Coda d'argento-capitolo 3
"Appartenente né alla terra, né all' acqua, l'erede delle sirene ancestrali, dalla coda rassomigliante ai fulgidi raggi lunari, con il suo canto ammaliante, fonte di conoscenza, spezzerà la maledizione della Conchiglia Nera."
Leggo la profezia più volte, prima di rendermi conto che è reale. Scuoto appena la testa, mentre gli occhi dei presenti sono fissi su di me, in attesa della mia reazione. Louis mi appoggia una mano sulla spalla, in un gesto di conforto. Rialzo la testa dalla pergamena su è scritta la profezia. Itril mi scruta intensamente. "I-io..." mormoro. Non riesco a pensare lucidamente. I pensieri sono ingarbugliati in una grande matassa, che non sono in grado di sbrogliare. Vorticano a grande velocità, come se fossero chiazze di colore su una tela, di cui però non riesco a decifrare il disegno completo. Per un attimo, valuto l'idea che sia un sogno ma la scarto immediatamente, non possedendo una così fervida immaginazione. "Prendi un respiro profondo." Mi sussurra Louis. "Parti da ciò che ti assilla maggiormente." Mi volto verso di lui. È estremamente serio, nei suoi leggo la preoccupazione per me. Seguo il suo consiglio ed espiro lentamente. "Io vorrei..." mi schiarisco la voce con un colpo di tosse. Le sirene e i tritoni puntano nuovamente gli occhi su di me, pendendo dalle mie labbra. È frustrante essere osservata da tutti. Vorrei poter vivere la mia tempesta emotiva in tranquillità, la folla di curiosi è un grande ostacolo. "Vorrei parlarne in privato con Itril." Mi sforzo di mantenere un tono controllato, da cui non trapeli la mia confusione. Con un mormorio di assenso generale, escono tutti. Alcuni mi passano a fianco rivolgendomi occhiate compassionevoli, altri invece sembrano diffidenti. Decido di non curarmene. La situazione per me è già complessa così, non intendo aggiungere complicazioni. Apro la bocca più volte prima di riuscire a porre la domanda che temo più di ogni altra. La risposta ad essa potrebbe cambiare il mio destino, rovesciando le mie certezze. Non c'è dunque da meravigliarsi che io sia nervosa. "Come potete essere certi che io sia. .." cerco rapidamente la definizione che mi aveva affibbiato Itril "Eiremar? Ne siete sicuri?" Ho premuto il grilletto, chiedendomi la direzione della pallottola. ..la quale potrebbe essere rivolta a me. "Ne siamo sicuri. Solo tu, tra tutti noi, hai la coda d'argento, esattamente come i raggi lunari." Mi spiega con calma e dolcezza. Evidentemente, ha il dono dell' empatia, cosa di cui io sono totalmente sprovvista. "Inoltre, tuo padre è umano mentre tua madre era una sirena; di conseguenza, sei solo per metà una sirena. È questo il significato dell' espressione appartenente nè alla terra. .." prosegue la spiegazione ma io sento solo un ronzio nelle orecchie, come se fossi all'interno di una campana di vetro. Ho registrato solo poche parole di quel discorso arzigogolato:mia madre era una sirena. Una semplice affermazione rovescia i pilastri delle mie certezze, costruite accuratamente negli anni. Avevo fatto centinaia d'ipotesi sulla mia trasformazione ma mai avevo sfiorato un pensiero simile. In realtà, è una spiegazione logica, ma avevo sempre rifiutato di crederlo possibile. Forse, semplicemente respingevo l'idea che mio padre potesse mentirmi. Come ha potuto celarmi un simile segreto, sapendo quanto fossero per me importanti le mie origini? Mi si stringe il cuore in una morsa dolorosa. Respiro profondamente, tentando di normalizzare il respiro, divenuto irregolare. "Mi-mia madre...era una sirena?" Chiedo con un nodo stretto in gola. Itril sgrana gli occhi. "Certamente. È da lei che hai ereditato la coda." Incrocia le braccia sul petto, inclinando la testa. "Non lo sapevi? Credevo che tuo padre te ne avesse parlato" Scuoto la testa,incapace di parlare. Mi mordo il labbro inferiore, già