40 | epilogue

Un anno dopo...

Nella vita tutti commettiamo errori, alcuni stupidi, alcuni seri e altri anche irrimediabili. Ciononostante, dipende tutto dalla nostra forza di volontà di rimediare al danno fatto e io, fortunatamente, ne avevo tanta: ho lottato per riprendere mia figlia che ho scoperto trovarsi nell'orribile sistema da un paio di mesi, perché la famiglia adottiva non la voleva più. Mi sono sentita ancor peggio a quella notizia e non ho esitato nel richiedere l'affidamento, che successivamente il giudice mi ha concesso. E adesso non credo d'essermi sentita, mai prima d'ora, così calma e serena grazie a mia figlia, sebbene inizialmente non mi chiamasse ancora mamma e fosse riluttante su qualsiasi contatto affettivo, come un abbraccio o un bacio, ora é completamente a suo agio con me. Ho perso cinque dei suoi dannati anni e non potrò mai più recuperarli e nemmeno perdonarmi per ciò. Sono stata egoista e vigliacca, e lei di certo non se lo meritava.

"Mamma, ho finito di fare la cacca!" mi avvisa dal bagno e io, ridacchiando, la raggiungo e le lavo il fondoschiena per poi asciugarla e aggiustarle i vestiti.

"Adesso andiamo al parco?" si lamenta, correndo verso la porta, pronta ad avviarsi, mentre io continuo a ridacchiare per la sua vivacità.

"Sì, adesso ci andiamo, Juliette. Prendi la tua felpa, che io cerco le chiavi." le ordino mentre frugo nella mia borsa che pare contenere qualsiasi cosa fuorché le chiavi. Odo i suoi passi pesanti che battono sul parquet di legno scuro e mi appare davanti sventolando le chiavi di casa con un sorrisetto furbo. Le strizzo una guancia e la ringrazio quando me le porge.

Insieme usciamo dal nostro appartamento e ci incamminiamo verso il solito parco dove ci sono tutti i suoi amici; mi supera e io non posso far a meno che ammirarla e raccomandarle di non allontanarsi troppo. Ha quasi sei anni ed é facilmente deducibile dal suo minuscolo corpicino. Ha le mie iridi verdi e, purtroppo, i capelli bruni di quel coglione di suo padre che non può essere definito tale, dato che non si é minimamente interessato alla mia richiesta di affidamento. Juliette ha un carattere vivace ed é fin troppo amichevole; saluta persino i barboni come se fossero amici d'una vita passata. Tutto sommato però, é una bella e brava bambina, seppur abbia ereditato da me la testardaggine.

Mi siedo su una panchina, tenendo comunque d'occhio la mia piccolina, che gioca serenamente con i bambini sulle altalene e sugli scivoli, e mi perdo tra frustrazioni e rimorsi, non essendoci nessuno in grado di distrarmi.

Rimugino ancora sull'anno precedente, precisamente sul momento in cui ho lasciato andare quel che probabilmente sarebbe stato davvero l'amore della mia vita, quel che mi ha fatta sentire viva, quel che mi faceva perdere le staffe, ma che comunque amavo. Quello stupido uomo conosciuto nei peggiori dei modi.
Mi viene da ridere e piangere contemporaneamente al solo ricordo.

Non ci sono state più notizie sulla presunta ragazza che frequentava, ossia me, dopo che lui stesso aveva affermato di non vedere nessuno perché troppo impegnato nella sua carriera da atleta, e seppur fosse un bene che non avesse parlato di me, mi faceva male il fatto che considerasse quella sottospecie di relazione, non degna d'essere pubblica, anche se io in primis avevo rinunciato alla sua proposta di fidanzamento.

Di punto in bianco, le grida di mia figlia mi distraggono e mi affretto a raggiungerla per vedere che cosa é accaduto.

"Mi ha spinta quel bambino!" addita un bambino della sua età che ora come ora, si sta dirigendo verso di noi insieme ad un uomo – suppongo suo padre. Indolente, ripongo la mia attenzione su Juliette, aiutandola ad alzarsi e a pulirsi i jeans. Le asciugo le lacrime e le sussurro che va tutto bene, che sicuramente non l'ha fatto apposta. Sono talmente concentrata a confortare mia figlia, che non m'accorgo nemmeno che i due di prima, si trovavano già alle mie spalle e solo nell'istante in cui odo una voce bassa virile, che lo scopro e mi pietrifico.

"Jacob, chiedi scusa alla bambina!" urla in rimprovero.
Avrei riconosciuto la sua voce anche se fossero passati settant'anni.

Senza voltarmi, prendo in braccio mia figlia e incomincio ad incamminarmi lontano per non farci notare, più che altro me, dietro ad un albero, rendendomi, però, piuttosto ridicola.

