11.
Markus riprese la macchina con la consapevolezza che quel giorno aveva gettato le basi per una relazione diversa.
Sicuramente Irina continuava a essere schiva ma con lui abbassava le difese e quei sorrisi ne erano stati la prova.
Irina era entrambe le cose: gelida come un blocco di ghiaccio ma anche capace di sciogliersi in un calore inaspettato.
E lui si era beato di quel calore, perdendosi in quel sorriso aperto e sincero.
L'avrebbe voluta baciare, di questo era certo.
Avrebbe voluto sentire il sapore delle sue labbra e sentirla sciogliersi tra le sue braccia, ma era troppo presto e con lei doveva andarci molto piano perché era estremamente fragile da quel lato.
La supplica che gli aveva rivolto era stata eloquente. Aveva provato a essere minacciosa quando gli aveva intimato di non giocare con lei, ma gli occhi per una volta erano stati espressivi e quelle iridi gli erano apparse fragili come cristallo soffiato.
Se solo avesse fatto un passo falso, l'avrebbe distrutta e non avrebbe avuto più nessuna occasione con lei, e la gelida cortina con cui si mascherava ne era il monito.
Se lui avesse tradito la sua fiducia, lei l'avrebbe irrimediabilmente tagliato fuori finendo per ibernare anche lui.
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Irina, dal canto suo, era pervasa da una tempesta di emozioni che la lasciò scossa sul divano di casa sua, abissata tra i cuscini come una creaturina inerme di fronte agli avvenimenti che l'avevano travolta.
Aveva fatto bene a fidarsi?
E se lui l'avesse solo voluta portare a letto?
Subito dopo, la vocina flebile della sua coscienza, troppo a lungo repressa, le disse che Markus la stava semplicemente corteggiando e che era sincero.
Voleva solo ottenere la sua fiducia.
Non tutti gli uomini volevano usarla.
Già, ma come credere una simile verità dopo aver vissuto una vita in cui si aveva sperimentato solo il contrario?
Suo padre, suo zio, suo fratello, suo marito, qualsiasi uomo che aveva incontrato per strada l'aveva usata e non l'aveva rispettata.
Conosceva solo quella realtà, composta da ritratti grotteschi di uomini bruti, minacciosi, ubriachi, prevaricanti.
O, nella migliore delle ipotesi, piccoli e deboli. Esseri che per non far vedere la loro fragilità sottomettevano con crudele vigliaccheria l'altro sesso.
Come fare a credere che un uomo potesse cucinare per lei e lavare persino i piatti senza un doppio fine?
Come credere che i fiori e i complimenti potessero essere sinceri?
Eppure il suo sesto senso le aveva suggerito questo.
Markus era sincero, non era uno di quegli omiciattoli che aveva conosciuto.
E su quel divano maturò quella consapevolezza.
Era forte abbastanza per abbassare le difese. Con lui sarebbe stata cauta, ma voleva capire fino in fondo quanto potesse essere corretto e decise di non respingerlo più.
Di darsi una possibilità.
Una possibilità di vivere una vita che non avrebbe mai creduto di poter vivere.
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Il giorno dopo, spinto dalle innumerevoli esortazioni di Franz e Diana, Markus era di nuovo sotto il condominio di Irina alla stessa ora di ieri.
Stavolta era fasciato in un completo di Tom Ford, con la cravatta un po' allentata e un mazzo di narcisi celesti e bianchi in mano.
Si fece coraggio e suonò il campanello.
La M 4 competition spiccava nera e beffarda sul parcheggio condominiale, a confermare che la padrona era in casa.
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Irina sobbalzò al suono del campanello che l'aveva colta in bagno, con ancora l'accappatoio addosso.
Subito dopo si convinse che era qualcuno che sicuramente aveva sbagliato e tornò ad asciugarsi i capelli.
Ma il campanello suonò ancora dopo qualche minuto.
Si affacciò sull'ingresso, spiando l'immagine sul citofono e per poco non ebbe un mancamento.
Quell'avvocato terribile era lì, con i fiori in mano e un'espressione indecifrabile sul viso.
Fai finta di non essere in casa, le suggerì il suo inconscio.
