Dal sangue e dal ghiaccio
Quando la guerra tra Asgard e Jotunheim fosse giunta al termine, il loro regno avrebbe accolto il ritorno del re vittorioso con il suono di mille campane dorate, festeggiamenti e musiche. Il popolo urlante e in festa avrebbe alzato la sua voce festante, mille petali di fiori avrebbero accolto i soldati trionfanti per le strade di Asgard. Stendardi rossi e dorati avrebbero decorato la città in festa, i prigionieri liberati sarebbero stati curati e riaccompagnati dalle loro famiglie. Questo era ciò che Frigga, aveva raccontato al suo piccolo Thor ogni sera quando, ostinato, voleva attendere, sveglio, il ritorno di suo padre per crollare nel sonno, con sulle labbra il sorriso di un bambino sereno che non poteva comprendere quanto terribile fosse la guerra.
Questo aveva promesso a suo figlio che, in compagnia di un'ancella nel palazzo reale, probabilmente cercava di comprendere perché quella promessa non era stata mantenuta. Perché le campane non avevano suonato al ritorno di Odino ad Asgard, perché non volavano petali di fiori colorati e perché la città era silenziosa, stretta in un lutto che attendeva il suo manifestarsi, perché il palazzo era così cupo.
L'orlo nero del suo abito sfiorava la pavimentazione, il ticchettio delle sue scarpe si perdeva nel suono dei passi di altre ancelle che la seguivano. File di nobili e soldati attendevano fuori dal tempio dorato di Asgard che la cerimonia avesse inizio per accompagnare la nave funebre lungo il corteo. Osservava, nonostante il lungo velo nero che scendeva sul suo volto, i molti visi stravolti di chi si era occupato del rito funebre, non frenando le lacrime, in silenzio. Attraversò la lunga navata, mantenendo una rigida postura, il solo suono era quello delle sue scarpe sul pavimento e l'unica luce era quella delle candele che la circondavano.
La nave era lì, al centro della navata. Le statue delle Norne troneggiavano su di essa, molti fiori profumati erano posti su altari mentre la luce della luna che splendeva nel cielo, filtrava da una delle alte vetrate e il suo raggio illuminava chi si trovava riposto al suo interno. Scoprì il viso dal velo e si avvicinò al bordo della nave.
Farbauti sembrava dormire, distesa su un letto di fiori, con indosso un pregiato abito blu bordato d'oro, i lunghi capelli corvini sparsi sul cuscino e ricoperti di piccoli fiori freschi. Un velo copriva il suo volto bellissimo e pallido e le sue mani intrecciate sul ventre ancora rigonfio dal parto, stringevano l'elsa di una spada funebre. Guardarla le causava una stretta orribile al cuore, inconsciamente voleva credere che fosse una messa in scena organizzata proprio da lei, che stesse davvero dormendo e che avrebbe aperto gli occhi azzurri da un momento all'altro per sorriderle e prendersi gioco di lei ma non era così. Era fredda, il suo cuore non batteva e non avrebbe aperto gli occhi, non più.
Non riuscì a frenare le lacrime che le scorrevano lungo le guance, voleva urlare per maledire Laufey e tutto il suo popolo per ciò che le avevano fatto, ucciderli con le sue mani per aver spezzato la vita dell'unica amica che aveva tra le mura di quel palazzo. Non meritava una fine del genere, non lei, non Farbauti. Allungò una mano tremante per sfiorarle la fronte fredda, una carezza lieve perché aveva paura di poterle fare del male.
Non si curò dei passi pesanti che le giunsero al fianco, della presenza forte che la affianco. Non riusciva a staccare lo sguardo da quel volto «Perché?»
«Non esiste un perché» La voce di Odino fu un eco nel silenzio del tempio «Le Norne decidono il nostro destino, spesso sono crudeli».
Guardò il volto deturpo di suo marito, avvolto della sua armatura. Una placca di metallo dorato copriva la cavità oculare ormai priva dell'occhio destro, strappato via da uno Jotun meschino come la vita di Farbauti. Si strinse contro di lui, piangendo senza alcun controllo.
La nave che trasportava Farbauti procedeva lentamente per le strade di Asgard, sotto gli occhi di popolani stretti nel cordoglio, in lacrime, che lanciavano fiori lungo il percorso della nave. I soldati fungevano da barriera, guardavano a loro volta la nave mentre il corteo la seguiva stretto nel silenzio e Frigga avanzava alla testa al fianco di Odino, il velo a celare il suo volto, le gambe che le tremavano. Raggiungere il molo della città fu terribile, la nave fu lasciata proseguire da sola sotto gli occhi dal popolo che si radunava lì con piccole sfere luminose tra le mani. La nave si andò allontanando, solo quando raggiunse un'adeguata distanza Odino, fece cenno e una freccia infuocata fu lanciata per colpire la nave. Si alzarono le fiamme in essa, così come in tutte le altre che cominciavano a seguirla nel percorso funebre, con al loro interno soldati caduti nella lunga battaglia.
