I ~ Seconda Prova - La Scelta

Traccia: Babbani... no grazie!

Era domenica. Una fresca domenica di Aprile. Fuori si stava davvero bene, sembrava che finalmente la stagione primaverile si fosse decisa a regalarci qualcosa di più delle solite giornate umide o di pioggia, che da diversi mesi continuavano a tormentarci.

Dopo essermi alzata, con calma, visto che quel giorno non dovevo andare a scuola, e aver spalancato la finestra così da poter dare aria alla stanza, andai in cucina per fare colazione. Salutai con un buongiorno mia madre, che stava già preparando alcune cose per il pranzo, e mi misi a tavola per mangiare il mio Croissant Senza Zuccheri Aggiunti e bere il mio bicchiere di latte, come al solito. Sono una persona abitudinaria, faccio sempre la stessa colazione, ogni giorno.

Dopo aver mangiato, tornai in camera mia per vestirmi. Misi dei jeans e una maglia fine a maniche lunghe.

Avevo deciso di andare al parco vicino a casa mia, quella mattina, e di mettermi a leggere appoggiata ad un albero.

Adoravo leggere. In particolare libri fantasy. Amavo il modo in cui i libri, o meglio gli autori, riuscivano a portarmi in un altro mondo, in un'altra dimensione, dove non dovevo preoccuparmi di cosa succedeva nel "mondo reale". Leggere mi calmava tantissimo.
Amavo un sacco di saghe per ragazzi, ma le mie preferite erano Harry Potter, Percy Jackson, Hunger Games, Divergent e Shadowhunters.

Mi avvicinai alla mia libreria, come al solito pulita e perfettamente in ordine, e presi a scorrere con gli occhi tutti i titoli dei volumi che avevo.
In realtà, avevo già cominciato un libro, però ero arrivata quasi alla fine, e non volevo rimanere senza libri da leggere mentre mi trovavo al parco.

Dopo averci pensato un attimo, presi il primo libro di Harry Potter, "Harry Potter e la Pietra Filosofale". L'avevo già letto, ovviamente, ma avevo voglia di rileggerlo. Di rileggerlo per la quarta volta, almeno.

Così, misi il libro di Harry Potter e l'altro, "Le Cronache di Magnus Bane" della saga Shadowhunters, nel mio zainetto, insieme al cellulare.

Lo zainetto era abbastanza vecchio, ma ancora in buone condizioni, giallo e nero, con disegnato un Pikachu enorme al centro. Sono una fan anche dei Pokémon. Ci avevo attaccato anche il ciondolo dei Doni della Morte, da brava fangirl.

Poco prima di uscire di casa, mia madre mi chiamò:
«Sara! Dove vai?»
«Al parco, mamma.» le risposi.
«Va bene, ma fai in modo di essere a casa entro l'una.»
«Certo.»
Uscii di casa e mi incamminai verso il parco.

Arrivai dopo circa 5 minuti.
Il parco era abbastanza grande, con molti alberi sparsi sotto cui ci si poteva sdraiare. Certo, c'erano diverse panchine, ma io preferivo di gran lunga appoggiarmi ad un tronco o sdraiarmi sul prato.

Individuai un albero libero e mi sedetti sotto la sua ombra, poi presi il libro già iniziato dallo zaino e cominciai a leggere.

Ero così presa dal libro che non mi accorsi di ciò che avevo intorno fino a quando non lo chiusi. Avevo finito il libro, così decisi di prendere il secondo.

Fu in quel momento che lo vidi, a una decina di metri circa da me.
Un ragazzino di 14 anni, alto e magro, con i capelli neri e gli occhi marrone nocciola, mi stava guardando. Lo riconobbi immediatamente: era Stefano, un mio compagno di classe e un mio "amico".

Mi sta fissando? Cosa diamine ci fa lì impalato? Maledizione! Fa che non venga qui insieme ai suoi amici a rompere! Oggi non ho proprio voglia di farmi prendere in giro!, pensai.

Però era strano per diversi motivi.
Primo, era, o almeno sembrava, da solo, cosa che non succedeva praticamente mai.
Secondo, se ne stava impalato a fissarmi come un idiota, cosa inspiegabile, a meno che non stesse pensando a quale cosa maligna dirmi stavolta.
Terzo, si poteva vedere bene anche da quella distanza, aveva un'espressione strana sul viso, come se fosse indeciso su qualcosa, si mordicchiava il labbro e non sembrava in grado di tenere le mani ferme: se le passava tra i capelli, le metteva in tasca, ogni tanto si mordicchiava le unghie.
Quando vide che lo stavo osservando, sembrò quasi arrossire.