Solo che non riusciva a distogliere gli occhi dall'immagine che le restituiva lo schermo del citofono.
Non mi permetterei mai di giocare con te, Irina.
Quelle parole le risuonarono in mente.
"Markus" sospirò, rispondendo alla cornetta.
"Come fai a sapere che sono io?" sorrise lui, e quel sorriso le fece scaldare le guance, bucando lo schermo.
Irina sbuffò, e gli aprì la porta, ignorando la vocina che le diceva di fare finta di essere fuori casa.
Quaranta, calcolati, secondi dopo la porta di casa si apriva e Irina gli sibilò dietro: "sono in accappatoio, accomodati sul divano nel frattempo" e con la velocità di un fulmine si infilò in camera da letto.
"Non ho beccato proprio un buon momento, eh" tentò di scherzare Markus, un po' a disagio, mentre si accomodava con cautela sul divano.
"Hai avuto un tempismo pessimo, la prossima volta avvertimi" lo pungolò lei.
"Come facevo ad avvertirti? Non ho il numero" sogghignò lui.
"Mi sa che mi conviene dartelo" borbottò lei.
Era barricata dentro la camera da letto, incapace di affrontarlo.
Osservò con sfida il cambio piegato che la aspettava sul letto ma improvvisamente quella tuta comoda blu le sembrava fuori luogo se paragonata al suo completo.
Stava pensando un po' troppo a come vestirsi e si faceva paranoie su come essere presentabile.
Si ripromise di fare un po' di shopping per non sembrare sempre una scappata di casa.
Frugò nei meandri del suo armadio, tirando fuori un paio di pantaloni neri che aveva comprato per sbaglio e che non aveva mai reso.
Troppo attillati per essere indossati da lei, che si copriva con pudore.
Eppure ora li aveva cercati, desiderosa di sentirsi un po' più femminile e sensuale.
Li indossò, rendendosi conto che fasciavano ogni centimetro delle sue gambe, sottolineando le cosce toniche e il sedere sodo, allenati da ore di palestra e boxe.
Infine decise di indossare una maglietta a maniche corte, con qualche pietruzza a impreziosire la sporgenza minuta del suo seno.
Mai si era vestita così.
Fece un respiro profondo e, dopo essersi guardata allo specchio, uscì.
Markus si rigirava i fiori tra le mani e lei, prima che il coraggio la abbandonasse del tutto, si decise a rompere il ghiaccio.
"Questa volta che scusa hai architettato per esserti presentato qui?" decise di dire, ma il tono di voce era talmente leggero che Markus sorrise.
"Nessuna scusa. Volevo farti capire che non sto giocando" rispose lui, alzandosi dal divano.
Ma poi si fermò improvvisamente, trattenendo il respiro.
Irina percepì la carezza intima ma non invadente dello sguardo di Markus sul suo corpo.
Si immobilizzò anche lei, stravolta da quel calore che aveva percepito sulla pelle senza che lui la toccasse.
Markus non riusciva a distogliere lo sguardo da quella visione insolita e inaspettata.
Irina aveva un fisico che la rispecchiava in pieno, femminile ma anche incredibilmente austero.
Il seno piccolo accennava una leggera sporgenza da sopra la maglia attillata, confermando la sua femminilità spigolosa.
Le gambe erano fin troppo asciutte, toniche e muscolose eppure risultavano allo stesso modo affascinanti.
Erano belle gambe, lunghe e scattanti.
Ancora una volta Markus rimase colpito dalla sua bellezza primitiva.
La bellezza di chi non ha bisogno di orpelli per essere affascinante.
Semplice ma sensuale con quel paio di pantaloni lineari e stretti.
Improvvisamente non riusciva più a parlare.
L'unica cosa che poteva fare era guardarla, ammirarla quasi, come se fosse una sorta di visione ultraterrena.
"Ero venuto anche a portarti i fiori" si costrinse a dire dopo qualche istante di troppo di silenzio.
Allungò il mazzo verso di lei, che si decise ad avvicinarsi nonostante avesse sentito il fuoco puro del suo sguardo lambirle tutte le terminazioni nervose.
Dopotutto aveva deciso di fidarsi, e lui non aveva fatto nessun commento per sottolineare quel vestiario diverso da solito.
