Apeirofobia
Melody Archer, si guardò di sfuggita allo specchio, mentre Agata, la cameriera le acconciava i morbidi capelli biondi con una spazzola.
Le faceva male come quella donna le strattonasse i capelli, ma come diceva sempre Miss Christie, "se bella vuoi apparire un po'di pene devi soffrire".
Erano sedici anni che glielo diceva, ed erano infatti sedici anni che si trovava nell' "orfanatrofio di Santa Cecilia per giovani ragazze abbandonate", sin da quando sua madre l'aveva lasciata davanti a quell'enorme portone color mogano. Da allora, la sua vita era stata fatta di speranza è illusione che qualcuno potesse venire a riprendersela, o che un principe azzurro -come quello Delle favole- venisse a "salvarla" e a portarla via.
Ma non era mai successo, e Melody Archer ne soffriva atrocemente.
Dopo che Agata, le mise l'ultima forcina sui capelli dorati, Melody poté alzarsi e scendere giù in sala mensa, insieme alle altre ragazze abbandonate.
La mensa, era forse il luogo che più odiava di quel posto. Era situata giù in cantina, e per quello, neanche d'estate, la mensa si poteva definire illuminata. L'unico mezzo di luce, erano Delle candele, venivano messe sul tavolo solo qualche volta.
Melody, andò a sedersi accanto alla signorina Violet Gray, la persona che più si avvicinava all'essere la sua migliore amica. Le due, erano sempre stata un'ottima accoppiata: silenziose, indifferenti, solitarie. La maggior parte del tempo la passavano a leggere libri o ricamare qualcosa. Erano ben diverse dalle altre ragazze, che invece se la spassavano nei campi, a correre e a divertirsi, senza preoccuparmi di altro se non di vestiti o altre cose futili.
Ma Melodie Archer, non era quel tipo di ragazza frivola come le sue compagne. Lei aveva preoccupazioni ben più grandi di "quale vestito mettere mercoledì e quale giovedì".
Il suo timore più grande, era la paura di rimanere in quel posto in eterno, per un tempo infinitamente lungo. E lei aveva paura, pensare all'infinito non le piaceva affatto. Era un tempo troppo lungo, senza fine, non si sapeva mai cosa c'era alla fine, ed era questa la cosa che più la spaventava, non conoscere il finale di qualcosa. Lei che programmava sempre tutto, che amava avere le cose sotto controllo.
Quel giorno a colazioni, c'era una strana purea color giallo ocra dall'odore strano. Ormai tutte si erano abituate al cibo che usciva da quella cucina, e a molte incominciava a sembrare anche commestibile.
Melody, però, ancora non si era abituata a quella specie di porcheria, se la sarebbe dovuta sorbire per ancora molto tempo, e la cosa non le piaceva affatto.
Di malavoglia, prese il suo cucchiaio e incominció a mangiare quella "cosa", quando venne interrotta da una ragazza dai capelli rossi lunghi fino alla vita «scusa, hai visto Alya?» «non so neanche di chi stai parlando» le risponde Melody scocciata «è la mia migliore amica» «ah, questo spiega tutto» disse sarcastica «ha la mia età» «non mi aiuta affatto» «è mora, ha gli occhi verdi, indossava un abito viola scuro» «mi spiace non l'ho vista».
La ragazza se ne andò delusa, mentre Melody ricominciava a mangiare.
Mezz'ora più tardi, Melody Archer, era rintanata in camera sua, mentre rileggevo Macbeth per la terza volta.
Era seduta su una comoda poltrona davanti alla finestra, mentre sorseggiava una tazza di tè verde.
Era tutto piuttosto tranquillo, e silenzioso. O almeno tutto era così prima di sentire un urlo profondo squarciare il cielo. Melody si avvicinò alla finestra, e vide una grossa massa informe cadere dal tetto. Spaventata, corse giù per le scale, verso il giardino dell' orfanatrofio, e vide un mucchietto di persone riunite intorno alla massa informe che era caduta poco fa.