gonfio, per impedirmi di piangere. Louis mi stringe a sé e mi accarezza dolcemente la schiena. Non mi trattengo più e le lacrime cadono copiose sul mio volto. I singhiozzi, sempre più intensi, mi scuotono violentemente. Come un fiume in piena, riverso in quel pianto la frustrazione, la rabbia, la delusione e l'incertezza accumulatasi negli ultimi giorni. Mi sento tradita. Tradita dal mio genitore che avrebbe dovuto rispondere ai miei dubbi, ai quesiti che mi pongo sin dall' infanzia. Itril esce dalla stanza, intuendo lo stato delicato in cui mi trovo. "Ehi" mormora Louis contro la mia spalla. "Ci sono qui io.Non ti preoccupare." Mi rassicura. "Mio padre..." un nuovo singhiozzo mi blocca. Louis mi stacca da sé e mi asciuga le lacrime con il pollice. "L'ha fatto per te. Per proteggerti. Voleva che tu vivessi una vita normale. Se te l'avesse detto, ne saresti stata ossessionata. Non desiderava certo che tu passassi il tuo tempo alla ricerca di tua madre. L'ha fatto per il tuo bene" conclude appoggiandomi una mano sulla spalla. Punto gli occhi su Louis. Le sue parole mi fanno riflettere. In fondo, è comprensibile che un genitore agisca per il bene del figlio. Stavolta però mio padre ha commesso un errore. Era mio diritto conoscere la verità. Mi asciugo gli occhi con una mano. Il mio migliore amico è davvero una persona speciale, su cui posso contare sempre. "Stai meglio?" Mi chiede con apprensione, dopo qualche istante di silenzio. Annuisco. "Grazie" sussurro, lasciando trapelare la mia profonda gratitudine. Lui si apre in un sorriso. "E di che?" Assume un'espressione divertita. "L'ho fatto per me, cosa credi? Dopo, chi mi aiuta ad uscire da questo posto?" Gli sorrido timidamente, lieta che abbia spezzato la tensione.
Dopo la conversazione con Louis, mi sento animata da una nuova, sconosciuta, determinazione. Desidero apprendere quanto più possibile sul mondo dal quale proveniva mia madre. Appartenendo a due realtà opposte, ritengo giusto conoscerle entrambe. Mi dirigo dunque, con la guida della sirena fulva-la quale ho scoperto essere stata messa al mio servizio-agli alloggi di Itril, nell'ala opposta ai miei. Quando arrivo, lei è seduta davanti alla toiletta, intenta a spazzolare i lunghi capelli biondi. Mi annuncio con un piccolo colpo di tosse. Lei si volta e mi accoglie con un sorriso."Ti sei ripresa" constata, scrutandomi un attimo. Annuisco. "Ne sono felice. Dimmi. ..perché sei qui?" Mi chiede con sguardo interrogativo. Mi avvicino a lei. "Voglio conoscere questo mondo." Dichiaro con fermezza. "Le vostre abitudini, la vostra lingua, le vostre tradizioni...tutto." Itril si attorciglia una ciocca di capelli sul dito. "Non credo che tu stia realmente cercando ciò di cui parli." "Tu aneli ad informazioni su tua madre" aggiunge lanciandomi un'occhiata penetrante. "E speri di trovare qualcosa su di lei nel mondo in cui viveva" Inarca un sopracciglio, come a volermi sfidare sulla veridicità delle sue parole. Non posso obiettare. Mi allontano, inclinando un poco la testa. Itril sospira. "Come pensavo. Ti avverto: non è estorcendo informazioni a noi che conoscerai tua madre." Abbasso lo sguardo verso il pavimento, a disagio. Probabilmente ha ragione...ma non conosco altre strade per soddisfare quella naturale curiosità di ogni essere umano verso i propri genitori. Decido di sviare l'argomento e mi concentro sull' altro, importante, quesito che mi assilla. " La profezia. ..esattamente di cosa parla? È piuttosto criptica. .." lascio volutamente la frase in sospeso, scoccando un'occhiata eloquente ad Itril. Lei si stringe nelle spalle e si alza. "Il lago di Agadir ti fornirà tutte le risposte che cerchi." Aggrotto la fronte, confusa da quelle parole. Credevo che Itril conoscesse bene la profezia e le sue implicazioni. "Il lago di Agadir?" Domando scettica, incrociando le braccia sul petto.