"Grazie" sussurrò, girandosi per sistemarli accanto ai fiori del giorno prima.
Non sapeva se lo stava ringraziando per i fiori o per non averla fatta sentire a disagio.
Markus fu catturato dalla sporgenza vistosa del sedere e, nonostante si fosse ripromesso di non essere viscido, non poté fare a meno di sentire un brivido di eccitazione scuoterlo.
"Per farmi perdonare del tempismo orribile, posso prepararti di nuovo qualcosa" abbozzò un sorriso lui, desideroso di trascorrere del tempo con Irina.
"Con un completo da migliaia di euro addosso?" lo pungulò lei, guardandolo di sbieco ma con un sorriso in volto.
Markus si tolse la giacca, buttandola sul divano, seguita subito dopo dalla cravatta.
Infine arrotolò le maniche della camicia, scoprendo gli avambracci mascolini e lasciando in bella mostra l'orologio al polso.
"Tante pagherebbero per questo spettacolo, angioletto" ghignò, per infastidirla come non faceva da un po'.
"Io no, avvocato" rispose Irina, accomodandosi sullo sgabello della cucina con un sopracciglio alzato, ma stranamente divertita.
"Lo so" sbuffò lui, fintamente indignato. "Mi abbasserò a farlo gratis, per te" continuò.
"Perché forse ti aspetti una ricompensa sul lungo termine?" lo pungolò lei, perdendosi nel prato dei suoi occhi.
Markus la deliziò con uno dei suoi sorrisi sinceri.
"Mi piacerebbe, Irina" decise di buttarsi per non celare i suoi sentimenti. "Ma non lo faccio per quello, lo farei anche se avessi la certezza di non ricevere nulla in cambio".
Quelle parole suonarono come una resa nella testa di Irina.
Lui aveva ammesso di volere di più da lei, ma che non l'avrebbe forzata e che quello era un semplice corteggiamento senza dover per forza avere qualcosa in cambio.
Nella sua mente si formarono nitide due parole: tregua e possibilità.
Non aveva senso fargli la guerra e respingerlo, meglio depositare le armi e godersi quel trattamento che non aveva mai ricevuto.
Dargli una possibilità, conoscerlo meglio.
Inutile trincerarsi dietro una barricata di gelida indifferenza, con lui non ci riusciva.
Sentiva un richiamo primitivo che non le permetteva di allontanarlo del tutto e il fatto che fosse a casa sua ne era solo l'ennesima prova.
"Con questi ingredienti posso prepararti più una cena che una merenda" azzardò lui.
"Se la prossima volta mi avverti, magari vado a fare la spesa, eh" mugugnò lei, vergognandosi della desolazione del suo frigo.
Ma aveva una repulsione per tutto ciò che comportava le mansioni da brava casalinga.
Markus rise. "La prossima volta passo io al supermercato, i fiori non bastano".
"Almeno ti ho fornito una scusa per autoinvitarti a cena" finì per sorridere lei.
"Mancano le candele per creare l'atmosfera, però" flirtò lui.
"Sai solo dirmi quello che manca in casa mia? Se lo chef mi impressiona, magari le candele posso pure rimediarle" decise di stare al gioco lei.
Markus rise di gusto, iniziando a preparare le verdure per una versione un po' rivisitata del gulash.
"Ti do una mano?" si decise a chiedere lei, dopo aver studiato con cura tutti i suoi movimenti.
Il fatto che cucinasse la attirava come una calamita e ai suoi occhi appariva solo estremamente mascolino e attraente.
"Non ti preoccupare, mi sono autoinvitato e quindi mi devo far perdonare".
"Potresti pure autoinvitarti più spesso se poi metti pure in ordine la cucina come l'altra volta" si ritrovò a dire lei.
"Questo suona come un invito vero e proprio, invece" disse lui, sbalordito da quell'esuberanza che non si aspettava.
"Non mi far pentire sennò ritiro tutto, Markus".
Alzò le mani in segno di resa, ma non riuscì a trattenere il sorriso spontaneo che rimase sulle sue labbra per tutto il tempo.
Spazio autrice
Irina si è sciolta! Ehh, come si fa a dire di no a Markus!
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