Quinto round: fantascienza

Josh era emozionato: quel giorno, l'astronave su cui si era imbarcato avrebbe finalmente raggiunto la sua metà.
Tutti parlavano di Alepha come di un pianeta pericoloso, popolato da creature che avrebbero potuto staccare la testa di un malcapitato visitatore solo con un morso, ma lui non aveva mai dato molto peso alle dicerie.
Quando il comandante diede l'ordine di prepararsi per l'atterraggio, Josh corse subito ai finestrini, e si rimase a bocca aperta mentre osservava l'incredibile panorama che gli offriva Alepha.
Sotto di lui si stagliava un deserto dorato come non lo aveva mai visto in vita sua. In lontananza, le montagne si tingevano di rosso a causa della luce del tramonto, ed il mare, azzurro e cristallino, risplendeva ad alcuni chilometri di distanza dalla distesa sabbiosa su cui sarebbe atterrata l'astronave. La foresta, verdeggiante come poche, attirò immediatamente l'attenzione del giovane ventenne, che non staccò gli occhi un singolo momento da quegli alberi dalla folta chioma.
Tutto sommato, sembrava un pianeta normale, esattamente come la Terra. Quando, però, il primo uomo della loro spedizione mise piede sul suolo di Alepha, uno sparo riecheggio in tutto lo spazio circostante.
Con un urlo di dolore, l'astronauta si accasciò a terra, tenendosi la gamba ferita con entrambe le mani.
- Anyas arnika assys? - gridò una voce, proveniente proprio dalla foresta.
- Che cosa? - strillò di rimando il capitano della spedizione.
La sconosciuta - dal timbro, Josh aveva intuito che fosse un femmina - ripeté le tre parole di prima, sempre più rabbiosamente.
- Non capiamo - le urlò il comandante, azzardando a fare qualche passo nella sua direzione.
Dopo alcuni attimi di silenzio, la voce disse, con una certa fatica: - Chi siete voi?
Il capitano rispose prontamente: - Siamo terrestri, e siamo venuti in pace. Vi prego, non fateci del male. Vogliamo solo parlare col vostro capo.
La ragazza finalmente si decise ad emergere dall'ombra, e nessuno poté trattenere uno sguardo meravigliato alla vista di quella giovane vestita da guerriera, cin i capelli neri e lunghi che le ricadevano sul viso e gli occhi verde-marroni che scrutavano attentamente ogni astronauta.
Quando le sue iridi si posarono su Josh, lui si irrigidì, sentendosi sotto esame. Quella era una delle cose che odiava di più al mondo.
Dopo attimi che ai terrestri sembrarono infiniti, la nativa abbassò la pistola e disse, rivolta ad uno dei suoi sottoposti, che le era spuntato imorovvisamente alle spalle, altre criptiche parole che solo chi fosse avvezzo a parlare nella loro lingua avrebbe potuto interpretare e tradurre a loro beneficio: - Assyti ceryan luja danyria dynaer galja jandala jane kalyma. - Dopodiché, si voltò verso Josh e gli altri e fece loro segno di seguirla.
Il gruppo non se lo fece ripetere due volte e si incamminò dietro la quindicenne, o almeno era lei che dava l'aria di avere all'incirca quell'età.
Quando giunsero ad un accampamento, la ragazza si distaccò da loro per dirigersi verso un anziano sorretto da un bastone.
Si inginocchiò davanti a lui e proferì: - Luja, kalatwa kambria kerya khler kolya kora lakesi assys.
Il vecchio fece un cenno d'assenso ed indicò al capitano di entrare nella tenda con lui, insieme a tutta la sua squadra. Quando, però, Josh fece per introdursi all'interno della modesta abitazione, l'uomo gli posò una mano sulla spalla e, fissandolo con un sorriso bonario stampato sul volto, parlò di nuovo alla ragazza: - Isabelle, liteka maleka melkise olakite lujer pa'tlaka. Pewa lakesi roye danyria shylar ulika xane.
La giovane, Isabelle, obbedì immediatamente, e portò Hosh con sé.
- Che cosa ti ha detto? - le domandò Josh, invaso dalla curiosità.
- Che hai un cuore puro e che devo portarti con me e darti del cibo - rispose la quindicenne laconicamente.
Il ventenne, per impedire che il silenzio piombasse di nuovo su di loro, decise di presentarsi: - Comunque, il mio nome è Josh Hutcherson.
Lei gli rivolse un'occhiata di sfuggita. - Isabelle Fuhrman - ribatté, trascinandolo all'interno di un altro teepee.
Lui mangiò a sazietà, mentre lei toccò a malapena le cibarie.
- Non hai fame? - le chiese Josh, ed Isabelle, per tutta risposta, scosse la testa.
Dopo un po', a dispetto delle aspettative del giovane, fu lei a prendere l'iniziativa ed a fargli qualche domanda sul suo pianeta d'origine. Lui rispose molto volentieri a tutti i suoi quesiti, ed in breve tempo tra di loro si instaurò una sorta di legame di amicizia.
La discussione col capo del popolo di Isabelle si prolungò, e così i terrestri dovettero rimanere una settimana intera ad Alepha. Isabelle, alla fine di quel periodo, manifestò l'interesse di potee visitare quel pianeta che così tanto l'affascinava, ed il capo le diede il suo permesso. Così l'astronave diretta verso la Terra si ritrovò ad ospitare un altro coinquilino.
Quando atterrarono sul suolo natìo, gli astronauti vennero accolti come eroi, e l'avvenente aliena venne sommersa di domande riguardanti Alepha e le sue tradizioni. Tuttavia, non parlava con nessuno che non fosse Josh, che era divenuto il suo unico confidente nel suo pianeta natale e che aveva tutta l'aria di esserlo anche sulla Terra.
Il rapporto tra i due si evolveva giorno dopo giorno. Il primo ad accorgersi di essere innamorato dell'altra fu proprio Josh, che cercò di farglielo capire in tutti i modi possibili. Quando, finalmente, la ragazza comprese di ricambiare il suo amore, decise che sarebbe rimasta a vivere sulla Terra, ma che a volte lei e Josh sarebbero andati a visitare la famiglia della giovane ad Alepha.
Nel frattempo, il ventenne continuava a fare progressi nell'apprendere la lingua con cui era solita esprimersi la sua fidanzata.
- Yarl, beris. Del cetus danorath? - Tradotto, voleva dire "Buongiorno, cara. Come stai oggi?"
Isabelle gli rispose con un sorriso smagliante: - Thurgan es! Eshar gerner grif hergat man: mantes mareth!
Lui la fissò a bocca aperta prima di pronunciare a fatica: - Sei... sei incinta? - Lei annuì e lui la prese in braccio, ridendo e gridando e ripetendo in continuazione, sempre più forte, due semplici parole che racchiudevano tutto il suo atato d'animo in quel magico, meraviglioso ed in special modo sorprendente momento: - Mehertheval miraval! -, ovverosia "Ti amo".







A/N: Ed ecco a voi il quinto round! Spero che non sia del tutto un obbrobrio (anche se sono palesemente sicura che stavolta sarò io l'eliminata). Clatoforever2002, SariMack, come mio solito, mi affido a voi. A presto! Baci! *-* :* <3

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