La massa informe, si rivelò essere una ragazza mora, con gli occhi verdi e un vestito viola. Prima ancora che potesse capire bene quello che era successo, la ragazza dai capelli rossi urlò «ALYA!».
Miss Christie, veniva dietro lei, coi capelli bianchi tutti spettinati.
Si avvicinò al corpo della ragazzina e le prese il polso, prima di annunciare che fosse morta. Tutte -Melody compresa- trasalirono a quella notizia, nessuno aveva mai assistito ad un suicidio prima d'ora.
Miss Christie ordinò a tutte di fare silenzio e disse «mie care ragazze, quest'oggi, abbiamo subito una grave perdita: la signorina Alya Salvatore. Come già tutti sapevamo, la nostra amica aveva profondi problemi, che l' affiligevano già da qualche tempo.
Spero vivamente, che episodi di questo genere non accadano più. Ora, la signorina Salvatore è da un'altra insieme a nostro signore.
Riposa in pace piccola».
Tutti chinarono il capo in segno di condoglianze, poi se ne andarono.
O almeno tutti tranne Melody. La morte di quella ragazza le aveva appena fatto capire una cosa: dopo la morte non c'era nient'altro, finiva tutto lì, non c'era un dopo, non c'era un domani, c'era solo l'oggi, e quell' oggi non sarebbe mai finito.
Missi Christie, si trovava nel suo ufficio, sommersa da una marea di documenti. Erano le undici di sera, e lei era ancora sveglia a lavorare.
Da quando Miss Salvatore si era suicidata, aveva avuto non pochi problemi con la gestione dell' orfanatrofio, soprattutto con Miss Archer. Per qualche ragione, la morte della ragazza l'aveva resa piuttosto problematica, e anche quel giorno era stata costretta a chiuderla nello sgabuzzino come punizione per aver preso a sberle Miss Arrow per averle chiesto se per caso aveva visto il suo vestito rosso.
Dopo aver firmato tutte quelle inutili scartoffie, Miss Christie si alzò dalla sua scrivania per andare a dormire, ma a metà strada dalla sua camera da letto un, qualcuno urlò.
La donna fece dietro fronte e incominció a correre come una forsennata verso la fonte dell'urlo.
E quando vi giunse, per poco non vomitò la cena.
Stesa lì sul pavimento so trovava una ragazza bionda, con un coltello da burro conficcato nell'occhio, mentre cercava di toglierselo.
Accanto a lei, c'era miss Archer, che la guardava con sguardo indifferente.
«NEL NOME DEL CIELO! SIGNORINA ARCHER! MA SI PUÒ SAPERE COSA LE È SALTATO IN MENTE?!» Melody la guardò in modo apatico «è colpa sua! Ha detto che se non la smettevo di fare la psicopatica mi avrebbe chiusa in prigione, e ci sarei rimasta per il resto della vita!»
Caroline Christie la guardò sconvolta e disse «Maya, porta Reyna in infermeria. Lei invece, signorina Archer venga nel mio ufficio. ORA!
Melody, la seguì contrariata, fino al suo ufficio, e si sedette su una delle poltroncine che erano davanti alla scrivania.
«Lei ci sta dando dei problemi Miss Archer» Melody alzò gli occhi al cielo «è la sesta volta, che una Delle sue compagne soffre a causa sua. Proprio per questo motivo, ho deciso di mandarla al Wallace Asylum.»
Melody strabuzzò gli occhi, il Wallace Asylum era uno dei manicomi più famosi a Londra, sia per la sua Eccellenza, sia per la sua crudeltà.
«Domani, una carrozza verrà a prenderla. Prepari le sue cose, ci vediamo domani, alle dieci.
Alle dieci in punto di quella soleggiata giornata d'estate, una carrozza accostò davanti all' orfanatrofio di Santa Cecilia, per portare la signorina Archer in manicomio.
