Sesto round: OTP - Catoniss
Katniss Everdeen era una ragazza particolare, e questo Cato Hadley lo aveva compreso abbastanza in fretta.
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Chi, in quel posto che nel 2 aveva imparato a disprezzare così tanto e che portava il nome di Distretto 12, si sarebbe mai sacrificato per salvare un proprio familiare? La risposta era semplice: praticamente nessuno. Faticavano già a sopravvivere così com'erano, senza dover compiere atti di eroismo immotivati, altresì chiamati stupidaggini colossali.
Lui sì che ce l'aveva un buon motivo per offrirsi volontario agli Hunger Games: sarebbe stato motivo d'orgoglio per la sua famiglia ed il resto dei suoi concittadini, avrebbe coperto di gloria il suo distretto ed il suo nome sarebbe rimasto per sempre nella storia di Panem. In breve tempo, tutti quanti avrebbero conosciuto il suo nome e lo avrebbero pronunciato con riverenza, rispetto ed una certa dose di timore, perché lui aveva già programmato, in tutti gli anni che aveva passato ad allenarai in Accademia, di diventare il più sanguinario vincitore che si fosse mai visto. Nessuno avrebbe mai potuto eguagliarlo. Quest'idea si era trasformata, in breve tempo, nel suo chiodo fisso. Aveva speso ogni singolo minuto libero delle sue giornate al Distretto 2 ad allenarsi per garantire che quel macabro sogno si sarebbe avverato.
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Il 7 maggio aveva compiuto diciotto anni, e già allora aveva iniziato a pregustare la vittoria.
Aveva passato gli ultimi mesi che lo separavano dai Giochi in Accademia, ad addestrarsi più duramente di quanto avesse mai fatto nella sua breve vita, ed all'inizio di luglio si era presentato, sicuro di trionfare, nella piazza cittadina per la mietitura.
Aveva dato un'occhiata distratta alla ragazza che era stata scelta, Clove Kentwell. La conosceva più di fama chr di persona: aveva sentito dire che era una lanciatrice di coltelli dalla mira infallibile. Di certo, sarebbe stata un osso duro da piegare. Cato, però, le ossa non si limitava a piegarle: le spezzava senza pietà, e così avrebbe fatto con chiunque si fosse messo sulla sua strada.
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Al momento dei saluti, si presentò solo suo padre, dato che la madre, probabilmente l'unica persona che avesse mai amato Cato, era morta tredici anni prima, lasciandolo solo con un uomo che voleva solamente che il figlio compisse il suo dovere vincendo i giochi della fame che si disputavano ogni anno nella loro nazione.
Il padre guardò Cato con aria di sufficienza. - Vedi di non farmi sfigurare. - Fu questo il suo saluto ad un figlio che aveva voluto far nascere solo perché coprisse di gloria la famiglia degli Hadley. Cato si era chiesto spesso perché suo padre non avesse mai partecipato agli Hunger Games personalmente, ma alla fine aveva rinunciato a trovare una risposta, dato che non trovava plausibili o concepibili quelle che gli si palesavano in mente.
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Un'ora dopo, lui e Clove si trovavano sul treno che li avrebbe condotti a Capitol City. Cato si era lasciato alle spalle quel che era rimasto della sua famiglia senza troppi rimpianti, concentrandosi unicamente sul suo obiettivo finale: vincere.
Era certo che nulla avrebbe potuto creargli troppi problemi, almeno fino a quando non accese la televisione per assistere alle mietiture negli altri distretti insieme alla sua équipe.
Inizialmente, non c'era nulla che lo attirasse. Non sarebbe stato molto difficile assassinare gli altri due Favoriti, Glimmer Belcourt e Marvel Sanford, né far fuori la ragazza del 5, Finch Crossley, e tantomento la piccola dell'11, Rue Mathony. Forse avrebbe penato un po' per il suo compagno di distretto, un molosso denominato Thresh Radioactive, ma niente che non avrebbe saputo affrontare.
Quando i presentatori giunsero al 12, lui sbuffò. Ne aveva abbastanza.
Sentì il nome del tributo femminile, una tale Primrose Everdeen, e fece in tempo a vedere una ragazzina di dodici anni, pallida in volto, farsi strada per raggiungere il palco prima di alzarsi e dirigersi in direzione della porta. Un grido, però, richiamò la sua attenzione. - No! Mi offro volontaria! Mi offro volontaria! Mi offro volontaria come tributo!