Poco dopo, cominciò a camminare. Adesso aveva sul volto un'espressione decisa.
Mi accorsi, senza stupirmene, che stava venendo verso di me.

Evviva, ci mancava solo questa!

Strinsi gli occhi e cercai di assumere un'aria indifferente, cosa che, devo ammettere, mi riuscì piuttosto bene.

Quando mi si fu avvicinato abbastanza, lo salutai.
«Ciao, Stefano.»
«Ciao, Sara.» mi rispose lui, un poco impacciato.
«Cosa vuoi?» continuai.
Ero stata un po' brusca, forse anche troppo. Ma non potevo farci niente, ero stata presa in giro così tante volte da lui, negli ultimi due anni, che parlarci civilmente ormai era in fondo alla lista delle cose che avrei potuto, anche se voluto probabilmente sarebbe più corretto, fare.
La sua espressione decisa vacillò.
«Io... Ecco... Niente. Cioè, no, volevo, ehm, solo salutarti e chiederti cosa stavi facendo...» rispose.

Era stato decisamente gentile rispetto al solito, anzi, era stato gentile in generale. Con me! Pensai che quel giorno i conigli avrebbero invaso la Terra. Sapevo che lo avrebbero fatto, prima o poi. Beh, forse più poi che prima.

«Sì, certo, e la Luna è fatta di formaggio! Cosa vuoi in realtà?»
«Te l'ho già detto: volevo solo salutarti!» mi rispose, questa volta con più coraggio.
«E dov'è il tuo gruppo di amici? Non mi pare di averli visti.» dissi in modo aggressivo.
Lo vidi arrossire di nuovo. Si passò una mano tra i capelli.
«Loro... Cioè, io... Non...» ricominciò a balbettare «Sono... Sono da solo.»
Spalancai così tanto gli occhi in un'espressione stupita che probabilmente le sopracciglia mi finirono nei capelli.
«E come mai? Cos'è successo, ti hanno lasciato qui di vedetta?» continuai in tono scettico.
Stefano bisbigliò qualcosa così piano che non riuscii a capirlo nemmeno stando a 5 passi da lui.
«Come hai detto?»
«Io... Io non sto più con loro.» disse a disagio, questa volta più forte.
«Strano. E perché?»

Rimase in silenzio e cominciò a dondolarsi sul posto.
Non mi fece affatto pena.
«Oh, poverino!» dissi in tono falsamente compassionevole «cosa è successo? Ti hanno buttato fuori dal loro incredibile gruppo? Per quale motivo? Aspetta, fammi indovinare. Ti sei rifiutato di fumare una sigaretta? Non hai rispettato a dovere il capo del gruppo? Non sei uscito con loro per due volte di seguito? O ti sei azzardato a prendere un voto superiore al 7 meno meno ad un compito? Oppure hai fatto altro?»
«Ma certo!» dissi con una falsa espressione di chi è appena stato folgorato da un'idea «Adesso ho capito! Hai osato rivolgere la parola ad una persona normale che non è come i tuoi amici! Stefano! Non si devono assolutamente fare queste cose!»

Dissi tutto questo con un tono che trasudava sarcasmo, osservando il suo viso, che cambiò fino a diventare un misto di stupore e di qualcos'altro. Tristezza, forse?
Avevo esagerato, lo sapevo bene, non avrei mai dovuto trattare così Stefano o qualunque altra persona, per quanto cattiva essa potesse essere stata con me.
Ma ormai non mi importava, avevo appena cominciato, e alla fine mancava ancora parecchio.

«Beh? Cos'è, il gatto ti ha mangiato la lingua e non me ne sono accorta? Rispondi almeno!»
Lui abbassò lo sguardo, imbarazzato.
Io intanto continuavo a guardarlo aspettando una risposta, che fosse vocale o meno.

Con lo sguardo puntato sulle scarpe, mi rispose.
«Sono io che ho lasciato il gruppo, non il contrario.» disse.
Lo aveva detto convinto. Evidentemente le scarpe erano una grande musa ispiratrice.
Io però non ci credevo. Non completamente, almeno.

«E così saresti uscito, mettiamola così, dal gruppo. E adesso cosa vorresti fare?
Vorresti cercare di riallacciare le vecchie amicizie? Pensavi davvero di poter fare, anzi, di riuscire a fare, una cosa simile? Beh, ti senti solo dopo essere stato buttato fuori dal tuo gruppo?»

