L'arruffapopoli
Gazza ladra
Latrina
Congiura
Melograno
In commendam
Sanguinolento
Inferiore
Sposare
Tau
Mi dirigo con la mia cesta piena di pesce fresco al mercato della piazza centrale.
Oggi è una buona giornata, i pescatori hanno catturato molti pesci e sono stati meno spilorci del solito.
Con un sorriso a trentadue denti mi avvicino alla mia solita bancarella, già montata in precedenza questa mattina.
Sfioro con le mani il legno grezzo di cui è costruita, normalmente una persona si sarebbe riempita i polpastrelli di schegge ma grazie alla mia pelle dura e piena di calli non sento il minimo dolore.
Sorrido, abbandono rudemente la cesta sul bancone e, appoggiando la mano sulla tavola di legno, scavalco l'ostacolo.
Prendo con sicurezza il mio fedele coltello lungo due spanne e largo un palmo che tengo sempre accuratamente affilato e comincio a tagliare e sviscerare i pesci.
Ho appena servito una vecchietta talmente piena di rughe da nascondere i lineamenti del volto, quando sento delle grida poco lontano da me:
<<Imbroglioni! Corrotti! Figli di puttana! Vergognatevi! Non toccarmi! Non osare toccarmi! State lontani! Attenzione! Il mio carretto! Hey! No! Brutto stronzo, come ti permetti! Imbroglione! Il re non lo farebbe mai! Non vi darò più un centesimo! Ahh! Lasciami! Lasciami!>>
Un ammasso di gente, vecchie matrone, contadini con la gobba, bambini sdentati urlanti, si era radunata attorno allo spettacolo.
Dalle grida avevo già capito che si trattava degli Arrendatori.
Quei luridi figli di puttana, digrigno i denti e serro la presa sul mio coltello, vorrei farli a pezzi, tagliarli un pezzetto di carne alla volta partendo dalle loro sporche dita che continuano a prendere i nostri soldi senza diritto. Come osano dire di fare tutto questo per il nostro amatissimo re di Spagna! Bugiardi!
Senza accorgermene mi sono fatto spazio a gomitate tra la folla, faccio fatica a respirare e le mie spalle sono tese. Mi calco meglio il berretto rosso in testa e comincio ad urlare:
<<Viva il re di Spagna! Mora il malgoverno!>>
Sento delle voci dietro di me che ripetono la mia frase, prima in due, poi in sette, in dieci, in venti, per poi sentire tutta la folla presente nel mercato urlare.
Prendono a spintoni gli Arrendatori, strappano dalle loro mani i fucili e li tramortiscono a suon di pugni.
Alla mia destra, in un punto sconosciuto sento delle urla di incitamento. Urlano il mio nome:
<<Masaniello, Masaniello!>>
Mi giro a cercare con frenesia la persona che mi ha nominato con cosi tanto ardore, ma ormai tutta la folla ha sentito il mio nome e i contadini più forzuti mi alzano in aria.
In questa posizione riesco a vedere la marea di napoletani che prendono i tre corpi svenuti degli Arrendatori e quello del nostro "carissimo" rappresentante del popolo corrotto, Andrea Naclerio, e li buttano nella latrina più vicina.
Vedere gli orgogliosi soldati che poco prima si vantavano e riscuotevano le tasse di povere famiglie senza battere ciglio, immersi nel piscio e nella merda come maiali mi fa ridere.
Rido talmente tanto che non mi accorgo nemmeno che mi hanno fatto tornare a terra e che mi guardano tutti con attesa.
Sorrido raggiante, un luminoso ottimismo si è impadronito di me:
<<Miei cari amici, fratelli e sorelle. Oggi è il giorno in cui il popolo napoletano cambierà il proprio destino!>> grido. Mi guardo in torno, notando che tutti mi stanno ascoltando, bene.
<<Oggi noi del popolo ci ribelleremo alla tirannia di questi infami che ci derubano e ci fanno patire la fame sotto il falso nome del Re! Oggi, proprio oggi, in questo luogo, con queste persone, con queste emozioni che ci affratellano, è incominciata la rivoluzione del popolo. Passeremo alla storia! Da oggi in poi in futuro dei nostri figli sarà senza la sofferenza della fame che ognuno di noi porta sulle proprie spalle! I potenti non ci potranno più tiranneggiare perché avranno paura di noi! Oggi è il giorno del cambiamento!>>
Ho il fiatone, le guance arrossate e gli occhi brillanti. Sento un urlo partire da un punto indefinito della folla, poco dopo se ne aggiungono altri, tutte le persone della piazza urlano il mio nome, frasi insensate, versi incoerenti. Mi sento felice ed emozionato, ma deve rimanere cauto, qualcuno tra i contadini potrebbe vendere ai nostri nemici le informazioni che sto per dire a tutti loro.
