La potenza del vapore
Un terzo uomo entrò nella biblioteca. A colpirmi furono i suoi capelli rossi dal taglio corto, le lentiggini sul naso e la giacca azzurra con i bottoni dorati. La stessa delle guardie.
«Messieurs» disse così forte che riuscii a sentirlo distintamente anche io. «Il veleno è stato messo nei calici come richiesto, ma non ho ancora trovato il duca». Si prostrò in un leggero inchino, posandosi la mano sul cuore.
Che cosa? Veleno? Pensai al re d'Inghilterra che si portava il bicchiere alla labbra e sveniva sul pavimento in mezzo a tutti.
Mi portai le mani alla bocca per evitare di gridargli contro. Dovevo tornare indietro. Dovevo salvare mio padre e gli altri uomini nel salone. Posai i talloni a terra e cercai di tornare all'entrata del lungo corridoio segreto. Credevo di essere giunta all'uscita quando un colpo mi fermò. Era come se qualcosa si stesse schiantando contro il muro.
Tum.
Tum.
Tum.
Qualcuno stava bussando nella parete. Corsi più veloce, allontanando quel suono alle mie spalle, cercando di non sbattere contro le strette mura di quel vicolo buio.
Non mi accorsi che quel suono si stava spostando con me, finché raggiunsi quella che pensavo essere l'uscita. La parete però faceva fatica a scorrere dall'interno. Affondai le unghie nel legno cercando di rimuoverlo e spostarlo.
Mi sentivo soffocare al solo pensiero di poter rimanere chiusa lì dentro per sempre.
«Marguerite» sibilò una voce al di là del muro: «Sei tu?».
Il mio cuore sussultò. Ricordavo di aver spento che il marchingegno che rendeva vivo il mio automa. «Bidule sono io, aiutami. Tirami fuori di qui».
«Signor sì!» esclamò e percepii le sue unghie uncinate grattare contro il muro. Mi coprii il volto appena in tempo per evitare una nuvola di schegge e i miei occhi incontrarono quelli color ruggine del mio fidato amico.
Gli gettai le braccia al collo riconoscente. «Grazie per avermi trovata».
Mi abbracciò anche lui con le sue fredde membra di metallo. «Sempre al vostro servizio Mademoiselle».
«Dobbiamo raggiungere la sala da ballo» gli dissi subito agitata, afferrandomi i lembi della gonna. «Vogliono avvelenare gli invitati per scappare con gli scritti del Duca».
Bidule inclinò la testa di lato e mi osservò come se fossi impazzita, sprizzando nuvolette di vapore dagli ingranaggi che gli facevano da orecchie. «Non c'è più nessuno nella sala. Il Duca è impazzito, li sta interrogando tutti affinché venga fuori il colpevole. Anzi, pensa che sia stato io! Sono indignato! Per questo sono venuto a cercarti».
«Nessuno è stato male per il veleno nel vino?» chiesi allibita.
Ma Bidule scosse la testa. «Le inservienti del duca ne hanno appena portati altri al banchetto, ma temo che non si festeggerà ancora, almeno finché verrà fuori il colpevole».
«Dobbiamo lo stesso andare a rovesciare quei calici» commentai un po' più sollevata.
Bidule annuì. «Credi che mi faranno del male?».
Scossi la testa. «Non lo permetterò mai».
Ci recammo letteralmente correndo verso la sala da ballo. Sul tavolo da buffet vidi i calici brillare nella debole luce del tramonto che filtrava tra le tende.
Mi avvicinai al tavolo e prendendo ad uno ad uno i vassoi li schiantai per terra. Il vetro si ruppe in mille pezzi, creando una sorta di mosaico scomposto sul bel pavimento del salone. Il contenuto si sparse per terra in piccole pozzanghere. Assomigliava molto al sangue.
Due guardie attirate dal rumore entrarono in sala. «Che sta facendo?» mi chiese una di loro.
Io li guardai e gli sorrisi come se davvero fossi matta.
Poco dopo entrò nella sala anche una domestica e si portò le mani alla bocca. «Quel vino era molto pregiato» disse vedendo cosa avevo combinato.
«Non mi interessa, era avvelenato e vi ho appena salvato la vita» risposi facendo spallucce e cercando di non calpestare i cocci rotti.
«Dovrai tener conto di quello che dici al Duca» mi intimò una guardia. Si avvicinarono, cercando di afferrarmi. Mi spostai, mettendo il tavolo da buffet tra di noi.
«Fermi! Per favore, mi dovete ascoltare. Io so chi è stato. Monsieur Poincaré ha preso gli scritti del duca».
Non avevo prove, a parte la fugace conversazione a cui avevo assistito.
«Quello che dite è molto grave» disse l'altro uomo.
La donna, ancora sulla soglia scosse la testa. «Quello che la signorina dice è impossibile. Monsieur Poincaré sta venendo interrogato come tutti gli altri invitati nell'ala destra del palazzo».
«Ma io...» cominciai a difendermi. Quando Bidule mi afferrò una caviglia. Si era nascosto sotto la tavola prima che arrivassero le guardie, mi fece scivolare verso di lui, sotto la tovaglia e trattenendo il fiato fece uscire di nuovo il vapore dalle orecchie. Ma questa volta non era un leggero sbuffo, bensì una vaporosa nube, che si espanse in tutto il salone. Ci permise di scappare, mentre le guardie e la donna tossivano e si coprivano il volto, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top