Vecchie amicizie. Eravamo amici, io e Stefano, fino a due anni prima, fino a quando lui non se n'era andato per la sua strada e io per la mia. Avevo tentato più volte di recuperare la nostra amicizia, senza risultati. Lui voleva stare con persone più "fighe".
Ed io, visti gli standard moderni, non lo ero di certo.
Eravamo veramente due buoni amici. Era stato il mio primo amico alle scuole medie.
Forse la persona diversa ero io, ma sinceramente non mi importava. Io avrei continuato per quella strada, che consideravo giusta.

Alzò lo sguardo da terra e piantò i suoi occhi nocciola nei miei castani.
Vi scorsi una scintilla di orgoglio, e, forse, anche di coraggio.
«Ti ho detto che sono stato io a lasciare il gruppo, non il contrario.»
Lo disse deciso, questa volta.
Gli credetti, era stato davvero convincente.

Per un attimo rimasi interdetta, e lo squadrai per la prima volta in quella mattina.
Era sempre il solito: jeans strappati, scarpe alla moda, felpa pesante nonostante il clima fosse mite, anche quella, ovviamente, alla moda.
Eppure, forse c'era qualcosa di diverso in lui, sembrava quasi più tranquillo del solito.
Forse.

«Hai lasciato il tuo gruppo. E perché?» chiesi, in modo decisamente più gentile, anche se non di tanto.
Il cambiamento, seppur minimo, del mio tono di voce, probabilmente gli infuse coraggio.
Continuò con la stessa convinzione di poco prima.
Evidentemente stava cominciando a superare l'imbarazzo iniziale.
Era sempre stato così, all'inizio timido, poi più aperto.
«Perché ho capito che quelli del mio gruppo erano degli idioti, e che lo sarei diventato anche io se fossi rimasto con loro.»

Tranquillo, sei già un'idiota, amico, commentai nella mia mente, ma quella volta mi trattenni dal dirlo.

«Ci ho messo parecchio tempo, ma l'importante è averlo capito, credo. Si sono spinti oltre ogni limite.» continuò.
«Mancano ancora alcune domande a cui devi rispondere: stai cercando di rifarti le vecchie amicizie?»
Sembrò pensare un attimo alla risposta.
«No, non quelle vecchie. Quelle giuste.» rispose infine, continuando a fissarmi negli occhi.

A quanto pare il ragazzino ci sa fare con le parole, quando ci si mette, ma questo di certo non gli basterà.

«In confronto a quelle che avevi prima, tutte le amicizie appaiono giuste...» gli feci notare, con un tono ormai non molto brusco.
«Comunque, devi ancora rispondere ad un'altra domanda. Pensi davvero di poter riallacciare certe amicizie. Credi davvero che sia possibile?»
Sembrò meditare anche su questa domanda.
«Non so se sia possibile, ma voglio almeno provarci.» disse, più a se stesso che a me.

«Forse spero di avere una seconda possibilità...» sussurrò.
Ero esasperata da quel commento.
«Dannazione, Stefano! Ti ho dato un sacco di opportunità! E ora vieni qui a parlarmi di seconde possibilità?! Ho cercato così tante volte di riallacciare io stessa la nostra amicizia da perderne il conto! E tu, ogni volta, puntualmente, mi costringevi a fare dietrofront. Tutti si stancano, dopo un po', di continuare a stare dietro inutilmente ad una persona. Le eccezioni sono rare, ed io posso ben dire di non essere una di quelle. Ho smesso di rincorrerti.» sbottai.

Stefano sembrava colpito da quel discorso, che a me era venuto perfettamente spontaneo.

Sorrise timidamente.
«Forse potremmo darci un'ultima possibilità, non credi?»

Sembrava quasi superficiale come risposta, ma tanto sapevo già che lo avrebbe detto.
Se ne usciva praticamente sempre con delle frasi del genere. In pratica, tu dicevi una cosa, e lui dopo ti rispondeva con una frase perfettamente logica, in totale contrapposizione con quello che avevi detto solo un attimo prima.

Avevo già capito che gli avrei dato un'altra possibilità nel momento in cui avevo ripensato alla nostra passata amicizia. Inutile, ci cadevo sempre: ero fin troppo gentile e clemente in certi casi. E chissà, magari speravo davvero che Stefano tornasse ad essere mio amico.

«E va bene» sospirai «ma vedi di non sprecare anche questa!»
Vidi il suo volto aprirsi in un sorriso e ricambiai.
«Beh, ecco... Non so cosa dire... Mi viene in mente solo grazie!» disse dopo un po'.
«Un grazie basta e avanza!» risposi.

