I colpevoli

Mentre correvo ad avvisare il duca e mio padre di ciò che avevo scoperto, mi resi conto che era la mia parola contro la loro e se davvero quella domestica aveva ragione forse non avevo visto davvero Lucien Poincaré alla biblioteca. Eppure mi sembrava davvero lui. Aveva detto di aver parlato con me a iniziato serata ed effettivamente era accaduto. Mi feriva pensare che un grande e stimato fisico potesse avere una mente tanto diabolica.

Bidule mi afferrò per la spalla. Mi bloccò contro una colonna con il suo peso. Avevo il fiatone.

Il Duca stava parlottando con mio padre e un altro uomo sulla rampa delle scale. Si scompigliava i capelli, madidi di sudore. «Non capite» stava dicendo: «Quegli scritti contengono le istruzioni per costruire potentissime armi con l'uso del vapore. Se finissero nelle mani sbagliate... » si accigliò. Con la coda dell'occhio osservai mio padre posargli le mani sulle spalle: «Non abbiamo trovato alcun indizio ma vedrete che interrogando tutti gli invitati qualcosa verrà fuori. Le vostre guardie riusciranno a capire che cosa è successo».

Il Duca annuì, ma il viso rimase bianco come un lenzuolo. Era questo il segreto dunque, ed era peggio di quanto pensassi.

«Armand per favore, dovete perdonarmi» rivolse delle scuse al vecchio grasso.

Rimasi a bocca aperta quando scrutai Lucien Poincaré venire verso di loro. Strinsi i pugni. Lo vedevo a malapena dal punto in cui mi trovavo, ma lo riconobbi lo stesso.

«Lucien» lo chiamò il Duca: «Ci sono novità?».

Il ministro scosse la testa. «Nulla per ora. Ovviamente non hanno preso bene questo vostro trattamento. Il kaiser è piuttosto adirato. Quindi vi consiglio di rimanere nascosto qui ancora per un po'. L'automa e la ragazzina però sembrano spariti». Si risolve anche a mio padre, riservandogli un'occhiata che mi gelò il sangue.

«Che cosa volete insinuare?» gli chiese mio padre, puntandosi le mani sui fianchi.

Non riuscii più a trattenermi e balzai fuori dal mio nascondiglio, nonostante Bidule mi dicesse di non farlo.

«Siete stato voi!» gridai, dimenticandomi qualsiasi buona maniera e che stavo accusando, senza uno straccio di prova, qualcuno come Poincaré. Gli puntai il dito contro.

Mio padre mi guardò esterrefatto, ma evitai di posare lo sguardo su di lui.

La voce mi tremava appena. «Vi ho sentito, nella biblioteca, assieme a... a...».

«La ragazzina ha una fervida fantasia. Che cosa avrei fatto?» mi domandò, fingendosi incredulo. 

«Lo sapete benissimo» replicai: «Avete rubato gli scritti del Duca e poi volevate scappare...».

«Eccoti qui!» m'interruppe una guardia, prendendomi per il polso e facendomi girare verso l'inizio delle scale. Dovevano avermi seguita.

«Lasciatela andare!» protestò mio padre, scendendo velocemente gli scalini per raggiungermi.

La guardia lo ignorò. Incrociai lo sguardo di Bidule intimandogli di rimanere nascosto nell'ombra della colonna.

Mi girai e quello che vidi,non mi piacque per nulla. L'uomo con la cicatrice teneva saldamente in mano un'arma da fuoco e la puntava dritta contro il duca in mezzo alla scalinata.

«A terra!» gridai gettandomi letteralmente tra le braccia della guardia per fargli perdere l'equilibrio. 

Lo sparo risuonò nelle mie orecchie con un attimo di ritardo. Sembrò che il tempo scorresse a rallentatore, avrei voluto fermarlo ma non potevo.

Caddi sopra il corpo della guardia e mentre alzavo lo sguardo vidi Lucien Poincaré sorridere beffardo accanto al suo compare. Ma non era possibile. Lui era dietro di me, alla fine della scalinata.




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