Faccio segno a tutti di tacere:
<<Amici miei, oggi è il giorno del cambiamento, ma non possiamo correre a distruggere tutto quello che troviamo, come fossimo dei barbari. Dobbiamo organizzarci, dividetevi in gruppi di sei persone ognuno, poi venite da me e descrivetemi esattamente le competenze di ogni componente della squadra, così che possa assegnarvi i rispettivi incarichi.>>
Mi allontano dalla massa, prendo una sedia che trovo vicino ad una bancarella di ceste intrecciate. Mi siedo e cerco di sembrare rilassato, ma in verità sono ansioso, pianto le mani sui bordi del quadrato di legno in cui sono seduto.
Devo pensare lucidamente, deve essere un buon riferimento per i miei compaesani, questo popolo che nonostante le mille tirannie, dai secoli passati fino ad adesso, sia resistito e che si sia rafforzato un po' sempre di più mi rende orgoglioso di loro, di essere nato napoletano. Perché in fondo i napoletani sono il popolo che amo, Napoli è la città che mi ha cresciuto e ospitato. Questa è casa mia.
Si avvicinano a me tre gruppetti di persone, decido in fretta il loro lavoro adatto. Passo in questo buona parte della giornata, a pomeriggio inoltrato finalmente finisco, vado velocemente a casa, non mangio da stamattina e il mio stomaco brontola rumorosamente. Mangio un buon piatto di pasta, cucinato da mia madre, divoro con voracità una mela e un melograno succoso. Arrivo di corsa alla piazza, ormai è sera, tutti i gruppi speciali che ho scelto stamattina sono qui, un quindicina in tutto, con gli uomini più forti, intelligenti e scattanti. È il momento che la notte inizi.
***
Vedo le fiamme dei palazzi nobiliari anche a kilometri di distanza, i miei compagni hanno fatto un buon lavoro. Poco prima li avevo informati sui luoghi d'assaltare e come agire, le vecchie signore e i bambini sarebbero entrati nelle case dei ricchi senza farsi notare per poi aprire all'ora stabilita le porte ai miei amici. Non avevo calcolato che a questa operazione composta solo da pochi uomini, si sarebbe unita l'intera città in meno di un ora dall'allarme generale. Ora avevo il potere completo, tutti i cittadini di Napoli mi amavano.
Seduto sul tetto di una casa popolare, giro la mia visuale verso destra, ecco altre case dei ricchi ridotte a macerie fumanti. Dietro di me una montagna di carta sfregola e brucia. Distruggere i registri delle imposte è stata proprio un'idea intelligente. L'odore di bruciato si sente in tutta la città, la nube è così estesa che anche le pietre delle case saranno impregnate di questo odore di distruzione e cambiamento.
Chiudo gli occhi e sento in lontananza le urla delle signore ingioiellate e dei ricchi signoroni che supplicano disperatamente di uscire dalle prigioni.
Sorrido e penso per l'ennesima che il vecchio Genoino ha avuto proprio una bella idea nel far distruggere i registri, quel vecchiaccio è proprio intelligente, dovrei averlo al mio fianco più spesso. Potrebbe darmi dei buoni consigli, ma non conosco il suo carattere né ciò che ha fatto in passato, non posso ancora fidarmi del tutto.
***
Beviamo allegramene una bottiglia di vino a casa mia, mia moglie Bernardina è andata dai parenti a spettegolare come sempre. Con me ci sono Genoino, il mio fedele vice e Marco Vitale, il mio compagno di cella che mi ha fatto conoscere quel vecchio volpone di Giulio.
<<Eh si insomma è venuto da me un rappresentante di non so chi>>, mi bevo un sorso di vino. <<Del re di Spagna, ecco di chi! Un omino piccolo e cicciottello. Un nanetto vestito tutto di nero>>.