«Beh, alla fine abbiamo, o meglio ho, capito qual era il motivo per cui ti eri avvicinato a me: volevi riallacciare i rapporti.» dissi.
«Sì e no.»
«Cosa intendi dire?» chiesi.
«Ecco, quando ti ho trovata al parco, questa mattina, non avevo davvero in mente di chiederti un'altra possibilità, solo che il discorso ha preso una piega inaspettata.»
«Cosa avevi intenzione di dirmi all'inizio?» dissi io aggrottando la fronte.
«Beh, mi vergognavo troppo a chiederti un'altra possibilità, però volevo davvero riallacciare la nostra amicizia. Volevo semplicemente cercare di tornare ad essere tuo amico in modo... indiretto. In pratica volevo chiederti se potevi consigliarmi un libro da leggere per diventare un fangirl o quello che è, così avremmo avuto una passione in comune, o almeno speravo, e in qualche modo avrei cercato di dimostrarti di non essere più l'idiota di prima. Ingegnoso, eh?»

Cercai in lui una minima traccia di sarcasmo. Niente
Pensai che mi stesse prendendo in giro, anche se non sembrava. Niente.
Cercai di capire se si sarebbe messo a ridere di lì a cinque minuti. Niente.
Era serissimo.

Non potei evitarlo, scoppiai a ridergli in faccia.
Riuscii a smettere solo dopo cinque minuti buoni. Stefano mi guardava con la fronte aggrottata e con un'aria stupita.
«Perché ridi?»
«Scusa, scusa. È che proprio non me lo aspettavo. Ti ho sempre considerato un Babbano-fino-alla-morte.» riuscii a dire, per poi scoppiare di nuovo a ridere un secondo dopo.
Lui mi guardava con la fronte sempre più aggrottata.
«Ti fa tanto ridere questa cosa? Per quanto non mi piacesse, non ho mai odiato né disprezzato la lettura. E poi, cosa vuol dire Babbano? Sarebbe un'offesa?» mi rispose un po' piccato.

Oh, sì. È un'offesa gravissima, io non me la sarei fatta dire.

Dopo un po', riuscii a riprendermi completamente e a rispondergli.
«No, non è un'offesa, capirai se leggerai Harry Potter. Comunque, posso benissimo prestarti un libro, se vuoi.»
«Beh, grazie. Quale libro mi consigli?»
«Oh, ce ne sono un sacco che potrei consigliarti... Mi è venuta un'idea! Perché non scegli da solo? Vieni a casa e mia e scegli il libro che più ti ispira!»
Stefano acconsentì.

Raccolsi lo zainetto e mi alzai, dopodiché ci incamminammo verso casa mia.

«Sei tornata così presto?» chiese mia madre dopo che mi ebbe aperto la porta.
«Oh, c'è anche un tuo amico? Stefano! È passato parecchio tempo dall'ultima volta che ti ho visto! Come stai?» aggiunse poco dopo, sorridendo.
«Bene, signora.» rispose lui educatamente.

Avevo dimenticato quanto sapeva essere educato, non lo era stato molto né con me né con altri nell'ultimo periodo.

Salutai mia madre con un bacio sulla guancia e dopo raggiungemmo l'entrata della mia stanza.

Poco prima di aprire la porta, mi venne in mente un'idea.
Un'idea carina. A mio parere, ovviamente. Era più o meno da quando avevamo lasciato il parco che pensavo ad un modo per, diciamo, stupirlo.
Ed eccolo lì, il modo. Perfettamente chiaro e limpido, come lo potrebbe essere il cielo di una giornata estiva. Beh, il cielo non è sempre limpido. Dopotutto, ho detto potrebbe.

Così, chiesi a Stefano di aspettare in soggiorno.
«E perché?» rispose.
«Sorpresa.» spiegai sorridendo.
Dopo che se ne fu andato, entrai nella mia camera.

Ci sarebbe voluto un po' per preparare tutto, ma se non altro non dovevo mettere apposto la stanza, visto che era già perfettamente in ordine. Tenere tutto in ordine era una regola che avevo sempre seguito. Per evitare gli schiamazzi di mia madre, naturalmente.

Come prima cosa, tolsi tutto quello che c'era da sopra la scrivania e lo infilai in un cassetto. Dopo misi il tavolo al centro della camera.

Il primo passo era fatto.

Mi avvicinai alla mia libreria e presi quattro libri: il primo volume delle saghe di Percy Jackson, Shadowhunters, Divergent e Hunger Games. Poi presi il primo libro di Harry Potter dallo zainetto e posai tutti i libri sulla scrivania. In ordine, naturalmente.