Le sue labbra si schiudono in un sorriso. "Credo di sapere a cosa stai pensando." Mi si avvicina, passandosi con vanità una mano tra i capelli. "Conosco bene la profezia, è vero, ma solo le sirene ancestrali possono svelarti l'arcano." "Le sirene ancestrali!? Chi sono? Vivono nel lago?" Quella raffica di domande non prova la pazienza di Itril, la quale reprime un sorriso."Sono le nostre antenate. Nel lago vivono i loro spiriti." M'illustra. "Ma ora vieni. Ti spiegherò tutto lungo il tragitto."
-----------------------------------------
Mi sento energica, pronta ad affrontare il viaggio. Sono alquanto curiosa riguardo a ciò che troverò là. "Allora, sei pronta?" Mi chiede Itril con un sorriso. Annuisco. Lei indica un carro posto proprio davanti a me, trainato da cavallucci marini, più grandi rispetto a quelli normali. Salgo in cassetta, di fianco ad Itril, ma non scorgo nessun altro. "Dov'e Louis?" La sirena scuote la testa, rivolgendomi un'occhiata mesta. "Lui non può venire. Il lago di Agadir è consacrato alle sirene. Altre creature non sono ammesse." Mi spiega in tono autoritario. L'argomentazione è ferrea, ciononostante mi dispiace perché la sua presenza avrebbe rappresentato un conforto. "Allora io... sono ammessa? Cioè, sono una sirena ma sono umana allo stesso tempo. .." Itril scocca la briglia sui cavallucci e partiamo. "Certo che sei ammessa. Sei la loro erede!" Esclama, sorpresa dalla mia obiezione. Qui, ad Atalantial, credono tutti che io sia Eiremar e mi trattano con tutti i privilegi che ne conseguono. Io però, non ne sono affatto convinta. Ho scelto d'intraprendere questo viaggio proprio allo scopo di scoprire la verità su me stessa e sulle mie origini. Voglio solamente imparare più nozioni possibili su quella parte di me che è sirena. Quella parte misteriosa di cui mi è stata taciuta l'origine per tutta la vita. Fino ad ora. "Già, l'erede, Eiremar, colei che dovrebbe spezzare la maledizione..." mormoro con amarezza, chinando il viso. Con la coda dell' occhio, sorprendo Itril a fissarmi con apprensione. "Non credi di essere la sirena della profezia, vero?"mi chiede. Questa sirena si dimostra sempre più perspicace. "No. Non voglio deludervi, ma non credo affatto di essere la sirena che state aspettando." Itril serra le labbra in una smorfia contrariata, ma non ribatte. Rimaniamo in silenzio per un paio di minuti, durante i quali si sente solo lo sciocco della briglia sui cavallucci. "Da te dipende il nostro destino" sbotta improvvisamente Itril con una nota di disperazione nella voce. Intuisco che essa sia dovuta alla maledizione che, a quanto pare, grava su Atalantial. "Che cos'è la maledizione della Conchiglia Nera?" Chiedo dunque. Voltandomi verso di lei, noto che si è irrigidita. "La conosci la fiaba della sirenetta, no?" Annuisco. È sempre stata la mia preferita, data la mia natura. Itril mantiene lo sguardo fisso sul paesaggio marino che ci circonda. "Ci sono alcune vicende che Andersen non ha menzionato." Si schiarisce la voce e si appresta a narrare. "A quei tempi, Atalantial esisteva già. Era un regno prospero, governato nella concordia. Vigeva solo una regola fondamentale:non entrare in contatto con gli umani." Il viso non reca alcuna espressione. "Come narra la fiaba, Ariel disobbedì. Ella però non si limitò a soccorrere l'umano. Essendosi innamorata di lui, gli rivelò di essere una sirena e lo portò ad Atalantial con la promessa di vivere insieme nel nostro regno. Il principe naturalmente rifiutò e..." si interrompe, la mascella contratta. "Riferì alla sua corte della nostra esistenza, con lo scopo di trarne profitto." Quella frase rivela rabbia e dolore, dovuti certamente al tradimento di Ariel. Con la sua mossa avventata, aveva