14.
Markus si passò una mano tra i capelli. Avevano fatto un passo avanti che sembrava insignificante agli occhi di chi era abituato all'amore, ma che in realtà celava un cambio di prospettiva enorme.
Quel bacio era la prova più concreta che lei potesse dargli per provare la fiducia che aveva nei suoi confronti.
Di una cosa era certo: non era semplice infatuazione la sua, Irina gli piaceva talmente tanto che due minuscoli baci a stampo gli avevano fatto provare mille brividi.
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Irina, appena toccò i sedili della sua macchina, scoppiò in un pianto liberatorio.
Un pianto che serviva a esorcizzare tutti quei demoni che l'avevano tormentata per anni, rendendola schiva, gelida, arida.
Attraverso le lacrime quelle paure lasciavano il posto a una consapevolezza nuova, alla consapevolezza che si potevano provare sentimenti forti per un uomo.
Alla consapevolezza che esistevano uomini che non le avrebbero fatto male.
Che Markus non l'avrebbe usata.
Ma nonostante quella consapevolezza, non riuscì a dire niente per i giorni successivi.
Si limitava a correre al lavoro e a rintanarsi a casa, tra le coperte.
Era come se volesse fuggire da quello che provava, dai sentimenti che scalpitavano per abbattere quel muro gelido che si era creata intorno.
Eppure, nonostante non avesse accennato nemmeno a un messaggio nei confronti di Markus, non riusciva a togliersi quel nome dalla mente.
Quasi le sembrava di sentire ancora il calore del suo abbraccio sul suo corpo, la delicatezza con cui l'aveva baciata la prima volta.
Un bacio talmente casto che tante persone neanche avrebbero avuto l'ardire di definirlo bacio.
Eppure lei lo aveva apprezzato proprio per quello, perché lui non l'aveva forzata e si era limitato a un piccolo e minuscolo contatto tra le labbra.
Gli mancavano le sue labbra sulle sue, si ritrovò a pensare.
Gli mancava vederlo.
Eppure non riusciva a fare il primo passo... primo passo che stavolta toccava a lei, lo sapeva bene.
Lui le stava semplicemente lasciando la possibilità di tirarsi indietro.
E se non voleva tirarsi indietro, doveva contattarlo in qualche modo, fargli sapere che lo voleva anche lei.
Passava le giornate arrovellandosi in quei pensieri, prendendo il telefono in mano per chiamarlo per poi fermarsi senza nessuna ragione apparente.
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Markus, invece, stava vivendo così male quel silenzio assordante che neanche si riconosceva più.
"Stavolta sono io a dirti che sembra ti sia passato sopra un camion" lo apostrofò Franz, distogliendo lo sguardo dal PC appena Markus entrò nel suo ufficio.
"Qualche volta potresti anche venire tu, eh" gli rinfacciò Markus, lanciandosi a sedere con poca grazia sulla poltroncina.
"L'ultima volta che sono entrato nel tuo ufficio stavi fottendo la tua segretaria sulla scrivania, sono rimasto traumatizzato" scherzò Franz, allungando le gambe sotto al tavolo.
"Vaffanculo" borbottò Markus, versandosi un po' di rum nel bicchiere.
"Okay, sei venuto pure a scroccarmi da bere con una faccia orribile... che diavolo hai fatto?" disse Franz, alzandosi per versarsi un bicchiere anche lui.
"L'ho baciata, mi ha baciato" confessò.
"Beh? Me lo dici così? Con 'sta faccia? Dovresti essere contento, no?"
"E non la sento da una settimana" aggiunse Markus.
"Ah" si limitò a dire Franz.
"Solo ah?" sbottò Markus.
"E un attimo, fammi raccogliere i pensieri" borbottò Franz.
"Mi dimentico che hai la capacità empatica di un mollusco qualche volta" lo guardò torvo l'amico.
"E tu ti sei fatto sentire? Cioè, come è andata? Come vi siete baciati?" glissò Franz sull'insulto neanche troppo velato.
