed inoltre provo quasi paura a razionalizzare qualcosa che sento così dentro di me... Tuttavia ci proverò, pur sapendo che il risultato non sarà altro che una serie di considerazioni banali ed ovvie. Potrei infatti che l'essere bambino sia gioia e curiosità poiché:
1) Essendo dei nuovi arrivati su questo pianeta, riceviamo tramite i sensi tantissime sensazioni, sia belle che brutte e perciò il nostro cervello ancora inesperto e non ancora autoprogrammatosi per elaborare degli schemi di difesa dal mondo, ci spinge a desiderare altre esperienze per poter conoscere meglio il mondo che ci circonda, ed è sicuramente a questo che si deve la curiosità tipica di un bambino.
2) Inoltre, essendo in quel determinato lasso di tempo noi dei neofiti della vita non abbiamo paure, o quasi. Infatti è provato che le uniche 2 paure innate sono la paura dell'altezza e quella dei rumori forti (che il nostro cervello avrà sicuramente categorizzato ancora prima della nostra venuta al mondo come segnale di pericolo). Essendo quindi un bambino privo di esperienze e quasi privo di paure, esso non ha motivo di essere né triste né spaventato (certo almeno che non nasca nel mezzo di un bombardamento sul pizzo di una torre di 500 metri di altezza). Ed essendo perciò privi di motivi che ci spingano ad emozioni negative (il pianto subito post-parto è dovuto al cambio di habitat dall'utero materno ricco di liquidi, al mondo esterno), non ci rimangono che emozioni positive da manifestare, e che si spera il mondo esterno ci aiuti a manifestare tramite delle esperienze piacevoli.
Avendo razionalizzato tutto questo mio pensiero non posso che essere ancora più convinto di quello che dicevo prima, pur avendo io tralasciato molte cose.
In questo momento sto bene, e facendo riferimento al testo iniziale del capitolo, vi spingo mio caro lettore, a vivere bene la vostra vita cogliendone anche i più piccoli piaceri, ritrovando il bambino che è in voi... Tanto alla fine saremo tutti solamente cenere.
FOTTUTO PASCOLI
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