I ~ Prima Prova - L'Angelo e il Lupo

Fandom: Harry Potter

Era buio.
Il buio più completo della notte, che si estendeva ovunque a perdita d'occhio.
Il buio che avrebbe avvolto ogni cosa, non fosse stato per i lampioni accesi che si trovavano ai lati della strada.
La luce che facevano non bastava a rendere tutto visibile, era sufficiente a malapena a vedere la via.
Ma tanto la luce non mi sarebbe servita. Non per quello che stavo facendo.

Il mio obiettivo era lì, davanti a me. Scappava, volando su una scopa, come se questo bastasse a sfuggire alla mia furia, alla mia determinazione.

Mesi di ricerche, mesi di allenamenti mi avevano portata qui.
Mesi di studi, mesi di tentativi, molto spesso inutili e sbagliati.
Mesi di lacrime, mesi di dolore.
Mesi di odio, mesi di ricordi, di sogni e di incubi.
Notti passate insonni, giornate passate a sfogliare libri di incantesimi, di arti oscure, di maledizioni.
E adesso ne avevo una.
Una sola.
Forse non ne avrei avute altre.
Me la sarei fatta bastare.
Me la sarei fatta bastare eccome, quell'unica possibilità.

Seguivo la mia preda, nella notte scura.
La seguivo sopra le case, sotto i ponti, per le vie. Non l'avrei lasciata scappare per nulla al mondo, non adesso che ero così vicina.

«Fermati!» gridai «Fermati, maledetto Mangiamorte!»
Non si fermò, ovviamente. Ma naturalmente non ci avevo sperato nemmeno per un secondo. Il mio non era un ordine da eseguire, era più un urlo liberatorio. Erano secoli che desideravo gridarglielo.

La mia preda, Antonin Dolohov, Mangiamorte fuggito dopo la Battaglia di Hogwarts, ricercato dall'Ufficio Auror per aver combattuto insieme ai seguaci di Voldemort e per l'assassinio di varie persone, in particolare per quello di Remus Lupin.

Remus.
Il suo ricordo mi faceva ancora male, come potrebbe fare male una scheggia di vetro conficcata nel cuore, che in seguito ad alcuni movimenti, o nel mio caso ad alcuni ricordi, continuava a ferire, ad allargare ancora di più la ferita che già avevo e che, se non avessi fatto niente, lo sapevo, mi avrebbe trascinata, infine, in quel baratro enorme che è la Morte.

Remus era stato il mio professore di Difesa Contro le Arti Oscure ad Hogwarts, durante il terzo anno. Mi aveva aiutata e sostenuta, come del resto tutti i miei compagni del Grifondoro, nei momenti difficili. Da quando se n'era andato dalla scuola, era diventato un amico e un consigliere, una persona su cui facevo grande affidamento, non avendo più i miei genitori. Era stato per me come un genitore, come un secondo padre. Gli avevo voluto bene, così tanto da non poterlo neanche descrivere a parole.

E poi era morto.
Morto.
Morto.
MORTO.

All'inizio queste parole non avevano avuto senso nella mia mente. Non potevo crederci. Non poteva essere successo.
E invece sì. Sapevo che sarebbe potuto succedere. Ma mai, nemmeno per un secondo, avevo pensato che lui, proprio lui, avrebbe potuto lasciarmi sola ancora una volta. Non per scelta, ma per colpa di qualcuno.

Da quel momento, il mio unico pensiero era stato quello di vendicarlo.
No, non di vendicarlo, di catturare il suo assassino, di fare in modo che pagasse per ciò che aveva fatto.

Ero diventata un Auror, io. Volevo già da prima diventarlo, ma, dopo la morte di Remus, quell'idea era diventata una fissazione. In pochissimo tempo lo ero diventata ed ero riuscita a farmi affidare le ricerche. Normalmente non avrebbero mai affidato un incarico così complicato ad una "principiante", ma probabilmente Kingsley doveva aver capito che non mi sarei data pace fino a quando non lo avessi trovato.
Sono mesi ormai che faccio ogni genere di ricerca per trovarlo.
E stanotte, finalmente, ce l'ho fatta.

«Non mi scapperai!» gridai.
Il Mangiamorte svoltò a destra ed io lo seguii.
Ero in sella alla mia fidata Nimbus 2000, la scopa che avevo utilizzato durante tutti i mei anni ad Hogwarts per giocare come Cacciatrice nella squadra di Quidditch.