<<Credeva che il vestito elegante lo rendesse potente, ma stava tremando di paura quella caciotta! L'ho visto che tremava e balbettava con i miei occhi. Per poco non gli ho riso in faccia>>.
Sento ridere, è Marco:<<Sarà stato il figlio bastardo di qualche nobile signore spagnolo che per farsi vedere importante agli occhi della famiglia si è offerto come ambasciatore!>>.
Rido anch'io, annuendo con la testa.
Giulio è l'unico serio: <<Su, su ragazzi, non giudicate qualcuno senza averlo prima conosciuto davvero.>>
È intelligente, dannatamente intelligente e riflessivo, sarei già morto se non fosse per questo cornutone.
<<Allora perché non ci racconti del tuo passato, brutto cretino che non sei altro?>> lo indico ripetutamente.
<<Non credo sia il caso. Ce...>>
<<Marco non serve che mi proteggi.>>
<<Senti Giulio, non permetterti di dirmi cosa devo fare o non...>>
<<Su, su ragazzi, calmatevi>> dico.
Mi alzo in piedi e mi avvicino a Giulio.
<<Vuoi dirci la tua storia, si o no?>>.
Lo sento sospirare e accomodarsi meglio sulla scomoda sedia di legno.
<<Da giovane presi i voti sacerdotali per non essere un peso per la mia famiglia...>>
<<Un peso?>> chiede Marco. Mi volto a guardarlo male, lui si zittisce. Mi rigiro e fisso Genoino esortandolo a continuare.
<<Ecco... Poco dopo aver preso i voti, per una serie di fortunate coincidenze ero già vescovo.>>
Sono perplesso, tutta Napoli avrebbe saputo in poco tempo il nome del nuovo vescovo ed io ne sarei venuto di sicuro a conoscenza. Giulio sembra aver notato la mia faccia scettica e quella scandalizzata di Marco.
<<Ecco...Diciamo che non sono stato proprio nominato vescovo ufficialmente. Ehm...avevo già cominciato a guadagnare i soldi come i normali vescovi ma l'unzione ufficiale sarebbe avvenuta il mese successivo. Per fortuna, o sfortuna, mi sono innamorato di una bellissima ragazza che vedevo ogni domenica nella mia chiesa.>>
<<Ah ah! Il nostro Giulio fa colpo! E dimmi, ce le aveva grosse? Te la data?>>
Marco fa gesti osceni con le mani.
<<Si, si me la data. Ma il vero problema era che ero innamorato perso, così le chiesi se la potessi sposare. E lei mi disse di si! Ero così emozionato che andai subito dal padre di lei per chiederle ufficialmente la mano.>>
<<E poi che successe?>>.
Sono curioso.
Sicuramente non era una storia a lieto fine, vista l'espressione scura che Giulio aveva in viso. Lui sospira pesantemente:
<<Il padre mi proibì di sposare sua figlia, mi cacciò dalla loro casa e assoldò degli assassini per uccidermi. Mi voleva fuori dai piedi, a tutti i costi. Scappai prima in convento per dare In Commendam tutti i miei averi, mi avrebbero rintracciato subito con tutti quei soldi. Poi sono scappato qui a Napoli, ecco perché non avete sentito parlare di me, sono di un altro paese.>>
<<Ma che brutto figlio di puttana!>> urla Marco sbattendo il bicchiere sul tavolo e digrignando i denti.
<<Shh...Giulio, come mai non voleva sposassi sua figlia?>>
<<Diceva sempre le solite stronzate da nobile spagnolo. Perché ero inferiore, ecco perché. >>mi risponde.
<<Mi dispiace, amico.>> Mi siedo vicino a lui e lo riempio di pacche sulle spalle.
***
Cammino ad una velocità assurda, con grandi e rapide falcate, le persone si scostano spaventate al mio passaggio, sia perché si vede che sono di fretta, sia perché ormai sono famoso.
Ma la verità è che non sono per niente di fretta, sto solo passeggiando. O almeno, l'intento era quello, ma la mia costante ansia e paura mi sta facendo camminare molto in fretta.
Ultimamente ho sempre più paura, più si è potenti e importanti, più hai dei nemici che vogliono farti fuori. La storia di Giulio mi ha convinto sempre di più che devo stare attento a chi mi sta intorno, i nobili spagnoli potrebbero assoldare degli assassini per uccidere il rivoluzionario che gli sta dando del filo da torcere.