Appena arrivati, Melody scese dalla carrozza, e si diresse all'interno di quella struttura diabolica.
Ad aspettarla, c'era il dottor Oberlin, nonché uno dei dottori migliori di quella che zona, che come prossimo caso aveva Miss Archer.
Oberlin, la condusse subito nel suo ufficio. Con lei, voleva fare un bel lavoro, soprattutto perché la direttrice Christie l'aveva pagato profumatamente.
Iniziò subito a farle Delle semplici domande sulla sua vita, Delle banalità, per esempio: il tuo colore preferito, cibo preferito, cosa ti piace fare nel tempo libero... e cose così.
Dopo quella seduta, la condusse nella sua stanza, dove erano rinchiuse altre due pazienti: Melissa Kenneth e Shondell Hill. La prima, aveva una specie di blocco mentalmente, e per quello sì comportava sempre come una bimba di sei anni, mentre l'altra soffriva di schizofrenia.
Appena entrata, Melody si diresse verso la sua branda, quando Shondell le si avvicinò toccandole la spalla e dicendole «benvenuta all'inferno ragazza. Ricorda che da qui non esce e non uscirà mai nessuno. Questo luogo è una prigione, è qua si resta per sempre».
Oberlin era disperato. Era appena uscito dalla decima seduta con la signorina Archer, e la situazione stava degenerando.
La paziente, che sin da prima era stata sempre molto calma e tranquilla, aveva incominciato a rivelare strani comportamenti. La maggior parte dei pazienti, diceva che quasi tutte le notti, dalla sua stanza uscivano Delle urla tremende: «per sempre no! Per sempre no! Mamma! Papà! Dove siete?!».
Ormai, il dottore non sapeva più che fare, e aveva incominciato a preoccuparsi. Ma nonostante tutto, non perdeva le speranze, perché proprio quella mattina, mentre lui era in sala mensa, due dottori, Stavano scortando un soldato dentro il manicomio, mentre quest'ultimo, urlava disperato, e proprio in quel momento, lui aveva visto un lampo di lucidità negli occhi della paziente.
Siccome però, ormai erano le due del mattino, il dottore decise di andare a letto, ma proprio in quel momento, Delle persone si misero a urlare.
Oberlin, corse fuori a vedere cosa stava succedendo, e quello che vide fu l'inferno.
Infermieri e pazienti che giacevano a terra ricoperti di sangue, e sopra di loro, la sua paziente, con in mano una pistola.
Il dottore si chiese dove l'avesse presa e poi, capì. Ecco il perché di quella lucidità negli occhi, la sua paziente aveva visto nelle armi del soldato una possibilità in fuga.
Melody lo vide, e incominciò a sparare, mentre Oberlin fuggiva.
Salì verso la scala che portava al tetto del manicomio, senza mai fermarsi, finché non arrivò in cima.
Ormai era spacciato, non aveva più via di scampo.
La sua paziente gli si avvicinò con in mano la pistola.
Io lo so cosa voleva fare dottore!» esclamò «voleva tenermi lì per sempre!» Oberlin scosse la testa con foga.
Melody rise «ma lei non ci riuscirà mai! Mi ha capito? MAI!» e detto questo, premette il grilletto.
Ma non successe niente. La pistola era scarica. Allora, Melody fece l'unica cosa che poteva fare per superare il suo ultimo ostacolo: si avventò contro il dottore, e poi, accadde tutto molto velocemente: Oberlin si scansò di lato per evitare la ragazza, facendola così finire al di fuori del tetto. Durante la caduta, Melody Archer urlò una frase «per sempre no!»
Prima di colpire il suolo e non rialzarsi più.
Era morta.
E sarebbe rimasta accanto o al diavolo o a Dio.
Questo però, non lo si poteva sapere. L'unica certezza, era che sarebbe rimasta lì per l'eternità.
Scusate l'orario.
1758 parole
_esistenza_ _Ery06_
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