La via che aveva imboccato Dolohov era stretta e buia, lì non c'erano lampioni. Evidentemente sperava di seminarmi girando in una delle varie stradine. Sciocco da parte sua.
«Lumos.» mi fu sufficiente dire, e dalla mia bacchetta scaturì una luce, non piccola come al solito, ma grande, potente, come io stessa desiderai.

Lo vedevo bene, adesso.

«Stupeficium!» lo sentii urlare, e feci appena in tempo ad evitare il fascio di luce rossa.
Lo stavo raggiungendo, tra non molto gli sarei stata addosso. La mia scopa era molto più veloce della sua, come se la velocità della scopa fosse direttamente proporzionale alla mia furia e alla velocità dei miei pensieri.

Girò un'altra volta, e un'altra volta io lo seguii. Conoscevo abbastanza bene quelle strade, sapevo dove portavano. Avevo studiato la piantina di quella zona proprio in previsione di un inseguimento.

Ad un certo punto il Mangiamorte fece una strana manovra: cominciò ad abbassarsi verso terra, come se volesse smontare dalla scopa di lì a poco.
In effetti, fu quello che fece. A mezz'aria smontò dalla scopa e si lanciò verso terra, lasciando l'oggetto magico fermo in aria.
Stupeficium!
Questa volta non gridai l'incantesimo, visto che eravamo vicini ad un bar babbano.
Dolohov riuscì a parare l'incantesimo non verbale, e rispose al fuoco con un altro incantesimo, che riconobbi all'istante. Scansai il fascio di luce verde dell'incantesimo Avada Kedavra, e con la coda nell'occhio vidi il Mangiamorte entrare nel bar.

Un bar babbano, maledizione! Devo farlo uscire da lì, o rischio di mettere in pericolo la vita di tutte le persone che si trovano là dentro! Non penso voglia prendere un ostaggio, non ci guadagnerebbe niente, il suo obiettivo è solo scappare. Se però entrassi dentro ci sarebbe la possibilità che utilizzi degli ostaggi per scappare...
Fu questo il mio primo pensiero. Non avrei permesso che delle persone innocenti, maghi, streghe o Babbani, morissero.

Avevo bisogno di un piano per farlo uscire, e in fretta anche: era solo questione di tempo prima che lui trovasse un modo per scappare.

In quel momento mi venne in mente il motivo per cui Dolohov si trovava nel vicolo in cui l'avevo raggiunto, quella notte. Stava aspettando qualcuno, ed io conoscevo bene quel qualcuno. Si trattava di un altro Mangiamorte, Thorfinn Rowle. Mi venne un'idea, un'idea intelligente, in effetti, ma al tempo stesso molto rischiosa.
Certo, lui avrebbe potuto sospettare qualcosa e riconoscermi, ma se avessi giocato bene le mie carte il mio piano avrebbe funzionato.

Trasformarmi in Rowle. Ecco qual era il mio piano. Sapevo molte cose anche su di lui, così come le sapevo sulla maggior parte degli altri mangiamorte. Un Auror deve sapere certe cose.
«Vigilanza costante!» avrebbe detto, o meglio ringhiato, Alastor Moody.

Alastor Moody.
Un altro coraggioso mago morto per combattere Voldemort.
Un'altra scheggia che mi feriva il cuore.
In quel momento, però, non avevo tempo di pensarci.

Non avevo materiale genetico, per cui non potevo ricorrere alla Pozione Polisucco. Potevo ricorrere solo alla Trasfigurazione. Per fortuna, ero sempre stata portata per quella materia.
Mi bastò focalizzare nella mente il volto e il corpo del Mangiamorte.
Pronunciai l'incantesimo sottovoce, attenta a non farmi sentire né vedere da alcun Babbano.
Il mio corpo cambiò, e in pochi secondi diventò quello di un uomo massiccio e robusto, con i capelli biondi.

Come mi succedeva ogni volta che mi trasfiguravo, in particolare in un uomo, mi sentii molto strana, e quasi non riuscii a mantenere l'incantesimo attivo.
Poco dopo riacquistai il controllo.
Smontai dalla scopa e la ridussi di dimensioni con la magia, dopo feci la stessa cosa con quella di Dolohov. Riposi entrambe le scope in miniatura in tasca ed entrai nel bar.

Il locale era piccolo e poco illuminato. Ai tavoli erano sedute circa sei persone, la maggior parte delle quali decisamente ubriache. Non avevo tempo di badare a loro.