messo in pericolo la sua specie. "Molti di noi furono catturati e uccisi e le nostre case vennero distrutte. Eravamo disperati, come puoi ben immaginare." Si ferma nuovamente, lasciandomi il tempo di riflettere sulla crudeltà umana. In questo momento, disprezzo la mia metà che appartiene a questa specie. Itril, dal canto suo, non osa guardarmi negli occhi. È alquanto chiaro che questa vicenda le apra vecchie cicatrici. "Fu allora che le sirene ancestrali, impietosite dalla nostra condizione, ci vennero in soccorso. Attraverso il loro canto, condussero i nostri cacciatori alla morte e cancellarono la memoria a tutti coloro che sapevano della nostra esistenza. Esse però vollero punire la nostra imprudenza con una maledizione." "Ma solo Ariel ha tradito le sirene! Perché punire tutti?" Obietto. Mi si stringe il cuore pensando alla sirenetta dai capelli color fiamma. Era la mia eroina, da bambina. Ondeggio la coda. Un altro mito distrutto. Itril sospira. "La punizione doveva essere un monito per tutti." Mi spiega "Le sirene ancestrali ci lasciarono in custodia una conchiglia, di colore nero, appunto. Ogni anno, alla prima luna piena primaverile, essa produce una perla, naturalmente nera. Le nostre antenate ci predissero che l'anno in cui non sarebbe comparsa nessuna perla, il nostro regno sarebbe sprofondato negli abissi." Emette un respiro profondo. "Ebbene, quell'anno è giunto. La Conchiglia Nera non ci ha donato nessuna perla." Ferma il carretto. Si volta verso di me, con gli occhi socchiusi e le labbra serrate in un ghigno sghembo. "Eiremar è la nostra unica speranza.Sai cosa significa quel termine nella nostra lingua? Salvatrice." I miei occhi sono incatenati ai suoi, come se fossero sotto l'effetto di una forza magnetica. In quegli occhi, si notano al contempo il buio della disperazione e il luccichio della speranza. Impossibile sottrarsi ad una miscela tale di emozioni.Itril, dopo un lungo momento, distoglie lo sguardo e da ordini ai cavallucci di ripartire. Tra noi cala un silenzio imbarazzante. La storia di Atalantial mi commuove, ma non credo di essere io Eiremar. Io sono solo un'adolescente di sedici anni, come possono pretendere che io salvi il loro regno? Ho sempre vissuto sulla terra. Del mondo natale di mia madre non so nulla. "Eppure sei partita per questo viaggio proprio per scoprire più cose a tal proposito" mi ricorda una vocina insidiosa nella mia mente. Faccio un gesto con la mano per scacciare questi pensieri molesti. "Siamo quasi arrivati" annuncia Itril. Il suo tono di voce inespressivo mi sorprende. Non si volta nemmeno a guardarmi. Probabilmente è ferita dal mio rifiuto di credermi la salvatrice del suo regno. Purtroppo, non posso darle la certezza che auspica. Arriviamo in prossimità di una grotta. Una forte corrente ci sospinge all'interno, facendoci guadagnare velocità. Itril trattiene con forza i cavallucci per impedire che la corrente li trascini con sé. Io invece mi tengo forte al parapetto del carretto, mentre l'acqua mi sferza i capelli. Dopo alcuni lunghi minuti, usciamo dalla grotta. Il cambio di velocità di corrente così repentino mi fa sobbalzare, mentre Itril, con mio stupore, rimane immobile. Distolgo lo sguardo da quella criptica sirena e lo poso sul paesaggio, completamente differente da quello precedente. Innanzitutto, qui filtrano i raggi solari, rendendo l'ambiente circostante molto più luminoso. Inoltre, l'acqua ha una temperatura più bassa. Istintivamente, intuisco che è un bacino d'acqua dolce. "Dove siamo?Come ci siamo arrivate?" Domando. "La grotta era un passaggio extra-dimensionale." Si volta e mi sorride. "Benvenuta al lago di Agadir."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top