"Mamma, a me mi doveva chiedere scusa!" obietta la brunetta tra le braccia mentre la metto giù e le impongo di non muoversi. Poi mi sporgo per controllare se mi sbagliassi, ma della sua figura, non v'è più traccia, così come del bambino.
In un primo momento sospiro dal sollievo, ma subito vengo fermata dalla sua voce.

"Stai cercando me?" domanda facendomi sussultare per lo spavento e cadere a terra. Sposto lentamente la mia attenzione dai suoi piedi fino al suo viso e tutti i sentimenti che ho provato a reprimere, a seppellire, a dimenticare, riemergono in un solo colpo, stravolgendomi come solo l'onda energetica di Dragon Ball, può fare.

Non é cambiato; forse si é alzato ancora di più, cosa che mi fa solo sbuffare, ma é rimasto l'uomo immaturo di cui mi sono innamorata persa. Apro la bocca, ma da essa non esce alcun suono. Sono alla ricerca delle parole esatte e nella mia testolina volano già differenti domande, ma la prima che riesco a pronunciare é:"É tuo figlio?!"

"No," sghignazza, già convinto che avrei posto quella domanda "É di Aaron, mio fratello." mi informa e tiro un ennesimo sospiro di sollievo, perché per un attimo ho creduto che fosse già sposato, impegnato con dei figli.

"Allora, vuoi alzarti e abbracciarmi o rimanere lì per terra come una cretina?" inarca un sopracciglio, ma non faccio in tempo a ribattere che Juliette, la quale s'era allontanata di pochi passi da noi, ha interrotto la nostra conversazione.

"Mamma, Jacob mi ha chiesto scusa e siamo fidanzati innamorati adesso." annuncia e a me fuoriescono gli occhi dalle orbite, del tutto sconvolta. Ma che va dicendo questa?

"Juliette!" sbotto sbalordita, ho quasi paura mi venga un infarto per tutte queste novità, non si era mai comportata così con un bambino, e quando mi giro per guardare Jason gli trovo un ghigno sul viso, che mi fa solo arrossire.

"E tu chi sei?" mi ignora e si volta verso Jason, che la guarda un po' confuso, non sapendo esattamente cosa rispondere.

"Sono Jason, un amico di... tua mamma."

"Ah okay." e con una alzata di spalle, torna a giocare assieme al nipotino di Jason, permettendo a noi di parlare. Mi tiro su e mantenendo una grandissima distanza, rimanendo muta.

"Quindi... Juliette?" domanda, naturalmente non avendo idea di cosa fosse successo dopo aver messo fine al nostro rapporto.

"Sì, ho richiesto l'affidamento." lo informo e lui sorride dolcemente, capendo quanto sia importante per me averla nella mia vita.

"Mi fa piacere, sembra una bella bambina." ammette e non posso far altro che concordare, dato che è la cosa più bella che io abbia mai fatto, e prima, purtroppo, non me ne sono resa conto.

"Sì, lo é anche se é nata testarda." ridacchia alle mie parole, affermando un "Tale madre tale figlia, no?" che mi porta a lasciargli uno schiaffo sulla spalla, in modo giocoso.

"Ehi!" borbotto contrariata, cercando di reprimere il sorriso che mi sta crescendo sulle labbra.

"Okay, okay, scusami." ricambia il mio sorriso, prima di guardarsi un attimo intorno, probabilmente per vedere i bambini.

"Tu che ci fai qui? Non dovresti essere in giro per il mondo?" domando, cambiando argomento e subito mi spiega cosa è successo per portarlo qui.

"Abbiamo perso a Manila, nelle Filippine e quindi siamo tornati qui circa due mesi fa." pronuncia, ma rimango comunque confusa, perché qui, se la sua casa è a Las Vegas?

"Okay, ma perché qui a San Francisco e non a Las Vegas?" detto fatto, dò vita ai miei pensieri.

"Loro sono a Las Vegas, io sono qui perché Aaron si é trasferito qui con la sua compagna e suo figlio." mi dice, e faccio un semplice cenno con la testa, facendogli intendere che ho afferrato il discorso.

"Mi sei mancata, sai?" commenta, poco dopo, e quasi non cado a terra nuovamente, avvampando.

"Adesso lo so." esclamo, cercando di mascherare il mio imbarazzo.

"Ricordi quando ci siamo baciati in piscina? Oppure la festa dove abbiamo giocato a fear pong? Quanto ho amato quelle giornate. Per non parlare di quel che abbiamo trascorso a Las Vegas." rammenta i ricordi, e sento un tuffo al cuore al pensiero. Ancora se ne ricorda? Okay che ci troviamo a distanza di un anno da quelle meravigliose giornate, ma non so, un ragazzo che rammemora non é comune.

"Smettila." lo fermo, non volendo continuare questa conversazione, che fa solo male ad entrambi.

"Di fare cosa?" chiede spaesato.

"Di fare questo." gli rispondo subito, distogliendo lo sguardo dal suo, per portarlo dietro di me, a controllare mia figlia.

"Questo cosa?" continuare a blaterare, e alzo gli occhi alla sua stupidità.