Riuscii ad individuare il mio bersaglio: si trovava seduto in fondo al bar e fissava intensamente la porta.
Quando mi avvicinai, lo vidi spalancare gli occhi dallo stupore.
«Tu?! Cosa ci fai qui?!» disse afferrandomi il braccio.
«Cosa credi che io ci faccia? Dovevamo incontrarci stasera, ma quella stupida ragazzina ti ha trovato prima che io arrivassi! Ti ho visto scappare e così vi ho seguiti.» risposi.
Dolohov sembrava sospettoso.
«E come faccio a sapere che tu non sei quella ragazzina trasfigurata?»
«Posso mostrarti il Marchio.» dissi scoprendomi la manica del braccio destro. Avevo pensato anche a quello: durante la Trasfigurazione avevo fatto in modo che sul mio braccio apparisse anche il Marchio Nero. Tra l'altro, quella sera indossavo abiti maschili, avevo previsto che una cosa simile potesse succedere.

Forse ero stata impulsiva a non avvisare nessun altro di quello che avrei fatto, ma quella era la mia opportunità, dovevo sbrigarmela da sola. Di certo, però, non sono stupida né ingenua. Sono una persona molto previdente, preparata a tutto.

«Non basta» disse dopo aver visto il Marchio «se davvero sei tu, Thorfinn, allora rispondi a questa domanda: come mi sono procurato questa cicatrice?»
Indicò la cicatrice che aveva sul lato sinistro del viso.

Non sapevo come se la fosse procurata, però forse potevo arrivarci ragionando.
Prima informazione: Rowle in quel momento doveva essere con lui.
Seconda informazione: Dolohov era certo che Rowle lo sapesse.
Terza informazione: sapevo che non se la era procurata durante la Battaglia di Hogwarts, perché in quella occasione la aveva già, e che non la aveva quando ci fu la Battaglia al Ministero, alla quale avevo preso parte, perché ancora non l'aveva.
Dolohov e Rowle erano stati compagni in vari compiti per Voldemort durante quell'arco di tempo, poteva essersela procurata in qualunque momento.

Eppure in quel momento mi si accese come una lampadina in testa, e mi riaffiorò alla mente un ricordo. Il racconto di un ricordo.
Harry, Ron e Hermione mi avevano raccontato di essere stati attaccati proprio dai due Mangiamorte, in seguito al matrimonio di Bill e Fleur.
In quella occasione, i miei amici avevano schiantato sia Rowle che Dolohov e quest'ultimo, in seguito allo Schiantesimo, si era beccato un pezzo di vetro rotto proprio sul viso.
Possibile che...

«In un pub di Londra, quando quei tre marmocchi ci schiantarono. Vuoi anche il nome del pub o ti sei finalmente convinto che sono io?» sibilai.
Era dall'inizio della conversazione che sibilavo, per evitare che il Mangiamorte riconoscesse la mia voce.
«Non è necessario.»
Evidentemente avevo avuto fortuna.
«Allora, di cosa volevi parlare?» continuò.
«Non qui! Vuoi forse che tutti ci sentano? Andiamo fuori in un vicolo, lì non saremo "disturbati"...»
«È molto rischioso, con quell'Auror in giro. Tra l'altro potrebbe aver allertato il Ministero.»
«Dubito che abbia avuto il tempo di farlo, poco prima che la schiantassi.» ribattei.
Dolohov sorrise e mi seguì fuori dal bar, ormai ero riuscita a convincerlo di essere proprio Rowle.

Lo guidai in uno dei vicoli vicini al bar.
Naturalmente il vicolo era buio, così aspettai che lui utilizzasse l'Incanto Lumos. Mentre pronunciava l'incantesimo, io feci lo stesso mentalmente, così che non si accorgesse che la mia era una voce femminile.

Ad un certo punto mi fermai.
«Ecco, qui non dovrebbe sentirci nessuno.» dissi a mezza voce.
«Adesso puoi anche parlare senza sussurrare, allora.» disse.
«Oh, per catturarti sussurrare mi basterà eccome.» risposi, questa volta a voce normale.
Non ebbe neanche il tempo di parlare.
Non gli detti neanche il tempo di parlare.
«Expelliarmus!» gridai.
La sua bacchetta volò via ed io la afferrai al volo con la mano sinistra, quella libera.
Il Mangiamorte provò a scappare, correndo per il vicolo.
«Pietrificus Totalus!»
Questa volta Dolohov si ritrovò per terra, pietrificato e incapace di muoversi. Con un calcio lo feci voltare sulla schiena, così che potessi vederlo in faccia, così che lui potesse vedermi in faccia.