Cato aggrottò le sopracciglia e si voltò di scatto. I volti scioccati del resto della sua squadra gli confermarono che non aveva avuto un'allucinazione uditiva.
Sullo schermo campeggiava il volto di una ragazza, sedici anni al massimo, che stringeva a sé la piccola Primrose, prima di lasciarla nelle mani di un ragazzo ed avviarsi a testa alta verso il palco.
All'improvviso, Cato si ritrovò a pochi centimetri dallo schermo, non sapendo quando era giunto fin lì. Stava coprendo la visuale ai suoi mentori, all'accompagnatrice ed a Clove, ma poco importava. A lui interessava solo quel paio di occhi grigi che lo fissavano con aria fiera, mentre la giovane pronunciava il suo nome: - Katniss Everdeen.
Si era offerta per salvare sua sorella. Cato non riusciva a crederci. Si poteva veramente provare così tanto affetto per qualcuno da morire per garantire la sua sopravvivenza?
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Quella notte, Cato non dormì. L'immagine di quella ragazza gli invadeva la mente non appena abbassava le palpebre. Aveva a malapena sentito che il nome del tributo maschio del 12 era un certo Peeta Mellark, tanto era concentrato a fissare il volto di quella che capì subito sarebbe stata la sua peggior nemica.
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Una volta giunto a Capitol City, venne abbandonato alle cure del suo staff di preparatori e del suo stilista, che gli fece indossare un'armatura come quella che portavano gli antichi Romani, a detta sua. Cato non li aveva mai sentiti nominare, ma non se ne curò troppo: doveva pensare ad ingraziarsi il pubblico.
Brutus ed Enobaria diedero le ultime istruzioni a lui ed alla sua compagna di distretto un minuto prima che il loro carro partisse, imponendo loro di mostrarsi freddi e distaccati. Funzionò, almeno fino a quando quelli del 12 non fecero la loro comparsa, con i mantelli avvolti dalle fiamme.
Quando tutti i tributi scesero dai carri, Cato fece vagare lo sguardo fino a quando non scorse quell'ubriacone di Haymitch Abernathy parlare con i suoi due ragazzi. Si mise a fissare insistentemente Katniss Everdeen fino a quando lei non ricambiò, facendo finalmente incontrare i loro occhi per davvero, e non attraverso uno schermo TV.
Cercò di farle capire che non la temeva con un solo sguardo, ma il fuoco ardente che vide bruciare nelle sue iridi lo costrinse a deglutire non appena il suo mentore l'ebbe trascinata via da quel posto.
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Cato non dormì nemmeno quella notte, e si chiese se avrebbe mai ricominciato a farlo.
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Il primo giorno d'addestramento, Cato cercò insistentemente lo sguardo di Katniss Everdeen, desiderando di mostrarle che avrebbe potuto spegnere il fuoco che la incendiava con una sola mossa, ma lui era il primo a sapere che non ara affatto così.
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Quella sera avrebbero annunciato i punteggi dell'addestramento, e Cato era sicuro che il suo sarebbe stato quello più alto. Quando vide un 10 comparire accanto al suo volto, un sorriso trionfale si aprì lentamente sul suo volto, ma si spense con una velocità impressionante quando l'11 di Katniss Everdeen si palesò davanti ai suoi occhi.
Strinse i pugni e si fiondò in camera sua. Non le avrebbe permesso di rovinare tutto.
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La sua intervista era stata impeccabile. I capitolini lo amavano. Si era garantito un mucchio di sponsor, non c'era alcun dubbio.
Poi venne il turno della sua nemesi. Katniss Everdeen si mostrò impeccabile come sempre, e le fiamme che avvolsero il suo abito lo convinsero sempre di più che quella ragazza era letale come il fuoco stesso.
Quando toccò al suo compagno di distretto e lui si dichiarò di fronte a tutta la nazione, persino Cato si sorprese. Non aveva mai considerato molto Peeta Mellark, ma all'improvviso si rese conto che poteva rivelarsi davvero molto utile se voleva liberarsi della ragazza del 12.
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Il primo giorno nell'arena era quasi terminato, e Cato, Clove, Glimmer, Marvel e Peeta stavano perlustrando i boschi alla ricerca di Katniss Everdeen.