Ho il respiro mozzato, e cerco di camminare ancora più forte, stare in mezzo alla folla è pericoloso, potrebbero nascondersi molti potenziali nemici.
Mi allontano dalla calca e rallento, comincio a respirare normalmente ed a rilassarmi. All'improvviso plana dal cielo un grande uccello, bianco e nero, una gazza ladra. Sembra che il mio cuore si sia fermato, so cosa significa vedere un uccello del genere in questo periodo, malocchio. La gazza è un uccello del malaugurio che mette lo sfortunato che la vede in contatto con gli spiriti dei morti. Ciò significa che morirò presto. Non riesco più a pensare lucidamente, non mi ricordo più come si riesce a respirare. Quindi avevo ragione. Qualcuno dall'esterno vuole uccidermi. O ancora peggio, qualcuno dall'interno, una congiura contro di me! Corro a casa e sprango le porte e le finestre. Caccio via mia moglie, anche lei potrebbe tradirmi, sono circondato da traditori. Come posso fare per far si che il destino predettomi dalla gazza non si avveri! Bandirli? No, ritornerebbero trovandosi nuove alleanze. Imprigionarli? No, potrebbero liberarsi. L'unica soluzione è ucciderli, ma prima devo capire chi sia veramente mio nemico. Riapro la porta di casa mia e mi trovo davanti un giovane alto e aitante, vestito molto bene, con un mantello bianco e una splendida armatura lucente. Mi insospettisco subito e porto la mano al pugnale nascosto.
<<Lei chi è?>>
<<Lei è Masaniello, l'arruffapopoli?>> mi chiede.
<<Si, ma lei non ha risposto alla mia domanda.>>
Il ragazzo si inchina.
<<Piacere di conoscerla. Sono un cavaliere mandato in rappresentanza dal comune di Altopascio. Il mio nome non ha importanza.>>
<<Mai sentito nominare.>>
Sono ancora con la maniglia della porta in una mano e il pugnale nell'altra. Il fatto che non mi abbia detto il suo nome mi ha convinto che voglia farmi del male. Lo faccio entrare, ho un piano in mente e lui mi serve dentro casa mia.
<<Cos'è quella T che avete incisa sulla corazza?>> dico, indicandola con un dito.
<<Questa è la lettera Tau, fa parte dello stemma del mio paese.>>
Da adesso il mio piano può iniziare, non fa nemmeno in tempo ad aprire la bocca che lo stendo con un pugno alla mandibola. Corro alla finestra e la apro:
<<Aiuto! Aiuto! Un assassino mi vuole uccidere! Un assassino mandato dagli spagnoli! Qualcuno mi aiuti!>>
In meno di mezz'ora mezzo quartiere è dentro casa mia, gli racconto che ha cercato di uccidermi e che per fortuna sono riuscito a farlo svenire dandogli un pugno. Tutti si congratulano con me e Giulio ordina a cinque uomini di stare alla guardia di casa mia giorno e notte. Il mio obiettivo è raggiunto, finalmente ho una guardia che mi può proteggere e la consapevolezza generale che qualcuno stia cercando di uccidermi.
Ordino agli uomini presenti di uccidere pubblicamente in piazza il cavaliere. Da quel giorno chiunque mi sembri sospetto dovrà essere messo a morte.
***
Oggi è il 16 luglio e Masaniello esce tranquillamente di casa, con il cuore leggero per aver ucciso dei poveri innocenti che lui considerava traditori. Sta tranquillamente passeggiando per una tranquilla stradina, quando alle sue spalle compare un gruppetto di uomini armati. Tra di loro c'è il suo caro amico, alleato e vice: Giulio Genoino. Un uomo armato di archibugio lo richiama e Masaniello si volta, vede la persona di cui si era fidato che gli punta il fucile al petto e urla:
<<Amice miei, popolo mio, gente: vuie ve credite ca so' pazzo e forze avite raggione vuie, io so' pazzo overamente. Ma io ve vulevo sulamente bbene e forze sarrà chesta 'a pazzaria ca tengo 'n taa capa. Vuie primme eravate munnezza e mò site libbere...>>
Cinque colpi di archibugio posero fine al suo monologo, la salma fu trascinata in piazza e decapitata. Il cadavere sanguinolento di quel rivoluzionario finì senza nome immerso e dimenticato nei rifiuti che a quel tempo si trovavano ovunque a Napoli.
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