"Annegare nei ricordi." borbotto, fissando gli occhi nei suoi e perdendomici, come una volta.

"Le cose belle vanno ricordate." mi strizza l'occhio, e, anche se vorrei negare, dicendo che non lo sono, non ci riesco. Direi solo bugie.

"E il modo con cui sono finite invece no?" sbotto fulminea, e lui mi lancia uno sguardo di scuse.

"Avevamo entrambi delle cose da risolvere, non sarebbe funzionato... tra di noi." spiega, prima di affermare:"Io aspetto ancora l'abbraccio."

"Mettiti comodo allora, arriverà tra mai e i tuoi sogni." tiro un sospiro al suo scarso tentativo di sviare il discorso.

"Cazzo, ci siamo appena ritrovati e mi tratti di merda, come sempre!" assume improvvisamente un cipiglio strano, prendendomi un po' alla sprovvista, e facendomi arretrare di qualche passo.

"Oh, scusami se non ti sono saltata addosso, ma non non mi sono preparata psicologicamente a questo possibile ritrovamento. Onestamente, avevo perso le speranze di ritrovare l'uomo, che mi ha spezzato il cuore, ma che ancora amo, in carne ed ossa davanti a me!" impreco contro di lui e contro di me, appena mi rendo conto di cosa ho letteralmente urlato. Vorrei prendermi a schiaffi perché ciò che adesso si presenta dinanzi a me, é un fottuto Jason Kent che sorride come un ebete.

"Tu cosa?" inarca un sopracciglio sebbene sapessimo entrambi cosa fosse uscito dalla mia stolta bocca. Fa un passo in avanti, ma io distendo le braccia per fargli capire che non é una buona idea accorciare la distanza tra di noi, dato che é dall'inizio che tento di non stuprarlo in questo parco.

"Niente, lascia perdere. Io e Juliette dobbiamo... rincasarci, ciao." lo saluto frettolosamente, ma mi si para davanti impedendomi di scappare. Mi sforza a guardarlo, prendendomi col pollice e l'indice il mento e io mi perdo e dimentico tutto quanto come una tredicenne innamorata.

"Cos'hai detto?" prova ancora, e decido di confermare, anche se ero sicura ne fosse già a conoscenza.

"Jason, abbiamo chiuso tanto tempo fa." emetto un verso di lamento sapendo che una mossa stupida non é quello di cui ho effettivamente bisogno, ma a quanto pare lui non é della mia stessa opinione, dal momento che mi cattura il viso con le mani, contatto che mi fa venire i brividi sul corpo, persino dove non credevo potessero esserci... e poi ecco la mossa stupida: mi bacia, contatto che, invece, mi uccide.

"Ti ho cercata all'hotel" soffia sulle mie labbra, "Ti ho pensato da quando ho messo fine al nostro rapporto." e poi il suo tono si spezza. Una lacrima gli sfugge e percorre la sua guancia destra, ma non se ne vergogna, anzi, mantiene il sorriso malinconico sulla sua faccia. "Ti ho amata giorno e notte, sempre e di più da quando ti ho lasciata, e ti prego, perdonami se ho agito come un coglione usando la scusa del basket." termina supplicandomi, con il labbro inferiore tremolante.

Non so esattamente cosa rispondere, non so cosa sia giusto o sbagliato, non so se a Juliette questo andrà bene, non so nulla a parte che lui e mia figlia sono le uniche persone che voglio nella mia vita.

"Ho una figlia, ricordi?" sposto un attimo la mia attenzione su di lei che sta urlando di gioia sul quel motorino per bambini attaccati per terra.

"Sì e non vedo l'ora di conoscerla." confida tenendo l'eccitazione per sé. Ci rifletto un po' su e poi affermo:"A lei piacciono i barboni, andrete sicuramente d'accordo." commento scherzosa perché questa conversazione è divenuta fin troppo smielata e seria, ma una volta ottenuto una smorfia da parte sua, torno in me e finalmente esprimo esplicitamente i miei sentimenti:"E comunque, ti amo anche io."

Le mie gote diventano un poco rosse, ma a mettere a parte il mio imbarazzo é lui che mi fa palpitare il cuore e mi manda in tilt il cervello, baciandomi una seconda volta, come se fosse sempre la prima.

"A quanto pare, mi sbagliavo." si interrompe, "É arrivato il nostro momento."

N/A
Ciao lettrici amate! Che dire? Questo é l'epilogo🙈
Io e hedaxblake non realizziamo ancora questa cosa ahaha

Non ci dilunghiamo molto perché vorremmo farlo nel capitolo dei ringraziamenti e anche perché non é esattamente la fine questa. Prima che ce lo chiediate, vi informiamo che non ci sarà un sequel, ma pubblicheremo dei capitoli extra quindi non archiviate ancora questa storia😏

STAY TUNED!!!






p.s. vi amiamo anche se ci avete minacciato durante l'andamento dell'intera storia x

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