Cato l'aveva osservata attentamente quando ancora si trovavano tutti sul piedistallo, esattamente un minuto prima che la carneficina iniziasse, e l'aveva vista puntare il suo sguardo in direzione di un arco ed una faretra di frecce, le stesse armi che adesso erano in possesso di Glimmer, mentre lei aveva dovuto accontentarsi di un coltello tiratole addosso da Clove con l'intenzione di ucciderla.
Stavano seguendo le indicazioni del Ragazzo Innamorato, che aveva giurato e spergiurato che li avrebbe condotti a lei.
Ad un certo punto, Cato guardò in alto, e la vide, appollaiata su di un albero, con gli occhi spalancati.
Gli altri lo avevano superato, ma lui non ci avrebbe messo molto a richiamarli, eppure non lo fece. La lasciò nel suo temporaneo rifugio e si affrettò a raggiungere i suoi alleati.
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Cato la osservò, nascosto dal tronco di un pino piuttosto massiccio.
Stava coprendo di fiori il cadavere della ragazzina dell'11, Rue, deceduta per mano di Marvel.
Cato l'aveva seguita in silenzio sin da quando lei aveva fatto cadere addosso al suo gruppo quel nido di aghi inseguitori, provocando la morte di Glimmer.
Non sapeva perché non l'aveva ancora uccisa, ma quando lei si allontanò dal corpo oramai privo di vita della piccola, alzò le tre dita di mezzo della sua mano e le rivolse verso il cielo, in una sorta di saluto, capì.
Proprio come Panem era risorta dalle ceneri di un continente un tempo chiamato Nord America, anche Katniss Everdeen sarebbe rinata sempre più forte nonostante tutte le perdite che avrebbe dovuto subire, esattamente come una fenice.
E Cato comprese che quello che provava per la ragazza che si stava avviando nella direzione opposta alla sua non era semplice ammirazione, né tantomeno timore, bensì un sentimento di cui aveva tanto sentito parlare ma che non aveva mai sperimentato personalmente. Si rifiutava anche solo di nominarlo nei suoi pensieri.
A quel punto, seppe che l'unica cosa da fare per eliminare definitivamente quella strana emozione che non gli apparteneva doveva cancellare dalla faccia della Terra l'esistenza di chi gliela procurava.
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Stava stringendo in una morsa mortale Peeta Mellark, e la fonte del suo cambiamento interiore gli stava puntando contro una delle frecce che aveva sottratto dal corpo orrendamente sfigurato di Glimmer.
Cato la guardò, consapevole che quella sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbe potuto beare della visione di quelle iridi grigie incastonate nel viso di una combattente nata, e le sorrise fra le lacrime, attendendo la fine, che si faceva sempre più vicina.
Negli occhi di Katniss Everdeen riusciva a leggere la disperazione: nemmeno lei voleva che finisse così. Anche lei provava le stesse sensazioni che animavano lui.
Quando la punta di quell'arma gli trafisse la mano ed il ragazzo del 12 lo scaraventò in mezzo agli ibridi che circondavano la Cornucopia, Cato si sentì finalmente libero. Mentre quegli esseri mostruosi straziavano le sue carni, lui rivolse il suo sguardo alla ragazza che lo stava osservando da sopra il grande corno dorato.
- Vendicami! - gridò, le sue parole coperte dal ringhio di quelle bestie. Molti innamorato avrebbero urlato il classico "Ti amo", ma loro due non erano come gli altri. Loro due erano innamorati che si amavano e si odiavano, che si temevano e si rispettavano contemporaneamente.
Il leggero cenno del capo che ricevette da lei come risposta lo tranquillizzò: aveva ricevuto il messaggio.
Nemmeno un secondo dopo, una freccia gli trafisse la tempia, facendolo cadere nell'oblio e regalandogli la pace che tanto anelava.
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Katniss Everdeen era una ragazza particolare, e questo Cato Hadley lo aveva compreso abbastanza in fretta.
A/N: Salve a tutti! Per il sesto ed ultimo turno del concorso, era stato chiesto a noi partecipanti di scrivere una One-shot su un nostro OTP: io, ovviamente, ho scelto la Catoniss, ed ho scritto questo mattone di quasi millenovecento parole. Sono ancora stupita dal fatto di essere riuscita ad arrivare fino alla fine del contest, e ringrazio di cuore Clatoforever2002 e SariMack per avermi concesso di partecipare. Non vincerò di sicuro, ma è stato bello provarci. A presto! Baci! *-* :* <3
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