Copper (prima manche)

La sonata n.14 di Beethoven risuonava per quella strada mentre la luce chiara della luna irradiava di bianco l'asfalto. Proprio da lì passò Zoe, una ragazza di soli diciassette anni convinta di aver vissuto già abbastanza, la figura esile, il viso dai lineamenti delicati cosparso di lentiggini, con i capelli che parevano fili di rame; camminava per quella via con una bottiglia di Scotch in mano.
La strada su cui poggiava i piedi portava al mare, era una delle tante vie d'accesso alla spiaggia, e da quella casa, quell'ultima casa che si affacciava sulla spiaggia, risuonava quella musica che Zoe tanto amava.

Come mai un'adolescente gradiva tanto la musica classica? Nessuno dei suoi coetanei se lo spiegava, nessuno comprendeva i suoi gusti, le sue passioni, il suo modo di vestirsi, il fatto che non avesse mai messo un filo di trucco sul viso. Lei si sentiva diversa, era diversa, troppo sensibile per la società che la circondava.
Pian piano, passo dopo passo, si avvicinò a quell'ultima casa.
Si nascose dietro il muretto bianco coperto di rampicanti in fiore, spostò la testa solo di poco e riuscì a vedere oltre il muro, dentro quella graziosa casa da cui provenivano quella luce calda e quel suono di cui era innamorata.
Un ragazzo seduto sullo sgabello nero davanti al suo pianoforte a coda premeva uno dietro l'altro i tasti dello strumento. I capelli castani, gli occhi color nocciola spenti e le labbra inespressive. Suonava come se con quei gesti volesse comunicare qualcosa.
Zoe sorrise, ma quando lo vide piangere e poggiare i gomiti sui tasti per tenersi la testa, le si strinse il cuore. La musica cessò quando poggiò la testa fra le mani.
Un gatto si avvicinò al ragazzo in lacrime, salì sulle sue gambe con un balzo e facendo le fusa, strofinò la testa sul petto del suo padrone.
Aveva il pelo rosso e gli occhi verdi, proprio come quelli della ragazza.
Lei guardava intenerita quella scena da dietro il muro, fino a quando lo sguardo del gatto rosso ed il suo non si incrociarono e qualcosa scattò in Zoe, improvvisamente si ricordò cosa era andata a fare in spiaggia. Il gatto miagolò verso di lei e la giovane si chinò di scatto, prese un sorso dalla sua bottiglia e iniziò a correre verso la battigia, con una mano reggeva la bottiglia e sollevava la gonna del vestito color panna che indossava, con l'altra reggeva la coroncina di fiori che aveva sulla testa. Rideva, rideva e correva, fino a quando non si fermò, si tolse i sandali di cuoio e iniziò a tastare la sabbia umida che aveva sotto i piedi.
Portò la bottiglia alla bocca e prese un altro sorso del liquido alcolico, si leccò le labbra e poggiò la bottiglia sulla sabbia, si sedette sulla spiaggia inumidita e per un po' si domandò se quello fosse il modo giusto per andarsene.
Si sdraiò, sentiva il profumo del mare, il suono che l'acqua fa quando tocca la battigia e poi si ritira, sentiva la fredda luce della luna sulla sua pelle, la sabbia sotto le unghie.
Zoe prese la bottiglia e bevve ancora un sorso di Scotch, rivedeva nella sua mente gli occhi di quel gatto, quegli occhi la tormentavano, le sembrava quasi che quel felino avesse capito cosa stasse per fare. Ma sicuramente si sbagliava, quelli erano solo gli effetti dell'alcol. Forse. O forse no.

Zoe si mise in piedi dopo aver bevuto ancora un po' dell'alcolico, traballò un momento, buttò la testa all'indietro, prese un respiro profondo e poi fece scrocchiare le ossa del collo.
Iniziò a camminare lentamente fino a quando non mise piede sulla battigia e si bloccò di scatto.
Pregò mentalmente un'ultima volta e chiese di non soffrire troppo prima di farla finita.
Entrò nell'acqua gelata fino a coprire le spalle, il vestito lungo e i capelli che le ricadevano sulla schiena nuda iniziarono a muoversi.
Voleva farla finita e quello di annegare le era parso il modo più teatrale per andarsene, sarebbe apparsa come una splendida sirena che fluttuava tranquilla fra le onde.

Uno, due...
Iniziò a contare mentalmente e si tappò il naso e la bocca con le mani.
E tre.
Si immerse, decisa a resistere agli impulsi di risalire a prendere aria.

Era quasi passato un minuto quando sentì di stare per perdere i sensi, aveva ingerito più acqua di quanto sperasse, sentiva i suoi polmoni implorare pietà, stava per svenire, ma ad un tratto fu tirata per un braccio da qualcuno.
La figura maschile la tirò sulla spiaggia e tentò di fare una rianimazione sperando di fare riprendere Zoe.

La ragazza si riprese, aprì gli occhi lentamente, ancora stordita, sentiva un miagolio familiare, lo stesso che aveva sentito alla casa del pianoforte, mise a fuoco la figura che aveva davanti e riconobbe quegli occhi che prima aveva visto piangere, ancora iniettati di sangue che ora la fissavano speranzosi.

One-shot per il concorso di mystifique

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