Aveva gli occhi spalancati, pieni di paura.

Provai una gioia perversa per quella paura nei suoi occhi. Finalmente avrebbe provato ciò che aveva fatto provare a Remus e a tutte le altre persone che aveva ucciso, torturato, ferito.

La mia furia era inarrestabile, ora che lo avevo davanti, ora che lo avevo in mio potere.
Lo avrei ucciso.
Sì, lo avrei ucciso, gli avrei fatto pagare tutti i suoi crimini.

Stavo per farlo, stavo per pronunciare due parole che lo avrebbero fatto morire, che lo avrebbero fatto sparire, che lo avrebbero cancellato per sempre.

Eppure esitai, in quell'attimo esitai.
Il distintivo da Auror, con scritti il mio nome, Sara Moretti, e le mie origini, italiane, come si poteva capire dal nome, sembrava come bruciare nella tasca interna del mio giubbotto.

All'inizio non capii perché.
Stavo facendo qualcosa di giusto eliminando questo verme, lo sapevo.
No... Non stavo facendo qualcosa di giusto. Uccidere una persona non è mai una cosa giusta, per quanto essa meriti di finire tra le braccia della Morte.

E in quel momento vidi Remus.
Vidi Remus che mi diceva di non farlo, di non rovinare in quel modo la mia vita, di non rovinare la mia vita per quel verme.
«Non fare quello che stai per fare, se lo farai non potrai mai perdonartelo. Mai.
Sii superiore, come un angelo che discende negli Inferi, sapendosi superiore ai milioni di diavoli che si trovano lì.» sembrava quasi che dicesse.
Forse lo avevo solo immaginato, o forse lui era davvero lì, in una parte della mia testa, per magia.

La mia furia si placò, e riuscii di nuovo a ragionare lucidamente.
Abbassai la bacchetta con un sospiro.
«Come un angelo che discende negli Inferi.» sussurrai.
Afferrai il braccio del Mangiamorte e mi smaterializzai.

Circa un secondo dopo, mi ritrovai dentro al Ministero della Magia.
«Levicorpus.» dissi, e il corpo del mangiamorte fluttuò accanto a me.
Con il corpo fluttuante al seguito, raggiunsi la stanza del Capo dell'Ufficio Auror. Sapevo di trovarlo ancora lì, dopotutto aveva una riunione.

Infatti, appena entrai, vidi che era impegnato a parlare con altri due Auror che conoscevo solo di vista.
Kingsley non sembrò molto sorpreso di vedermi.
«Beh, cominciavo a chiedermi quando saresti tornata.» mi disse una volta che fui entrata.
«Ogni cosa richiede il suo tempo.» ribattei, spostandomi in modo da far vedere ai presenti il corpo fluttuante alle mie spalle.

Kingsley sogghignò. Gli altri due Auror sgranarono gli occhi alla vista di Dolohov pietrificato.
«Missione compiuta.» commentai.
«Decisamente.» mi rispose lui.
«Portatelo via.»
Mi scansai per lasciar passare i due Auror.

«Grazie per non esserti intromesso» continuai, posando la bacchetta del Mangiamorte sulla scrivania «quella era la mia missione, dopotutto.»
«È più il fatto che non sapevo come localizzarti, comunque non c'è di che.» mi rispose prendendo la bacchetta dalla scrivania.
«Cosa pensi di fare adesso?»
«Probabilmente mi farò dare un altro incarico, visto che sono un Auror. Se ti riferivi alla bacchetta, puoi benissimo liberartene, fai come credi.»

Andai alla porta e feci per uscire.
«Sarebbe fiero di te.»
Sentii un lacrima rigarmi il viso.
«Lo so. Credimi, lo so.»

Me ne andai dalla stanza passandomi il dorso della mano sulla guancia.
Non avrei più pianto, avevo terminato il mio compito.
«Non piangerò più, lo giuro.»
Non sapevo bene a chi avessi rivolto quella affermazione.
Forse a me stessa, forse a Remus, sperando che mi sentisse.
Forse a tutti.
Forse a nessuno.

Angolo autrice.
Prim, questa è la mia One Shot per il concorso, spero ti piaccia.
Sono 2500 parole esatte, spero non siamo troppe.
Buona lettura!😄😄
Ad un certo punto ho anche messo un po' di citazionismo stile Eragon(non so se lo conosci) e un po' anche Shadowhunters, penso(e spero) non ti dispiacerà😉😉
primlettura
sognatricelettrice

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