Un altro cenno di Odino portò l'anima di Farbauti nel cielo, sotto polvere di stelle per unirsi ai suoi familiari nel Walhalla. Allora, le sfere luminose furono lasciate libere di alzarsi nel cielo di Asgard, milioni di luci per l'ultimo saluto a colei che, se il destino fosse stato più clemente, sarebbe stata la regina di Asgard.
Thor dormiva nel suo letto. Silenzioso, calmo e pacato, dopo aver pianto per la mancata promessa di una Asgard in festa. Passò una mano sul suo volto arrossato, si chinò per un bacio sulla sua fronte.
«Frigga.»
Alzò lo sguardo ormai privo di lacrime sul marito, il quale teneva tra le braccia il piccolo fagotto di cui la silenziosa ancella si era presa cura nel silenzio del palazzo, nel segreto adeguatamente ricompensato. Il bimbo emetteva tenui vagiti, si muoveva dentro la coperta di pellicce in cui era avvolto e la regina si alzò dal letto del figlio per avvicinarsi al marito e prendere il bimbo tra le braccia. Piccoli ciuffetti di capelli neri spiccavano sulla sua testolina, gli occhi ancora chiusi dal colore indefinito che si sforzavano di guardarla. Le somigliava molto, aveva i suoi lineamenti nel volto. Cominciò a cullarlo lentamente, invogliandolo a dormire con una tenue canzone che cantava spesso anche a Thor.
«Il bambino è figlio di Laufey» La voce di Odino era bassa, un tenue sussurro ma ugualmente udibile che cercò d'ignorare in quanto non intendeva udire quel nome maledetto mentre cullava un bambino che non meritava un simile padre «Ciò fa di lui il legittimo erede al trono di Jotunheim per quanto sia stato rifiutato da lui. Non è qualcosa che possiamo trascurare se intendiamo prenderlo con noi. Inoltre, il suo sangue è Asgardiano solo per metà».
Ignorò il discorso, continuando a cullare il neonato.
«Frigga.»
«Sto cercando di farlo dormire» Gli rispose «Magari ne parliamo domani».
«Dovremmo farlo adesso.»
Voleva poter contraddire la sua richiesta ma in cuor suo sapeva che era meglio tagliare subito la testa al toro e sospirò, voltandosi verso suo marito. Guardò il suo unico occhio sano rimasto. La sua era una ferrea volontà di mettere in chiaro ciò che lei già sapeva dal momento che il bambino era giunto ad Asgard in una cesta, nascosto agli occhi di tutta la corte e anche lei volle mettere in chiaro la sua di volontà «Vuoi parlarne. Facciamolo, parliamo di quanto io desideri un secondo figlio che non potrò mai avere. È stato difficile già mettere al mondo Thor, sappiamo entrambi che una seconda gravidanza può essere fatale per me o per il nascituro e tu sei stato chiaro. Niente più figli ma io ne desidero un altro e voglio che sia lui».
«Non puoi considerarlo tale.»
«Perché non l'ho messo al mondo io?» Chiese, portando lui a zittirsi «Sì, non è mio figlio per sangue ma è figlio di Farbauti e lei ti ha chiesto di prenderlo in cura ed io voglio farlo. Voglio questo bambino e voglio essere sua madre. Thor ha quasi quattro anni e vorrebbe un fratellino, lo amerà e ne sono sicura».
«Non puoi spacciarlo come tuo figlio.»
«Troverò una soluzione» Disse «Sono stata molte volte sul campo di battaglia, potrei fingere una gravidanza non sarà difficile ed Eir ci aiuterà. Lascerò il palazzo con il bambino nascosto dietro un'illusione e tornerò quando sarà il momento. Basterà attendere qualche settimana ma ti prego».
Lo supplicò bisognosa di avere una risposta affermativa da parte sua. Guardò persino il bambino che adesso dormiva tranquillo e già lo sentiva suo, doveva esserlo, lo voleva con tutto il cuore dal momento che le era stato portato.
La mano di Odino si appoggiò sulla sua testa, lasciò una carezza sulla pelle rosea e lo sentì sospirare «Farbauti, prima di spirare, ha detto che il suo nome è Loki. Se vuoi tenerlo, hai il mio permesso ma non dovrai scordare chi realmente è».
Frigga, non poté che sorridere e lo guardò «Questo sarà solo da vedere».
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