26 | in your arms

Avete presente quando andate a dormire la sera e pensate alla giornata appena passata, e vi ripetete continuamente che potrebbe andare meglio?
Ecco, forse è per quello che adesso mi ritrovo qua dentro, rinchiusa in una cella con uno dei più bravi giocatori di basket di questi anni. Però non è andata meglio, anzi tutto il contrario.

"Tenga e beva, non posso darle pillole per il post-sbornia." l'agente di guardia mi porge una tazza di caffè, sbucando da dietro le sbarre, prima che potessi realmente svegliare il principino.

"Io non ho bevuto." confesso, ricevendo una sua scrollata di spalle.

"Di sicuro servirà a lui." fa cenno con la testa indicando il corpo, quasi senza vita, di Jason e io non posso far altro che essere pienamente d'accordo con lui.

"Grazie." mormoro, prendendo in mano la tazza e mi avvicino verso Jason, comodamente steso sulla specie di letto a castello presente nella cella, interrompendo il suo letargo.

"Svegliati." lo scuoto, cercando un suo minimo cenno di vita, che puntualmente non ricevo.

"Altri cinque minuti, mamma." pretende, girandosi dal mio lato e avvolgendo le sue braccia intorno alle mie gambe, poggiandoci poi la testa, come se fossi un cuscino.

"Alzati." dico a denti stretti in risposta, ricevendo una stretta ancora più forte sulle mie gambe.
Cerco in tutti i modi di allontanarmi, e finalmente ci riesco nel momento in cui Jason lascia la presa su di me, aggrappandosi però alla tazza, ancora tra le mie mani, facendo sì che il liquido caldo (nON PENSATE MALE) che contiene, si versi sul suo petto nudo, nel momento in cui un suo urlo strozzato smorza l'aria pesante della cella.

"Ma che cazzo!" si alza di botto, sbattendo la testa contro il letto di sopra, imprecando nuovamente.

"Almeno sei sveglio ora." sorrido divertita e fiera io, e lui mette in mostra il suo fantastico dito medio.

"Sveglio sto gran cazzo, mi spieghi perché avevi del caffè in mano? E perché siamo in una fottuta cella?" sbotta, colto di sorpresa, mentre io non vorrei far altro che sbattere ripetutamente la sua testa contro il muro.

"Dovresti saperlo, sei tu che hai causato questo casino." puntualizzo io piccata, e lui mi guarda come se fossi un alieno, sceso sulla terra.

"Perché sono mezzo nudo e perché hai la mia camicia?" indaga malizioso e curioso immaginando giá l'impossibile.

"Non abbiamo avuto alcun tipo di rapporto sessuale, per mia grande fortuna." gli passo la tazza affinché beva il caffè rimanente.

"Non ancora perlomeno," sorseggia, "Non mi ricordo nulla." si gratta la nuca imbarazzato e nella mia testa appare la scena di una me che gli stacca le palle. Le mie labbra lasciano un sospiro e, sedendomi  sulla panchina di cemento dall'altro lato del letto, gli faccio un riassunto dell'accaduto.

"Dopo che mi hai elegantemente vomitato sul mio bellissimo abito, ho incominciato a guidare verso casa, seguendo le tue indicazioni, che però ci hanno portati ad una piazza, che costituisce una fontana, dove tu hai avuto la geniale idea di spogliarti e farti il bagno, richiamando le attenzioni di tutti i presenti. In pochi minuti le manette era intorno ai nostri polsi." spiego tutto, nei minimi dettagli ed un'espressione di scuse gli dipinge il volto.

"E no, non propinarmi scuse squallide. Non so perchè tu ti sia ridotto in tali condizioni e non mi interessa. Voglio che mi fai uscire da qui dentro." continuo, prima che una singola sillaba possa uscire da quella maledetta bocca.

"Probabilmente il mio manager sa già tutto e mi ucciderà con le sue stesse mani." si dispera lui, mentre io sto zitta, evitando di evidenziare nuovamente che la colpa è solo sua.

"Hai chiamato qualcuno?" chiede ed io lo insulto mentalmente per la sua stupidità, imprecando anche verso Theo che non ha risposto.

"Si, ho chiamato quel coglione di Theo, che sta sempre con quell'affare in mano, tranne quando serve davvero."

"Sai quanto ci serve per uscire da qua dentro?" domanda e subito il mio pensiero va alla guardia che ci controlla.

"Mi scusi." urlo nel silenzio tombale del commissariato.

"Che vuole?" una voce bassa, ci raggiunge, seguita da passi pesanti.

"Sa per caso a quanto ammonta la sanzione per uscire da qua?" Lui chiama immediatamente un altro suo collega, che gli risponde con la cifra esatta e per poco non spalanco la bocca.

"Cinquecento mila dollari." soddisfa la mia domanda, prima di girare i tacchi e andarsene.

"Ora tu mi spieghi dove cazzo li troviamo tutti questi soldi." ringhio, girandomi verso Jason, che è intento a girarsi i pollici.

"Appena verrà il mio manager, pagherà lui." mi avvisa pacato mentre io mi butto sulla branda accanto a lui.

"Se vuoi posso aiutarti a distrarti." sorride maliziosamente, ma non fa in tempo ad avvicinarsi che casca giù dal letto, per colpa di una piccola spinta da parte della sottoscritta.

"Non ti avvicinare a me, finché non saremo usciti da questa cazzo di cella." ordino io, ma lui avvolge la mano al mio fianco, per alzarsi da terra.

"Volevo solo aiutarti." brontola stizzito, stendendosi accanto a me.

"Mi aiuti stando zitto." preciso avvicinandomi a lui quanto basta per poggiare la testa sul suo petto.

"Menomale che non dovevo avvicinarmi." ridacchia, ma subito si azzittisce quando gli poso un dito sulle labbra.
La sua mano raggiunge i miei capelli, accarezzandomeli lentamente, facendo scorrere la mano fra tutti i nodi, in un massaggio calmante e non ci vuole molto prima che io cada tra le braccia di Morfeo.

• • •

"Alzati da quel letto ora, razza di coglione." ingiunge una voce svegliandomi, e a quanto pare, anche Jason. Mi stiracchio un poco e quando capisco chi é, sento un bisogno disperato di scomparire.

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