"No, non mi sono fatto sentire. Speravo che lo facesse lei, visto che è sempre così restia nel miei confronti. Ma quando se ne è andata da casa mia, anche se quasi correndo, prima mi ha dato un bacio a sua volta quindi pensavo che fosse contenta di stare con me. E poi si è aperta, e mi sembrava che avesse abbassato le difese. Poi, però, questo silenzio mi sta spezzando. Probabilmente era tutto nella mia testa e lei spera che io mi tolga di torno vedendo il nulla totale da parte sua senza prendersi l'impiccio di dirmi di no" disse Markus, sbuffando sull'ultima frase e con un'espressione sconsolata in volto.
"E tu sei uno che si toglie di torno per un po' di silenzio?" lo provocò Franz.
"Bhe, se la metti così..."
"Se ti vuole fuori dai coglioni temo che dovrà dirtelo in faccia a chiare lettere, quindi vai da lei".
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Dopo essere uscito dall'ufficio e aver girovagato per un'oretta abbondante nel tentativo di schiarirsi le idee, Markus aveva deciso che tra approdare in un pub qualsiasi e affogare nell'alcool per poi scoparsi la cameriera e andare da lei per ricevere un no e dirigersi di conseguenza al pub, conveniva di gran lunga ubriacarsi per un motivo reale e non per una paranoia.
Fermò la macchina dal fioraio, deciso a farla sentire almeno una merda con delle rose rosse dopo il palo che era sicuro di dover prendere.
Però, improvvisamente, appena aveva parcheggiato davanti al palazzo, gli era mancato il coraggio e aveva di nuovo acceso la macchina per sgommare via con i fiori sul sedile del passeggero.
Fece il giro del quartiere, ignorando il fatto che stesse disturbando tutto l'isolato con il suo tubo di scarico sportivo.
"Non credo di farcela a andare da lei per sentirmi dire il no peggiore della mia vita" borbottò Markus al telefono.
Franz gli rispose con il boccone in bocca. "Non credo tu abbia molte alternative" biascicò, ingoiando il cibo per rispondere meglio.
"Oh sì che ho altre alternative, tipo ubriacarmi come una spugna e sbatterlo nella prima che passa" disse Markus, già depresso.
"Bell'idea del cazzo, coglione. Magari è tutta una tua paranoia e butti all'aria la relazione perché lei a sua volta si aspettava che andassi tu a parlarle e tu invece vai a scopare. Quanti cazzo di anni hai? Quindici? Muoviti, vai a sentire cosa deve dirti e..."
Ma fu interrotto da Diana che gli strappò il telefono di mano, borbottando: "Certo che sei proprio uno stronzo senza un briciolo di tatto".
"Markus, non ascoltare quello che ha detto. Ascolta me, ti stai solo facendo prendere dalla paura ma magari davvero lei si aspetta che sia ancora tu a fare il primo passo. Fai un bel respiro e parlaci con calma e senza accusarla. Cerca di capire cosa vuole, quali sono i suoi sentimenti. Devi pretendere risposte chiare e se è un no avrai tutto il diritto di stare male e noi ti saremo vicini. Adesso vai".
"Grazie, D. Sei un angelo, non so come tu faccia a stare con quel troglodita del mio amico" disse al telefono, scherzando un po' e con l'umore decisamente più risollevato.
Erano le otto e mezza passate quando la sua macchina trovò finalmente la quiete sotto il condominio di Irina.
Il proprietario un po' meno, il corpo vibrava quasi dall'ansia che lo invadeva.
I fiori erano un po' sgualciti visto che erano scivolati malamente dal sedile dopo l'ennesimo colpo di gas dato per scaricare la frustrazione.
Suonò il campanello, cercando di darsi un tono.
Doveva avere un'espressione indecifrabile in volto.
Indecifrabile come quello che sentiva.
Lo stomaco aggrovigliato su se stesso dalla voglia di rivederla e dalla paura di doversene staccare.
Spazio autrice
L'importante è sempre parlare, i malintesi possono fate guai enormi🫠
Vi ricordo ancora le stelline, per me sono fondamentali!
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