Fatto anche il secondo passo.

Tornai alla scaffalatura e presi cinque oggetti dal ripiano più in alto, quello dove tenevo tutti i miei gadget.
Il ciondolo dei Doni della Morte di Harry Potter, uguale a quello che avevo attaccato allo zainetto, la catenina con l'anello degli Herondale di Shadowhunters, la collana con le perline di terracotta del Campo Mezzosangue di Percy Jackson, il ciondolo della Ghiandaia Imitatrice di Hunger Games e la collana con il simbolo degli Intrepidi di Divergent.
Ero fissata con i ciondoli? Sì.

Non portavo quei gadget per il semplice motivo che, se lo avessi fatto, avrei dovuto portare cinque collane diverse in una volta sola. E allora sì che mi avrebbero presa per pazza.

Misi ogni collana vicino al corrispettivo libro.
Dopo preparai dei foglietti con su scritto altre cinque parole: "Magia", "Poteri", "Dei", "Ideali" e "Scelta".
Abbinai ogni foglietto al corrispettivo libro.

Adesso ero pronta.

Chiamai Stefano e lo feci entrare.
Guardò con un'espressione curiosa il tavolo.
«Benvenuto alla Cerimonia della Scelta, Stefano.» cominciai sorridendo «Adesso dovrai scegliere uno dei cinque libri che ho messo sulla scrivania. Ogni libro è come una Fazione: sono tutti diversi tra loro, ma belli allo stesso modo. Scegli bene, perché potrebbe essere il tuo primo Fandom!»
«E così potrò diventare un fangirl?»
Mi lanciò un'occhiata divertita.
«Fanboy. Per i maschi si dice fanboy. Comunque, sì.»
«E sono tutte saghe?» chiese.
«Certamente.» confermai.
«Dammi tu un consiglio.»
«Uhm... Ma sì, dai. Ti darò i risultati del tuo Test Attitudinale, ma ricorda che essi non dovranno assolutamente influenzare la tua scelta.» lo ammonii io.

Feci finta di scorrere un elenco invisibile.
«A quanto pare risulti un Divergente» annunciai dopo qualche secondo «tra  addirittura tre Fazioni! Harry Potter, Percy Jackson e Shadowhunters! Queste sarebbero le migliori scelte per te.»
«Rinuncio a capire il tuo modo di parlare, tanto capirò più avanti, non è vero?» disse, anticipando la mia risposta.
«Verissimo.»

Si avvicinò alla scrivania e cominciò ad osservare le copertine dei libri, i foglietti e i ciondoli.
Era molto concentrato.
Dopo qualche minuto, afferrò il libro che si trovava al centro.

Sorrisi.
Aveva fatto la sua scelta.
Harry Potter e la Pietra Filosofale.

Aveva scelto il primo libro di Harry Potter.
«Questo.» disse rivolto a me.
«Quello.» confermai.
«Grazie mille, Sara.» disse sorridendo.
«Di niente. E buona lettura.»
«Ci vediamo.» disse, aprendo la porta della camera.

«A presto.»
Fece per uscire.
«Diventerò un bravo fanboy, contaci.» disse poco prima di uscire.
«Oh, non ne dubito. Vedi di diventare un Grifondoro.» risposi, in tono falsamente minaccioso.
Stefano alzò gli occhi al cielo e uscì dalla camera. Poco dopo lo sentii salutare mia madre.
Il rumore della porta che sbatteva mi fece capire che se n'era andato.
Sorrisi di nuovo.

Presi il terzo libro di Harry Potter, nonché il mio preferito, dalla libreria e mi stesi sul letto.
Cominciai a leggere, e a poco a poco cominciai ad immergermi in quell'universo.
«Fatto il Misfatto!»

sognatricelettrice

Angolo Autrice
Questa è la mia one shot per la seconda prova del concorso. Come ho già detto prima, ho scelto la seconda traccia, Babbani... no grazie!
Spero di non essere andata fuori tema e che ti piaccia.
Sono 3129 parole, alcune in più dell'altra volta.
Spero che anche la copertina sia venuta bene.
Come ti avevo già accennato, questa cosa non mi è mai capitata, per fortuna(o sfortuna). Ho cercato di immaginare come avrei reagito ad una cosa simile e questo è, diciamo, il risultato.
Ho realmente un parco vicino casa, anche se non è decisamente di dimensioni che potrei definire abbastanza grandi😂😂
Anche l'amico è inventato.
Buona lettura!
Sara(@Ark_Gabriel_Jackson)

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